La figura di Dio nell'ebraismo: Padre o Madre?
English Version
22 Dic. 2004
Riporto la lettera di una lettrice che pubblico, con il
suo previo consenso, includendo la mia risposta:
"Buonasera, sono Sharon Mantin, una
studentessa della facoltà di psicologia di Roma che sta scrivendo
la tesi sul ruolo del padre nella tradizione ebraica.
Ho avuto spesso modo di leggere
i suoi articoli pubblicati sul web e sono rimasta colpita da alcuni aspetti...
mi chiedevo come mai parlando di Dio, siano sempre evidenziate le sue caratteristiche
di padre mentre non vengono menzionate le sue caratteristiche materne.
Soprattutto nei libri dei profeti, spesso Dio è paragonato ad una
mamma che allatta i suoi piccoli, oppure ci si riferisce a lui chiamandolo
il misericordioso, la cui radice "rachem" si riferisce all'utero. Un' altra
cosa che mi ha molto colpita è stata l'analisi del quinto comandamento
in cui si impone l'onore e il timore di ambedue i genitori. Alcuni commentatori,
tra i quali Rambam, sostiene che questo comandamento sia cosi' importante
da fungere da garante degli altri nove comandamenti. Se il ruolo di garante
della legge è un ruolo eclusivamente paterno, non basterebbe un comandamento
che demandi unicamente il rispetto del padre...
Mi scusi se probabilmente non sono
stata molto chiara, ma non ho ancora una visione chiara dell'argomento.
La ringrazio anticipatamente della sua attenzione, sperando che lei possa
aiutarmi a chiarire le idee."
Sharon Mantin
Gentile Sharon Mantin,
Tuttavia, fu molto faticoso per gli ebrei rimuovere dalla
loro psiche la figura materna, e questa riemerse come Torah.
Per quello che riguarda la seconda parte della sua domanda:
"Un' altra cosa che mi ha molto colpita è stata
l'analisi del quinto comandamento in cui si impone l'onore e il timore
di ambedue i genori. Alcuni commentatori, tra i quali Rambam, sostiene
che questo comandamento sia cosi' importante da fungere da garante degli
altri nove comandamenti. Se il ruolo di garante della legge è un ruolo
eclusivamente paterno, non basterebbe un comandamento che demandi unicamente
il rispetto del padre...", bisogna capire il segnificato latente e inconscio del
comandamento.
Al suddetto livelo, se ne condensa un altro, latente,
che risucchia dagli strati primari dello psichismo infantile e dei popoli.
Ed ecco che ci diventa più chiara l'importanza
del comandamento "Onora il padre e la madre". Sono entrambi due aspetti
della stessa cosa: Il Padre e il suo pene, pene che si trasfigura in Madre
e Torah.
Cordiali saluti
Iakov Levi
Nelle religioni monoteistiche, ebraismo e islam, la figura
materna è stata ferocemente rimossa. Tuttavia, quando un contenuto
carico di energie emotive viene rimosso, continua a premere per un riconoscimento
da dietro le quinte.
In entrambi le religioni, il dio padre intransigente
e severo assume quindi anche parte di quelle peculiarità che sono
materne per definizione. Infatti, come da lei evidenziato, Jahveh, ma anche
Allah, diventa Rahum, misericordioso (in arabo Rahim).
Prima dell'esilio babilonese, Jahveh era esclusivamente
un dio guerriero e sanguinario, simbolo fallico dei clan della tribù
di Giuda, che lo portavano in battaglia affinché li guidasse e li conducesse alla vittoria. Il termine "Dio degli eserciti" non va interpretato infatti
in senso astratto, ma molto concreto. Prima dell'esilio babilonese, gli
ebrei adoravano, insieme a Jahveh, anche le dee madri per eccellenza Astarte
e Asherah. Quindi, dio ricopriva esclusivamente un ruolo maschile e paterno,
poiché il ruolo materno veniva affidato ad Astarte e Asherah.
Con il ritorno dall'esilio, la figura materna venne rimossa
e gli ebrei si asseragliarono in un monteismo intransigente.
Quando un bambino perde la madre, si attacca ancora di
più al padre, e vede in lui anche una seconda madre. Lo stesso accadde
agli ebrei.
Ho discusso dettagliatamente il meccanismo di questo
processo in Trauma della nascita, esilio e monoteismo
e in The Exile and its Consequences for Jewish Monotheism.
Non è un caso che, proprio nei libri dei profeti,
Jahveh venga definito anche con quelle peculiarità materne da Lei
menzionate. Infatti i profeti erano coloro che si opponevano ai culti predominanti
di Astarte e Asherah, e premevano affinché gli ebrei rimuovessero
le istanze psichiche materne. Se volevano imporre una rinuncia pulsionale
verso il corpo della Madre, dovevano necessariamente offrire una compensazione,
almeno parziale, proponendo unistanza paterna che contenesse almeno alcune
delle peculiarità materne, soprattutto quelle che più sarebbero
mancate, tra cui Rahamim (la misericordia), la cui radice viene
da Rehem (utero), come da Lei menzionato. Siamo alla vigilia dell'esilio
e ad esilio inoltrato. I giudei avevano appena perso quelli che erano i
simboli della Madre: la terra e il Tempio, e, come descritto in Geremia,
rimanevano ancora ferocemente attaccati ai culti della "Regina del cielo":
Quanto all'ordine che ci hai comunicato in nome
del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; anzi decisamente eseguiremo
tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla
Regina del cielo e le offriremo libagioni come abbiamo già fatto
noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di
Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza,
eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; ma da quando abbiamo cessato
di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo
sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla
fame (Geremia, 44, 16-18).
"La Regina del cielo", l'Ishtar babilonese (Inanna sumera), equivalente all'Astarte cananea, era dunque una
Mater Matuta e Nutrix misericordiosa, che proteggeva il suo
popolo dalla fame e la spada. Quando fu rimossa dalla psiche ebraica, Jahveh
ne assunse le peculiarità, e diventò lui il Rahum.
Ho discusso la figura della Torah in Sapere e conoscenza. Dai riti iniziatici alla filosofia platonica e in On Trees and on
Birds
Per l'Islam fu più facile rimuovere la figura materna,
poiché non possedevano nel loro archivio mentale un passato filogenetico
di politeismo così articolato come ebrei e cananei, per non parlare
dei greci. Ho trattato l'argomento in Il monoteismo come regressione psicosessuale.
In molte cose mimarono gli ebrei, ma il Corano non assunse
mai gli stessi contenuti densi di energie ed emotività, come la
Torah per gli ebrei, che la studiano e commentano con l'intensità
peculiare della nevrosi ossessiva, sublimando in penetrazione intellettuale
quella che è una pulsione genitale eterosessuale. Penetrazione
intellettuale e penetrazione genitale diventarono psichicamente equivalenti.
A questo proposito è importante ricordare che
Freud, in "Simbolismo nei sogni" ci ha mostrato che il libro è un
simbolo femminile. Quindi "il popolo del libro" significa "il popolo della
madre". Tuttavia, anche per l'Islam, la figura materna, anche se rimossa
con più successo che per gli ebrei, emerge in alcune figure femminili
di "sante", come Fatima e Maria stessa.
Come riporta Erodoto, mille anni prima che l'Islam venisse implementato dagli arabi, questi adoravano un dio e una dea principali, Padre e Madre:
Dioniso è, con Urania, il solo dio del quale ammettono l'esistenza [...]. Dioniso è da loro chiamato Orotalt, Urania Alilat (Hist. III,8)
Alcuni traducono "Urania" con Afrodite Celestiale. "Alilat" non è altro che la traslitterazione al femminile del dio ebraico - cananeo El, che nel giudaismo post - esilico si condensò con Jahveh in un'unica figura. Abbiamo discusso l'equivalenza tra Dioniso e Jahveh in Occidente
e Oriente nello specchio di Dioniso e di Apollo
Fino all'implementazione dell'islam, gli arabi avevano adorato "Dioniso" e "Urania", come gli ebrei, fino al primo esilio (587 a.C), avevano adorato Jahveh e Asherah. In entrambi i casi, rimossa la Madre, rimase solo il Padre.
"Onora il padre e la madre" intende proibire la scarica
libidica su quelli che sono gli oggetti originali della libido infantile:
il padre e la madre.
La legge, la Torah, essendo la madre, e inconsciamente
viene dal Padre, rappresenta una sua estensione e gli appartiene,
deve essere tutelata dalla scarica libidica di cui è naturalmente l'oggetto.
Se penetriamo l'intenzione latente del testo, ci diviene chiara anche l'interpretazione
del Rambam. Infatti, se si onorano il Padre e la sua Legge (la Madre), l'ordine
sociale viene tutelato contro quelle pulsioni erotico aggressive che ne minano
la stabilità. La funzione della madre, almeno nel giudaismo, viene
dunque interpretata come l'articolazione del volere del Padre: "Ascolta,
figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non disprezzare la Torà
di tua madre" (Prv. 1,8 e 6,20). Rappresentando ella stessa un oggetto
erotico,
per sè, ed appartenendo al padre, va doppiamente
tutelata ed "onorata".
Come evidenziato da Freud, all'inizio vi fu una dea madre,
poi un dio figlio, e solo per ultimo apparve nel pantheon dei popoli il
dio - padre: il ritorno dalla rimozione del padre primigenio dell'orda (Psicologia delle masse e analisi dell'Io, 1921, Complementi XII B).
Ebraismo e islam portarono a compimento il suddetto processo,
rimuovendo listanza materna e filiale, e lasciando il campo a un solo
dio padre onnipotente. Il cristianesimo mise un atto un compromesso,
nel quale però il dio - figlio e la dea - madre continuarono ad
avere la preminenza, come lo era stato nei culti del mondo greco romano
nel quale fu implementato.
Tuttavia, il processo di quello che potremmo definire
un tentativo di attribuire al padre la fonte di tutto, come avviene in
un certo stadio dell'evoluzione psichica infantile, era già cominciato
in embryo nella mitologia greca.
In una delle versioni sulla nascita di Afrodite, la dea
donna per eccellenza, associata alla sessualità come le sue controparti
orientali Inanna - Ishtar - Astarte, e Asherah, si racconta che la dea
nacque dal peno evirato di Urano, gettato da Crono nel mare.
Quindi, anche i Greci albergavano la percezione endopsichica
che la donna, oggetto di desiderio sessuale, sia il pene del Padre, sia
una sua trasformazione, e quindi gli appartenga in quanto parte del suo
stesso corpo. Il desiderio sessuale verso la donna diventa, così,
un'infrazione contro la sacralità e l'icolumità del pene
paterno. Questo infatti rappresenta il tabù originale, dal quale
derivano tutti gli altri.
Come dimostrato da Theodor Reik in Myth and Guilt,
il peccato originale non era l'atto sessuale, ma l'aggressione cannibalistica
verso il pene - corpo del dio. Dal momento che la causa dell'aggressività
filiale va ricercata nell'inibizione che il padre esercita verso i bisogni
pulsionali dei figli, le due cose, incesto e parricidio, sono indirettamente
associate, ma gli antichi limitavano il tabù al corpo del dio, e
non lo estendevano al desiderio eterosessuale per sè.
L'ebraismo, implementando il monoteismo, dopo il ritorno
dall'esilio babilonese, incrementò le restrizioni dirette alla sessualità,
che presso tutti i popoli semiti erano molto blande e quasi non esistenti,
ma il tabù rimase legato al corpo paterno, allargandone il concetto
alla "donna d'altri" (in quanto d'altri inconsciamente significa "del padre",
o anche semplicemente del tuo vicino), ma non solo la sessualità
per sè non fu mai considerata peccato, bensì il rapporto
sessuale è considerato obbligatorio. Il rapporto sessuale rimase
precetto, ricalcando i culti della fertilità in voga presso tutti
i popoli semiti, e il tabù rimase limitato alla madre = pene del
padre + "donna d'altri" = pene "d'altri". Ovvero, l'adulterio è
proibito in quanto la donna d'altri è il loro pene, e diventa un
peccato di aggressività sociale. Non guasta ricordare che nell'ebraismo
l'adulterio è solo quello commesso da un uomo con una donna fidanzata
o sposata ad altri, e non riguarda il rapporto sessuale per sè.
Se la donna è libera, anche se il perpetratore è già
sposato, non vi è adulterio alcuno.
Solo con il cristianesimo il peso del peccato fu spostato
al rapporto sessuale, e quello che era stato un peccato di aggressività
parricida diventò un peccato "della carne", conservando solo una tenue traccia mnestica, che "la carne" era stata quella del Padre primigenio divorato.
Il parricidio venne negato (denial), ma il senso
di colpa non sparì, bensì fu spostato sulla sessualità.
E' un classico caso di rimozione e spostamento.
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