Creazione e distruzione
Jahvè crea il mondo in sei giorni e al settimo, a completamento
del ciclo, si riposa.
La cosmogonia biblica ricalca luoghi comuni della mitologia sumerica
e babilonese ed è stato già scritto molto su questargomento.
Anche il concetto di un mondo creato come il risultato dellamplesso
tra un dio maschile che sta sopra e una dea femminile che sta sotto, come
dallamplesso tra Urano e Gea, ha lasciato le sue tracce nel versetto:
«...e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gn.1,1
) (1)
Quello che è peculiare del mito biblico è la presenza
di un Dio-Padre che fa tutto da solo, senza lausilio di nessuna divinità
femminile e dal nulla, mentre nella cosmogonia degli altri popoli cè
sempre qualche materia primordiale, che cera anche prima, e solo dalla
quale emerse un dio Padre o un eroe creatore.
Lassenza di una dea femminile è facilmente spiegabile dalla
serrata struttura patriarcale delle tribù ebraiche al tempo in cui
adottarono queste saghe.
Nel mito sumerico il mare primordiale (abzu) esisteva prima e
il cielo e la terra furono formati da esso (2).
Questa versione corrisponde a quella di Omero (Iliade 14/ 201
e 246) , che dice che lOceano era «lorigine degli dei» e
«lorigine di tutto». Da Oceano venne Teti, che veniva chiamata
Madre.
Una versione orfica diceva (3), invece, che allinizio esisteva la
Notte. Essa aveva laspetto di un uccello dalle ali nere. Fecondata dal
vento, la Notte depose il suo uovo dargento nellimmenso grembo delloscurità
e da questuovo balzò fuori Eros, denominato Protogonos, il primogenito
di tutti gli dei. Lo spazio cavo delluovo era il chaos. Nella parte inferiore
delluovo cera il Cielo e la Terra che si accoppiavano. Eros li spinse
a questa unione e da essa nacquero Oceano e Teti.
Un poema di Orfeo diceva: «Il primo fu Oceano, dal bel corso,
che incominciò laccoppiamento: egli prese in isposa la sorella
Teti, nata dalla stessa madre», ovvero la Notte (4).
La terza versione è quella di Esiodo, (5) che ci racconta che
prima di tutto cera il Chaos, poi Gea, dallampio seno, sede di tutte
le divinità. Dal Chaos discendono Erebo (il buio) e la Notte, che
unitasi a questi, partorì la luce del cielo (Etere) e il giorno
(Emera). Gea invece, prima di ogni altra cosa partorì come suo simile
Urano. Essa partorì le montagne e Ponto, il Mare deserto, da una
fecondazione partenogenetica. Con Urano invece si accoppiò e partorì
i Titani, tra i quali anche Oceano e Teti.
Tutti questi elementi, che esistevano nella cosmogonia degli altri
popoli, prima di un dio-Padre, furono condensati e rimossi nel racconto
biblico, per non dare addito a nessuna speculazione che ci fosse qualcosa
prima di Dio e al di fuori di lui.
Ma le tracce della rimozione rimasero.
E infatti il secondo giorno «Dio disse: «Sia il firmamento
in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque» » (Gn.,
1,6). Ma le acque non erano mai state create, poiché nel primo giorno
Dio aveva creato solo il cielo, la terra e la luce.
Generazioni dopo generazioni di rabbini si chiesero a vicenda doverano
mai le acque prima che Dio iniziasse la creazione (6).
Nelle tradizioni posteriori, la sensazione che qualcosa sia stato censurato
dai testi e nascosto cominciò a premere per un riconoscimento.
Una leggenda ebraica dice: «tre elementi esistevano prima della
creazione: lacqua (la parola acqua in ebraico è sempre al plurale
= le acque), lo spirito (in ebraico la stessa parola, ruah, significa
anche vento, ed ecco qui il Vento della tradizione orfica, quello che aveva
fecondato la Notte, che riemerge dalla rimozione) e il fuoco. Lacqua entrò
incinta e partorì le tenebre, il fuoco entrò incinta
e partorì la luce, lo spirito entrò in cinta e partorì
la sapienza (7).
Ecco che la concezione di elementi primordiali che precedono la creazione
e quindi, implicitamente, anche il Creatore, come nella cosmogonie babilonese
e greca, emergono nelle leggende ebraiche che non furono incluse nel Canone.
Ancora più esplicita è la Kabbalà, che nel libro
dello Zohar (3,69) ci dice che il Signore aveva una moglie, Matronit,
e che si accoppiò con Lilit quando quella era scappata. Naturalmente
tutto viene raccontato dietro il velo della rappresentazione simbolica,
ma i simboli sono la condensazione di tracce mnestiche che emergono dalla
rimozione. I rabbini della Kabbalà non avrebbero avuto questa idea,
se non per la percezione rimossa che ci sia qualcosa nella cosmogonia ebraica,
come viene rappresentata nel Canone, che non convince: qualcosa era stato
omesso.
Ma per noi la cosa più importante è che limmagine finale
che emerge è quella di un dio maschio, da solo, che crea tutto il
mondo in un periodo di tempo ben definito, secondo un ritmo prestabilito,
e questo è rappresentato dal numero sette.
Perché mai il Dio onnipotente, partorito dalla fantasia ebraica
in una proiezione così possente e sublimata dellimmagine del proprio
Padre, non crea tutto il mondo di colpo, con un magico fiat, come
ha fatto con la luce?
Il Dio che ci presenta la Bibbia crea il mondo un po alla volta, in
numerosi atti, mandato ripetutamente in missione. Ogni giorno commette
unimpresa, un fatto miracoloso, e dopo si congratula con se stesso dicendosi:
«E Dio vide che era cosa buona».
Le sue fatiche ricordano quelle di Ercole, il semidio, dio figlio
che viene mandato a compiere numerose imprese = atti eroici, come a compimento
di un doloroso rito diniziazione. E, come per mettere laccento sulla
fatica, una volta finito, si riposò.
La seconda cosa strabiliante è che Dio crea la donna, non come
parte del resto della creazione, ma dopo che il suo ciclo di fatiche era
già terminato.
Come i giovani novizi delle tribù selvagge che debbono avere
subito un rapporto sessuale a compimento finale del rito, altrimenti rischiano
la morte.
Per il momento lasciamolo solo, questo dio-faber, mentre sta
forgiando la sua creazione con le proprie mani.
Riesaminiamo nuovamente qual è limmagine di questo Dio subito
dopo.
Se prescindiamo dalla Creazione, la prima cosa importante che fa è
distruggere il mondo.
Come la mitologia greca ci racconta di Giganti e di Titani e di lotte
spaventose e distruzioni agli albori dellumanità, così la
Bibbia ci racconta: «Cerano sulla terra i giganti a quei tempi -
e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini
e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dellantichità,
uomini famosi» (Gn.6,4).
Tutti i racconti di dei che si univano a mortali e di dee che partorivano
giovani Eroi da uomini, così dettagliatamente raffigurati in una
multiforme rappresentazione scenica nella mitologia greca, vengono condensati
e compressi in questo unico versetto.
Il Redattore deve essersi pentito amaramente di essersi lasciato scappare
questo lapsus calami!
Ma, in associazione diretta con i figli di Dio che si univano alle
figlie degli uomini e con gli eroi dellantichità, appare lira
di Dio e il diluvio universale.
Con la furia di un Gigante o di un Titano, Iddio si getta sulla terra
per distruggerla.
Come la mitologia greca ci descrive Apollo, in uno dei suoi aspetti,
come colui che colpisce da lontano (Iliade 1,1), con il suo terribile
arco, e «colui che distrugge totalmente» (8), così appare
il dio della Genesi, nel suo aspetto terribile e minaccioso.
Gli Achei, intorno alle mura di Troia, erano lorda dei fratelli coalizzati
per penetrare la città e rapirne la regina, e sul loro campo piomba
Apollo con il suo terribile arco e ne fa strage, come gli adulti o lo stregone
della tribù terrorizzano, con i propri simboli fallici (9), il campo
dei giovani novizi, e minacciano di ucciderli.
E Apollo è il dio protettore dei ragazzi e dei fanciulli.
Infatti, durante i riti della pubertà gli adulti prima spaventano
a morte i novizi, e poi istruendoli sui segreti della tribù,
inducono i giovani ad identificarsi con loro e diventano loro protettori
e «padri» nel senso ideale della parola.
Jahvè piomba sulla terra «perché tra sette giorni
farò piovere sulla terra...e dopo sette giorni le acque del diluvio
furono sopra la terra».
Il Dio-Padre ostenta davanti a Noè, lEroe, ovvero il giovane novizio, il proprio
simbolo fallico, il numero sette, esattamente come Apollo colpiva con il
proprio simbolo fallico, larco e le frecce.
Il numero sette, che in ebraico significa arma (Zain = sette
= arma= pene), colpirà luomo e lo ucciderà. Noè,
il novizio, riesce a superare la prova e il numero sette, che aveva distrutto
gli indegni, sarà la sua salvezza, la vita:
Dogni animale mondo prendine con te sette paia...Anche degli uccelli mondi del cielo sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra (Gn., 7,2-3), Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dallarca e la colomba tornò da lui sul far della sera; ecco essa aveva nel becco un ramoscello dulivo (Gn., 8,10).Il sette, il simbolo fallico del dio-Padre, che era stato strumento di morte, diventa strumento di salvezza (10). Esattamente come larco e le frecce, il simbolo fallico di Apollo, che aveva portato la morte nel campo degli Achei, salva da morte tutta lumanità, dopo un diluvio esattamente come quello biblico, uccidendo il terribile pitone (Ovidio, Metam., I / 434-450). In entrambi i casi, nel racconto del diluvio biblico come in quello di Ovidio, lumanità risorge dopo essere stata immersa nelle acque.
Il popolo eletto
Abbiamo visto come le tribù ebraiche, che come per tutte le tribù
primitive i riti diniziazione erano l'evento principale della vita collettiva,
abbiano fatto una proiezione a livello cosmologico di quella che era la
loro realtà esistenziale tribale.
I Sumeri, i Babilonesi e, dopo di loro, i Greci si erano sviluppati
a civiltà. Erano passati da una fedeltà tribale a una fedeltà
di tipo nuovo.
Sumeri, Babilonesi e Greci si organizzarono a società politiche,
e superarono i riti diniziazione arcaici, conservandone solo tracce mnestiche
rimosse.
Nella mitologia greca queste sono rimaste nelle imprese eroiche, che
il novizio deve compiere, a coronamento del suo passaggio iniziatico.
Per gli Ebrei fu più difficile. Pur sviluppando una cultura
altamente sofisticata, non si staccarono mai da quel tipo didentità
che preferisce i legami del clan a quelli della polis.
Le tracce degli antichi riti diniziazione tribale continuarono, così,
a emergere in tutta la liturgia ebraica (14).
Il Padre primigenio, dio esclusivo della tribù, anche se proiettato
ad altezze nuove, rimase pur sempre il Padre del suo popolo, che diventò,
così, popolo eletto, inversione dellattaccamento del popolo al
suo dio esclusivo.
Quando questo Dio pretende da lui di essere un «popolo sacro»
(15), «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa»
(Ex., 19,6), «Santificatevi dunque e siate santi» (Lev.,
11,44), e nuovamente in (Lev., 19,2) e (Lev., 20,7),
in realtà pretende da lui di rimanere un popolo di novizi, perennemente
immerso nella sacralità, nel tabù e nella sua esorcizzazione,
un popolo di figli, eternamente terrorizzati da una generazione di adulti
che spaventano i propri giovani, nascosti dietro a maschere spaventose.
Così, se il diluvio universale era stato la proiezione del proprio
rito iniziatico su tutta lumanità, tracce di questi stessi riti
erano rimaste anche tra i Sumeri, i Babilonesi e i Greci, e anchessi avevano
innescato lo stesso processo di proiezione allesterno.
E infatti anchessi conservano memorie di uno spaventoso diluvio, nel
quale lumanità era morta e rinata.
Ma la differenza consiste nel fatto che questi popoli, abbandonata
completamente la struttura tribale, avevano rimosso i riti e li avevano
conservati solo come tracce mnestiche, che si riflettono appunto nella
mitologia del diluvio e nelle imprese degli Eroi.
Gli Ebrei, invece, continuarono a vivere la loro realtà onnipresente
di eterni novizi e, dopo il diluvio, leterno rito diniziazione continua
a ripetersi in tutte le feste ebraiche, e il numero sette, questo terrificante
simbolo fallico del dio iniziatico, continua a venire presentato loro davanti,
come una minaccia onnipresente.
I sette giorni della Pasqua, in cui viene sacrificato e mangiato il
corpo del Padre tribale, montone-agnello (16), prima in sintesi, poi sostituito,
dal pane azzimo (17), in una notte in cui tutti sono asserragliati in casa,
mentre langelo della morte compie, fuori, la sua strage (Ex., 12,21-7).
Dopo sette settimane dal rito pasquale, ecco il Shavùot,
la «festa delle settimane», ai piedi del monte Sinai e Jahvè,
il dio iniziatico, di nuovo terrorizza il suo popolo tra tuoni e fulmini,
al punto che gli Israeliti non vogliono più né vedere né
ascoltare, poiché hanno paura di morire
Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo...Il popolo si tenne dunque lontano mentre Mosè avanzò verso la nube oscura, nella quale era Dio (Ex., 20,19-21).E Mosè attese sei giorni e solo il settimo il Signore gli si rivelò (Ex., 24,16).
Da iniziatore a iniziato
E dopo questa lungo giro, eccoci arrivati nuovamente al punto di partenza,
alla Creazione del mondo.
Dio crea il mondo in sei giorni e il settimo si riposò.
Abbiamo visto finora come Jahvè, il dio dIsraele, sia stato
un dio iniziatico.
Dal Diluvio universale, alla Pasqua, ai riti sulle falde del monte
Sinai, alla relegazione dei suoi figli per sette giorni alle capanne, era
apparso nel campo degli Israeliti, da dietro la sua maschera (e infatti
è proibito guardare e vedere limmagine del Signore), dio terribile
e vendicativo, come Apollo che fa strage nel campo degli Achei con il suo
arco e la sua faretra, ostentando il suo sette, il suo simbolo fallico
minaccioso.
Secondo la versione della Genesi, Dio crea il mondo dal nulla, ma già
nei primi versetti si contraddice poiché ci rivela che in realtà
le acque preesistevano alla creazione, come nella versione sumerica e greca
della cosmogonia. Nel secondo versetto «aleggiava sulle acque»
e nel settimo «separò le acque, che sono sotto il firmamento,
dalle acque, che sono sopra il firmamento». Quindi una dea-madre
simboleggiata dallacqua esisteva già prima che Dio cominciasse
la creazione.
La leggenda ebraica, come abbiamo visto sopra, aveva conservato tracce
esplicite dei miti cosmologici originali: tre elementi esistevano prima
della creazione: lacqua, lo spirito e il fuoco. Lacqua entrò incinta
e partorì le tenebre, il fuoco entrò incinta e partorì
la luce, lo spirito entrò in cinta e partorì la sapienza
(supra).
Questo dio poteva solo essere un dio-marito o un dio-figlio, ma non
un dio che venisse prima dellacqua e che ne era il padre.
Reik, discutendo del problema del doppio sesso di Adamo dice:
Secondo la mia opinione, è molto probabile che il mito del primo uomo che aveva due sessi, sia una teoria sviluppatasi più tardi e, come tale, una versione molto alterata e distorta di una saga più antica in cui una coppia divina, dio e dea, viene sorpresa durante il rapporto sessuale e separata con la violenza da un figlio- dio. Jahvè divise il primo essere umano in due metà. Modellandogli due volti e due dorsi. Mi sembra che vi sia qui una variante della situazione originale nella quale la coppia divina si è fusa in un sol corpo mediante il rapporto sessuale (20).Secondo Reik, dunque, il dio che separa Adamo da Eva è un dio-figlio e non un dio-padre.
1) Una dea Madre, rappresentata dallacqua o dalla terra era allinizio
di tutto, sulla scia della cosmogonia mesopotamica.
2) Da questa dea-acqua-materia primordiale si forma il primo uomo,
probabilmente come mistura di acqua e terra, che è anche il primo
dio, Adamo, la cui etimologia è «che viene dalla terra»,
come Nammu, la dea degli abissi sumerica, crea Enki piegandosi sulla terra
e da essa.
3) A questo punto una dea madre, Eva, «che è madre di
tutti i viventi» (Gn., 3,20), vive in coppia e in simbiosi
con il dio, che lei stessa ha creato e generato da lei. In questa versione
scenica Adamo ed Eva corrispondono a Urano e Gea.
4) Un dio-figlio, Jahvè, cerca di separare lamplesso divino
e di castrare il Padre.
Questa deve essere stata la prima versione della cosmogonia biblica,
sulla scia di tradizioni mesopotamiche, che le tribù ebraiche si
portarono appresso nel loro peregrinare attraverso i percorsi della mezzaluna
fertile ai margini del seminato.
Abramo, il primo ebreo, veniva da Ur, antica città-stato allestremo
sud della Mesopotamia e da lì era arrivato fino allEgitto.
A questa si sovrapposero tutte le altre, e si fusero nel racconto biblico
che abbiamo davanti.
Perché per noi è stato così importante risalire
alle tracce di questa prima versione?
Perché solo così potremo ora capire il vero significato
della cosmogonia biblica, di un dio maschio che, da solo, crea il mondo
in sei giorni e al settimo si riposò.
A differenza dei Sumeri, i Babilonesi e i Greci, gli Ebrei si asserragliarono
in una stretta struttura tribale, sotto la cappa di un dio-Padre esclusivo,
che non lasciava addito a nessuna essenza divina al di fuori di Lui. Così
rimossero tutto: le acque primordiali, la dea Terra, i dei figli-Eroi,
e rimasero nel testo solo tracce sporadiche ma illuminanti.
Tutto fu attribuito a un dio-Padre onnipotente.
Ma quello che è particolarmente interessante non è quello
che non appare, come chiaro risultato della rimozione, bensì quello
che appare nella cosmogonia ebraica e non appare in quella degli altri
popoli, che rilassarono la stretta della fedeltà tribale e la superarono.
La cosmogonia degli altri popoli non ci racconta delle fatiche di un
dio padre nel creare il mondo in un ciclo specifico, che la Genesi ci rappresenta
con il numero sette.
Presso gli altri popoli le fatiche spettano agli dei-figli, agli Eroi.
E queste sono tracce delle prove iniziatiche.
Mentre nelle cosmogonie parallele la creazione del mondo è il
prodotto delle creature divine primordiali, e gli atti eroici spettano
ai dei figli, ecco che la mitologia ebraica, nella stretta del suo esclusivismo,
condensa i due cicli in uno, e la parte più preminente diventa proprio
quella della fatica iniziatica.
Il numero sette, che come abbiamo visto è il simbolo fallico
del dio-Padre, nella condensazione dellatto iniziatico diventa il simbolo
fallico del dio-figlio che se ne impadronisce e compie la sua missione
con questo.
Larco di Apollo era il simbolo fallico del dio iniziatico, per mezzo
del quale minaccia la tribù dei figli, accampati intorno alle mura
di Troia, ma che poi diventa lo strumento che adopera Apollo, nella sua
trasfigurazione in dio-figlio ed Eroe, per uccidere il mostro. Apollo dio-figlio
si impadronisce del simbolo fallico di Apollo, dio iniziatico e rappresentante
della generazione dei padri, e compie la missione: uccide il Pitone.
Jahvè, dio-figlio, adopera il numero sette, strumento del terrore
di Jahvè, dio-Padre, per concludere la sua missione e crea il mondo.
Adesso finalmente ci è chiaro laccento dato dalla Bibbia allenumerazione
dei giorni, uno dopo laltro. Lo scandire dei tempi fino a che si forma
il numero magico.
Avrebbe potuto benissimo riassumere e dire «Iddio creò
il mondo in sei giorni e il settimo si riposò», ed enumerare
tutti gli atti della creazione o subito prima o subito dopo.
Laccento è sul numero dei giorni. Questo numero sì,
esisteva prima.
Sei le fatiche iniziatiche e il settimo la conclusione e il riposo,
il Sabato. Il settimo giorno è quello della purificazione, dellesorcismo
del tabù, la chiave e la soluzione.
In questa condensazione, del racconto della creazione con quello dellatto
iniziatico primordiale, il dio-figlio, rimosso dalla mitologia ebraica,
non solo preme per un riconoscimento, ma riesce ad avere la preminenza
e scalza completamente la figura del Padre, lo detronizza, dallatto della
creazione.
«Dio vide che la luce era cosa buona» (Gn.1,4), «Dio
vide che era cosa buona» (Gn.1,12), (Gn.1,18) (Gn.1,21), (Gn.1,25)
««Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona
(Gn.1,31). Questa ripetizione, ogni volta, della propria soddisfazione
narcisista è la grande rivincita dellorda dei figli che, attraverso
latto eroico, prendono il simbolo fallico del Padre e il suo posto e si
congratulano con loro stessi per la propria prodezza (26).
Subito dopo tutto affonderà nella rimozione.
Questa nostra ricostruzione della stratigrafia del mito biblico coincide
con quello che ha detto Freud della genealogia del mito in generale:
Forse lEroe divinizzato fu anteriore al Dio-Padre, fu il precursore del ritorno del padre primordiale sotto forma di divinità. La successione degli dei sarebbe quindi cronologicamente questa: dea madre, eroe, dio padre. Solo con lelevazione del non mai dimenticato padre primordiale la divinità acquisì però le caratteristiche che ancora oggi le conosciamo (27)E dinuovo ci conferma, dopo più di quindici anni, nel suo Uomo Mose lo stesso concetto: Le divinita maschili apparvero dapprima come figli accanto alle grandi madri e solo dopo assunsero nettamente i tratti di figura paterna (28).
Il riposo settimanale
E adesso, dopo questo lungo giro, ci appare chiaro anche il motivo dellimportanza
del riposo sabbatico e della sua sacralità.
I sei giorni della creazione rappresentano le prove iniziatiche, gli
atti eroici attraverso i quali il giovane si identifica con la generazione
degli adulti e soppianta il padre dalla sua posizione di preminenza, poiché
si identifica con lui e contemporaneamente lo detronizza.
Questi atti di bravura e la soddisfazione narcisistica che ne segue,
questo appropriarsi del simbolo fallico paterno e usarlo come strumento
per detronizzare il padre e agire al suo posto, rappresentano anche un
atto di sfida e di profanazione.
Ne consegue un sedimento di un senso di colpa che esige una formula
magica che funga da undoing della profanazione.
Questo esorcismo è rappresentato dal Sabato, e da qui la grande
sacralità di questo giorno e il grave castigo per chi lo profani.
Dopo le grandi azioni della Creazione, ecco il grande riposo del
Sabato.
Il Sabato, la grande inazione, fa un undoing simbolico della
grande azione, degli atti di sfida della creazione.
Il figlio proclama così: è vero, mi sono sostituito
al padre, ho preso la sua forza per compiere tutte le fatiche della creazione,
ma adesso faccio il contrario, e il grande sacro riposo sarà così
lantitesi della profanazione dellazione .
Il sabato è quindi un controinvestimento energetico il cui scopo
è incontrare la pulsione emergente dallEs del fare, il doing,
e controbilanciarla, annullarla per esorcizzare il senso di colpa annullando
la pulsione stessa.
Nei sintomi della nevrosi ossessiva il controinvestimento pulsionale
dellIo neutralizza la pulsione peccaminosa dellEs attraverso una rappresentazione
antitetica che dichiara un altisonante no alla pulsione censurata: il
risultato è sempre una formazione di compromesso.
Nel nostro caso, come nei sintomi della nevrosi ossessiva, lazione
si svolge in due tempi: doing e undoing (29).
Prima lazione, la creazione del mondo, poi il suo contrario.
Jahvè, il dio-figlio rappresentante degli iniziati della tribù,
dopo avere prevaricato, nel suo atto di sfida, deve adesso fare il contrario
dellazione sacrilega e riposarsi.
Questo spiega la più strana di tutte le storie bibliche: un
dio onnipotente, che stanco come lultimo dei mortali, deve riposarsi.
Jahvè, il dio figlio, che aveva prevaricato nellatto di sfida
della creazione deve ora riposarsi, e il suo riposo diventa sacro, poiché
sacrilego era stato latto della creazione.
Il riposo assoluto diventa lesorcismo magico attraverso il quale lazione
della creazione viene depurata dallaspetto peccaminoso.
Anche la parola stessa Shabbat, non significa riposo, questa
è una sovrapposizione posteriore. La traduzione che più si
avvicina al senso originale della parola ebraica è inazione-paralisi.
Questa radice esprime il momento stesso dellarrestarsi dellazione nella
brusca paralisi di un movimento in atto. In ebraico moderno la stessa parole
schvitah è adoperata per sciopero. Sui giornali quando è
in atto uno sciopero si legge il titolo: Il paese paralizzato da una schvitah.
Il contrario non è lavoro bensi azione, maaseh, e infatti
lopera della creazione è chiamata maaseh berescit.
Questo spiega come mai furono proprio gli Ebrei a introdurre
il riposo settimanale.
Cè anche una apparente incongruenza che viene così appianata:
se le fatiche iniziatiche erano sette, il riposo settimanale avrebbe dovuto
avvenire allottavo, come lottavo giorno è quello della circoncisione
e della depurazione del periodo mestruale, come lottavo giorno è
Simhat Torah, latto finale dei sette giorni in cui viene celebrato
il Succoth e la permanenza per sette giorni nelle capanne.
Invece il giorno del Gran Riposo è il settimo e non lottavo.
Il motivo è semplice: come il sintomo della nevrosi ossessiva
è una soluzione di compromesso tra pulsione e controinvestimento
energetico che emerge come sintesi che comprende entrambi, così
il grande undoing che depura il sacrilegio è incluso allinterno
del numero sette che descrive le fatiche iniziatiche, in ununica sintesi,
e non al di fuori di esse.
Lazione coatta in due tempi, doing e undoing, diventano
ununica condensazione e nello stesso numero, sette, viene inclusa sia
lazione che il suo contrario, il grande riposo.
Così mentre la permanenza nelle capanne nei sette giorni del
Succoth si conclude con lottavo giorno, la fine del rito iniziatico, e
la circoncisione conclude nellottavo giorno lo stesso rito, il Sabato,
che è non una conclusione ma unazione coatta antitetica alla pulsione,
il cui scopo è annullarla simbolicamente, si unisce a questa in
ununica sintesi.
Vi è unaltra associazione che ci conduce come un filo alla
stessa meta. Quando gli Ebrei, raccolti in sinagoga, si apprestano dopo
il tramonto del Venerdì a ricevere il Sabato, si rivolgono verso
occidente e cantano: vieni o sposa, vieni o sposa. Il Sabato è
la sposa e viene presentata a Israele il suo sposo, come premio per le
fatiche iniziatiche superate. La comunità di tutto Israele, vestiti
a festa, la tribù dei fratelli che attraverso il loro vicario, Jahvé
il dio figlio, hanno perpetrato la fatica della creazione e si preparano
al ben meritato riposo, portano sotto il baldacchino nuziale la sposa che
entra dalloccidente nellepifania del Santo Sabato. Come Eva che viene
creata alla fine della fatica iniziatica, come nelle tribù selvagge
odierne, descritte da Reik (cfr., nota 11), il rapporto eterosessuale avviene
solo con la conclusione delle fatiche del rito. Jahvé crea la
sposa a coronamento della sua fatica, il meritato premio.
I Greci e i Romani, quando vennero a contatto con gli Ebrei, non capirono
questo strano rito e lo considerarono unusanza barbarica come tutti gli
altri riti ebraici, poiché percepirono inconsciamente il sottofondo
tribale che ne era allorigine (30)
Il cristianesimo adottò questusanza in forma diluita, come
adottò il numero sette, nel contesto della sua regressione esistenziale
.
Ma lOccidente fece di questo giorno un giorno di riposo nel senso
di svago, non certo di inazione forzata e di paralisi, come rimase per
gli Ebrei.
Il senso di tabù fu sterilizzato e la domenica divenne il giorno
del Signore conservando solo la traccia mnestica che questo era, invero,
il giorno di un dio- Figlio.
Gli Ebrei, invece, si asserragliarono nel senso originale del giorno
sacro, del tabù, dellundoing di un atto peccaminoso di ribellione
contro il dio padre, messo in atto attraverso lazione, lo sforzo motorio,
lattività muscolare.
La sacralità di questo giorno si rafforzò sempre di più
durante i secoli, e la paralisi di qualsiasi azione fu codificata ai suoi
estremi al punto che oggi è proibito persino usare la luce elettrica,
viaggiare in automobile, andare in bicicletta, toccare il denaro, e fare
qualsiasi sport.
Solo una paralisi assoluta da qualsiasi sfogo motorio può esorcizzare
il fare peccaminoso allorigine del precetto di non fare.
Invece è obbligo occuparsi di attività mentali, è
permesso studiare, rimuginare, cantare, discutere, eccetera.
È proibito scrivere, suonare, fare ginnastica, fare qualsiasi
cosa che implichi una soddisfazione muscolare e motoria, poiché
questo era stato il peccato della creazione: la gioia del fare. Come scrive
Abraham, parlando di unangoscia locomotoria:
sono dellopinione che nei nevrotici che si ammalano di angoscia locomotoria, sia oiginariamente presente un piacere contituzionale sovraintenso dei movimenti; dalla non riuscita rimozione di questa tendenza derivarono inibizioni del movimento fisico. Il significato del piacere del movimento è stato posto in particolare rilievo da Sadger. Egli parla dellerotismo dei muscoli come un fonte particolare di piacere sessuale e lo pone accanto a quelli che egli denomina erotismo della pelle ed erotismo della mucosa. Sadger dà prove interessanti riguardo al piacere positivo del movimento fisico (31).Per lOccidente, che aveva ripristinato apertamente la sovranità del dio figlio, non fu necessario conservare il tabù di questo giorno con i suoi significati terribili e minacciosi. Anzi vide in questo rito il testardo attaccamento del popolo dIsraele alla fedeltà assoluta al dio-Padre, in contrasto al nuovo concetto di un dio-Figlio che con il suo sacrificio aveva liberato lumanità dal senso di colpa.
NOTE
(1) Sullacqua come simbolo della madre vedi Freud, «Simbolismo
nel Sogno», in Opere, Bollati Boringhieri, Torino 1989, vol.
VIII, p. 325
(2) Kramer, The Sumerians, 1963, pp.112-3
(3) Riporto la storia orfica come viene raccontata da Karoly
Kerenyi, Gli Dei della Grecia, Il Saggiatore, Milano 1962, pp. 26-7.
(4) Ibidem, p. 27. Per la Notte e il buio, come simbolo del ventre
materno, vedi K. Abraham, «Limitazione del piacere di guardare»,
in Opere, B.Boringhieri, Torino 1997, vol. II, pp.577-80 e
597-8.
(5) K.Kerenyi, ibidem, pp. 27-8
(6) Erano ovviamente nella mitologia sumerica.
(7) La suddetta leggenda è riportata nel Sefer Haggadà,
Devir Pubblishing, Tel Aviv 1948, p.13. in ebraico.
(8) Giorgio Colli, La nascita della filosofia, Adelphi,
Milano 1994, p.18.
(9) Vedi S.Freud, Totem e Tabu, in op.cit., vol.VII, p.134.:
«...il padre è ammirato in quanto possessore del grande genitale
e temuto come colui che minaccia il genitale del bambino».
(10) Qui ci ricolleghiamo a quello che ci ha detto Freud sul simbolismo
del numero tre, che essendo il simbolo del genitale maschile è un
potente strumento apotropaico. S.Freud, «Simbolismo nel sogno»,
in op.cit.,, vol. VIII, p.335. Freud dice: «Cominciamo con losservare
che per il genitale maschile nel suo insieme è simbolicamente significativo
il numero sacro tre».
(11) Theodor Reik, «I riti della pubertà» in Il
rito religioso, Boringhieri, Torino 1969, pp. 104-123.
(12) Il battesimo cristiano, che fino al Basso Medioevo era a immersione
completa, simboleggia una rinascita: «O non sapete che quanti siamo
stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua
morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui
nella morte, perché come Cristo fu resuscitato dai morti per mezzo
della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una
vita nuova Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte
simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione» (Lettera
ai Romani, 6,3-5). Limplicazione è, dunque, che anche il battesimo
cristiano, come il bagno rituale ebraico, il miqve, sia il simbolo della
rinascita che fa parte del contesto dei riti della pubertà arcaici.
(13) Per la Crocefissione come trasfigurazione dellarcaico rito della
pubertà inziatico, vedi Reik, in op.cit. pp. 164-173.
(14) Per la natura particolare del popolo ebraico, dovuta al
aver ripetuto in epoca storica il delitto primordiale sulla figura di Mosè
vedi Freud, «Luomo Mosè», terzo saggio, op.
cit. Vol. 11, pp. 410-1.
Per linterpretazione di molti riti ebraici come tracce mnestiche di
riti tribali vedi Reik, Il rito religioso, cit, pp. 229-359.
Dello stesso autore, Pagan Rites in Judaism, N.Y. 1964; Mystery
on the Mountain, New York 1959; Myth and Guilt, New York 1975;
The Creation of the Woman; The Temptation, New York 1959, nella
Trad. It.: Psicanalisi della Bibbia, Sugar editore, Milano 1963.
(15) La Bibbia italiana traduce la parola qaddosh, sacro, con
santo, ma in ebraico non esistono due parole diverse sacro e santo, bensì
una sola. Qaddosh significa sia sacro che sacrilego. Come in tutte le lingue
antiche esisteva una solo parola per definire entrambe i concetti, in quanto
sacro era quello che non si poteva avvicinare, in quanto troppo sacro o
troppo sacrilego. Il sacrilego è una conseguenza del sacro e non
un concetto antitetico. In ebraico qaddosh è sacro e qaddesh-qaddeshà,
il prostituto-prostituta che commetteva atti obbrobriosi, che una volta,
prima di diventare tali, erano considerati sacri. In arabo haram è
sia sacro che proibito. In latino sacer e persino in francese sacrée
(16) Freud spiega il mito dei Titani che divorano Dioniso, un dio fanciullo=giovane,
come condensazione dellatto diretto contro dio-Padre e lespiazione che
avviene per mezzo della morte-sbranamento del dio-figlio («Totem
e Tabù», op. cit., pp.156-7). Alla stessa maniera gli
Ebrei sacrificano un agnello e non un montone, in quanto lagnello è
la condensazione del divoramento del corpo del dio-totem, montone, con
lespiazione nel sacrificio del dio-figlio, lagnello.
(17) Molto illuminante la similitudine tra il sacrificio dellagnello
pasquale, che viene sovrapposto e poi sostituito dal pane azzimo e il corpo
di Cristo (lagnello), che viene sostituito dallOstia, il pane sacro,
come simbolo del suo corpo. Il dio-totem delle antiche tribù ebraiche
era il montone e nel sacrificio dellagnello pasquale avviene una condensazione
del dio- totem-Padre con quella del figlio stesso, lagnello. Lagnello
pasquale simboleggia, così, nella liturgia ebraica sia il simbolo
del corpo del Padre ucciso, il misfatto, che lespiazione nella morte simbolica
del figlio, lagnello.
(18) T.Reik, «Il Kol Nidre», in op.cit., pp.
199-200. Per il Kippur come ripetizione dallatto cannibalistico e la sua
espiazione, vedi anche: K.Abraham, « Il Giorno dellEspiazione:
osservazioni a «Il rito religioso: studi psicoanalitici di Theodeor
Reik», in op.cit., Vol. 2, pp. 710-721.
(19) T. Reik, «A Home Away from Home», in Pagan
Rites in Judaism, NewYork 1964, pp.3-26.
(20) Reik, La Creazione della Donna, op.cit, p. 30.
(21) Kramer, Samuel Noah, and Maier, John, Myths of Enki,
the Crafty God, Oxford University Press, New York,1989, pp. 2-3
(22) Morris Jastrow, "Adam and Eve in Babilonian Literature",
in The American Journal of Semitic Languages and Literature, Vol.
XV, n. 4.
(23) Per lacqua, cfr. Supra, nota 66. Per il buio e la Notte, come
simbolo del ventre materno, vedi K. Abraham, «Limitazione del piacere
di guardare» in Opere, B. Boringhieri, Torino 1997, vol. 2,
pp. 577-80.
(24) Batei Midrashot, parte seconda, midrash otiot Rabi Akiva
nusah beit. La leggenda di Rabi Akiva parla di mille cubiti, che sono
circa quattrocento metri, e non di un cubito come riporta erroneamente
Reik, in op.cit., p.37
(25) Rashi è il più importante di tutti i commentatori
delle sacre scritture. Visse in Francia nellundicesimo
secolo della nostra era.
(26) Reik nel suo libro (La Creazione della donna,
op.cit.) ha dimostrato come la nascita di Eva dalla costola di Adamo
rappresenti un antico rito della pubertà, in cui lestrazione della
costola simboleggia unevirazione simbolica al pari della circoncisione
o lestrazione di un dente, e lapparizione di Eva sia il primo rapporto
eterosessuale che si sussegue a catena. Noi accettiamo linterpretazione
di Reik e ci teniamo ad enfatizzare che non vi è contraddizione
alcuna tra la nostra versione della Creazione del mondo in cui Jahvè
da dio iniziatico si trasfigura in novizio e quella di Reik che vede nella
creazione della donna una scena del rito in cui Jahvè fa da iniziatore.
Queste due scene si assommano e non si escludono a vicenda, e sono unulteriore
prova che tutte le saghe bibliche contengono tracce dei riti della pubertà
arcaici che erano il contenuto esistenziale principale di tutta la vita
delle tribù ebraiche, al punto che riescono ad infiltrarsi anche
nella cosmogonia, diversamente da come accadde a tutti gli altri popoli.
Il popolo ebraico viveva sotto la perenne cappa della minaccia iniziatica
e quindi sfruttò gli elementi comuni ai miti cosmologici sumeri
e babilonesi per introdurvi la propria tensione peculiare di popolo che
mantenne sempre la forma mentis tribale.
(27) Psicologia delle Masse, in op.cit., Vol 9, p. 324
(28) LUomo Mose, terzo saggio, in op.cit, Vol. 11, p.406
(29) Vd. S.Freud: "Il caso delluomo dei topi" , in op.cit.,
vol. 6 p. 34.
(30) Josephus riferisce che quando Tolomeo I Soter mise lassedio
su Gerusalemme pote conquistarla facilmente perche gli ebrei rifiutarono
di difendersi il giorno del Sabato, e che Agatharchides di Cnidus, che
scrisse gli atti dei successori di Alessandro, Ci abbia schernito dicendo
che abbiamo perso la nostra liberta per colpa di oscure superstizioni
(Antichità Giudaiche XII,1)
Ecco per esempio cosa dice Tacito del riposo sabbatico: Si dice che
abbiano eletto al riposo il settimo giorno, nel ricordo di quel settimo
giorno che aveva visto la fine delle loro sofferenze. Poi, con labitudine
alla pigrizia, consacrarono allozio anche un anno ogni sette. ( Hist.,
V, 4)
(31) K. Abraham, Una base constituzionale dellangoscia locomotoria
in Opere, Bollati Boringhieri, Torino 1975 e 1997, vol. I, pp. 64
-5 . IL corsivo è di Abraham.
(32)Winton Solberg,: Luther and Calvin on the Sabbath, in Redeem
the Time The Puritan Sabbath in Early America, in <http://www.grace-for-today.com/347.htm
Luther criticized the Sabbatarian Carlstadt and certain Anabaptists for
their Judiazing of Sunday: "that if Sunday were anywhere made holy merely
for the day's sake or its observance set on a Jewish foundation, 'then
I order you to walk on it, to ride on it, to dance on it, to feast on it,
to do anything that shall remove this encroachment on Christian Liberty'
" (p.17). Calvin "regarded the external observance of the Sabbath rest
as a Jewish ceremonial ordinance and no longer binding on Christians."
He said of Sabbatarians that they "surpass the Jews three times over in
a crass and carnal Sabbatarian superstition" (p.19). For very practical
reasons, Calvin wished to retain a stated rest day for rest and worship.
"When Spirituals taunted Protestant as Judaizers for still keeping Sunday,
Calvin replied that they celebrated it not scrupulously but 'as a remedy
needed to keep order in the church.' " Solberg notes also that "in Calvin's
Geneva, citizens were free to amuse themselves after Sunday worship, and
they did so with military drill and bowling. Calvin himself bowled on Sunday
and was buried on a Lord's Day afternoon" (p. 19).
(33) "witches' sabbath" Encyclopædia Britannica Online.
<http://members.eb.com/bol/topic?eu=79346&sctn=1&pm=1>
[Accessed March 9 2000].
(34) Vedi, in un quadro di Hans Baldung Grien del 1510, esposto al
Museo Metropolitan of Art di New York,
Witches Sabbath, 1510, woodcut.
113KB un rito satanico in cui si vedono streghe nude di cui una vola in
aria cavalcando un capro.
Vedi anche un quadro di Goya della fine del settecento, in cui si vede
un " Black Sabbath, con un gruppo di streghe sedute intorno a un enorme
capro, simbolo del Diavolo, a cui sacrificano bambini.
(35) Goethe, Faust, prima scena nello studio, riportato da Freud in
"Totem e tabù", ibidem, p.164.