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Wilhelm Diltehy

(1833-1911)

PREMESSE Sto cercando di capire Dilthey. Intanto, leggendo su un vecchio manuale che usava mio fratello (Lamanna. Sommario di filosofia, Le Monnier 1951), ho notato (usando tra l'altro il sistema "storicistico" di Dilthey) che per capirlo bisogna inquadrarlo nella storia della filosofia. 

Dilthey nasce nel 1833, cioè grosso modo quando muore Hegel, che a sua volta aveva ereditato e sviluppato esigenze di scientificità della filosofia, impostate da Kant. In sintesi, il pensiero filosofico prima di Dilthey aveva attraversato queste fasi, tutte ben presenti a Dilthey: 

1) Kant aveva dichiarato che l'uomo riesce a fare scienza solo nell'area della natura, in quanto lì può aggiungere continue esperienze, inquadrabili in "intuizioni pure" (cioè nello "spazio- tempo") e in categorie che ne garantivano l'oggettività. Invece, per quanto riguarda la metafisica, Kant aveva dichiarato che non vi era possibilità di riuscita, perché mancava il modo di cogliere con sistemi oggettivi ("intuizioni intellettuali") l'assoluto rappresentato dalle idee noumeniche Dio-Anima-Mondo.

 2) In risposta alle esigenze di Kant, Hegel aveva formulato una filosofia che identificava scienza e pensiero-spirito, il tutto interno al mondo, cioè immanente alla dimensione spazio-tempo, e quindi il tutto dentro la STORIA, che è lo scenario dove si manifesta lo Spirito Assoluto (l'individuo singolo, all'inizio coglie solo aspetti particolari di tale Spirito, cioè compie la sua soggettiva esperienza della Storia, e questo primo passo di conoscenza Hegel lo chiama "fenomenologia" dello Spirito, cioè primo apparire dello Spirito alla coscienza del singolo, la fenomenologia è comunque SCIENZA anche se solo dell'apparire della coscienza). Per Hegel la sintesi finale della Fenomenologia è il SAPERE ASSOLUTO (la somma del sapere di tutta l'umanità, così come si viene a distendere nella storia). Ma il Sapere Assoluto non è che un momento di evoluzione dello Spirito Soggettivo, al quale per la logica della realtà si contrappone lo Spirito Oggettivo (lo Stato) : e infine entrambi i momenti (Spirito Soggettivo ed Oggettivo) vengono inesorabilmente ad essere sintetizzati attraverso il "superamento" nello Spirito Assoluto (che è Spirito che si sa, cioè IDEA che sa se stessa, unità di Soggetto e Oggetto). Lo Spirito Assoluto vive tre momenti in un continuo circolo e superamento: dapprima si vede l'Assoluto come Arte, cioè esigenza di assoluto a partire dalla intuizione sensibile(spazio-temporale), Poi vi si contrappone l'esigenza di Assoluto come rappresentazione che vada oltre il tempo, ed è questo il momento dell'Assoluto come DIO, oggetto della religione e soggetto della totalità delle esigenze di "idea rappresentata" che l'umanità necessariamente ha; infine ARTE e RELIGIONE vengono inevitabilmente superate nella FILOSOFIA, che è pensiero dell'assoluto non più attraverso intuizioni sensibili, cioè esperienze, o attraverso rappresentazioni religiose, ma attraverso il pensiero che si rispecchia in se stesso: puro pensiero che pensa se stesso: La Filosofia però si realizza nella STORIA della Filosofia, che ha suo culmine della SPECULAZIONE cioè nello Spirito Assoluto. Ma arrivati a questa sintesi, si deve ammettere che lo Spirito Assoluto non può abbandonare la dimensione con cui aveva iniziato a manifestarsi nel singolo individuo, cioè la dimensione fenomenologica, dell'apparire ai sensi. E il ciclo della realtà è dunque questo perenne apparire ed essere nello steso tempo REALE IDENTITA' di STORIA e PENSIERO. La vera SCIENZA per Hegel è dunque la scienza del TUTTO (mentre le scienze "oggettive" particolari non sono che un momento dello sviluppo dello Spirito). La vera scienza è quella basata sulla Logica della contraddizione, logica che è dentro la natura e la filosofia, per cui LA REALTA' s' identifica con la razionalità e la RAZIONALITA' con la REALTÀ (storica). 

3) A questo punto siamo a metà ottocento, e appare un movimento che mette in ombra i due grandi filosofi: si tratta del POSITIVISMO, che trascura tutto il metafisico e lo spirituale per concentrarsi sul coordinamento delle scienze oggettive. Il positivismo è infatti il portato di una società in grande sviluppo capitalistico, che ha bisogno della ricerca scientifica, e questa a sua volta produce esigenze di sistematizzazione che sono appunto fatte proprie dai filosofi della scienza, cioè del fatto misurabile, oggettivo, del "fatto positivo", appunto chiamatisi POSITIVISTI.

4) Ma come reazione sia al positivismo (filosofia della scienza oggettiva) che all'Idealismo di Hegel (filosofia come SCIENZA del soggettivo e oggettivo), ecco sorgere l'IRRAZIONALISMO, che esalta gli aspetti lasciati in margine dai positivisti, cioè la volontà del Singolo, la sua irriducibilità ad altri. La sintesi dell'irrazionalismo antipositivistico (che parte da Stirner Kierkegaard e Schopenhauer) è compiuta da Nietzsche. Per quest'ultimo c'è una terribile realtà, che è appunto quella della scienza: questa realtà si esprime nel tempo con la sua logica oggettiva. Ma in essa ecco che irrompe l'individuo, che con la sua volontà si contrappone alla inevitabilità-oggettività del tempo, e aspira al superamento dell'uomo che sta nel tempo. Il "superuomo" è quindi l'esigenza di valorizzare l'individuo nella sua interezza (volontà+vita, sentimento+ragione al di là dei limiti posti dal tempo-scienza (morte) e con pienezza sia di ragione che di sentimento. Tale volontà di potenza non può però risolversi totalmente nell'arte (musica->poesia->interpretazione poetica) o in religione("dio è morto", cioè con la scienza si è già dimostrato che in dio l'uomo proiettava e proietta le sue esigenze di vita-potenza-eternità) ma dovrà risolverli nell'ESISTERE, nel QUI e ORA che sia anche dimensione di superamento dell'esistere, verso una meta indefinibile la fine dell'uomo, l'inizio dell'oltre-uomo, coincidenza di tempo ed eterno ma come superamento della legge scientifica, della legge "oggettiva". Insomma, la filosofia di Nietzsche distrugge completamente la metafisica e la sostituisce con la dimensione dell'esistenziale, evitando però ogni pretesa di essere "sistema filosofico". 

5) I temi scienza e soggettività, continuamente trattati da Nietzsche, saranno appunto al centro dello studio di Dilthey e anche di Husserl. Quest'ultimo è di vent'anni più giovane, ma partono entrambi dai problemi sollevati dai filosofi indicati qui sopra (1-2-3-4). Entrambi, l'uno attraverso lo studio della dimensione temporale (Dilthey) l'altro attraverso lo studio della coscienza, partono dall'esigenza di fare SCIENZA. Per D. oggetto della scienza sarà il "sentirsi vivere" (Erlebnis), per l'altro si deve fare scienza della vita come essa appare, cioè come evento che si rivela (fenomenologia) alla coscienza, perché al di fuori della coscienza non c'è consapevolezza e quindi non c'è niente. Entrambi, D. e Husserl, rifuggono dalla metafisica, entrambi cercano di inquadrare la coscienza, che è nel tempo, in qualcosa di a-temporale. L'uno darà vita allo storicismo, l'altro alla fenomenologia, ed entrambe queste dottrine confluiranno di nuovo, nel NOVECENTO, in un esistenzialismo più compiuto, quello di Heidegger. Questo quadro mi è servito per introdurmi nel pensiero di Dilthey. 

SINTESI del PENSIERO di DILTHEY (collocabile nel '900 in quanto ha avuto un peso come filosofo solo in questo secolo).

Dilthey vuole portare la scienza dentro il pensiero, esattamente come il positivismo  ha portato la scienza dentro il mondo fisico. Mentre i "dati" su cui svolgere le osservazioni scientifiche per l'aspetto fisico (naturale) sono forniti dall'esperienza esterna (i 5 sensi) e colti nella dimensione oggettiva dello spazio, i "dati" che costituiscono la vita spirituale-mentale sono forniti dall'esperienza dell'esserci, del "sentirsi vivere" (Erlebnis) che ha come sua caratteristica l'interiorità, vale a dire l'unità di coscienza ed Erlebnis

Per i fatti di coscienza, l'unica possibilità di fare scienza (oggettivazione)  sta nel cercare di vedere se i fatti di coscienza presentano nel loro succedersi un ordine interno, dei rapporti costanti tra dati variabili, "connessioni strutturali" indice  di "leggi funzionali" regolanti la vita cosciente. L'essenza della coscienza non è dunque (come pensava invece Kant) un qualcosa di a-priori: è invece un'essenza interna, connaturata alla stessa esperienza vitale: è la presenza della totalità della vita all'interno dei suoi singoli momenti.

Le costanti dell'essenza spirituale sono:

Queste due tensioni coesistono, non si possono risolvere l'una nell'altra: l'individuo rinvia all'universalità della storia e quest'ultima rinvia all'individuo. Lo sforzo di comprensione della vita non può uscire da questo circolo. 

Si può rilevare scientificamente che le connessioni strutturali sono "tipizzate" cioè si presentano in ogni individuo con una particolare regolarità (necessaria per dare modo all'individuo di comprendere sé stesso), ma né l'individuo si risolve completamene in questi "tipi strutturali" né questi tipi coprono interamente la "totalità vivente" verso la quale ogni individuo tende.  L'individuo "comprende" se stesso in quanto si sente membro di una famiglia, di un'istituzione. Ma la totalità non è mai raggiunta, ed essa si traduce in un rinvio indefinito, in un perenne trascendere - da parte dell'individuo - sé stesso per esistere come io avente un suo significato. 

La totalità non è mai raggiunta sotto due aspetti:

a) punto di vista "trasversale" (dimensione strutturale) b) punto di vista "longitudinale" (dimensione temporale)
non c'è unità dei TIPI strutturali

ogni tipo, a-temporale, rende sì comprensibile la vita, ma solo in quanto circoscritta in quel tipo. La molteplicità dei tipi è incomponibile.

per l'umanità come tutto non c'è un SIGNIFICATO comprensivo di tutte le varietà delle direttive di vita.

la storia non costituisce un unico sistema, ma un complesso d'infinte costellazioni, ciascuna auto-centrata, senza alcuna dipendenza dalle altre. 

 

non c'è unità dei momenti di vita. Unità intesa come FINE che dia VALORE e SIGNIFICATO ai diversi momenti temporali.

la categoria fondamentale della storia è la temporalità: ogni "Erlebnis" non può che essere nel tempo: è il nostro presente in quanto esserci del vissuto (non in quanto semplice "momento" ma in quanto "incessante inoltrarsi nel presente", "niente è al di fuori di ciò che passa nel presente"

L'Erlebnis diventa il nucleo di una "comprensione" razionale della vita in quanto solo la coscienza può porre il procedere della temporalità. Procedere non solo illuminato ma diretto dalla coscienza. 

La temporalità è 

necessità  realtà possibilità
in quanto coscienza della irrevocabile immutabilità del passato in quanto coscienza del presente, senso del riempirsi di realtà del momento che si vive  in quanto coscienza del futuro verso cui si tende, rappresentazione di ciò che non ha realtà, ma potrà averla in virtù della nostra libera attività.
in quanto coscienza della irrevocabile immutabilità del passato in quanto coscienza del presente, senso del riempirsi di realtà del momento che si vive  in quanto coscienza del futuro verso cui si tende, rappresentazione di ciò che non ha realtà, ma potrà averla in virtù della nostra libera attività.
La serie degli accadimenti passati acquista SIGNIFICATO    solo nel modo in cui concepisco la vita --------> --->tale modo deve essere necessariamente attuale-presente, unico modo in cui posso sentire e concepire la vita-----> ---->proiettndomi nel futuro, proponendomi uno SCOPO

Ma nessuno scopo finale  può essere determinabile, perché presupporrebbe la ricerca di valori assoluti, al di fuori del tempo. E quindi non possono esser nella storia. In essa vi sono solo strutture e articolazioni uniformi, TIPI fissi, che ricorrono ciclicamente nella storia (qui c'è un'eco al tema nietzschiano dell'Eterno Ritorno dell'Uguale). Il FINE della storia non potrebbe cogliersi che nella FINE della storia, ma qui cadiamo in un'antinomia insolubile. L'antinomia suprema è: solo la morte, ossia "il termine della vita" rivelerebbe il fine, ma questa rivelazione non può essere riportata al soggetto che è già fuori dall'esistere. Per D. l'infinto è da intendersi non come qualitativo (cioè assolutezza di valore, fuori dal tempo), ma come infinito quantitativo, cioè infinita successione di momenti, la cui totalità non potrà essere possibile nella dimensione temporale-storica. Ed altre dimensioni non esistono.

 

I TIPI (le visioni  del mondo -Weltanshauungen - storiche) E LA STORIA DELLA FILOSOFIA

Per semplificare l'analisi del rapporto storia-individuo, prendiamo gli individui che più si sono sottratti alla dimensione esterna, all'influenza dell'ambiente: i geni, le grandi personalità. Qui nascono le visioni del mondo più potenti. Le prime visioni nascono in ambito religioso: le visioni del mondo religiose hanno in comune il fatto che interpretazione della realtà-ideale pratico scaturiscono dal rapporto con l'invisibile, il mondo sovrasensibile (e questo è il limite, questa è la loro unilateralità). 

I prodotti dell'arte danno una successiva visione del mondo. Qui la ricerca del tutto ha come riferimento un elemento singolo, un dato sensibile che viene separato dai rapporti di causa ed elevato ad espressione ideale. La visione del mondo non è un processo immediato della produzione artistica, ma ne è una necessaria (pur se secondaria) conseguenza che s'instaura storicamente. All'interno dell'arte ha un ruolo immediatamente vicino alla visione del mondo il veicolo artistico verbale-linguistico, in particolare la poesia, infatti il linguaggio consente all'uomo l'espressione più universale.Ma la poesia non mira direttamente a conoscere la realtà (come farà più tardi la scienza) bensì a mostrare la significatività dell'accadimento. 

Una successiva visione della vita si ha con la filosofia, che nella metafisica cerca la creazione di una connessione concettuale che unisca tutti gli aspetti della vita.  Tutte le varie metafisiche analizzabili storicamente non hanno prodotto nulla di definitivo e si possono benissimo ricondurre ai contenuti iniziali. Non è che un sistema sia migliore dell'altro. E' che ogni sistema metafisico coglie un aspetto della realtà in modo completo, e necessariamente per mantenere tale dimensione, ridimensiona gli altri aspetti in funzione della prima dimensione ritenuta determinante. Le contrastanti teorie filosofiche in realtà riflettono solo la pluralità di aspetti che la vita rivela. (Tipi delle visioni del mondo, 1911 - aggiunta manoscritta). Ogni sistema filosofico si fonda su un atteggiamento globale nei confronti della vita, di modo che esso abbraccia sia il tema dell'essenza della realtà (metafisica cosmologica, ontologica, teologica) sia il tema della conoscenza della realtà (gnoseologia), sia il tema dell'apprezzamento della vita e degli scopi della vita e quindi del comportamento umano, del  "dover fare"(etica, o - come la chiama Kant - "ragione pratica"): le varie filosofie si differenziano solo in rapporto all'ottica, alla maniera in cui legano insieme i vari temi riuniti in quella specifica visione del mondo.

Nel campo delle teorie filosofiche, D. avanza una prima proposta di costruzione dei "tipi" che si presentano storicamente. Si tratta di un primo tentativo, ancora - dice lui - soggettivo,  ma corroborato dalla consuetudine che lui stesso ha avuto con i sistemi metafisici. La finalità di questa tipologia è solo quella di "veder più profondamente nella storia, e ciò a partire dalla  vita" (v. I tipi di intuizione del mondo e la loro elaborazione nei sistemi metafisici,  in P. ROSSI curatore, Lo storicismo tedesco, TO:1977, 213-63). Come mai allora la ricerca filosofica non si esaurisce? La risposta di D. è questa: "(all'interno di ogni tipo) Le soluzioni unilaterali del problema della vita offrono, a causa della loro insufficienza rispetto alla totalità del reale ... una potente spinta per andava innanzi." (ibid.), per rinnovare lo spirito critico, . Tre sono i tipi ricorrenti di visione metafisica del mondo:

visione (Weltanschauung)

naturalistica idealistica-della libertà idealismo oggettivo
base fisica-fisiologica e psichica del tipo la vita animale (istinti, pulsioni,bisogni) è nell'uomo insopprimibile, e la volontà non può non dipendere dagli impulsi che provengono dal corpo la vita della coscienza visto come unico dato universalmente valido la ricerca di una mediazione tra estremi
senso della vita godere

sta nel soddisfacimento degli impulsi animali e nella subordinazione al mondo esterno, all'ambiente naturale

trasformare:

Lo spirito è consapevole della sua essenza come distinta da ogni causalità fisica, l'uomo ha l'impulso a trasformare il mondo 

contemplare:

la contemplazione, la considerazione estetica del mondo

la realtà oggettiva l'unica e intera realtà è il processo della natura si contrappone, come un ostacolo, alla realtà spirituale; oppure è il prodotto-creazione dello spirito è sempre identica, ma i fenomeni hanno tutti un duplice aspetto: dal punto di vista della percezione esterna sono dati isolati o illusori, ma dal punto di vista dell'essenza sono tutti intimamente connessi universalmente
la realtà spirituale è distinta solo formalmente, in quanto coscienza, dalla natura fisica, da cui in effetti dipende la coscienza, energia plasmatrice, è l'unico principio di comprensione del mondo Volontà da un lato, Pensiero dall'altro: sono due aspetti inconciliabili ma sempre coesistenti. 
gnoseologia (teoria della conoscenza)  sensismo (tutta la conoscenza è costruita dai sensi) sono i fatti della coscienza che fondano la conoscenza: è la ragione che plasma il mondo e la materia il  sentimento è la base conoscitiva, e consiste nell'intuizione complessiva delle parti in un tutto: l'atteggiamento contemplativo, estetico, artistico è felicità, la vita è felicità. Il mondo rimane in definitiva sconosciuto, l'unica via che rimane aperta è quella della mistica
metafisica materialismo l'assoluto non è condizionato dalla causalità fisica: la divinità è autonoma, e anzi governa la natura tramite un'elevazione del sentimento, l'uomo finisce con il sentirsi un tutt'uno con l'essenza, la connessione divina della realtà, la immanenza delle parti (che dal punto di vista sensoriale sembrano staccate) con il tutto
etica (atteggiamento pratico) edonismo (il fine è il piacere), utilitarismo (ricerca dell'utile) la libera potenza dell'io è legata alle altre persone non già fisicamente, ma nella forma e nell'obbligazione morale. L'uomo è libero dentro, anche se vincolato all'esterno da norme sociali. ciò che muove l'uomo è la felicità, la simpatia universale. Il singolo si scopre inserito metafisicamente in un tutto, e quindi si sente una parte del tutto: al di là dell'apparenza fenomenica, il singolo scopre che è il posto, il ruolo che occupa nell'insieme, a dargli il senso del tutto e a far assumere un valore al tutto
filosofi antichi Democrito, Epicuro, Lucrezio (atomisti), Protagora (sofisti),  Anassagora, Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone,  padri della Chiesa Senofane, Eraclito, Parmenide, stoici, 
filosofi età medievale-moderna Hobbes, Hume,  Enciclopedisti scolastici cristiani (creazionismo), scuola scozzeze, Kant (trascendenza, finalismo, teleologia, ricerca di senso), Jacobi, Fries e Herbart Cusano, Bruno, Spinoza, Leibniz, Shaftesbury, 
filosofi '800-900 Comte (positivismo) FichteCarlyle (idealisti),  Main de Biran, Bergson (spiritualisti) Herder, Goethe, Schelling, Hegel (idealisti), Schlaiermacher, Schopenhauer (pessimista).
aspetti prevalenti e imprescindibili in ogni visione della vita valorizzando il fenomeno, la materia, il movimento, si arriva ad una visione scientifica- causale del mondo fisico valorizzano la ragione, la trascendenza (intesa come espressione della forza di vivere in vista della realizzazione di un ordine soprasensibile), la volontà ideale, la trasformazione attiva del reale intuizione estetica, sentimentale
aspetti messi in ombra  dalla semplice materia non si riesce a risalire al fenomeno di coscienza, cioè al pensiero; partendo dal solo aspetto pratico-utilitaristico della vita, non si riesce a spiegare lo sviluppo della società  l'aspetto contemplativo della realtà La realtà esterna viene riempita dei colori propri dell'individuo, il quale ritrova in essa le disposizioni che il mondo stesso genera in lui. In sostanza la realtà esterna non viene riconosciuta come oggettiva, ma viene ad essere inconoscibile (o definita in forma simbolica). 

 

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