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Immanuel Kant

I  concetti senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza i concetti sono cieche

Per VERCELLESE (1994,173) la massima in questione non è citabile: troppa pedanteria.

1724 - 1804

Il sistema filosofico kantiano apre la strada a tutte le correnti di pensiero successive: dall'idealismo (che parte dalla critica della ragione pura dialettica di K.) alla filosofia romantica dell'800 e all'ermeneutica del '900 (che trovano le loro basi nella Critica del giudizio) al positivismo dell'800, al pragmatismo e alla moderna epistemologia (analisi della realtà fenomenica come scienza), fino alla metafisica contemporanea che restringe il suo orizzonte all'ontologia del nulla.

Attingono a Kant in parte anche i filosofi irrazionalistici dell'800 (dal pessimismo schopenhaueriano, al nichilismo di  Nietzsche, alla fenomenologia  di Husserl e dei suoi epigoni Heidegger). Lo stesso distruttore dei sistemi filosofici, il fondatore dell'esistenzialismo Kierkegaard assume un atteggiamento critico (che esalta la soggettività) comunque inquadrabile nell'appercezione trascendentale kantiana e nell'imperativo categorico della ragione pratica.  Anche Marx, fautore del materialismo scientifico-dialettico, e della moderna analisi della società, trova la sua strada facilitata dai concetti kantiani di scienza del fenomeno. 

La sua teoria sul sistema solare stabiliva che la maggior parte dei pianeti era abitata. 

 

Riprendo dal  LAMANNA 1951,II,251-258 la sintesi del pensiero di Kant.

1. Il problema dì Kant - Il razionalismo, da Cartesio a Leibniz, presenta carattere dommatico, perché considera l'a-priori razionale (idee innate) come valido per la conoscenza di una realtà distinta dal soggetto, senza giustificare questa pretesa, dunque arbitrariamente (e il ricorrere all'intervento di Dio e ai miracoli dell'occasionalismo e dell’armonia prestabilita, è un vano espediente e un circolo vizioso). Quindi né viene giustificato il fondamento della validità obiettiva della fisica e della matematica, né inoltre ha base l'edificio metafisico che su quel presupposto arbitrario il razionalismo costruisce.  L'empirismo, d’altra parte, è condannato allo scetticismo: il suo sviluppo da Locke a Hume lo dimostra. Deciso a rimaner fermo alle impressioni sensoriali e a negare obiettivItà a ciò che non è riducibile ad esse, non sa dar ragione dei legami che si pongono fra i dati forniti dalle impressioni (perché ne risulti non un ammasso caotico ma  l'esperienza ossia un ordinamento di dati), e che non sono essi stessi « dati ». Il dire che questi legami nascono da abitudini della coscienza (Hume), non soddisfa, perché non può diventare abituale un rapporto i quale non oi ci sia nei singoli atti che, ripetendosi, danno luogo all'abitudine. Quindi l'empirismo non spiega, neanch’esso, anzi nega l'universalità e necessità delle verità fisico-matematiche; e, quanto alla metafisica, dichiara impossibile (e i risultati disastrosi che, a giudizio di Kant, hanno dato gli sforzi dei razionalisti nel.campo della metafisica, giustificherebbero la condanna degli empiristi).  

Un quadro di E.Doesterling (Kant e i suoi commensali) è nel Museo di Kaliningrad-Koeningsberg, altre incisioni (Becker 1768 e Puttrich 1799) sono nella stessa città, nella casa natale di K.)

Kant, di fronte a questa situazione, tiene fermi questi due fatti: l’esistenza del progresso innegabile della nuova scienza della natura, fisico-matematica; l'esistenza, nello spirito umano, d'un'esigenza del soprasensibile, d’una naturale disposizione metafisica, che il fallimento dei tentativi di costruire una scienza del soprasensibile non ha distrutto. Razionalismo ed empirismo né hanno saputo risolvere il  problema “come sia possibile una matematica”, «come sia possibile fisica », né hanno saputo dare soddisfazione all'esigenza metafisica dello spirito umano. Occorre dunque, secondo Kant, sottoporre ad analisi l'esperienza, per vedere quali sono effettivamente le condizioni che la rendono possibile, che rendono cioè possibile una conoscenza obiettiva della natura; e fare questo esame badando non tanto ai «contenuti» di quel pensiero che costruisce la scienza (siano le idee innate dei razionalisti, siano le impressioni sensoriali degli empiristi), quanto al pensiero stesso che lavora su quei contenuti. Si tratta di vagliare i titoli che la ragione presenta per dimostrare sua potenza conoscitiva; si tratta di fare la critica della ragione stessa, col doppio intento di spiegare l'esistenza della scienza dalla natura e di ricercare se l'esigenza metafisica possa essere soddisfatta per una specie di estensione al soprasensibile, di quelle condizioni per cui si attua l'esperienza, ovvero si debba ricorrere ad altra via. Criticismo è la denominazione che Kant dà a questa sua opera, in contrasto con il dogmatismo dei razionalisti e lo scetticismo degli empiristi.

 

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