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Platone

Principe di ogni filosofia (Petrarca)

  • Conoscere è ricordare
  • Il tempo  è l'immagine mobile dell'eternità 
  • Di coloro che vedono l'assoluto, l'eterno e l'immutabile si può dire che conoscono, e non hanno soltanto un'opinione.

E' l'unico filosofo sul quale VERCELLESE (1994,62) non consiglia di scherzare

Atene luglio 427-347 a. C.

LA VIRTU’

Platone era di famiglia aristocratica (suo zio Crizia era stato uno dei trenta tiranni di Atene, prima che prevalesse la democrazia). Egli era stato per anni uno degli alunni- amici di Socrate (condannato alla pena capitale da un tribunale ateniese eletto democraticamente), e la sua morte lo colpì profondamente, tanto che per tutta la sua vita e in tutta la  sua filosofia si pone cerca risposta alle domande: Cos'è l'etica, la politica, la democrazia, la morte? Egli dedicò la sua vita in primo luogo alla politica, come espressione dell'etica. L'ETICA è per lui l'arte di rendere migliori/felici gli uomini. Su questo tema egli sentì soprattutto l'influenza dell'insegnamento di Socrate per quanto riguarda il "Che cos'è" la virtù: la risposta di Plat. sarà che essa è il bene dell'anima. L'uomo possiede tre anime, ognuna delle quali dominata da una virtù che le è propria: in ordine gerarchico la virtù dell'anima CONCUPISCENTE (sede degli istinti-desideri, detta per questo appetitiva) è la TEMPERANZA, dell'anima IRASCIBILE(sede dei sentimenti) è la FORTEZZA, dell'anima RAZIONALE (sede dell'intelligenza) è la SAPIENZA. L'uomo che riesce a trarre a virtù ognuna delle sue tre anime raggiunge il bene dell'anima che è la GIUSTIZIA.

Egli pone alla base della sua concezione dell'uomo il dualismo anima/corpo. Ipotizza una concezione ciclica del tempo, secondo la quale l'anima trasmigra di corpo in corpo: quest'ultimo è mortale, mentre l'anima è immortale e tende a liberarsi dal corpo: perciò la morte ha un aspetto positivo, di liberazione dalle passioni e dall'ignoranza. La concezione ciclica del tempo e la teoria della reincarnazione è stata assunta da Plat. attraverso Pitagora.

 

POLITICA

Elemento positivo caratteristico della DEMOCRAZIA è per lui la libertà, della MONARCHIA è la concordia.

Le 'LEGGI' furono una della sue ultime opere, e riguardano sempre la politica [arte della misura, della moderazione, nel governo della polis (=città)]. Per verificare il governo filosofico del pitagorici si era recato a Taranto, poi era stato più volte consigliere dei tiranni di Siracusa. Dopo aver studiato per tutta la vita i vari tipi di governo delle città, scrisse appunto quest'opera. Il governo di un uomo solo (monarchia, che può degenerare nella tirannide) ha di positivo la concordia; quello aristocratico (=di persone scelte, che può degenerare nell'oligarchia, governo svolto cioè nell'interesse di pochi) ha di positivo la saggezza; quello democratico (= di tutto il demos o popolo, che può degenerare nell'anarchia, o mancanza di governo stabile) ha di positivo la libertà. La COSTITUZIONE migliore è per lui quella mista, composta da un re (funzione monarchica), aiutato da un consiglio (funzione aristocratica) e da un'assemblea polare che discute le leggi (funzione democratica).

 Lo stesso tema è trattato ne "La Repubblica" dove descrive la città ideale. Si tratta di un progetto di governo di città NON realizzatosi né in Grecia né in altri posti. E' cioè un'utopia (dal gr.: un non-luogo, idea non realizzabile in questo mondo, ma MODELLO a cui tendono le società terrene). In tale città governano i sapienti, i filosofi, ai quali sottostà in rigida divisione piramidale la classe dei guerrieri, e quella dei lavoratori. La prima (cioè MINORE) degenerazione della CITTA' IDEALE è la timocrazia (governo dell'orgoglio, di coloro che non sono filosofi). Fare POLITICA in senso platonico significa fare GIUSTIZIA.

 

VERITA’ = IDEE

LA VERA scienza (epistème) NON è la scienza delle COSE, bensì delle IDEE, immobili, immutabili, eterne. Le IDEE sono la vera REALTA' mentre le COSE sono apparenza.

Ogni IDEA è l'essenza e il MODELLO perfetto(paradigma) rispetto alle cose o realtà particolari, le quali sono invece costituite da ELEMENTI FISICI (acqua aria fuoco terra), facenti parte della REALTA' SENSIBILE (= che cade sotto i sensi dell'uomo) la quale - al contrario delle realtà VERA costituita dalle Idee -  è mutevole, apparente. La realtà sensibile è solo ombra, segnale indiretto della realtà vera. Le COSE tuttavia - anche se in minima parte- PARTECIPANO alle IDEE. Le cose infatti sono il DIVERSO rispetto alle idee, vale a dire che l’Idea di DIVERSO comprende anche le cose.  ESSERE IDENTICO DIVERSO MOTO e QUIETE sono le uniche idee che PARTECIPANO di tutte le altre idee.

L'IDEA SUPREMA  - causa delle realtà sensibili in quanto le rende intelligibili  - è l'idea del BENE, che ha la stessa funzione del SOLE (=LUCE): illumina le idee e ne proietta l'ombra nel mondo sensibile.

L'idea è TRASCENDENTE rispetto alle COSE, ne è cioè principio che va oltre la

realtà sensibile. L'IDEA è ALTRO (rispetto all' OGGETTO); invece il materiale che le  costituisce come oggetti sensibili (acqua aria terra fuoco) si identifica con gli oggetti - cose, è cioè IMMANENTE (=connaturato) rispetto ad esse. Qui Platone distacca tutti i filosofi precedenti, i quali ipotizzavano che i principi delle cose fossero tutti ad esse immanenti (e li trovavano infatti nei quattro elementi fisici). Per Plat. invece il principio primo delle cose dev'essere trascendente ad esse; e tale principio - l'Idea - si trova fuori dal mondo, nell'Iperuranio (=oltre-mondo, sede delle idee), non soggetto alle mutevolezze dei sensi e della materia.

L'UGUALE IN SE' è l'IDEA di uguale. IL DISCORSO (logos) è possibile in quanto le IDEE stanno tra loro in rapporto di implicazione (cioè di partecipazione). Immediatamente sotto l’Idea di BENE sta quella di NUMERO: infatti il NUMERO è principio di tutte le cose in quanto aventi un limite (peras) e opposte all'illimitato(=àpeiron). Per Plat. la CAUSA del limite e dell'illimitato e della loro mescolanza  è la 'mente divina'. Viene qui introdotta per la prima volta in filosofia l’idea di DIO (che sarà poi ripresa dai filosofi cristiani).

 

GNOSEOLOGIA

Secondo Plat. le passioni umane devono essere dominate con l'ascesi. L'AMORE, pur avendo origine fisica, non si risolve nella passione, ma finisce nella contemplazione e nell’attrazione verso l’Idea del Bene. Come può l’anima dell’uomo, che è mobile, conoscere le Idee, che sono immobili? La risposta di Plat. costituisce la teoria della conoscenza (gnoseologia)- la prima pienamente sviluppata nel mondo antico -: secondo tale gnoseologia l'UOMO NON E’ (al contrario di quanto sostenevano i sofisti) la 'misura di tutte le cose', egli ha bensì SCIENZA della realtà solo attraverso il RICORDO (reminiscenza) delle IDEE contemplate dalla sua anima prima della nascita. Il PRIMO grado della conoscenza SENSIBILE è quella delle immagini(eikasìa),il secondo è quello della credenza (pistis); ma si tratta di conoscenza illusoria; la conoscenza vera è quella RAZIONALE, che in un primo grado è costituita dal discorso razionale (dianoia) basato sulla matematica, e in un secondo e supremo grado dall'intellezione (noesis). Dialettica è l'arte di misurare (ossia di stabilire il numero di idee); con tale attività si cerca la verità (da non confondere con l'ERISTICA =discussione sofistica).

 

EDUCAZIONE

L'educazione di base per Plat. si divide in ginnastica e in musica. L'educazione musicale è l’ed. delle MUSE, cioè quella artistica.Le ARTI FIGURATIVE e la POESIA sono INFERIORI alla musica vera e propria perché  imitazioni delle cose, le quali a loro volta sono solo imitazioni della verità (=delle Idee). L'educazione SUPERIORE (per i 'custodi' della città ideale)non si può quindi fermare alle attività fisiche e artistiche; ma devono completarsi con la  matematica e la dialettica. Il metodo DIALETTICO dell'educazione è basato sulla confutazione orale, perché egli non ha fiducia nelle nuove tecniche (la scrittura su papiro), in quanto esse sottraggono stimoli alla memoria attiva dell’uomo, che viene invece continuamente allenata e sollecitata dal dialogo e dalla conversazione orale.

MITO

Se con il mito si cercano delle ipotesi su conoscenze che la ragione umana non può altrimenti raggiungere, anche il mito è positivo. Per esempio il mito sull'origine del mondo è un tentativo dell'uomo di andare oltre i limiti della ragione umana. In questo senso esso è positivo: infatti dell'origine dell'universo non possiamo possedere conoscenza razionale. Il mito è invece negativo laddove sostituisce una conoscenza che può essere raggiunta dalla ragione umana (per esempio per spiegare geometria e matematica). Secondo il mito platonico il Demiurgo è l'artefice dell'universo che costruisce il mondo su immagine dell'IDEA di mondo.   

 

 

 

Le cose partecipano della realtà solo in quanto partecipano (methexis) dell'idea; la partecipazione può essere intesa come "presenza" (parusìa) di quest'ultima nella cosa oppure come "imitazione" (omòiosis, mìmesis) dell'idea da parte della cosa , onde le idee si confermano come eterni modelli (paradéigma) cui si conforma il divenire. Alla logica della parola (logos) maieutica si sostituisce quella del vedere (etimo di idea-eidos), una metafisica della luce per cui la realtà suprema è oggetto della visione suprema e l'IDEA del Bene sovrasta come il sole tutte le altre (mito caverna in Repubblica, VII: la verità è prodotto non di discussione ma di intuizione). Quel che è veramente bello e buono attrae ("Simposio", "Fedro") non come coscienza del desiderio (Socr.) ma come desiderio della conoscenza il cui compiuto ideale è la conoscenza senza desiderio.

 Con "Menone" e "Fedone" si elabora la teoria della conoscenza come reminiscenza (anàmnesis), faticoso richiamo alla memoria in virtù della "somiglianza" del reale all'ideale. La soluzione radicale del problema etico consiste nello svincolarsi dall'impaccio carnale in vista della futura beatitudine contemplativa iperuranica, per cui scopo della vita è la preparazione alla morte (melétema thanàtu, studium mortis): qui arriva a scissione l'unità socratica del desiderato- saputo, assumendosi il saputo come  criterio universale sovratemporale di ogni atto. Viceversa per Socr. la morte (in Apologia) è o impassibile sonno senza sogni (sviluppo epicureo) o prosecuzione della prassi terrena interrogando con maggior sicurezza i grandi delle età passate. Ma Plat., infaticabile correttore di sè medesimo, con il "Timeo" e il "Filebo" riprende il motivo socratico della prassi nell'affermazione della concretezza emotiva e passionale del volere (sviluppata poi da Arist.). Nel maggior dialogo gnoseologico ("Teeteto"), si cerca di sistemare l'antitesi parlare- contemplare sovrapponendo l'intuizione immediata del pensiero noetico al procedimento discorsivo (=logico- verbale) del pensiero dianoetico. Ma il contemplabile mondo delle idee  si riduce nella sua gerarchia interna a un sistema di concetti universali culminante nell'idea di estensione massima /comprensione minima: l'Essere o il Bene, nota come del contenuto di tutte le altre idee. 

Platone dipinto da Raffaello nella Scuola d'Atene  (le sembianze reali sono quelle di Leonardo).

v. anche . disegno rinascimentale proveniente dal Pal. Ducale di Urbino, ora in VE:Gall.Accademia

Dante  lo pone nel limbo tra i sapienti virtuosi che precorrono Cristo. 

Vidi il maestro di color che sanno,
Seder tra filosofica famiglia.
Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno:
Quivi vid'io e Socrate e Platone,
Che innazi agli altri più appresso gli stanno.
Euclide geomètra, e Tolomeo
                                      (Inf., IV, 131-135)

Beatrice confuta l'errore platonico secondo il quale le anime preesistono al corpo e tornano dopo morte alle stelle da dove sono venute: 

Ancor di dubitar ti dà cagione
  Parer tornarsi l'anime alle stelle
  Secondo la sentenza di Platone.

                                                  (Par., IV, 22-24)

Nel Paradiso Beatrice cita il Timeo e lo commenta: 
Quel che Timeo de l'anime argomenta
  Non è simile a ciò che qui si vede,
  Pero che, come dice, par che senta.
Dice che l'alma a la sua stella riede,
  Credendo quella quindi esser decisa
  Quando natura per forma la diede;
E forse sua sentenza è d'altra guisa
  Che la voce non suona, ed esser puote
  Con intenzion da non esser derisa.
                                     (Par., IV, 49-57)

Se fosse data all'uomo la conoscenza completa della logica, laddove essa coincide con l'ontologia e con la scienza (mistero trinitario), non avrebbero penato Aristotele e Platone nel desiderio continuo della ricerca del vero, desiderio che ora - dice Virgilio a Dante - li perseguita come pena eterna nel limbo:

Matto è chi spera che nostra ragione
  Possa trascorrer l'infinita via,
  Che tiene una sustanzia in tre persone.
Siate contente umane genti al quia :
  Chè se potuto aveste veder tutto,
  Mestier non era partorir Maria.
E disïar vedeste senza frutto
  Tai, che sarebbe il lor disio quietato,
  Ch'eternamente è dato lor per lutto:
Io dico d'Aristotile e di Plato,
                             (Purg., III, 34-45)

L'Accademia fiorentina riprende i temi platonici (v. l'Altercazione d Lorenzo de' Medici) , Bembo e Castiglione citano l'amore platonico.Accademia platonica in un affresco romano

Platone,  copia romana da originale greco

 

Qui il mondo delle idee richiede, nella sua struttura gerarchica, la dialettica, un supplemento socratico del parlare: non tanto un "parlare ininterrotto" (necessario a Socr,. per contrapporsi alla logorrea sofistica) quanto un "parlare definendo" con il metodo della divisione (diaìresis) che parte da un concetto superiore (Bene i) e tende a raggiungere il definiendo, il che implica l'unire soggetto e predicato con il "ti estin" socratico".  Si sfugge al problema parmenideo del sì e del no, individuando nel non- essere un "essere altro", l'antinomia positivo-negativo viene trasformata nel binomio (tutto positivo) de "lo stesso"(tautòn) e de "l'altro"(éteron) cioè dell'identità e dell'alterità dando giustificazione concreta sia alla logica-parola dell'affermare ("Sofista") che a quella del negare ("Parmenide": Zenone con le sue stesse mani distrugge l'essere, in quanto per criticare i socratici costruisce l'argomento del "terzo uomo": gli uomini reali sono tra loro simili in forza dell'unico uomo ideale cui partecipano, MA questo è a sua volta simile a quello come l'esemplare agli esemplati, e così via all'infinito. 

Nell'ultimo scritto (VII lettera, 353 a. C. o dopo) rivendica il supremo valore della verità intuita sulla parlata e anche sulla scritta/cristallizzata (insofferenza già presente nel "Fedro").

 In Plat. s'incontra già genesi -problematica e dissoluzione della sistemazione logica aristotelica del pensiero parlato]

In Magna Grecia, Platone ha stretti contatti con Timeo di Locri "che per sostanza e stirpe non è secondo a nessuno, ha esercitato cariche supreme nella città, ricevuto gli onori più grandi, ma specialmente - a mio parere - ha raggiunto il vertice della filosofia" (Timeo, 19e).

Platone è presente nel Libro III  delle "Vite dei filosofi di Diogene Laerzio.

 

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