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DAL LOGGIONE – Il Grande Cinema Italiano

INTERVISTA A LUCIO GIORDANO REGISTA DEL FILM “LE BANDE”


Locandina


Lucio Giordano

Ciao Lucio e grazie per aver accettato di farti intervistare

Ciao Domenico, lo faccio con piacere anche se in questo periodo sono molto impegnato a promuovere il mio film.


Film (Le Bande) in concorso per importanti premi cinematografici, se non sbaglio.

Si, e tra le altre cose concorre per il David di Donatello.

Ho visto Le Bande e mi è piaciuto. Da pugliese, quindi da persona che conosce molto bene le cose che racconti nel film, devo dirti che mi ha fatto un certo effetto assistere a quelle immagini così vere, reali.

Mi fa piacere sentirtelo dire. Le Bande vuole essere un film-verità. Ho avuto la fortuna di ricevere un grande aiuto dal Comando Generale della Guardia di Finanza e, se non fosse stato per loro, sarebbe stato forse impossibile realizzarlo.

Anche tu, come capita troppo spesso in Italia, non hai ricevuto nessun contributo per la realizzazione del film?

Nessuno. Sono stato costretto a chiedere dei mutui alle banche. È una vergogna. Ancora di più quando sai che gente che non ha mai avuto nulla a che fare con il mondo del cinema, riceve dallo Stato contributi di milioni di euro. Solo perché sono famosi o hanno le giuste conoscenze. Anche per questo devo ringraziare il Comando Generale della Guardia di Finanza. Mi hanno messo a disposizione mezzi, elicotteri e motoscafi. Gli agenti, nel film, sono finanzieri veri, non attori.

Credo che un altro problema sia quello di dare contributi prima della realizzazione del film. Non lo ritengo giusto, è come comprare un prodotto a scatola chiusa. Ritengo invece che i contributi debbano essere dati dopo la realizzazione del film, quando è possibile accertare che il film risponde ai requisiti richiesti. Il mio è un film-denuncia che parla di cose scottanti, di attualità. Credo che abbia diritto a ricevere i contributi dello Stato. A tale proposito ho anche scritto al Presidente Berlusconi.


Agenti della Guardia di Finanza durante la lavorazione del film

Cosa hai dovuto sacrificare nel film?

Soprattutto nelle scene dove vi era azione. Non ci era possibile provare più di una volta. Ad esempio, quelle scene in cui le auto vengono speronate dai mezzi dei contrabbandieri. Non avevamo i soldi per procurarci altre auto. Sono state girate una sola volta. Abbiamo avuto la fortuna di girare l’intero film in Puglia, quindi abbiamo potuto sfruttare il palcoscenico naturale della regione che offre diversi tipi di paesaggi, costieri e collinari, tutti stupendi.


Massimo Giordano, il protagonista del film che è anche tuo figlio, interpreta in maniera eccellente il ruolo affidatogli. Prevedi un futuro roseo per questo giovanissimo attore?

Massimo ha studiato all’accademia di recitazione. In molti si sono complimentati con lui dopo averlo visto all'opera. Ha lavorato molto per interpretare il ruolo. È stata importante per lui l’amicizia con una ragazza che ha gli stessi problemi del personaggio che Massimo interpreta. Ma non voglio svelarvi nulla del film. Inoltre per un lungo periodo Massimo ha frequentato ragazzi della sua età della Bari “particolare”. Ragazzi che non sono dei malavitosi, ma vivono situazioni diverse. Questo per entrare meglio nel personaggio che doveva interpretare.

Ho buone speranze per il suo futuro di attore, ma bisogna anche ricordare che in Italia vi sono 37 mila attori iscritti, ma lavorano sempre i soliti.

La città in cui vivi, come ha recepito il film? Mi riferisco soprattutto a coloro che fanno le stesse cose denunciate nella tua pellicola.

Ho rivevuto molti complimenti. Sono stato anche avvicinato da contrabbandieri. Mi hanno fatto notare, con buone maniere, che loro non hanno mai ucciso nessuno. Che il loro lavoro si limita al contrabbando, non sono degli assassini. Gli ho risposto che molti di loro non lo sono, ma che è innegabile che molti contrabbandieri hanno ucciso senza pietà alcuna. Ho ricordato loro episodi come quello della ragazza albanese, destinata al mercato della prostituzione e uccisa a sangue freddo per aver tentato di ribellarsi. Gli ho ricordato gli uomini di legge, ma anche i civili, speronati e uccisi dai blindati dei contrabbandieri. E il premio di 1milione di lire (poco più di 500 euro) per ogni auto della polizia speronata. Ho avuto con loro uno scambio di opinioni, credo che alla fine abbiano capito.

Il mio film è anche rivolto a quei ragazzi che non appartengono agli ambienti malavitosi, ma che per guadagnare un po’ di soldi partecipano allo sbarco delle merci dei contrabbandieri. Vorrei che loro capissero con chi hanno a che fare. Vorrei che smettessero di credere che in fondo non c'è nulla di male in quello che fanno.

Perché nelle scuole non si parla di mafia?

Per omertà, credo e perché ci vergognamo di dire che in Italia c’è la mafia.

Il cinema italiano è colpevole di aver rappresentato il contrabbando e altre forme malavitose a volte come un fatto di folklore, altre volte come qualcosa di affascinante?

Sì, soprattutto per quanto riguarda i film degli anni passati. È questa la sfida che ho lanciato. Quella di fare film-verità. Oltre a quella del rilancio della nostra Puglia, una terra che gode di un set naturale, centinaia di volte sfruttato anche in passato per girare scene di film, nei quali, tra l’altro, non è mai stato detto che erano state girate in Puglia. Anche se, devo dire, il mio prossimo film sarà girato tra l’Emilia Romagna e l’Abruzzo.

Qualche anticipazione?

Dico solo che è un film che tratterà un altro problema scottante e dove protagonisti saranno i bambini.

Cosa ne diresti di venirci a trovare in Finlandia? Sono sicuro che rimarresti affascinato dal paesaggio e chissà... ti potrebbe venir voglia di girare un film da queste parti.

Sarebbe bello, un film ambientato in parte in Finlandia e in parte in Puglia? Perché no? La cosa si fa interessante.

Allora quando vieni a trovarci?

Sino alla fine di marzo sarò impegnato nella promozione del film.

Quindi in aprile avremo la fortuna di averti nostro ospite... da pugliese ti è impossibile rinunciare al nostro invito.

Se la metti così allora sarò costretto ad accettare. Scherzo, ad aprile sarò in Finlandia, accetto volentieri il tuo invito.

Grazie Lucio; un in bocca al lupo per il tuo film e un caro saluto a Massimo.

A presto Domenico. Un saluto a tutti i lettori de Il Loggione. (2.3.2006)

Domenico Sternativo

LE BANDE” secondo me


Ancora un film ambientato in Puglia e, come ne “Lacapagira”, ancora un film che parla di organizzazioni criminali e di boss emergenti nella malavita locale che in poco tempo diventano forti e temibili grazie al contrabbando e ai ricchi guadagni che da questo ne ricavano. “Non è più la via delle bionde” è una frase recitata nel film dal colonnello della Guardia di Finanza. Ed infatti alle bionde (sigarette), si sono aggiunte droga, armi, “merce umana”. Se un tempo il contrabbando poteva stimolare la fantasia di qualcuno, soprattutto di scrittori e registi, sino a farci apparire i contrabbandieri come dei romantici trasgressori della legge, oggi non può e non deve più essere così. Oggi i contrabbandieri, e nel film il messaggio è chiaro, sono persone disposte a tutto pur di salvaguardare i propri interessi. Un carico di sigarette o di droga è per loro più importante di qualsiasi vita umana, sia questa di un poliziotto o di un civile. Sulle strade pugliesi i mezzi corazzati dei contrabbandieri travolgono tutto quanto possa essere o semplicemente apparire loro un pericolo. I contrabbandieri pugliesi sono gangster, spietati e feroci (la sacra corona unita, organizzazione di stampo mafioso pugliese è denominata di tipo “gangsteristico-mafioso”, unica al mondo ad avere una “struttura orizzontale”).

Il film di Giordano va visto in quanto film-verità, un film che esce dagli schemi cui il cinema italiano ci aveva abituato, soprattutto in passato, ma anche oggi. Chi ama il cinema non può non ricordare quei tanti film che raffiguravano la malavita come un fatto di folklore o i contrabbandieri come “simpatiche canaglie”: mi torna in mente l’immagine di Sophia Loren che vendeva sigarette, per strada, con tutto il suo fascino e la sua simpatia. Per non parlare di quei telefilm come “La Squadra”, dove i poliziotti addirittura giustificano il contrabbando considerandolo il minore dei mali. Non so se tutto ciò ha un fine politico o se questi registi davvero ignorano il male che il fenomeno provoca all’Italia e in particolare al Sud. Certo è che, da meridionale, non posso fare altro che apprezzare Lucio Giordano e il coraggio che egli ha avuto nel girare il suo film che è anche denuncia. Ancora di più, da pugliese, lo ringrazio per aver raccontato di quella Regione del Meridione dove non esiste solo la mafia, ma che è fatta soprattutto di gente onesta, ospitale, che ha avuto la capacità di riemergere grazie al lavoro, al sacrificio.

Le bande, non è uno di quei film che ha usufruito di grandi investimenti. Niente effetti speciali che possano paragonarlo agli spettacolari film americani, ma a differenza anche di questi ultimi, in Le bande, lo spettatore ha la possibilità di conoscere una realtà, quella mafiosa, per una volta non eccessivamente romanzata. Soprattuto è questo uno di quei film che suggeriamo ai nostri amici finlandesi. Purtoppo, devo dirlo, l’immagine del fenomeno mafioso, in Finlandia, è troppo spesso distorta da mezzi di informazione poco informati o da chi, per il solo fatto di essere un italiano, si lascia andare a considerazioni sul fenomeno mafioso che altro non fanno se non procurare ancora più danno agli italiani stessi.

Le bande è anche un omaggio alla Guardia di Finanza e, come si legge nei titoli di coda, a tutti quegli agenti che hanno perso la vita nella guerra al contrabbando. A questo punto è giusto ricordare quella che fu “L’Operazione Primavera”, la più grande controffensiva, lanciata dallo Stato in Puglia che mirò a sgominare la “cupola” internazionale che gestisce il traffico di sigarette e, ripetiamo, non solo di quelle, in Europa. Lo stesso Comando Generale della Guardia di Finanza, ha collaborato alla realizzazione del film che ha come palcoscenico naturale la Puglia. (2.3.2006)

Domenico Sternativo

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Parliamo di cinema con un regista che qualche anno fa si è imposto all'attenzione del pubblico e non solo di quello italiano. Con immenso piacere abbiamo la possibilità di ospitare, sul nostro modesto Loggione, Alessandro Piva. Regista di “LaCapaGira” (premio del Forum Internazionale del 50. Festival di Berlino, Ciak d'Oro 2000, Nastro d'Argento 2000, David di Donatello come miglior regista esordiente) e “Mio cognato”, è sicuramente colui che, meglio degli altri, ha saputo raccontare parte di quella terra di frontiera che è la Puglia (dal 2000 i film girati in Puglia sono otto, se si tiene conto anche dell'ultima opera di Pupi Avati, non ancora uscita nelle sale cinematografiche). Alessandro Piva, oltre che del cinema in particolare, è la continuazione di quella cultura del Meridione d'Italia e più precisamente della Puglia che ci fa ben sperare per il futuro e che, lo dico con un pizzico di polemica, avrebbe dovuto già da tempo ritagliarsi uno spazio tutto suo anche negli ambienti culturali italiani in Finlandia. Alessandro Piva, comunque, verrà a farci visita in Finlandia e, probabilmente, è già cominciata un' intesa, tra noi de Il Loggione e il regista che, chissá, ci riserverà per il futuro qualche piacevole sorpresa. Inoltre vi anticipiamo che, la prossima settimana, avremo come ospite Anne Riitta Ciccone, regista, tra le altre cose, di “Le sciamane” e “L'amore di Marja”.

GENTILI LETTRICI E LETTORI, SIAMO LIETI DI PRESENTARVI ALESSANDRO PIVA.


Alessandro Piva

Ciao Alessandro e grazie per aver accettato di essere qui con noi.

Ciao Domenico, lo faccio con piacere.

Colgo subito l'occasione per chiederti di venire a trovarci, magari in occasione della rassegna dedicata al cinema italiano che avrà luogo a Helsinki a partire dal 4 novembre.

È una cosa che si può fare. Ci terrei a visitare sia Helsinki che Turku. Tra l'altro la Finlandia mi incuriosisce, non ci sono mai stato. Ho visitato Danimarca e Svezia, ma la Finlandia ancora no.

Questa è una notizia che farà felici molti italiani che vivono in Finlandia e che hanno avuto modo di apprezzare le tue opere. Nel frattempo ci vuoi raccontare il tuo percorso professionale precedente alla realizzazione del primo film, “LaCapaGira”?

Il mio percorso professionale viene da una esperienza a 360 gradi. Ho cominciato con la fotografia, ma il mio primo vero contatto con il cinema parte dal liceo. Ho organizzato un cineforum, era una delle poche cose che si facevano e l'istituto scolastico lo pretendeva. Questo mi ha portato a vedere dei film che apprezzavo molto, soprattutto film americani. È stato il cinema americano il primo passaggio. Successivamente mi sono ritrovato a fare corsi di cinema, capii che era una materia che mi interessava e mi ritrovai sul set di un film inglese che avevo 19 anni. Feci qualche comparsa, ero veramente giovane e pieno di entusiasmo, capii che il cinema era bello, mi ripetevo: il cinema è figo. Fu il destino a decidere che un giorno sarei diventato un regista. A quell'epoca quello che si faceva all'estero era più divertente, mentre quello italiano era più “cinematografaro”. In Inghilterra facevo il lavapiatti e altri lavori per mantenermi, mi servì per imparare la lingua. Quando non lavoravo andavo in giro con la macchina fotografica e con una enorme telecamera. Cominciai così a fare i primi video. Volevo andare a Roma, al centro sperimentale, ma i miei non vedevano di buon occhio che il loro figlio perdesse tempo in simili cose. Hanno smesso le ostilità quando ho vinto la borsa di studio. Fu così che, nell'88, all'età di 22 anni, andai a vivere a Roma, è un passaggio fondamentale per un regista. Ho scritto il primo copione con un amico, abbiamo vinto il premio Solinas e in qualche modo si è aperto il mio ingresso al cinema come giovane regista.


Locandina "LaCapaGira"

Per realizzare il tuo primo film, credo che tu abbia fatto ricorso a tanta forza di volontà e altrettanta determinazone. Ciononostante, tutto questo ti sarebbe servito poco, se non avessi avuto il coraggio di autofinanziarti. È andata così, vero?

Si, è andata esattamente così. Avendo cominciato a lavorare da giovane nel mondo del cinema, mi ero illuso che il successo sarebbe arrivato subito. Realizzavo video e documentari in giro per il mondo; Pakistan, Palestina ecc. Capii subito che stavano passando gli anni e rischiavo di diventare come uno di quei giovani registi che nell'attesa invecchiano prima di realizzare il loro primo film. Mi trovai a scegliere se continuare ad aspettare o buttarmi e fare qualcosa subito, contando solo sulle mie forze. Scelsi la seconda strada. Avevo fretta, quindi dissi a mio fratello Andrea di scrivere un film che parlasse di Bari, di raccontare l'essenza della città in cui siamo cresciuti. Fu così che realizzammo “LaCapaGira”, con il testo originale in dialetto su una pagina e la traduzione in italiano sull'altra.

Il film non godeva della copertura dei grossi circuiti di distribuzione cinematografica, ma nonostante ciò, con “LaCapaGira”, hai vinto: il premio del Forum Internazionale del 50. Festival di Berlino, il Ciak d'Oro 2000, il Nastro d'Argento 2000 e il David di Donatello come miglior regista esordiente. In più, nella città di Bari è stato visto più degli altri film in programmazione nello stesso periodo, anche di quelli americani.

Più di un miliardo d'incasso, ho ricevuto una marea di riconoscimenti, un grande risultato di critica e di pubblico hanno indicato il film con un segnale preciso.

Il successo che arriva così, all'improvviso e in modo travolgente: cosa si prova? La “capa” gira?

Esatto; vertiginosamente. Ho pensato tante cose, cercavo di capire quale potesse essere la strada giusta. Ho pensato: resto sul “luogo del delitto”, a Bari. Racconto una storia ambientata in quella città, però con mezzi e con il cast più riconoscibile. Ho voluto mirare ad un pubblico più ampio.

E così nasce la tua seconda pellicola: “Mio Cognato”. Ma parliamo ancora un po' de “LaCapaGira”. Secondo te perché il pubblico ha voluto premiare il tuo film?

Sino a quel momento, molta della produzione cinematografica italiana raccontava sogni di media borghesia, poco stimolante da andare a vedere al cinema. Quel film arriva in un momento in cui il pubblico stava staccando in modo tragico. All'epoca lo schema era chiaro: andiamo a vedere il film, ma non uno italiano. Un film come “LaCapaGira”, ha avvicinato al cinema un certo tipo di italiano, quello vero. Il film è arrivato al momento giusto, con intenzioni reali ed è andato avanti perché c'era bisogno di un film così.

Ci spieghi il perché di un film esclusivamente in dialetto barese? A differenza dei finlandesi noi non siamo abituati a leggere i sottotitoli, anche questa è stata una scelta in un certo senso coraggiosa.


Minuicchio e Pasquale da "LaCapaGira"

È vero, non siamo abituati, ma quel film non potrebbe essere uguale senza l'uso del dialetto, ci voleva. La nostra lingua è frutto di fusioni culturali, soggette al fuoco incrociato di voler unificare questo Paese, di volerlo rendere omogeneo; un Paese completamente diviso. Ne è uscita una lingua compromessa, media, finta. Altro elemento; l'Italia è terreno di conquista degli Stati Uniti, abituata all'uso del doppiaggio che anestetizza ancora di più la lingua. I dialetti dei film stranieri sono tutti doppiati in italiano perfetto, secondo me in una lingua finta, da mezzo busto dei telegiornali.

Meglio quindi in Finlandia, qui i film stranieri sono sottotitolati.

Sono fortunati, hanno la possibilità di imparare meglio l'inglese, c´è solo da guadagnarci. In Finlandia ci sono anche dei registi validi.

Del tuo primo film rimpiangi qualcosa che hai dovuto sacrificare non avendo un produttore che ti finanziasse?

Devo dire che non ho sacrificato nulla in quel film, era talmente estremo. Sapevamo che non c'erano i soldi; fotografia povera, senza effetti speciali. A monte c'era l'intenzione di un film senza budget. Vi è stata la collaborazione da parte di tutti coloro che vi hanno partecipato. Non mi posso lamentare, l'esito straordinario lo dimostra.

Arriva quindi il secondo lavoro di Alessandro Piva e con “Mio Cognato” cominciano i paragoni che ti vedono ora ispirato da Scorsese e Tarantino, ora da Visconti, Rossellini, Pasolini. Lo schema del film “Mio Cognato”, sembra essere simile a quello de “Il sorpasso”. In quest'ultimo, come nel tuo, uno dei protagonisti viene condotto su di un'auto, a scoprire un mondo che sino ad allora gli era stato estraneo. Se proprio dobbiamo azzardare un accostamento con un altro regista, sino a questo momento non ti sembra che il più azzeccato sia quindi con Dino Risi?


Il limone, Lo Cascio e Rubini da "Mio Cognato"

Ma sai, ognuno fa il paragone che vuole, mica puoi censurarli. La cultura fine millennio è mescolata; amo Tarantino, Scorsese, Visconti, Rossellini e Pasolini. Proprio di Pasolini ultimamente sono andato a vedere “Accattone”. Ho capito meglio, anni dopo, che quell'opera raccontava Roma e vi ho riscontrato dei punti di contatto con la mia. Glli accostamenti fanno parte del cinema, va bene così. Basta che non si dimentichino i grandi maestri italiani, come De Sica. Spero che ci sia anche un po' di Piva in tutto questo. Una cifra tutta mia tra i grandi maestri che ci hanno illuminato la via.

Chi ama il cinema ha già espresso il proprio giudizio su Piva, un giudizio molto positivo. La convinzione dei tanti che come me hanno apprezzato le tue opere, è che il futuro del cinema italiano non può e non deve fare a meno di Alessandro Piva.

Io faccio del mio meglio. In questo periodo sto lavorando sulla realizzazione di video che raccontano il mondo che ci circonda. Vi sto inserendo anche un po' di politica. Credo sia importante parlarne, a volte restiamo indifferenti davanti a quanto ci accade intorno; dimentichiamo le vere pulsazioni.

Bari è la città in cui hai vissuto, Roma quella in cui vivi; professionalmente, cosa ha significato passare da una piccola a una grande metropoli?

Bari resta la città nella quale mi oriento meglio, dove senz'altro ho una maggiore intesa con la gente. A Roma vivo in una condizione privilegiata. Bari è la città dove mi sporco le mani, il mondo reale. Il prossimo film sarà ambientato a Roma che devo imparare a conoscere meglio.

Un'ultima domanda; Alessandro credi che in Italia il cinema e in particolare i giovani registi necessitino di più attenzione da parte dello Stato?

L'ultima e la più complessa delle domande. Partirei da una considerazione; noi siamo in fase di profondo cambio di connotazione di quello che è il nostro mestiere. La percezione della sala cinematografica sta cambiando. Personalmente ho sempre meno voglia di andare al cinema, mi annoiano sempre di più i giornali, le cronache interessano sempre meno, l'audiovisivo sta cambiando. Ci stanno chiedendo di cambiare il cinema. Dobbiamo chiederci cosa vuole il pubblico? Gli americani sono molto bravi a fare film, anche se il loro cinema è in crisi. A questo punto bisogna provare a diversificare il prodotto a basso costo; questa è la mia provocazione. Vincerà chi farà il primo film con videofonino. Bisogna partire dalla proposta televisiva, creare un reality forte e con quello sconfiggere la stessa TV. Non un finto reality, ma un film realtà, nel quale il pubblico si senta fortemente coinvolto.

Ti ringrazio ancora per essere stato così gentile da volerci concedere questa intervista. Ci vediamo quindi il 4 novembre in Finlandia?

Grazie a te Domenico. Senz'altro per quella data verrò a trovarvi. Saluto tutti i collaboratori e i lettori del tuo giornale e gli studenti e i docenti di Lingua Italiana dell'Università di Turku. (18.9.05)

Domenico Sternativo

Tra qualche giorno su Il Loggione intervista a Anne Riitta Ciccone regista de “Le Sciamane” e “L'amore di Marja”.

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