Parliamo
di cinema con un regista che qualche anno fa si è imposto
all'attenzione del pubblico e non solo di quello italiano. Con
immenso piacere abbiamo la possibilità di ospitare, sul
nostro modesto Loggione, Alessandro Piva. Regista
di “LaCapaGira” (premio del Forum Internazionale del
50. Festival di Berlino, Ciak d'Oro 2000, Nastro d'Argento 2000,
David di Donatello come miglior regista esordiente) e “Mio
cognato”, è sicuramente colui che, meglio degli
altri, ha saputo raccontare parte di quella terra di frontiera
che è la Puglia (dal 2000 i film girati in Puglia sono
otto, se si tiene conto anche dell'ultima opera di Pupi Avati,
non ancora uscita nelle sale cinematografiche). Alessandro
Piva, oltre che del cinema in particolare, è la
continuazione di quella cultura del Meridione d'Italia e più
precisamente della Puglia che ci fa ben sperare per il futuro e
che, lo dico con un pizzico di polemica, avrebbe dovuto già
da tempo ritagliarsi uno spazio tutto suo anche negli ambienti
culturali italiani in Finlandia. Alessandro Piva,
comunque, verrà a farci visita in Finlandia e,
probabilmente, è già cominciata un' intesa, tra noi
de Il Loggione e il regista che, chissá, ci
riserverà per il futuro qualche piacevole sorpresa.
Inoltre vi anticipiamo che, la prossima settimana, avremo come
ospite Anne Riitta Ciccone, regista, tra le altre cose, di
“Le sciamane” e “L'amore di Marja”.
GENTILI
LETTRICI E LETTORI, SIAMO LIETI DI
PRESENTARVI ALESSANDRO PIVA.
Alessandro
Piva
Ciao Alessandro e
grazie per aver accettato di essere qui con noi.
Ciao
Domenico, lo faccio con piacere.
Colgo
subito l'occasione per chiederti di venire a trovarci, magari in
occasione della rassegna dedicata al cinema italiano che avrà
luogo a Helsinki a partire dal 4 novembre.
È
una cosa che si può fare. Ci terrei a visitare sia
Helsinki che Turku. Tra l'altro la Finlandia mi incuriosisce, non
ci sono mai stato. Ho visitato Danimarca e Svezia, ma la
Finlandia ancora no.
Questa
è una notizia che farà felici molti italiani che
vivono in Finlandia e che hanno avuto modo di apprezzare le tue
opere. Nel frattempo ci vuoi raccontare il tuo percorso
professionale precedente alla realizzazione del primo film,
“LaCapaGira”?
Il
mio percorso professionale viene da una esperienza a 360 gradi.
Ho cominciato con la fotografia, ma il mio primo vero contatto
con il cinema parte dal liceo. Ho organizzato un cineforum, era
una delle poche cose che si facevano e l'istituto scolastico lo
pretendeva. Questo mi ha portato a vedere dei film che apprezzavo
molto, soprattutto film americani. È stato il cinema
americano il primo passaggio. Successivamente mi sono ritrovato a
fare corsi di cinema, capii che era una materia che mi
interessava e mi ritrovai sul set di un film inglese che avevo 19
anni. Feci qualche comparsa, ero veramente giovane e pieno di
entusiasmo, capii che il cinema era bello, mi ripetevo: il cinema
è figo. Fu il destino a decidere che un giorno sarei
diventato un regista. A quell'epoca quello che si faceva
all'estero era più divertente, mentre quello italiano era
più “cinematografaro”. In Inghilterra facevo
il lavapiatti e altri lavori per mantenermi, mi servì per
imparare la lingua. Quando non lavoravo andavo in giro con la
macchina fotografica e con una enorme telecamera. Cominciai così
a fare i primi video. Volevo andare a Roma, al centro
sperimentale, ma i miei non vedevano di buon occhio che il loro
figlio perdesse tempo in simili cose. Hanno smesso le ostilità
quando ho vinto la borsa di studio. Fu così che, nell'88,
all'età di 22 anni, andai a vivere a Roma, è un
passaggio fondamentale per un regista. Ho scritto il primo
copione con un amico, abbiamo vinto il premio Solinas e in
qualche modo si è aperto il mio ingresso al cinema come
giovane regista.
Locandina
"LaCapaGira"
Per realizzare il
tuo primo film, credo che tu abbia fatto ricorso a tanta forza di
volontà e altrettanta determinazone. Ciononostante, tutto
questo ti sarebbe servito poco, se non avessi avuto il coraggio
di autofinanziarti. È andata così, vero?
Si,
è andata esattamente così. Avendo cominciato a
lavorare da giovane nel mondo del cinema, mi ero illuso che il
successo sarebbe arrivato subito. Realizzavo video e documentari
in giro per il mondo; Pakistan, Palestina ecc. Capii subito che
stavano passando gli anni e rischiavo di diventare come uno di
quei giovani registi che nell'attesa invecchiano prima di
realizzare il loro primo film. Mi trovai a scegliere se
continuare ad aspettare o buttarmi e fare qualcosa subito,
contando solo sulle mie forze. Scelsi la seconda strada. Avevo
fretta, quindi dissi a mio fratello Andrea di scrivere un
film che parlasse di Bari, di raccontare l'essenza della città
in cui siamo cresciuti. Fu così che realizzammo
“LaCapaGira”, con il testo originale in dialetto su
una pagina e la traduzione in italiano sull'altra.
Il
film non godeva della copertura dei grossi circuiti di
distribuzione cinematografica, ma nonostante ciò, con
“LaCapaGira”, hai vinto: il premio del Forum
Internazionale del 50. Festival di Berlino, il Ciak d'Oro 2000,
il Nastro d'Argento 2000 e il David di Donatello come miglior
regista esordiente. In più, nella città di Bari è
stato visto più degli altri film in programmazione nello
stesso periodo, anche di quelli americani.
Più
di un miliardo d'incasso, ho ricevuto una marea di
riconoscimenti, un grande risultato di critica e di pubblico
hanno indicato il film con un segnale preciso.
Il
successo che arriva così, all'improvviso e in modo
travolgente: cosa si prova? La “capa” gira?
Esatto;
vertiginosamente. Ho pensato tante cose, cercavo di capire quale
potesse essere la strada giusta. Ho pensato: resto sul “luogo
del delitto”, a Bari. Racconto una storia ambientata in
quella città, però con mezzi e con il cast più
riconoscibile. Ho voluto mirare ad un pubblico più ampio.
E
così nasce la tua seconda pellicola: “Mio Cognato”.
Ma parliamo ancora un po' de “LaCapaGira”. Secondo te
perché il pubblico ha voluto premiare il tuo film?
Sino
a quel momento, molta della produzione cinematografica italiana
raccontava sogni di media borghesia, poco stimolante da andare a
vedere al cinema. Quel film arriva in un momento in cui il
pubblico stava staccando in modo tragico. All'epoca lo schema era
chiaro: andiamo a vedere il film, ma non uno italiano. Un film
come “LaCapaGira”, ha avvicinato al cinema un certo
tipo di italiano, quello vero. Il film è arrivato al
momento giusto, con intenzioni reali ed è andato avanti
perché c'era bisogno di un film così.
Ci
spieghi il perché di un film esclusivamente in dialetto
barese? A differenza dei finlandesi noi non siamo abituati a
leggere i sottotitoli, anche questa è stata una scelta in
un certo senso coraggiosa.
Minuicchio
e Pasquale da "LaCapaGira"
È vero, non
siamo abituati, ma quel film non potrebbe essere uguale senza
l'uso del dialetto, ci voleva. La nostra lingua è frutto
di fusioni culturali, soggette al fuoco incrociato di voler
unificare questo Paese, di volerlo rendere omogeneo; un Paese
completamente diviso. Ne è uscita una lingua compromessa,
media, finta. Altro elemento; l'Italia è terreno di
conquista degli Stati Uniti, abituata all'uso del doppiaggio che
anestetizza ancora di più la lingua. I dialetti dei film
stranieri sono tutti doppiati in italiano perfetto, secondo me in
una lingua finta, da mezzo busto dei telegiornali.
Meglio
quindi in Finlandia, qui i film stranieri sono sottotitolati.
Sono
fortunati, hanno la possibilità di imparare meglio
l'inglese, c´è solo da guadagnarci. In Finlandia ci
sono anche dei registi validi.
Del
tuo primo film rimpiangi qualcosa che hai dovuto sacrificare non
avendo un produttore che ti finanziasse?
Devo
dire che non ho sacrificato nulla in quel film, era talmente
estremo. Sapevamo che non c'erano i soldi; fotografia povera,
senza effetti speciali. A monte c'era l'intenzione di un film
senza budget. Vi è stata la collaborazione da parte di
tutti coloro che vi hanno partecipato. Non mi posso lamentare,
l'esito straordinario lo dimostra.
Arriva
quindi il secondo lavoro di Alessandro Piva e con “Mio
Cognato” cominciano i paragoni che ti vedono ora ispirato
da Scorsese e Tarantino, ora da Visconti,
Rossellini, Pasolini. Lo schema del film “Mio
Cognato”, sembra essere simile a quello de “Il
sorpasso”. In quest'ultimo, come nel tuo, uno dei
protagonisti viene condotto su di un'auto, a scoprire un mondo
che sino ad allora gli era stato estraneo. Se proprio dobbiamo
azzardare un accostamento con un altro regista, sino a questo
momento non ti sembra che il più azzeccato sia quindi con
Dino Risi?
Il
limone, Lo Cascio e Rubini da "Mio Cognato"
Ma sai, ognuno fa il
paragone che vuole, mica puoi censurarli. La cultura fine
millennio è mescolata; amo Tarantino, Scorsese,
Visconti, Rossellini e Pasolini. Proprio di
Pasolini ultimamente sono andato a vedere “Accattone”.
Ho capito meglio, anni dopo, che quell'opera raccontava Roma e vi
ho riscontrato dei punti di contatto con la mia. Glli
accostamenti fanno parte del cinema, va bene così. Basta
che non si dimentichino i grandi maestri italiani, come De
Sica. Spero che ci sia anche un po' di Piva in tutto questo.
Una cifra tutta mia tra i grandi maestri che ci hanno illuminato
la via.
Chi
ama il cinema ha già espresso il proprio giudizio su Piva,
un giudizio molto positivo. La convinzione dei tanti che come me
hanno apprezzato le tue opere, è che il futuro del cinema
italiano non può e non deve fare a meno di Alessandro
Piva.
Io
faccio del mio meglio. In questo periodo sto lavorando sulla
realizzazione di video che raccontano il mondo che ci circonda.
Vi sto inserendo anche un po' di politica. Credo sia importante
parlarne, a volte restiamo indifferenti davanti a quanto ci
accade intorno; dimentichiamo le vere pulsazioni.
Bari
è la città in cui hai vissuto, Roma quella in cui
vivi; professionalmente, cosa ha significato passare da una
piccola a una grande metropoli?
Bari
resta la città nella quale mi oriento meglio, dove
senz'altro ho una maggiore intesa con la gente. A Roma vivo in
una condizione privilegiata. Bari è la città dove
mi sporco le mani, il mondo reale. Il prossimo film sarà
ambientato a Roma che devo imparare a conoscere meglio.
Un'ultima
domanda; Alessandro credi che in Italia il cinema e in
particolare i giovani registi necessitino di più
attenzione da parte dello Stato?
L'ultima
e la più complessa delle domande. Partirei da una
considerazione; noi siamo in fase di profondo cambio di
connotazione di quello che è il nostro mestiere. La
percezione della sala cinematografica sta cambiando.
Personalmente ho sempre meno voglia di andare al cinema, mi
annoiano sempre di più i giornali, le cronache interessano
sempre meno, l'audiovisivo sta cambiando. Ci stanno chiedendo di
cambiare il cinema. Dobbiamo chiederci cosa vuole il pubblico?
Gli americani sono molto bravi a fare film, anche se il loro
cinema è in crisi. A questo punto bisogna provare a
diversificare il prodotto a basso costo; questa è la mia
provocazione. Vincerà chi farà il primo film con
videofonino. Bisogna partire dalla proposta televisiva, creare un
reality forte e con quello sconfiggere la stessa TV. Non un finto
reality, ma un film realtà, nel quale il pubblico si senta
fortemente coinvolto.
Ti
ringrazio ancora per essere stato così gentile da volerci
concedere questa intervista. Ci vediamo quindi il 4 novembre in
Finlandia?
Grazie
a te Domenico. Senz'altro per quella data verrò a
trovarvi. Saluto tutti i collaboratori e i lettori del tuo
giornale e gli studenti e i docenti di Lingua Italiana
dell'Università di Turku. (18.9.05)
Domenico
Sternativo
Tra
qualche giorno su Il Loggione intervista a Anne Riitta
Ciccone regista de “Le Sciamane” e “L'amore
di Marja”.
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