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Il Sogno Americano (prima parte)




EMIGRANTS

Emigrante, ovvero colui che lascia il proprio luogo d'origine per insediarsi in altri territori. I motivi che hanno spinto i popoli a emigrare sono molteplici, per quel che riguarda gli italiani è stato un fenomeno soprattutto legato a motivi di lavoro. In questa rubrica cercheremo di capire come è cambiato l'emigrante italiano e quali differenze ci sono tra emigranti e emigranti. Già, perchè se è vero che un tempo la maggior parte di loro erano accomunati da situazioni di tipo economico, culturale, sociale, oggi le cose sono cambiate. Oggi è possibile incontrare, in giro per il mondo, emigranti di diversa estrazione, soprattutto culturale. Tanti, ad esempio, sono i professionisti che lavorano nel settore della ricerca (biologi, fisici) o letterati ai quali è stato offerto l'insegnamento in prestigiose Università (America, Francia). Emigrati su richiesta dei paesi che li ospitano o, come in qualche caso, laureati e diplomati che hanno cercato un lavoro e una visibilità negatagli, per molteplici ragioni in Italia.

Il nostro percorso inizia nel 1860, anno in cui in Italia si comincia a studiare dati alla mano il fenomeno dell'emigrazione. Prima di allora non esisteva alcun tipo di studio ne di ricerca riguardanti i movimenti migratori. Sarà con la neonata Unità d'Italia che si comincerà a fare un lavoro di censimento utile a valutare l'esodo di manodopera di cui il Paese necessitava e che quindi veniva a mancare, ma anche a controllare il flusso di danaro che gli emigranti inviavano ai loro familiari in Italia.

Giá dal censimento del 1861 possiamo constatare che in quell'epoca il movimento migratorio fu di considerevole entità. In esso si accerta la presenza di emigranti italiani sia in Europa che nelle due Americhe, oltre che nel bacino mediterraneo, con la seguente situazione:

Emigranti per Nazione - Francia – 77.000; Germania – 14.000; Svizzera – 14.000; Stati Uniti – 500.000; resto delle Americhe – 500.000; Alessandria d'Egitto – 12.000; Tunisi – 6.000.

Nel primo ventennio furono Brasile e Argentina ad assorbire la maggior parte di emigranti italiani, ma verso la fine del secolo questi due paesi persero il primato a causa del forte incremento di immigrazione negli Stati Uniti.

Ad essere maggiormente colpiti dal fenomeno dell'emigrazione, nei primi anni del Regno, furono le regioni settentrionali, mentre per quelle meridionali il fenomeno fu di dimensioni irrilevanti. Questo perchè nel Sud Italia sussistevano situazioni di tipo demografico, di comunicazione e culturale differenti dal nord. Al sud infatti, la densità di popolazione era inferiore a quella del nord, le vie di comunicazione erano quasi totalmente inesistenti e a tutto questo va aggiunto il forte legame che il meridionale aveva e ha nei confronti della propria terra e della famiglia.

Nel diciannovesimo secolo emigrarono circa 6 milioni di persone e dal 1901 al 1906 circa 3 milioni e mezzo, sino ad arrivare al 1914, anno in cui venne emesso il decreto che impedì ai soggetti tenuti a prestare il servizio di leva di lasciare l'Italia. Ebbe così inizio un periodo di stasi del fenomeno migratorio. Le regioni italiane più colpite dall'emigrazione dal 1876 al 1930 erano per il 50% quelle settentrionali, il 27,9% quelle meridionali, 10,9% le regioni centrali e 10,6% le isole. In particolare, dal 1876 al 1877, il primato appartenne alle regioni del Veneto, Piemonte e Lombardia che da sole raggiungevano il 64,4% degli emigranti italiani. Dal 1887 al 1890, il Veneto rimase sempre al primo posto, ma Piemonte e Lombardia vennero superate dalla Campania. Dal 1901 al 1914, il veneto sarà ancora al primo posto, ma la percentuale di emigrati da questa regione scese dal 36% al 17%. Al secondo posto vi troviamo la Sicilia con il 12,6%, al terzo la Campania con l'11% e subito dopo Piemonte e Lombardia.

Nel periodo che va dal 1875 al 1913, gli Stati Uniti assorbirono il maggior numero di emigranti italiani, con oltre 5 milioni di unità, seguito dall'Argentina con 2 milioni e 360 mila e dal Brasile con 1 milione e 300 mila.

Vediamo allora, in questa prima parte di Emigrants, chi erano e come vissero gli italiani giunti negli Stati Uniti. A quali sacrifici e umiliazioni furono costretti perchè “il sogno americano” diventasse realtà. Questo percorso continuerà con la rivisitazione di altre comunità, in altri luoghi dove gli italiani sono immigrati, sino ad arrivare alla Finlandia, per poi poter comparare e capire meglio le differenze tra epoche, paesi e immigrati.

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Il Sogno Americano

(prima parte)

La speranza di veder migliorare la propria condizione grazie all'Unità d'Italia finì ben presto. Non appena gli abitanti dell'Italia meridionale si resero conto che, non solo il nuovo governo non aveva mantenuto le promesse fatte, ma addirittura aveva emanato nuove leggi che toglievano loro quel poco che i governi precedenti avevano concesso. La tanto sospirata riforma agraria che avrebbe dovuto dare le terre ai contadini non fece altro che arricchire ancora di più i già potenti proprietari che crearono un'intesa economica con gli industriali del nord Italia. I braccianti si videro espropriati anche dei più piccoli diritti, come la spigolatura (raccolta delle spighe di grano che rimanevano sul terreno dopo la mietitura), la raccolta della legna dai boschi, la pesca nei fiumi. E come se non bastasse fu emanata la ferma militare obbligatoria che toglieva braccia alle già povere famiglie meridionali.

Furono proprio queste leggi e la prepotenza di chi le doveva far rispettare che indussero migliaia di meridionali a emigrare. Sull'esperienza di chi prima di loro aveva deciso di farlo, i meridionali individuarono come meta gli Stati Uniti o più precisamente New York. Siamo alla fine dell'Ottocento e per capire quali furono le dimensioni del fenomeno migratorio, basti pensare che Little Italy, quartiere in cui si insediarono gli italiani, contava già 600.000 abitanti. Una cifra elevatissima se si tiene conto che in Italia, tale densità di popolazione era inferiore solo a Napoli. È scontato che New York non avesse le strutture adatte ad accogliere quel numero di persone che quotidianamente sbarcavano nel porto della città, per cui potete immaginare quali fossero le condizioni in cui vivevano gli italiani. Condizioni disumane non solo dal punto di vista sanitario; come scrive il commediografo Giuseppe Giacosa che vi abitò nel 1989 - "E' impossibile dire il fango, il pattume, la lercia sudiceria, l'umidità fetente, l'ingombro, il disordine di quella zona". Ma anche dal punto di vista della criminalità, dell'abbandono e dello sfruttamento. Furono proprio gli italiani che provenivano dalle regioni del settenrione i primi a “utilizzare” le braccia meridionali, impiegandole nelle proprie piccole industrie o offrendo loro lavoro presso altre ditte, ma sempre umiliandoli con paghe bassissime, trattandoli al pari di schiavi. Allo stesso modo se non peggio, furono trattati dalle bande di gangster irlandesi e ebrei che spadroneggiavano nella città sotto gli occhi di poliziotti incuranti, anch'essi irlandesi e ebrei. Questi ultimi si limitavano a isolare il quartiere italiano e a disinteressarsi di quanto in esso accadeva, badando però che tutto rimanesse entro i confini di Little Italy. E in quei confini erano costretti a rimanere anche gli italiani che non conoscendo la lingua dovevano affidare ai loro concittadini settentrionali la speranza di trovare un lavoro. Una situazione insostenibile che da li a poco avrebbe dato luogo a reazioni incontrollate da parte di alcuni. Non si può ancora parlare di mafia, bensì di alcuni soggetti che già allora si elevarono a “difensori” degli italiani. Alcuni di loro giunsero dall'Italia proprio con il fine di imporre la propria legge a Little Italy. Agli americani bastò per generalizzare e per definire quello italiano come un popolo di gangster sempre pronti ad impugnare il coltello.

Una piccola parte di immigrati italiani scelse di uscire dal ghetto dirigendosi verso quella che era definita la Nuova Frontiera, ossia il West. Purtroppo i film propagandistici americani, soprattutto negli anni passati ci hanno offerto un'immagine distorta di quello che era, all'epoca di cui parliamo, l'abitante del West. Spesso rappresentato come l'anglo-americano proprietario di ranch o industrie minerarie che nella realtà e nella maggior parte dei casi appartenevano a immigrati europei, come raccontano le statistiche demografiche dei giornali dell'epoca. Così come in gran parte europei erano i militari del famoso 70 cavalleria, molti dei quali italiani. Italiani erano anche molti cow boys e qualche poistolero. Tra i più famosi, figura Chalie Siringo, di origine piemontese, pistolero e cacciatore di taglie. Fu lui ad uccidere Butch Cassidy (a quanto pare anch'egli italiano) e Saudance Kid. Charlie Siringo scrisse le sue memorie che sono diventate un libro che ha venduto oltre 1 milione di copie: Texas Cowboy, or Fifteen Years on the Hurricane of a Spanish Pony edito da Penguin Books, New York 2000.

Un'altro importante immigrato italiano nel West, ma questa volta si tratta di una donna e più precisamente di una suora fu Rosa Maria Segale; suor Blandina. Ella racconta nel suo diario, anche questo diventato un libro At The End of The Santa Fe Trail disponibile in trentaquattro edizioni in lingua inglese e che ancora oggi riscuote grandi consensi, gli avvenimenti e i personaggi che incontrò durante la sua missione. Tra le altre cose,nel libro di Suor Blandina, potrete leggere del suo incontro con Billy the Kid, famoso pistolero morto all'età di ventuno anni, per mano dello sceriffo Path F. Garrett. La vita e le opere della religiosa sono materia di studio nelle più importanti Università americane. Quella di Chicago conserva le lettere che inviò a sua sorella Justina, anche lei suora, dal 1872 al 1892.

Charlie Siringo e suor blandina, due personaggi molto diversi tra loro, ma che sono l'inizio di una lista interminabile di emigranti che, ognuno nella propria maniera, lasceranno un'impronta nella crescita degli Stati Uniti d'America. Un'impronta che nella stragrande maggioranza dei casi sarà di segno positivo, anche se qualcuno, in verità non proprio onesto, preferirà identificare il popolo italiano in un popolo di mafiosi. A proposito di questo, non tantissimo tempo fa, il signor Nixon pare avesse detto degli italiani:Non sono come noi. La differenza sta nel fatto che hanno un odore diverso, un aspetto diverso, un comportamento diverso. Naturalmente il guaio è che non se ne trova uno solo che sia onesto. Una frase che ci fa tornare alla mente altri due italiani che contribuirono in maniera fondamentale affinchè in America la legalità fosse rispettata e i disonesti allontanati dalla cosa pubblica: i giudici John Sirica e Peter Rodino. Gli americani gli furono grati per essere riusciti, attraverso la legge, ad allontanare Nixon dalla Casa Bianca, mettendolo nelle condizioni di non poter più nuocere.

Ma tornando a noi, notiamo che, verso la fine del 1800 ci fu un'inversione di tendenza che comportò un notevole aumento di emigranti del sud e del centro Italia, mentre diminuirono quelli del nord. Ciò fu dovuto oltre che a una consistente crescita demografica delle popolazioni del centro-sud, anche alla disastrosa crisi economica che colpì il Meridione, colpevole in parte la tariffa protezionistica imposta nel 1887 che sacrificò l'agricoltura all'industria. Alla fine del secolo vi furono comunque delle migliorie che consentirono agli emigranti più tutela da parte delle istituzioni, venne creato l'ufficio di Commissariato all'Emigrazione. Sino a quel momento si era assistiti a una vera e propria tratta di meridionali che venivano ingaggiati, nel proprio paese, da speculatori come manodopera a basso costo. Da ora in poi l'emigrazione è pilotata dallo Stato e l'emigrante gode di più garanzie e diritti. Non esiste più il vincolo fondiario che lega l'immigrato al paese in cui si reca e diminuisce il costo dei trasporti, consentendo una minore durata del periodo di espatrio. I soldi guadagnati all'estero vengono investiti in Italia per l'acquisto di case e terre, quindi l'economia italiana ne trae grossi vantaggi.

(Fine della prima parte)

Nella seconda parte di Emigrants parleremo di emigrazione durante il fascismo.

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