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LIBRO IXERACLITO DEMOCRITO, ELEATICI, SOFISTI, SCETTICI

IX,i. ERACLITO[544/1-?:  - altri cenni in ]

Di Efeso, fiorì nella LXIX Ol. (504-01). Melanconico, altero: considerava eruditi ma non intelligenti Esiodo Pitagora Senofane Ecateo (Omero addirittura da bandire) "perché in una sola cosa consiste la sapienza, nell'intendere la ragione, che governa tutto il mondo dappertutto". Definiva la presunzione "morbo sacro" (epilessia) e affermava che la vista è ingannevole.  Divenne misantropo, si cibò solo di verdure fuori città, finché - colpito da idropisia - non fece ritorno a Efeso, ove si coprì  di caldo sterco in una stalla di buoi per sconfiggere le malattia e *M 60enne. Non fu discepolo di nessuno, ma investigò se stesse e apprese tutto da se stesso. Secondo alcuni fi discepolo di Senofane. Scrisse "Della Natura" in stile oscuro e contraddittorio, la depositò nel tempio di Artemide

Dottrina: tutto si forma dal fuoco e in esso si risolve, secondo una fatale necessità. Il tutto è finito e costituisce un unico cosmo, generato appunto dal fuoco. Le cose dell'universo scorrono a guisa di fiume, e si ricompongono in armonia per mezzo di ricorrenti opposizioni. Degli opposti, quello che pota alla genesi si chiama guerra e contesa, l'altro che porta alla conflagrazione si chiama concordia e pace, e il mutamento è una via in su (dalla terra all'acqua all'evaporazione) e in giù (dal fuoco per condensazione all'umidità all’acqua alla terra)  cui si deve la formazione del cosmo.  Al re Dario che voleva attrarlo a sé scrisse "...Io che sono immemore di ogni malvagità e rifuggo dall'insolente sazietà di ogni aspirazione, che è congiunta con l'invidia, e disdegno la magnificenza, non posso venire alla terra dei Persiani, contento del poco, secondo le esigenze della mia mente". Epigrammi a lui dedicati: "La mia opera non è per voi ma per quelli che m'intendono: Un solo uomo vale per me trentamila, la massa senza numero per me non fa neppure un uomo", "Il sentiero è veramente inaccessibile. Sono tenebre fonde come la notte, senza luce. Ma se ti guida un iniziato, la sua luce è più chiara della luce del sole".

IX,ii. SENOFANE

Bandito da Colofone sua patria, visse a Zancle di Sicilia e a Catania. "Immune da stupido orgoglio, irrisore di Omero, castigamatti" (Timone). Criticò Esiodo ed Omero per la loro *Teologia. 2000 versi (tra cui "La colonizzazione di Elea"). Fiorì nella LX Ol (540-37). "Son 67 anni che porto in giro per l'Ellade i miei affanni, cui son da aggiungere i  25 dalla nascita". Seppellì i figli con le proprie mani, come Anassagora.

I 4 elementi costituiscono i mondi infiniti ma immutabili. L'essenza di dio è sferica e non ha alcuna analogia con l'uomo, dio non respira, è tutt' insieme ragione intelligenza eternità. Fu il primo a dimostrare che tutto ciò che diviene è corruttibile e che l'anima è un soffio vitale.

IX,iii  PARMENIDE:

Di Elea, discendente da ricco casato, uditore ma non seguace di Senofane. Primo a dichiarare la terra sferica e al centro dell'universo. Due gli elementi: il fuoco come demiurgo, la  terra come materia. Anima e mente sono la stessa cosa. La filosofia si distingue in due parti: l'una secondo verità, l'altra secondo opinione. Nei suoi versi indica come criterio la ragione: "Né l'abitudine ti tragga per questa via a muovere l'occhio che fallisce la mira e l'orecchio che fa eco e la lingua, ma con la ragione giudica la prova molto contesa". Fiorì nella LXIX Ol. (504-01 come Eraclito i).

IX,iv. MELISSO

Di Samo, alunno di Parmenide. Fiorì nella LXXXIV Ol. (444-41): l'universo è un'unità uguale a se stessa, assolutamente piena, infinita immutabile immobile. Non vi è movimento reale ma solo apparente. *T Per quel che riguarda gli dei sosteneva che non si deve dir nulla, perché non ne abbiamo alcuna cognizione.

IX,v.  ZENONE DI ELEA[V sec. a. C.: altre notizie in Zenone di Elea]

Fu adottato da Parmenide. Acme nella LXXIX Ol (464-61). Inventore della dialettica (come Empedocle della retorica) per Arist. Epigr. DL: *M "Nobile fu il tuo intento di uccidere il tiranno e di liberare Elea dalla schiavitù.." [tiranno Nearco, di fronte al quale denunciò come suoi complici tutti gli amici di quest'ultimo, di cui addentò l'orecchio finché non cadde trafitto].

IX,vi. LEUCIPPO[V sec. a. C.:fondatore dell'atomismo. Assoluta determinazione causale dell'universo. Tracce delle sue idee soo nel posteriore corpus democriteum]

Di Elea (per altri di Abdera o Mileto), alunno di Zenone: le cose nella totalità sono infinite, i mondi si formano quando i corpi penetrano nel *Vuoto e si intrecciano l'uno con l'altro in un grande vortice. La terra si mantiene sospesa ruotando attorno al centro. Fu il primo ad asserire che gli atomi sono i principi originari delle cose. Il mondo  nasce cresce decade perisce conformemente a una necessità (che non spiega).

IX,vii. DEMOCRITO "La sapienza" (Sophìa)

Di Abdera (per altri di Mileto),da fanciullo seppe di astrologia e teologia perché istruito da Magi e Caldei lasciati a suo padre da re Serse. Poi incontrò Leucippo e anche Anassagiora, di cui era 40 anni più giovane. Viaggiò verso l'Egitto (per apprendere la geometria dai sacerdoti), e fu in Persia dai Caldei; secondo alcuni anche dai gimnosofisti in India. Suo è il detto "La parola è l'ombra dell'azione". Pare abbia assunto tutte le sue teorie da Pitagora. Lesse ai concittadini la sua eminente opera "Grande cosmologia", e fu onorato dall'erario e di statue postumo (a 109 anni, dopo essere riuscito a sopravvivere per i tre giorni della festa Tesmoforia facendosi portare alle narici pani appena sfornati) . Epigr. DL "...Chi portò a compimento un'opera così grande, come quella che compì D. onnisciente? La *M per tre giorni fu presente a casa sua ed egli la trattò da ospite amica col caldo umore di pani fumanti." Plat., che pure menziona tutti i filosofi, non accenna mai a lui, perché era consapevole che avrebbe dovuto gareggiare col migliore dei filosofi. Sarebbe nato secondo Apollodoro nell'LXXX (460-57) secondo altri (10 anni prima i) nel terzo anno della LXVII (470-69), di un anno più vecchio di Socr.. Forse alunno di Anassagora. A sostenere questa ipotesi della contemporaneità con Socr. sta il fatto che D. cita la teoria dell'Uno di Parmenide e Zenone e nomina Protagora (contemporaneo di Socr.).

Dottrina: principi originari dell'universo gli atomi e il *Vuoto; tutte le altre cose mera opinione. Mondi infiniti, soggetti a generazione e corruttibilità. Dal non essere *Nulla diviene, e nel non essere Nulla perisce. Gli atomi sono infiniti per grandezza e numero, si muovono vorticosamente e generano così le cose composte prime tra tutte le unioni di atomi impassibili e incangiabili costituenti fuoco acqua aria terra

Sole e luna sono costituiti da tali atomi, levigati e sferici, e così egualmente l'anima che è identica alla mente  (psiché- nous - idem Parmenide v). Tutto accade secondo necessità, da lui definita "il vortice che è la causa della genesi di tutte le cose". Il fine e la serenità dell'anima (euthimìa) non coincide col piacere (edoné) [come invece sbrigativamente alcuni vollero intendere], ma è la condizione costante della calma e dell'equilibrio dell'anima, non turbata da paura né da superstizioni né da ltro stato passionale, cioè benessere (euestò). Le qualità delle cose esistono per *convenzione (sul termine v. anche Diogene e Crisippo), l'atomo e il *Vuoto per natura. I suoi libri filosofici catalogati come i platonici in tetralogie, molti altri di matematica musica tecnica (medica agricola militare) e appunti di viaggio.

IX,viii. PROTAGORA[484/1-411: (vs. eleati) "ciò che non appare a nessuno, neanche è, mentre tutto ciò che appare agli uomini, anche è"]

Di Abdera, uditore di Democrito, primo a sostenere che su ogni argomento si hanno due posizioni, sviluppate per mezzo di dialoghi. Esempio di un incipit: "Di tutte le cose è misura l'uomo, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono."  L'anima consta solo di sensazioni, tutto è vero, come da un altro suo incipit: "Intorno agli dei non ho alcuna possibilità di sapere né che cono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l'oscurità dell'argomento sia la brevità dellavita umana." Per questo proemio fu bandito da Atene e i suoi libri bruciati pubblicamente. Fu il primo a esigere un onorario, a sottolineare l'importanza di afferrare il momento giusto, a insegnare i sofismi, a creare l'eristica ora tanto di moda. Distinse per primo 4 tipi di discorso: preghiera domanda risposta comando. Secondo altri ne distinse sette, vale a dire i 4 precedenti più narrazione relazione invocazione. Sua acme nella LXXXIV (444-41). *M novantenne durante il viaggio verso la Sicilia. Epigr. DL "Anche tu o P. ormai vecchio dovesti abbandonare Atene e moristi durante il viaggio..."

IX,ix. DIOGENE DI APOLLONIA[V sec. a. C.: tardo- ionico, identificò nell'ARIA il Nous di Anassagora]

Naturalista famoso. Dottrina: elemento originario è l'aria, che per condensazione e rarefazione genera i mondi, infiniti (come il *Vuoto).

IX,x. ANASSARCO l'Eudemonico[accompagnò *]

Di Abdera, contattò anche Alessandro Magno*, fiorì nella CX (340-37). *M catturato dal tiranno di Cipro, fu pestato in un mortaio; il filosofo pronunciò la frase celebre "Pesta pura il sacco di Anassarco, non pesti Anassarco"; si comandò allora di tagliargli la lingua, ma se la  morse egli stesso e la sputò in faccia al tiranno. Per temperamento apatico e vita serena era chiamato "il felice". Convinse Alessandro, che pensava di essere un dio, indicandogli una volta il sangue che usciva da una ferita del re.

IX,xi, PIRRONE[360-270: ουδέν μάλλον = una tesi non è per nulla più vera della tesi opposta]

[SCETTICISMO: apre la strada Democrito distinguendo, nel percepito, il soggettivo dall'oggettivo. Inizia la teoria con Pirrone-Timone (Atene anni 300 a C., segue la seconda accademia degli anni 200 a C.Arcesilao) e la scuola scettica di Carneade (terza accademia), grande teorizzatore che introduce a compensazione dello scetticismo il probabilismo.  Si configura come un ritorno a Pirrone la terza fase, dal 100 a. C. al 200 d. C. con Enesidemo- Agrippa- Sesto Empirico (la documentaz. di quest'ultimo è rimasta la base per le nostre conoscenze sullo scetticismo). Nel M.E. si rifanno in qc. misura allo sc. l'occamista Nicola di Autrecourt ("Hume medievale"), Montaigne- Pico- Charron- Sanchez, poi Cartesio, Schulze, e oggi  in Italia Adolfo Levi e G. Rensi (secondo Guido Calogero sub voce Enc.It. 1936)].

n. a Elide, alunno del figlio di Stilpone, a contatto con i Gimnosofisti indiani e con i Magi, da questi importò i principi dell'acatalessia (irrappresentatività delle cose) e dell' epochè (sospensione del giudizio, da epèkein, astenersi). Ogni cosa non è che per convenzione o abitudine. Il suo modo di vivere veniva ammirato da Epicuro (suo coetaneo?). I Pirroniani si distinsero in Zetetici [che sempre ricercano (zetein) la verità], Scettici [o indagatori (skepteszai), Efettici [o sospensori del giudizio (epoche -da έπέχειν=astenersi ), dallo stato mentale che segue alla ricerca], Aporetici [o dubitanti, perché si trovano - come anche i dommatici loro oppositori - nella difficoltà del dubbio (àporein)].

Lo sc. potrebbe risalire a Omero ("Quale parola tu stesso dici, tale potrai udire"), che non dà mai definizioni dommatiche: in tale modo possono essere intese anche le sentenze dei sette sapienti "Nulla di troppo" e "Se ti impegni (=assumi un principio) ti tiri addosso la maledizione". Qualche dubbio (i) pongono anche Archiloco, Euripide ("Chi sa se il vivere non sia morire e se il morire non sia quel che i mortali considerano vita?"), Senofane ("nessun uomo conosce la certezza né la conoscerà mai"), Zenone ("Ciò che si muove, non si muove né nel luogo in cui è né nel luogo in cui non è"), Democrito ("Per convenzione esiste il freddo, per convenzione il caldo; ma in verità sono gli atomi e il vuoto"), Empedocle ("Ogni uomo crede solo in ciò, in cui si imbatte").

Non affermavano neanche "Nulla noi definiamo", perché altrimenti con ciò stesso avrebbero dato una definizione, o meglio: l'uso di tale sentenza indica, quasi come con un cenno della testa, l'arrepsìa, la condizione spirituale dell'equilibrio.

Circa gli accordi fenomeni- noumeni essi ammettono 10 aporie (che  richiedono l'epochè), indicate nei tropi seguenti:

1. piacere/dolore danno/utilità sono diversi per i diversi esseri viventi: dunque questi ultimi non ricevono le medesime impressioni dai medesimi oggetti

2. nature e idiosincrasie degli uomini: la medesima attività (medicina agricoltura commercio) ad alcuni porta vantaggio ad altri danno

3. I differenti pori che trasmettono le sensazioni ci danno dello stesso oggetto segnali- forme diverse: la mela appare pallida alla vista, dolce al tatto fragrante all'odorato

4. La diversa condizione delle disposizioni individuali condiziona la diversità delle impressioni: giovane, vecchio, odio/amore, sano/pazzo: neppure la condizione dei pazzi è contraria alla natura: perché essa dovrebbe  riferirsi a loro più che a noi?

5. giusto/ingiusto buono/cattivo. Nell' *Educazione- leggi- credenze la stessa cosa per alcuni è legge per altri divieto: per i Medi è giusto l'incesto sulla figlia, per i Massageti la comunione delle donne, per i Romani la cremazione

6. mescolanze e unioni: nulla appare in sé  e per sé bensì  congiunto - il nostro colorito al tramonto è diverso dal nostro colorito a mezzogiorno

7. distanze e posizioni: l'immagine varia con il variare della posizione del soggetto - ciò che si crede grande può apparire piccolo (p.e. il sole, i monti)

8. quantità/qualità delle cose: il vino (il cibo) in piccole quantità rafforza l'organismo, in grandi lo indebolisce

9. continuità/rarità dei fenomeni: il terremoto spaventa chi non l'ha mai visto, non chi vi è abituato

10. rapporto comparativo, relazione maggiore/minore alto/basso destra/sinistra padre/fratello: questi termini o concetti relativi, presi in sé e per sé (avulsi dal termine di misura -i) sono inconoscibili.

I mezzi per giudicare sono i sensi e la ragione, ma sia l'uno che l'altro sono sottoposti al dubbio.

Gli sc. eliminavano anche il CRITERIO: esso è infatti determinato in maniera discorde: per alcuni è l'UOMO, per altri i SENSI, per altri la RAGIONE, per altri ancora la RAPPRESENTAZIONE COMPRENDENTE (kataleptikè fantasìa). Il criterio è dunque inconoscibile: quindi anche la verità è inconoscibile (io: cfr. le antinomie kantiane usate per evidenziare l'indimostrabilità dell'esistenza di Dio).

Gli sc. negano che esista un segno (emeion): non è apparizione di fenomeno, non è negazione di apparizione di fenomeno. Niente di ciò che è oscuro- incerto può essere compreso, dal momento che si sul dire che ciò che è oscuro si comprende per mezzo di segni.

Eliminano anche la CAUSA: essa è di ciò che è relativo - essa infatti è relativa all'effetto. Ma il relativo è solo pensato, non ha un'esistenza reale (v.tropo 10 i).

Anche il movimento non esiste: v. ragionamento di Zenone.

*E Eliminano l'istruzione: se è insegnato qcsa, o l'ente è insegnato per mezzo del suo essere o il non ente per mezzo del suo non essere. Ma l'ente non è insegnato  per mezzo del suo essere -ché la natura degli enti si manifesta spontaneamente a tutti ed è immediatamente conosciuta, e p.q.r. il non ente, ed esso nulla  accade, e quindi nemmeno  l'essere insegnato.

il bene/male non sono per natura, oggettivamente:  p.e. il piacere per Epicuro è un bene, per Antistene un male.

Pirrone non lasciò nulla di scritto, ma Timone e altri discepoli sì.

Contestano i dommatici, che li criticano sostenendo che le loro constatazioni (p.e. che ad ogni proposizione se ne contrappone un'altra) sono ben più che definizioni, sono dogmi. Gli sc. rispondono così: per quel che proviamo come uomini, vi diamo ragione  - ammettiamo che è giorno, che viviamo ecc., ma per quel che riguarda i dogmi (cioè le affermazioni sicure) dei dogmatici , noi ammettiamo di avere qs. determinata vista o qs. determinato pensiero, ma COME vediamo o pensiamo noi non lo sappiamo affatto. "Nulla io definisco" non ha per gli sc. valore dommatico, ma solo di ammissione pura e semplice,  non ha valore neanche di definizione. Ammettiamo ciò che appare, ma non nel senso che esso è realmente quale appare. Timone: "vige il fenomeno sempre, ovunque appaia". Enesidemo e Epicuro danno ai fenomeni validità di criterio, ma Democrito nega anche che i fenomeni esistano.

Il fine per gli sc. è la sospensione del giudizio, cui segue a guisa d'ombra l'imperturbabilità (Timone, Enesidemo). Per altri il fine è l'impassibilità (apàtheia), per altri la mitezza (praotes).

IX,xii. TIMONE[320-230: seguace di Pirrone: indifferenza (a qualsiasi verità che vada oltre l'apparenza immediata) come presupposto dell'ATARASSIA; nei * satireggia i filosofi (tranne il maestro e Senofane)]

Di Fliunte, passò da Stilpone a Megara, da Pirrone a Elide, esercitò come sofista in Calcedonia, poi venne in Atene dove  compose i Silli* in cui attacca i dommatici. *M novantenne. Orbo d'un occhio, si autodefiniva "ciclope". Contro coloro che teorizzavano la verità delle sensazioni confermate dalla ragione usava la battuta "Attaga qui s'incontrò con Numenio" (tr. it: "Andreotti qui s'incontrò con Riina", cioè inaffidabile- ladra è la sensazione, ed altrettanto la ragione).

 

 

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