L'AVANZATA DEL GAMBERO

di Eros Capostagno

Abbiamo visto nel numero precedente come Paesi col vento in poppa come l'Olanda si preoccupino di consolidare la propria struttura economico-sociale, approfittando del ciclo virtuoso cui hanno saputo dar vita (v. Il Miracolo Olandese).

Le cifre fornite questa settimana dall'Eurostat ci confermano come tutti i paesi europei, chi prima chi dopo, seguano lo stesso trend. Cos�, mentre Gran Bretagna e Olanda si attestano su incrementi del PIL leggermente al di sotto del 3%, dopo il gande balzo in avanti degli ultimi anni, la Finlandia � avviata ad una crescita complessiva del 5% nel 1998, la Germana del 3,8% e la Francia del 3,4%, per non parlare degli USA che prevedono un'ulteriore crescita del 3,7%.

In Italia, nel 1� trimestre 98 il PIL � addirittura diminuito dello 0,1% rispetto agli ultimi tre mesi del 97, con una stima di crescita annuale quindi di non pi� del 2,3%. Sempre utilizzando i dati ufficiali del primo trimestre dell'anno, diffusi dall'Eurostat, constatiamo poi che la produzione industriale � cresciuta in Germania del 1,9% ed in Francia del 1,4%, e con percentuali simili in Spagna, Portogallo, Danimarca e Grecia. In totale, la crescita media della produzione industriale dei paesi europei nei primi tre mesi dell'anno � stata del 1,4% rispetto all'ultimo trimestre del 97. In questa tabella l'Italia compare con un vergognoso e drammatico 0,3%!

Contemporaneamente, l'ISTAT ha fornito altri dati interessanti relativi al primo trimestre dell'anno in corso per l'Italia. Vediamoli.

Le esportazioni italiane sono diminuite del 1,6% mentre le importazioni sono aumentate del 1,6%, con uno sbilancio globale quindi del 3,2%. Il dato, di per s�, non � molto significativo, potendo essere legato a mode o gusti momentanei dei consumatori italiani, che hanno preferito magari prodotti esteri a quelli nostrani. Se associato per� al dato sulla diminuzione della produzione industriale, esso potrebbe anche indicare che si producono in Italia sempre meno prodotti, o comunque prodotti meno competitivi rispetto a quelli prodotti all'estero, o ancora, che la produzione si trasferisce all'estero.

Quest'ultima ipotesi ci rimanda ad un altro dato fornito dall'ISTAT, quello relativo all'occupazione. L'occupazione media italiana � calata ad aprile dello 0,2% rispetto a gennaio, toccando un valore assoluto del 12,5% della popolazione, corrispondente a 2.882.000 persone. Questa diminuzione "media" nasconde un dato ben pi� drammatico: l'occupazione � diminuita in tre mesi dello 0,4% nel Nord Italia, nella zona del Paese cio� che maggiormente contribuisce alla produzione industriale e all'export, e nella quale, si diceva, c'era addirittura carenza di mano d'opera!

Le voci che maggiormente contribuiscono a questo decremento sono l'agricoltura (-0,7%) e soprattutto le costruzioni (-3,3%). Per colmo d'ironia, proprio in questi giorni il Ministero del Lavoro ha diffuso un opuscolo in cui si preconizza che la disoccupazione dovrebbe scendere progressivamente dal 12,2% attuale (sic) al 11,5% nel 1999, al 10,6% nel 2000 e via blaterando!

Quanto al benessere individuale, le cose diventano agghiaccianti. Sempre secondo i dati forniti dall'ISTAT, nel 1997 le famiglie italiane che sono scese al di sotto della soglia convenzionale "di povert�" sono aumentate del 10%, passando da 2.020.500 a ben 2.245.000, pari a pi� del 11% del totale delle famiglie italiane (20.120.000). In altre parole, ogni 9-10 famiglie intorno a noi, una di esse vive nel bisogno! Oltretutto, tre quarti di esse sono localizzate nel Mezzogiorno. In totale, su una popolazione di 56.568.000 abitanti, ben 6.908.000 sono "poveri". E non riusciamo a immaginare cosa faranno quelle persone senza lavoro che, soprattutto al Sud, vivono oggi sfruttando la pensione (invalidit�, coltivatori diretti,...) degli anziani genitori, cosa faranno, dicevamo, il giorno in cui gli anziani genitori verranno a mancare.

Naturalmente queste cifre non tengono conto di tutti gli immigrati che non siano regolarmente registrati, ed il cui tenore di vita possiamo facilmente immaginare (ad eccezione ovviamente dei trafficanti di droga, sfruttatori della prostituzione, appartenenti a mafie russe e colombiane, ecc.).

Facciamo un'ulteriore considerazione sul fatto che tra le suddette famiglie povere, il numero di quelle il cui capofamiglia � diplomato o laureato � salito dal 3,6% al 4,7% del totale, a riprova che i settori che dovrebbero utilizzare questo tipo di mano d'opera (ricerca, innovazione, tecnologia,...), sono all'asfissia.

Tutto questo non nel Biafra o nel Ruanda, ma nell'Italia del 2000, quella del Giubileo, dell'Euro, del ponte sullo Stretto, della cultura veltroniana, dell'Ulivo, dei fichi secchi, ed il tragico � che questa povert� non solo non accenna a diminuire ma, anzi, mostra una costante tendenza all'aumento! Con buona pace di Raiuno e di quelli che vanno raccontando che tutto va bene, che la gente mangia, beve, si diverte e va ai musei dopocena, che cambia le Fiat rottamate e compra le Fiat privilegiate, visto che l'indice MIBTEL aumenta sempre e Piazza Affari � euforica (per non eccedere nel sarcasmo, vi rimandiamo all'articolo Ora le cose vanno meglio nel numero 23) e intasa le strade per partire in vacanza.

E con buona pace anche di quelli che stappano champagne perch� la lira � stata ammessa a far parte dell'Euro, incuranti del fatto che mezzo milione di famiglie sopravvive solo grazie agli aiuti alimentari che vengono loro forniti da organizzazioni caritatevoli non statali.

Abbiamo analizzato nel "Dossier Economia" del numero precedente, le cause strutturali che impediscono il decollo dell'economia italiana (v. Il Problema Italiano), per cui non ripeteremo qui gli stessi argomenti. Quello che vogliamo aggiungere e sottolineare � l'irresponsabilit� di Prodi e dei suoi ministri arruffoni che da due anni a questa parte, lungi dal tentare di risolvere questi problemi strutturali, stanno dando i "colpi di grazia" all'economia e, pi� in generale, al tessuto socio- economico del Paese.

Lo scorso anno e nei mesi che hanno preceduto l'adesione della lira all'Euro, abbiamo ripetutamente menzionato su questa rivista tutti i rischi legati ad una adesione "a tutti i costi" alla moneta unica in questa prima fase, tanto da essere annoverati nella categoria degli "euroscettici". In realt� non c'era nessuno scetticismo sull'integrazione europea, di cui il centro destra � sempre stato convinto assertore e addirittura fondatore, a differenza di chi se ne riempie oggi la bocca dopo aver combattuto per tutta la vita la NATO, l'Occidente, l'America, il Capitalismo. C'era solo la consapevolezza che per riportare in fretta e furia al 3% il rapporto deficit/PIL, onde agganciarsi al primo gruppo dei paesi euromonetari, si sarebbe dato un colpo mortale all'economia del Paese, dalle conseguenze catastrofiche.

Esattamente quello che Prodi ed il suo Governo hanno fatto. Per ridurre drasticamente il deficit, incapaci di ridurre la spesa pubblica e di riformare le pensioni (misure che sarebbero state oltretutto senza effetti nel brevissimo periodo), non hanno potuto fare altro che drenare tutte le risorse del Paese con una tassazione forsennata, sia a livello delle persone fisiche e delle famiglie che dell'industria e del commercio, e con un blocco totale della spesa pubblica, fosse per pagare creditori, per effettuare manutenzioni, per lanciare nuovi lavori pubblici o investimenti produttivi.

Il tutto, come noto, nell'euforia ridanciana di un Capo del Governo che dai guadagni della Borsa di Milano tirava convinzione della bont� della sua politica "di risanamento"!

Che questo modo di ridurre artificialmente le cifre ufficiali del debito pubblico 1997 per soddisfare gli esaminatori di Bruxelles fosse dissennato, oltre che chiaramente truffaldino, non ci voleva molto a capirlo. Da un lato l'impossibilit� di mantenere congelata indefinitamente la spesa pubblica, e la consapevolezza di non aver preso nessuna misura "strutturale" di taglio alla spesa pubblica, lasciavano chiaramente presagire un rapido ritorno del deficit ai valori reali che i trucchi contabili non avrebbero pi� potuto mascherare. Dall'altro, il salasso fiscale ed il blocco degli investimenti avrebbe penalizzato l'industria del Paese, facendo crollare occupazione, produzione e ricchezza complessiva.

Puntualmente la Banca d'Italia, quella stessa che, abbassando progressivamente i tassi di sconto, concedeva a Prodi quelle boccate d'ossigeno che aveva invece rifiutato ad altri, ci informa che nei primi quattro mesi del 1998 il deficit del bilancio dello Stato � aumentato di 7.700 miliardi, ossia del 18%. Cosa ancora pi� significativa, a questo 18% si � arrivati sommando un aumento della spesa pubblica di circa il 39% con un risparmio per mancati investimenti del 18%. Ed ora aspettiamoci nuove tasse per compensare quest'aumento del deficit ed evitare lo sfondamento dei parametri di Maastricht con le relative sanzioni!

L'aver spremuto col fisco gli Italiani e le loro attivit� industriali e commerciali ha dunque prodotto nuovi poveri, nuovi disoccupati, una delocalizzazione all'estero di capitali e imprese, lo sfascio delle infrastrutture per mancata manutenzione, ..., come testimoniano le cifre dell'ISTAT.

L'avanzata del gambero Prodi continua!

Non c'� molta gloria nell'aver previsto tutto ci�, essendo facilmente prevedibile da qualunque persona di buon senso che non si fosse fasciata gli occhi. Ed � questo uno degli aspetti pi� ripugnanti della faccenda, l'aver visto in questi due anni i "grandi" giornali ed i cosiddetti "maestri di giornalismo" (v. Maestri di giornalismo nel N� 12) farsi portavoce acritici delle veline dei nuovi padroni, anzi aggiungere dell'entusiasmo alla propaganda.

Quello che ci sembra pi� inquietante per� il parallelo con un'altra tragica situazione. A partire da 1921, i bolscevichi di Lenin e successori inventarono in Russia piani economici demenziali (la NEP -Nuova Politica Economica-, ...) che portarono alla distruzione degli stessi mezzi di produzione e a delle conseguenti situazioni di fame tali da provocare decine di milioni di morti. Lungi dal porre riparo a queste ripetute situazioni, essi pensarono bene di utilizzare la fame per eliminare, fisicamente, quelli che ritenevano loro avversari di classe, e quelli che sembravano restii a sottomettersi con entusiasmo alle collettivizzazioni ed alla costruzione dell'uomo nuovo socialista.

Bene, cambiano i tempi, cambiano le forme esteriori, cambiano le maschere, ma abbiamo la sgradevole impressione che la formazione ideologica di certa gente non cambi mai. Cos� non vorremmo che quelli che fino a ieri osannavano Lenin e i muri di Berlino, conquistato il Potere in questa sfortunata Italia, avessero lanciato una nuova e gioiosa NEP, non tanto e non solo per manifesta incapacit� tecnico-economica, quanto davvero con l'intenzione di utilizzare la povert� che ne conseguir� per eliminare quelli che ritengono loro nemici di classe, il ceto medio, la borghesia, la piccola imprenditoria (v. anche La fine della Rivoluzione Francese nel numero 33).

Ci auguriamo di sbagliarci o comunque di non dover aspettare un nuovo Nikita Krutchov per avviare la destalinizzazione in Italia o un nuovo Gorbatchev per abbattere i muri di Berlino che essi ci stanno costruendo intorno, quotidianamente, nel colpevole silenzio di tanti "utili idioti".
Anche perch� quel giorno non ci accontenteremmo pi� del solo giudizio della Storia, ma vorremmo che si chiedesse conto a questa gente di quello che ha fatto.

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