LA FINE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

di Eros Capostagno

Nel progetto di riforma fiscale presentato dal locale ministro socialista ed attualmente in discussione al Parlamento olandese, emergono due concetti ispiratori: uno, tassazione indiretta prevalente su quella diretta, due, riduzione delle aliquote più elevate con estensione dell''imposizione alle fasce di reddito più basse, quelle attualmente esentate.

E' fuori discussione che queste misure colpiscono in prima battuta i redditi più modesti e favoriscono quelli più elevati, tanto più che la tassazione indiretta (IVA,...) essendo in valore assoluto uguale per tutti, penalizza di fatto i primi. Accanto a questi princìpi, sono previsti meccanismi compensatori per le fasce più deboli e, particolare non trascurabile, queste stesse fasce possono contare su un "ritorno" del carico fiscale in termini di servizi efficienti e puntuali.

Poiché sotto la spinta omogeneizzatrice di Bruxelles, i sistemi fiscali europei tendono ad uniformarsi, anche il nostro Paese non si sottrae a questa tendenza.

In Italia il sistema fiscale ha già subito delle scosse sotto il Governo dell'Ulivo. Tra imposte "una tantum", aggravi, rincari di aliquote ed altre macchinazioni, nel giro di due anni l'accoppiata Prodi & Visco ha portato l'imposizione a livelli parossistici, in particolare per i ceti medi produttivi. Come se non bastasse, aumenti dell'IVA, aumenti di canoni e diritti a volte mascherati da trasferimenti di competenze, accorpamenti ecc., nonché manovre surrettizie non pubblicizzate hanno aggravato la spremitura di cui già erano oggetto i redditi medi e bassi.

Tanto per fare un esempio, una di queste manovre surrettizie è l'obbligo di pagare la marca da bollo sul passaporto anticipatamente per cinque anni, al momento del rilascio: si impone cioé al cittadino di pagare ben cinque anni di tasse anticipate! Non solo, così facendo lo Stato impone per ben quattro anni delle tasse non dovute a quei cittadini che, usato il passaporto per un unico viaggio, non lo utilizzeranno più nei quattro anni successivi!

Solo un'ipocrisia ed una malafede spinte sino alla tracotanza, può consentire a Prodi & Visco di affermare che "la pressione fiscale è cresciuta in misura impercettibile". Se certe affermazioni possono sembrare opinabili, basta andare a verificare le statistiche che l'ISTAT ha pubblicato la settimana scorsa, e che mostrano come nell'ultimo anno il numero di famiglie che vivono al di sotto della soglia convenzionale "di povertà" è aumentato di più di un punto percentuale, oltrepassando la quota dell'8%, e come alcuni milioni di persone stiano inesorabilmente scivolando verso tale soglia.

Il tutto aggravato, secondo un circolo ormai vizioso, dal fatto che il frutto della spremitura non viene utilizzato per investimenti produttivi, da cui si potrebbe attendere un ritorno in termini di occupazione, benessere e servizi, ma per pagare interessi sul debito. In altre parole, chi vede progressivamente degradare la propria situazione economica e sociale, sa di percorrere un cammino a senso unico, dal quale avrà ben poche possibilità di ritorno.

Quello che sembrerebbe confortante è che il debito pubblico italiano è quasi tutto interno, costituito da Titoli di Stato (BOT, BTP,...) in mano principalmente a soggetti italiani. Confortante in quanto significa che le risorse restano in Italia e non vanno ad arricchire creditori stranieri.

Tuttavia la medaglia ha un "rovescio" aberrante. I grossi quantitativi di Titoli di Stato sono in mano alle Banche ed a quanti tengono le fila della finanza italiana, con il risultato che le risorse prelevate tramite il fisco alle classi medio-basse vanno ad aumentare la ricchezza della fascia più agiata, sotto forma di interessi!
Il tutto nel nome di Bruxelles e delle Eurofollie di Prodi e Ciampi.

A queste misure (apparentemente) "disordinate", si aggiungono le riforme strutturali del sistema fiscale diretto. Lungi dal sottoporre al Parlamento piani organici di riforma (come accade in Olanda), il Governo impone la riduzione delle aliquote più alte, compensando la perdita con l'allargamento dell'imposizione diretta alle fasce più deboli, sinora esentate o protette, e l'aumento della pressione sul ceto medio.

Questa "riforma" non va confusa con il progetto di riforma fiscale di Berlusconi, che prevedeva un abbassamento di tutte le aliquote, la compensazione dei minori introiti essendo affidata alla conseguente espansione delle attività produttive e non alla "strizione" di altre classi sociali più deboli!

E tralasciamo l'IRAP che, come ha sottolineato il Fondo Monetario Internazionale, penalizza le piccole imprese e favorisce la grande industria.

Anche con la tassazione diretta assistiamo dunque al travaso di risorse dal basso verso l'alto ("togliere ai poveri per dare ai ricchi") e ad uno svuotamento della classe media, spinta inesorabilmente verso la fascia "di povertà". Se questa tendenza dovesse consolidarsi, forzando un po' il discorso potremmo dire che nella società italiana si verrebbe a creare un "bipolarismo" dove, ad una classe di nuovi nobili, costituita dalla grande finanza e da una nomenklatura di supporto, si contrapporrebbe una classe di proletari, con la borghesia messa fuori gioco.

Il fatto che questa tendenza sembri manifestarsi, come detto all'inizio, in altri Paesi europei, e che anzi, sia proprio Bruxelles ad incitarla, non ci consola affatto. Al contrario, ci allarma moltissimo.

Sia perché altri Paesi possono contare su amministrazioni statali di provata solidità ed efficienza e sulla onestà di fondo (di tipo calvinista) delle "oligarchie" al potere, elementi che fanno in modo di attenuare le conseguenze sociali, fornendo servizi adeguati e assicurando condizioni di vita "civili" alle popolazioni, cose purtroppo estranee alla società italiana attuale.

Sia perché ci conferma che un ceto di finanzieri transnazionali, indifferenti ai concetti di nazionalità, benessere del Paese, progresso sociale e così via, si è insediata nei meccanismi comunitari ed è ben rappresentato da propri uomini-fantoccio nei governi nazionali europei. E' sotto gli occhi di chi vuol vedere come questo ceto, vagamente indicato come "Europa dei banchieri", stia spingendo i Paesi dell'UE verso condizioni di degrado sociale (disoccupazione, nuovi poveri,...) non giustificabili a fronte delle enormi risorse e potenzialità dell'Europa del 2000, ed intollerabili se viste come uno sfruttamento delle classi al potere su quelle inferiori.

Abbiamo imparato sui libri di scuola come la Rivoluzione Francese, iniziata come ribellione del Terzo Stato contro l'Aristocrazia al potere, per le intollerabili condizioni in cui questa l'aveva ridotto, fu una rottura col passato, una "rivoluzione" appunto, perché in realtà permise la comparsa sulla scena di quel ceto intermedio, la borghesia, che sarà il motore degli spettacolari progressi del XIX secolo in tutt'Europa.

Cento anni più tardi, abbiamo visto quali risultati ha prodotto l'avvento del Comunismo, che nel XX secolo ha tentato di riportare indietro le lancette della Storia, con la distruzione mirata e scientifica della borghesia produttiva e la creazione del duopolio nomenklatura-al-potere/proletariato.

Dovremmo ora assistere indifferenti e senza reagire a questa prospettiva per il XXI secolo, di ricreazione, a livello sovranazionale, di una situazione dove un'aristocrazia (finanziaria) al potere possa fare il bello e il cattivo tempo, calpestando la borghesia produttiva e impiegatizia col risultato di ricreare una sorta di immenso Terzo Stato?
Al quale magari dare le "brioches" dei "lavori socialmente utili" quando, affamato, chiede pane e lavoro?

Dovremmo rassegnarci ad assistere indifferenti alla decadenza della grande civiltà dell'Europa nata dalla Rivoluzione Francese, con l'avvento di un nuovo feudalesimo e di una non-nuova povertà di massa?
Ci sembra davvero troppo per restare a guardare con le mani in mano!

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