Parte prima:

IL MIRACOLO OLANDESE

di Eros Capostagno

L'Olanda è considerata una miracolosa eccezione in un continente, l'Europa, afflitto da una ormai cronica bassa produttività ed alti tassi di disoccupazione. Con una disoccupazione ufficiale pari al 7,4% nel 1997 ed in continua diminuzione, l'economia olandese sembra aver preso il volo in questi ultimissimi anni, recuperando tutte le perdite occupazionali degli anni 70 ed 80, quelle più recenti della Philips e quelle recentissime conseguenti alla chiusura di un'industria aeronautica come la Fokker.

Per lo straniero che vive in Olanda, anche senza andare a guardare tabelle e statistiche, il boom economico olandese è percepibile quotidianamente dalla sempre maggiore facilità con cui nei negozi è possibile trovare generi considerati "di lusso" e quindi introvabili fino a poco fa, come maioliche e marmi italiani, mobili in stile, prodotti alimentari "fini' e così via, nonché (purtroppo) dall'aumento delle automobili e dalla corrispettiva diminuzione di biciclette come mezzo di trasporto.

Questi risultati sono stati conseguiti grazie a una serie di misure sociali e di politica economica efficaci che hanno teso a massimizzare la produttività, eliminando sostanzialmente la mano d'opera "improduttiva" e meno qualificata, dal novero della popolazione attiva (pensione, sussidi di disoccupazione, invalidità,...).

Non contenti dei risultati ottenuti, gli olandesi si interrogano ora su eventuali ulteriori possibilità di crescita per il prossimo decennio, ed è particolarmente indicativo uno studio recentemente condotto da McKinsey & Co. per conto della "Fondazione Max Geldens per il Rinnovo della Società", che ha messo a confronto le cifre dell'economia olandese con quelle di Stati Uniti e Germania, nonché di singoli altri paesi presi a riferimento in specifici settori.

L'analisi delle cifre mette in evidenza che, non ostante le sue incredibili performances, nel 1996 l'Olanda si collocava ancora all'ottavo posto tra i 16 paesi "occidentali" in termini di Prodotto Nazionale Lordo per abitante, inferiore addirittura del 15% a quello della Germania e addirittura del 37% medio a quello degli Stati Uniti.

Ne scaturisce la conclusione che esistono dunque ancora ampi margini di "inefficienza" nel sistema economico olandese, aggiustando i quali, verosimilmente la sua lanciatissima economia potrebbe davvero "mettere il turbo".

L'eliminazione delle sacche di inefficienza o meglio, delle cause che le provocano, consentirebbe una crescita economica ulteriore del 15% e di creare 1.000.000 di posti di lavoro supplementari (in più cioé rispetto alla crescita attesa senza l'eliminazione di queste sacche). Si calcola che in questo modo l'Olanda potrebbe registrare nei prossimi anni una crescita economica annua del 3,3% (rispetto all'1,7% atteso), con la creazione di 150.000 nuovi posti di lavoro ogni anno, rispetto ai 40.000 attualmente attesi. Dal punto di vista sociale si calcola che, con l'eliminazione di queste barriere, la popolazione esclusa dalla vita lavorativa passerebbe dal 20% attuale (7,4% disoccupati, 2,6% a tempo parziale, 5,2% inabili, 1,8% in pensione anticipata, 1,6% in malattia, 1,4% non interessati al lavoro) ad un fisiologico 5%. Tutto ciò porterebbe l'Olanda tra le tre economie più vitali del mondo occidentale in dieci anni.

Analizzando alcuni settori chiave di una moderna economia, sono state individuate sei "barriere" principali di "origine umana" che attualmente bloccano l'ulteriore crescita della produzione e dell'impiego, e di fatto impediscono il recupero delle sacche di inefficienza.

Due di queste barriere -la mancanza di incentivazione alla creazione ed alla ricerca di posti di lavoro, e procedure restrittive in materia di edilizia- ostacolano in maniera "diretta" la produzione. Le altre quattro -mancanza di concorrenza, legislazione del lavoro troppo rigida, ostacoli alla creazione di nuove imprese, insoddisfacente motivazione manageriale- ostacolano l'innovazione e riducono quindi la capacità produttiva in maniera indiretta.

Si tratta dunque di abbattere queste barriere. Poiché esse costituiscono un ostacolo anche in Italia, tanto più insormontabile in quanto si inseriscono in un'economia ed in una situazione sociale disastrate, a differenza dell'Olanda, vale la pena di analizzarle più da vicino.

Bassa competitività tra aziende

Se la concorrenza spinge le società produttrici a guadagnare fette di mercato offrendo prodotti di migliore qualità a prezzi inferiori, quindi innovando e rendendo più efficienti i sistemi di produzione, è altrettanto vero che un basso livello di competizione provoca l'effetto opposto. Si può verificare ad esempio che nel settore della distribuzione di prodotti non alimentari (biciclette, articoli sportivi, abbigliamento,...) i prezzi in Olanda sono mediamente più alti di quelli negli USA di circa il 22% (valore reale, già corretto dei dazi doganali e altre imposte differenziali). Ebbene, i tre quarti di questa differenza sono dovuti alle limitazioni imposte dall'Unione Europea sull'importazione di prodotti da paesi terzi (protezionismo), cosa che restringe l'import a determinati fornitori, i quali possono quindi imporre prezzi da "monopolio". Il quarto restante è dovuto ad accordi di esclusività di zona e di "cartello" tra commercianti, che consentono a questi di fissare margini di guadagno più elevati.

Analogamente, nel settore bancario e finanziario è riscontrabile una scarsissima competitività tra i gestori di fondi pensione che, da soli, raccolgono più di metà del risparmio olandese. Questo ha fatto sì che tutti i nuovi strumenti finanziari, che hanno spinto le banche americane ad una serrata concorrenza nell'offerta al pubblico, siano arrivati in Olanda solo recentemente, e la mancanza di concorrenza nell'offerta di nuovi servizi, permette di mantenere artificiosamente alti i costi di questi.

Nel settore dei trasporti pubblici, prevalgono in Olanda i monopoli pubblici. Ebbene, confrontata con la Svezia, leader nell'efficienza in questo settore dopo l'introduzione, nel 1990, della libera concorrenza, la produttività olandese è inferiore addirittura del 90%! Per citare un esempio, le ore di guida effettive di un autista dei pubblici trasporti costituiscono solo il 35% delle ore totali di "servizio", mentre a Stoccolma questa percentuale sale al 60%! Ed il numero di impiegati per ogni 100.000 veicoli-ora è di 53 ad Amsterdam contro 27 a Stoccolma!

Grazie a Dio, non disponiamo dei dati aggiornati di Roma.

Analogamente, nei paesi che hanno recentemente adottato politiche di liberalizzazione nei trasporti, come il Regno Unito, si è assistito a delle crescite di efficienza da 3 a 5 volte rispetto ai paesi che hanno mantenuto politiche monopolistiche.

Flessibilità del lavoro

L'aumento di produttività ed efficienza nel settore dei trasporti in Svezia è stato raggiunto soprattutto grazie all'introduzione di leggi sul lavoro più flessibili, che consentono di ottimizzare i tempi di lavoro effettivo con i riposi compensativi, cosa impossibile in Olanda a causa della rigidità con cui i periodi di sosta devono essere intervallati ai periodi di guida effettiva. Come detto sopra, il risultato è che in Olanda l'autista di autobus passa al volante quasi la metà del tempo del suo omologo svedese.

La legge olandese vieta inoltre salari differenziati in base alle prestazioni, cosa che rende meno stimolante la ricerca di maggiore efficienza. Anche per quanto concerne l'assunzione ed il licenziamento del personale, la legislazione del lavoro è relativamente poco flessibile, anche se recentemente qualche apertura c'è stata. Per esempio, i contratti di lavoro temporanei, precedentemente limitati ad un anno, sono ora riconducibili sino a 3 anni, e i lavoratori temporanei ("lavoro in affitto") possono essere impiegati sino a 1,5 anni invece delle 6 settimane precedenti.

Analogamente, anche le procedure di licenziamento sono state semplificate ed accorciate di tre settimane, ma le procedure di appello possono ancora durare più di sei mesi. L'impiego ripetuto dello stesso lavoratore temporaneo, può obbligare il datore di lavoro alla sua assunzione con contratto permanente. Questi lacci e lacciuoli rendono quindi ancora cauti i datori di lavoro nell'impiego di nuovo personale.

Non ostante negli ultimi anni una notevole quantità di compagnie multinazionali abbia deciso di impiantare in Olanda (in particolare intorno ad un aeroporto "hub" degno di questo nome, come quello di Amsterdam) la propria filiale o direzione europea, si calcola che queste rigidità del mercato del lavoro abbiano spinto molte imprese a scegliere paesi meno rigidi (v. Irlanda) per una perdita complessiva per l'Olanda di almeno 8.000 posti di lavoro!

Ostacoli alla creazione di nuove imprese

Come detto, una legislazione del lavoro particolarmente rigida rende meno attrattiva la creazione di nuove imprese, in ragione del costo del lavoro che ne consegue, cosa particolarmente delicata per le piccole imprese, cui si riconoscono spesso più capacità innovative di quelle grandi.

Ma non è solo questo che ostacola la creazione d'imprese. L'assenza di un vero mercato interno (date le ridotte dimensioni del Paese) e la carenza di supporti tecnico-finanziari, rendono problematica la fase di avvio di una nuova impresa. In confronto agli Stati Uniti ad esempio, mancano qui quei finanzieri di alta levatura e ben introdotti nei mercati finanziari, che possano reperire i capitali iniziali e dar vita a delle joint-ventures, allorquando "annusano" delle buone possibilità di successo della nuova impresa. Difettano anche quei legami con il mondo della ricerca scientifica ed in generale con quelle società di servizi (legali, finanziari, di marketing,...) che si rivelano essenziali negli USA per aiutare una nuova impresa a muovere i primi passi, e che spingono i ricercatori a dar vita ad imprese che traducano in "mercato" il frutto delle loro ricerche.

Basti pensare che negli ultimi anni studenti e professori del MIT di Boston hanno creato più di 800 imprese, quasi tutte nel settore dell'alta tecnologia, con introiti di 60 miliardi di dollari l'anno e impiego per quasi 300.000 persone!

Insoddisfacenti capacità manageriali

Si intende con questa espressione la mancanza di adeguata dinamicità mostrata soprattutto dai managers pubblici che preferiscono una (buona) gestione del consolidato piuttosto che sforzarsi di ricercare nuovi orizzonti per valorizzare il capitale della società con investimenti in ricerca e sviluppo, introduzione di prodotti a più alto valore aggiunto, o afferrare al volo opportunità di crescita con innovazioni, espansione internazionale, ecc., anche in assenza di veri ostacoli, se non il rischio del "nuovo".

La mancanza di pressioni esterne adeguate a migliorare le prestazioni e forse la mancanza di compartecipazione azionaria (di prassi negli USA) dei managers nella società, possono spiegare queste "pigrizie", così come un certo disinteresse per l'azionariato della società stessa. Disinteresse che in Italia scivola nel puro e semplice "disprezzo", come insegna l'Olivetti.

Incentivi alla ricerca di un impiego

Ci si riferisce a quei settori di mano d'opera di più basso livello, in particolare per l'Olanda agli immigrati dalle ex colonie del Suriname e dell'Indonesia.

Come detto all'inizio, l'attuale efficienza dell'economia olandese è stata raggiunta eliminando dalla vita lavorativa la mano d'opera "improduttiva", alla quale sono stati ovviamente concessi vari benefici sociali compensativi, tra cui in particolare eccezionali indennità di disoccupazione, che raggiungono in media il 78% del salario minimo e, in qualche caso, addirittura il 105%. Come detto, a questi disoccupati ufficiali, va aggiunto quel mezzo milione di persone tenute fuori dalla vita lavorativa con pensionamenti anticipati, invalidità, malattia di lunga durata, ecc.

Questa situazione disincentiva ovviamente i beneficiari dal cercare lavoro e rende parallelamente insoddisfatta una notevole domanda di lavoro "a basso valore aggiunto" attualmente esistente, come ad esempio per i lavori domestici (cucina, pulizie, babysitting, assistenza agli anziani, riparazioni, giardinaggio,...), in particolare nelle famiglie ove entrambi i coniugi lavorano.

Questi non-lavoratori costituiscono quindi un potenziale economico inespresso per il Paese, oltre che, a volte, un problema sociale. Inoltre, una legislazione fiscale più favorevole per chi impiegasse mano d'opera "a basso valore aggiunto" consentirebbe di utilizzare quest'ultima anche in altri settori, in particolare nella distribuzione.

E' interessante verificare come negli USA, le catene della grande distribuzione impiegano, grazie a salari ridotti, 1/3 di questo tipo di mano d'opera in più rispetto ad analoghe catene olandesi per ogni fiorino di merce venduta, e addirittura 2/3 in più nella piccola distribuzione!

Ostacoli all'edilizia

Benché sia opinione diffusa che l'Olanda sia un paese ad altissima densità abitativa, in realtà il 70% del territorio è destinato all'agricoltura, il 9% ad attività commerciali ed infrastrutture, il 13% alla natura (parchi, zone protette,...) e solo l'8% è occupato da aree residenziali.

Pur volendo restare molto attenti alla salvaguardia del territorio, appare evidente che ci sono ancora ampi margini per uno sviluppo dell'edilizia residenziale e commerciale. Se questo sviluppo non c'è ancora stato, è perché i monopoli operanti nel settore hanno preferito ultimamente concentrare l'edilizia residenziale in pochi spazi con costruzioni di tipo condominiale, oppure in piccole case su piccoli spazi, con prezzi di vendita piuttosto elevati. Il tutto giustificato dalle restrizioni governative in tema di spazi edificabili.

Oltre ad aver snaturato la tradizione abitativa olandese (case grandi mono-bifamiliari con giardino), queste restrizioni spiegano gran parte della differenza di prezzo delle abitazioni tra Olanda e Stati Uniti (circa 22% in più a parametri normalizzati).

Per gli insediamenti commerciali poi, la legge olandese impedisce la costruzione di piccoli centri commerciali (meno di 1500 mq) fuori città, che si sono rivelati negli Stati Uniti una vastissima fonte di impiego. Oltre a frenare l'impiego di personale e l'installazione conseguente di attività commerciali limitrofe, questa legge rischia di avere lo stesso effetto negativo sull'impiego già verificato in Francia. Infatti, una simile legislazione ha fatto sì che in Francia sorgessero fuori città solo degli "iper-centri commerciali" che impiegano una ridotta forza lavoro per unità di prodotto e non creano un indotto di attività commerciali specializzate.

Conclusione

Sullo slancio attuale dell'economia, e grazie al pragmatismo che è loro proprio, è lecito attendersi che i governanti olandesi prendano in seria considerazione queste analisi e procedano, sia pure con prudenza, all'abbattimento di queste barriere. La progressiva riduzione dei benefìci di disoccupazione e la sempre maggiore flessibilità nei contratti di lavoro ne sono una chiara dimostrazione. L'espansione crescente all'estero di banche come l'ABN/AMRO e l'ING, o di industrie come l'Unilever, il rilancio della Philips, testimoniano di una crescente vitalità dell'imprenditoria. E' dunque abbastanza probabile che il prossimo decennio veda l'Olanda mettere davvero il "turbo".

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