MAESTRI DI GIORNALISMO

di Eros Capostagno

Hanno destato scalpore, nella relazione annuale del Procuratore Generale della Cassazione , le cifre ufficiali sull'incapacità della Giustizia italiana di individuare e punire i colpevoli della quasi totalità dei reati commessi.

Tra le varie cause di questa situazione, il Procuratore ha citato anche la tendenza di molti magistrati a non occuparsi dei reati "comuni", ma solo di quelli di tipo "politico", o comunque in grado di attirare i riflettori e le telecamere.

Deo gratias! Era ora che la stampa filogovernativa venisse in qualche modo costretta ad occuparsi di questo fenomeno, visto che finora l'aveva taciuto, all'insegna del "tutto va bene, tutto é sotto controllo", come autorevoli babbei ci vanno ripetendo da quasi un anno.

E sì, perché le cifre presentate dal dott. Galli Fonseca sono note da moltissimo tempo. Prova ne siano gli articoli che sono stati pubblicati su questa rivista nei mesi passati, ove queste cifre erano ben evidenziate (v. Salto di Qualità nel numero DUE). Cifre che non ci provengono da informatori occulti né dalla boccia di cristallo, ma da documenti pubblici ben noti anche a quei giornalisti che non hanno ritenuto opportuno degnarli di un sempre autorevole commento.

Temiamo che questo atteggiamento dei maitres à penser sia dovuto alla regola di non criticare la Magistratura fintantoché questa indagava e avvisava a senso unico, e di farlo ora che qualche PM ha avviato procedimenti su soggetti ad essi più simpatici (e sui quali cala naturalmente il silenzio stampa). Ora, questi maestri di giornalismo scoprono che i magistrati dovrebbero occuparsi di più dei delitti comuni e meno di quelli politici, tanto più che questi possono essere cancellati con un semplice e tempestivo decreto salvaladri.

Oh, pardon, salvaladri era il decreto Biondi, non questo di Flick.

A questi giornalisti, sempre pronti a chiedere agli altri "ma Lei, Cavaliere, dov'era quando succedeva tutto ciò?" e mai disponibili a chiedere a se stessi "ma io, ipocrita, dov'ero quando succedeva tutto ciò?" vada la nostra più sincera e totale disistima.

* * *

Nelle scorse settimane il Procuratore Capo di Napoli, Agostino Cordova, ha lanciato un allarme, riguardante le attività camorristiche nella regione.

Dati alla mano (tra cui circa 200 omicidi nel 1996), Cordova ha sottolineato come la malavita la faccia da padrona e come interi quartieri e sobborghi siano nuovamente sotto il totale controllo dei camorristi, ed in sostanza off limits per lo Stato (ammesso che lo abbiano mai ceduto).
Queste affermazioni ci hanno colpito, in quanto contrastano pesantemente col ritornello che da quando c'è Bassolino, Napoli è cambiata.

Ed infatti, nel giro di poche ore, il Prefetto di Napoli, rappresentante ufficiale del Governo, si sente in dovere di emanare un comunicato , nel quale smentisce il Procuratore Cordova, affermando che non è vero che lo Stato ha (ri)perso il controllo del territorio e che la lotta alla criminalità è perdente.

Se si tratti di cecità, malafede, veline del Governo o altro, non sapppiamo.
Quello che constatiamo è che, da un lato i rappresentanti del Governo fanno finta di non vedere la situazione del Paese, dall'altro i giornalisti di cui sopra, quegli stessi che sognano (a parole) il giornalismo d'inchiesta "all'americana", non hanno tempo per inchieste su questo degrado, essendo magari troppo impegnati nei talk-shows televisi "impegnati", incuranti dell'ipocrisia e delle contraddizioni con quanto uscito qualche mese prima dalla loro stessa Bocca.

* * *

Visto che siamo in tema di criminalità organizzata e l'attualità ci porta in primo piano i "pentiti" di mafia, parliamo di mafia, anzi di lotta alla mafia.

E' dagli anni del gen. Dalla Chiesa che lo Stato si è dichiarato in guerra attiva contro i mafiosi. Oggi, vari organi dello Stato si autoincensano ad ogni piè sospinto per le grandi vittorie sulle mafia, come l'arresto dei presunti vertici della "cupola", Riina, Brusca e compagnia, grazie all'aiuto determinante dei "pentiti".

Naturalmente ce ne rallegriamo. Oltretutto, le rivelazioni dei pentiti facilitano il lavoro dei magistrati che, essendo notoriamente sotto-organico e oberati di lavoro, non hanno più il tempo per svolgere indagini, riscontri, ricerca di prove, anche se (ma è un particolare trascurabile) qualche problema può sorgere quando il "pentito" ammutolisce, si contraddice o va ad ammazzare qualcuno mentre gode della libertà pagatagli dallo Stato.

Non divaghiamo. Quello che vorremmo sapere è, con un rapporto tra forze dell'ordine e popolazione che è il più alto d'Europa, con circa 1600 "pentiti" che cantano, con i grandi capi in galera, quand'è che un qualche procuratore Caselli firmerà il Bollettino della Vittoria nella guerra Stato/mafia? Viste queste grandi vittorie, ci aspetteremmo che la cosa sia imminente.

Tuttavia non ci sembra che per i fruttivendoli di Villabate, o per i pescivendoli della Vucciria, o per i commercianti di Catania, o per i piccoli imprenditori di Agrigento, o per chi spera negli appalti pubblici, o per chi vive spacciando droghe, o per gli introvabili giudici popolari per i processi, sia ancora cambiato qualcosa.
Vista da loro, non sembrerebbe proprio che nella guerra lo Stato abbia guadagnato un solo centimetro di territorio.
Ma siccome ci dicono che lo Stato sta trionfando, grazie ai docili "pentiti", crediamoci per fede. In fondo, la cosa importante era interrompere certe pratiche di baci galeotti...

Anche qui ci piacerebbe sapere dov'erano (dove sono) quei maestri di giornalismo di cui sopra, così pronti a lanciare ululati di "delegittimazione" appena qualcuno si azzardava a criticare certi ( e solo certi) magistrati.

Per concludere, illudiamoci che un giorno tanti direttori e tanti opinionisti la smettano di correre dietro ai tanti Veltroni e di sparare idiozie sui presenti e gli assenti ai funerali di Mastroianni, e comincino a guardare in faccia la tragica realtà del Paese.

Pagina successiva

Sommario Pagina di copertina Commenti alla Redazione

Hosted by www.Geocities.ws

1