La lezione politica delle Arti liberali nel Tempio malatestiano
VII. Da Cicerone al "Buon Governo" di Siena:
antefatti per le Arti liberali di Rimini

Il tema della Concordia è presente in un celebre dipinto di Ambrogio Lorenzetti, il "Buon Governo", nel Palazzo Pubblico di Siena, del 1337. Proprio a Rimini Mariella Carlotti nell'agosto 2010 lo ha illustrato al Meeting di CL, con un discorso molto chiaro: Concordia siede ai piedi della Giustizia, mettendo assieme le due corde che scendono dai due piatti della bilancia che è in mano alla Sapienza di Dio. Nella mano sinistra della bellissima donna che è la Concordia, spiega Carlotti, si annodano quelle due corde. E la Concordia deve metterle assieme, per poi passarle nelle mani dei "ventiquattro cittadini che si legano, che accettano di legarsi liberamente". È il popolo di Siena, "un insieme di persone legate liberamente dalla concordia alla giustizia".
Spiega Carlotti che "la Concordia è rappresentata con una pialla sulle ginocchia, perché il suo compito è quello di rimuovere le asperità sociali". Grazie a quella pialla, leggiamo in un saggio di Pierangelo Schiera («Il Buongoverno "melancolico" di Ambrogio Lorenzetti e la "costituzionale faziosità" della città», in "Scienza & Politica. Per una storia delle dottrine", v. 18, n. 34, 2006), è possibile realizzare la Giustizia. Mentre il mantenimento di quest'ordine è garantito dalla "securitas" simboleggiata da una forca.
Nella rappresentazione di Lorenzetti, la Concordia, ha scritto Francesco Borghesi (2017), "appare come un agente attivo 'produttore' di consenso civico, un mezzo destinato all'ottenimento del fine più elevato della vita cittadina: il bene comune". La stessa Concordia era stata un tema presente in Cicerone, come alleanza tra i due ceti più elevati, senatori e cavalieri, spesso divisi da contrastanti interessi e da rivalità, come leggiamo nel saggio di Silvia Gastaldi, "Introduzione alla storia del pensiero antico", Bari 2008.
Emanuele Narducci (in "Introduzione a Cicerone". cap. VI, Bari 2005), aveva già sottolineato che la "Concordia ordinum" fu linea politica perseguita da Cicerone nell'anno del suo consolato, come alleanza di ottimati e cavalieri per frenare le tendenze sovversive che serpeggiavano nella società del tempo. Sul tema, cfr. pure Tito Livio, "Storia di Roma" (libri I-IX): in più luoghi si ricorda che la potenza della città poteva aumentare soltanto grazie alla concordia interna.
Essa, leggiamo ancora, "per il bene dello Stato andava restaurata e a qualunque costo": era il tempo di "Menenio Agrippa, uomo dotato di straordinaria dialettica e ben visto per le sue origini popolari", ovvero l'inizio del VI sec. avanti Cristo. Infine va citato per Roma il Tempio della Concordia nel Foro, costruito dal 367 a. C. dopo la riconciliazione tra patrizi e plebei, poi rifatto nel 121 a.C., dopo l'uccisione di Gaio Gracco.
Circa Cicerone, aggiungiamo qualche altra citazione. La sua tragica fine dimostra come siano distanti tra loro i presupposti teorici e la dimensione dei fatti. Nato il secondo triumvirato con Ottaviano, Antonio e Lepido, Cicerone fu incluso nelle liste di proscrizione ed ucciso dai sicari di Antonio nel 43 a. C.: si era mostrato uomo di Stato agile e deciso, scrive Aurelio Bernardi (2013), mentre quello Stato crollava, nello scontro tra gli oligarchi ed una massa proletaria disponibile a qualsiasi avventura, sperando di migliorare la propria condizione di vita.
Cicerone, osserva Luca Fezzi (2011), avrebbe forse voluto imporsi sulla scena pubblica come "conservatore illuminato", ma gli eventi glielo impedirono. Resta il suo esempio di uomo politico ed oratore che (come osserva Anna Maria Ioppolo, 2011), riuscì d avere successo non grazie alla nobile nascita od alla ricchezza. "ma alla sua educazione giuridica, rettorica e filosofica". Questo sfondo storico che partendo da Cicerone arriva al "Buon Governo" del Palazzo Pubblico di Siena, è utile per collocare nella sua importanza e rilevanza anche il discorso riminese sulle Arti liberali riminesi. Rileggendo la biografia di Cicerone ed osservando le immagini del "Buon Governo" senese, siamo confortati da un contesto storico di problemi che possono essere considerati anche nostri contemporanei.

Le arti liberali di Rimini
Un brano del saggio di Paolo D'Ancona (1878-1964) del 1902.

Le sette figure allegoriche hanno una medesima aria di famiglia. La Grammatica, avvolta in ampio paludamento, è rappresentata col volto leggermente piegato a destra in atto di porgere un libretto a un fantolino che le sta a lato, nel quale tiene amorosamente rivolto lo sguardo. La Dialettica sembra presiedere all'unione di due fanciulli, rappresentati forse in atto di passarsi un anello. Ha vesti più splendide, e una specie di velo, lanciato nell'aria come mosso dal vento, le incornicia la testa, ricca di capelli abbondanti. La Retorica è delle sette la figura meno attraente per una certa materialità dei suoi tratti: tiene la destra alzata in atto oratorio e con l'altra mano sorregge i lembi del manto ed un libro: due trecce di capelli le circondano il volto un po' rozzamente modellato. L'Aritmetica coperta da una veste meno sfarzosa, tiene spiegato un rotulo a sinistra con le mani fini e delicate. Meno bella è la Geometria, troppo obesa di volto, con la destra rivolta al cielo e la manica appoggiata alla vita. Splendida invece è la Musi ca, rappresentata di profilo con una specie di mandòla riccamente intarsiata nella destra e uno strumento a fiato nell'altra mano. Ha lo sguardo rivolto in alto in atteggiamento ispirato e le labbra dischiuse, quasi stesse accompagnando con la voce qualche melodia dolcissima. Indossa una tunica succinta e stretta da una cordicella al disotto del petto, e un manto riccamente orlato nei lembi, che si rompe al basso in pieghe razionali e ben rese. Non è possibile che la stessa mano abbia scolpito anche l'Astronomia, figura piuttosto tozza, munita dell'astrolabio e coperta d'un povero manto. Chiude il ciclo la Filosofia, bellissima. Essa sembra intenta ad affrettarsi verso qualche luogo, e le vesti ora aderenti alle forme corporee, ora ondeggianti nell'aria le dànno una grazia tutta speciale. I capelli raccolti in lunghe treccie serpentine la fan somigliare ad una Medusa. Sì palese è l'imitazione dell'antico in questa figura, da farla credere, se non la trovassimo assieme alle altre introdotta a svolgere plasticamente il concetto didattico del sapere, piuttosto che la Filosofia, una qualche dea od eroina dell'Olimpo pagano: che so? una Dafne inseguita dal dio. L'artista non segnò l'opera sua, e quindi una attribuzione sicura a questi bassorilievi non possiamo darla. Nondimeno delle tante ipotesi fatte è da accettare quella dell'Yriarte, il quale, notando una straordinaria somiglianza stilistica fra queste sculture e quelle della facciata di San Bernardino a Perugia, opera di Agostino di Antonio di Duccio fiorentino, non esita ad attribuirle al medesimo autore.
Le arti liberali di Rimini, pagine p. 273-274 del saggio di Paolo D'Ancona (1878-1964), "Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel Medioevo e nel Rinascimento", in «L'Arte», V, 1902, pp. 137-155, 211-228, 269-289, 370-385.




Altre pagine in archivio.

1. Alberti giovane a Bologna. Gli studi di Marta Guerra, 2010
2. La luce della Verità splende nel Tempio, "Ponte" 2001



Umanesimo riminese. ARCHIVIO

Passioni malatestiane del 1718.
Eruditi e maldicenti. 1756, contestata la riapertura degli avelli nel Tempio.
Nel Tempio Malatestiano, una cultura senza segreti.
Umanesimo malatestiano. Prima di L. B. Alberti: Marsilio da Padova e il Defensor pacis [2015]
Umanesimo malatestiano. Nel Tempio, una cultura senza segreti. [2014]
Umanesimo riminese. Studiamolo [2012]
Umanesimo riminese. Per essere liberi Tama 1066, il Ponte, 29.01.2012
Grecia, anzi Europa. Tama 1071, il Ponte, 04.03.2012
Tre libri sui Malatesti, 1991 ["il Ponte" n. 7, 1991]
      Riministoria. La storia dei Malatesti e Rimini
L'indice "Umanesimo riminese" in www.geocities.ws/riministoria

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