|
Capitolo 2
Marnoso-arenacea
Possiamo descrivere la formazione avendo come riferimento lo
schema di fig.
21 già visto ove è rappresentata schematicamente
la distribuzione delle varie unità tettoniche della Marnoso-arenacea
dell'Appennino Umbro-Marchigiano-Romagnolo secondo gli schemi
classificativi di Ten Haaf e Van Wamel (1979), di De Feyter et
al. (1990) e di Delle Rose et al. (1990). Tralasciando in questa
sede il complesso toscano, rappresentato dai due domini più esterni
delle unità toscane (domini Falda Toscana e di M. Modino-M. Cervarola,
soffermiamo l'attenzione sulle unità strutturali rappresentative
del Complesso Umbro-Marchigiano-Romagnolo. De Feyter et al. (1990)
distinguono il complesso, tenendo conto dei dati di Ten Haaf e
Van Wamel (1979) e di De Feyter et al. (1986,1989), in due Domini
di Avanfossa: Parautoctono Umbro-Romagnolo (più interno) e Autoctono
Umbro-Marchigiano-Romagnolo (più esterno). Il Parautoctono Umbro-Romagnolo
è stato suddivisso da De Feyter et al. (1990) in cinque unità
tettoniche (M. Nero, Poggio Castellaccio, Pietralunga, Borgo Pace,
M. Vicino, dalla più interna alla più esterna). Delle Rose et
al. (1990) hanno raggruppato le due unità più esterne in una unica
unità e hanno svolto uno studio stratigrafico-strutturale sulle
due unità più interne, anche nel tentativo di chiarire le loro
originarie relazioni paleogeografiche.
Le successioni oligo-mioceniche del Complesso Umbro-Marchigiano-Romagnolo
si possono dividere in tre principali intervalli (Abbate et al.,
1973; Bortolotti et al., 1970; Burger et al., 1978) : a) basale
marnoso relativamente poco spesso (prototorbiditico); b) arenaceo-marnoso
(ortotorbiditico); c) intervallo superiore essenzialmente marnoso
(catatorbiditico). La tripartizione si ripete nel tempo seguendo
la migrazione dei depocentri verso NE (Merla, 1951; Bortolotti
et al., 1970; Ricci Lucchi 1975, 1981, 1986b). Questo aspetto
è ben evidenziato, ad esempio, dal carattere diacrono del limite
Schlier/Marnoso-arenacea. (Jacobacci et al., 1974; Cantalamessa
et al., 1986; De Feyter et al., 1986). La Marnoso-arenacea appartiene
al secondo intervallo ed è stata ulteriormente distinta in tre
sequenze (Ricci Lucchi e Ori, 1985): a) sequenza pre-Contessa
di età Langhiano-serravalliana, caratterizzata dalla presenza
di abbondanti torbiditi calcaree note con la denominazione di
"Colombine" (Ricci Lucchi e Pialli, 1973); b) Serravalliana (sequenza
post-Contessa); Il limite litostratigrafico tra le prime due sequenze
corrisponde con lo strato Contessa e segna l'inizio di una repentina
diminuzione degli apporti detritici principali di tipo alpino
(Ricci Lucchi e Ori, 1985) c) Tortoniana. L'intervallo langhiano
più interno della Marnoso-arenacea Umbro-Romagnola (depocentro
langhiano di Ricci Lucchi, 1975, tettonicamente rappresentato
nella unità di Monte Nero) non contiene lo strato Contessa Al
suo interno (Ricci Lucchi e Ori, 1985) rinvengono litofacies torbiditiche
calcarenitiche ed ibride, segnalate anche nella porzione di Marnoso-arenacea
adiacente e tettonicamente corrispondente all'unità di Poggio
Castellaccio. Delle Rose et al. (1990) dall'esame sistematico
della Marnoso-arenacea delle Unità di Monte Nero e di Poggio Castellaccio,
riconoscono tre criteri validi per la suddivisione stratigrafica
delle successioni stesse: 1) basato sullo studio delle facies
torbiditiche di Mutti e Ricci Lucchi (1975) classificate secondo
lo schema di Ghibaudo e Vanz (1987), attraverso il quale i depositi
torbiditici sono suddivisi in due categorie di diverso ordine
gerarchico (Facies=lettere maiuscole, sottofacies=lettere minuscole);
2) basato sull'analisi della distribuzione verticale delle litofacies
con apporti di paleocorrenti di opposta provenienza; 3) basato
sull'individuazione di ben precisi orizzonti guida (tempo-equivalenti)
intercalati a più livelli nelle successioni esaminate. In particolare
l'applicazione concomitante di questi criteri ha permesso a Delle
Rose et al. (1990) di suddividere le unità stratigrafiche di Monte
Nero e di Poggio Castellaccio rispettivamente in due e sette intervalli
stratigrafici cartografati per la cui descrizione si rimanda al
lavoro degli Autori. L'aspetto importante è legato all'effettiva
possibilità di poter applicare anche in altri contesti questo
metodo di approccio.
|
La distribuzione e le relazione reciproche dei
tre elementi (trend sedimentologici, apporti diversificati ed
eventi stratigrafici), presenti negli intervalli riconosciuti
consentono infatti di ricostruire le principali fasi evolutive
(di ordine paleogeografico e paleotettonico). Recenti studi stratigrafico-strutturali
connessi con settori appartenenti al Bacino Marchigiano interno
(appartenenente all'Autoctono Umbro-Marchigiano-Romagnolo) sono
stati svolti nell'intento di riconoscere la storia deposizionale
e paleogeografica dei "Bacini minori" coniati da Centamore et
al. (1978). In particolare un'approfondita analisi stratigrafica
applicata alla successione rappresentata nel "Bacino di Pietrarubbia-Peglio
e Urbania" è stata sviluppata recentemente da Talozzi (1995) e
Paoloni (1996) (tesi inedite). I dati emersi da questo studio
portano a concludere che in realtà le successioni qui presenti,
finora interpretate come caratteristiche di un bacino isolato
ed indipendente, siano in realtà il risulato dell'evoluzione locale
di una sedimentazione torbiditica più vasta. Un'analisi di dettaglio
degli altri "bacini minori" di Centamore et al. (1978) sono in
atto (vedi progetto CARG) e tendono tutti a confermare l'infondatezza,
o l'inesattezza, dello schema paleogeografico proposto dagli Autori
per la rappresentazione dela storia deposizionale del Bacino Marchigiano
interno.
Marne e Arenarie di Monte Vicino
(Tortoniano inf - base del Tortoniano medio)
Le Arenarie di Monte Vicino consistono in un corpo "torbiditico"
di forma lenticolare esteso dirca 84 Kmq più sviluppato in lunghezza
(38 Km in senso appenninico) rispetto alla larghezza massima di
circa 4 Km. Rappresenta un caso interessante di bacino di sedimentazione
di tipo "Piggy back" ovvero sviluppatosi sul "dorso" del lembo
più esterno (unità tettonica di Monte Vicino) del Parautoctono
Umbro-Romagnolo (sensu A. J. De Feyter, 1989) durante la traslazione
verso NE. Centamore et al. (1977, 1978) distinguono quattro associazioni
litologiche che dal basso verso l'alto sono: 1) associazione pelitico-arenacea,
in strati sottili; 2) associazione arenaceo-pelitica, in strati
medio-spessi, entro cui è intercalata la 3) associazione arenacea
laminata, in strati medio-spessi; 4) associazione pelitica in
strati sottili, con strati arenacei contenenti abbondanti frammenti
di Molluschi di ambiente neritico rimaneggiati e resti vegetali.Lo
spessore è variabile dai 600 m dei settori settentrionali ai 1400
m dei settori centrali davanti allo sbocco del canale alimentatore
(Centamore et al., 1977). Il materiale costituente le litofacies
torbiditiche veniva immesso lateralmente al bacino (da SW) attraverso
un canale strutturale e veniva di seguito smistato per doppia
deflessione tramite paleocorrenti dirette verso NW e SE. Inoltre
la morfologia stretta ed allungata dell'originario bacino prevede
secondo gli Autori un modello deposizionale del tipo "conoide
affogata" o "depressione confinata" (Ricci Lucchi, 1975) secondo
cui cioè la sedimentazione si impostò in una stretta depressione
sottomarina. Le arenarie sono prive di dolomite detritica e contengono
essenzialmente resti di rocce sedimentarie (alto contenuto in
micriti). ore e la base del Tortoniano basale. Questa caratteristica
ha una considerevole importanza dato che la dolomite è molto abbondante
nella Marnoso-Arenacea e non solo nella matrice (Centamore e Chiocchini,
1989), mentre è rarissima nel Macigno che invece è ricca in minerali
derivanti da rocce magmatiche e metamorfiche (feldspati, miche,
minerali accessori, ecc.) ubicate nelle aree occidentali delle
Alpi. Si evince allora che l'area di provenienza dell Arenarie
di Monte Vicino non includano settori caratterizzati dalla presenza
delle due unità suddette, nonostante che il canale alimentatore
in cui veniva convogliato il materiale silicoclastico proveninete
da SW, incidesse le stesse in tutta la sua estesione. Secondo
Centamore et al. (1977) l'originaria area di alimentazione è da
ricercarsi nei settori di affioramento della Falda Toscana, in
particolare delle unità infra mioceniche ubicate ad W o a SW,
nel Tortoniano probabilmente emerse. Le associazioni microfaunistiche
riconosciute permettono di riferire l'unità in esame ad un intervallo
temporale compreso tra il Tortoniano inferiore e la base del Tortoniano
basale.
|