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Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Bibliografia
Tabella 1
 
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CAPITOLO 1

INQUADRAMENTO GEOLOGICO DELL'APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO

L'Appennino Umbro-Marchigiano costituisce la porzione sud orientale dell'Appennino Settentrionale ed i suoi limiti possono essere rappresentati dalla Colata della Val Marecchia (Montefeltro) a nord, dai Monti della Laga a sud e dalla depressione della Val di Chiana-Valle del Peglia ad ovest. La successione sedimentaria dell'Appennino Umbro-Marchigiano si è deposta interamente su crosta continentale appartenente alla "Microplacca Adria", rappresentante, con ogni probabilità un settore dell'estremo margine settentrionale della grande Placca Africana, svincolatosi da essa durante la fase di apertura della Tetide (Channel et al. 1979). Il settore in questione fu interessato da una tettonica distensiva, connessa con la fase di apertura della Tetide, che dapprima, durante il Trias superiore, rese possibile il permanere di un ambiente di tipo evaporitico trasfomatosi, durante il Giurassico inferiore, in un altro favorevole allo sviluppo di una piattaforma carbonatica peritidale (Santantonio, 1994). In alcuni settori dell'Appennino Settentrionale la produzione di rocce carbonatiche per accrescimento in sito riuscì a compensare costantemente gli effetti della subsidenza sin-rift. Una di queste situazioni è rappresentata dal Dominio Laziale-Abruzzese che mantenne i caratteri di una estesa piattaforma carbonatica peritidale fino alla fase orogenica appennica oligo-miocenica, quando iniziò a deformarsi e ad emergere, fornendo di materiale clastico i settori adiacenti. Nel Dominio Umbro-Marchigiano la compensazione di fatto non avvenne e la piattaforma carbonatica peritidale sviluppatasi precedentemente si articolò in un mosaico di blocchi variamente inclinati e subsidenti (Cresta et al., 1989; Centamore e Micarelli, 1991), controllati dallo sviluppo di un complesso sistema di faglie dirette di ampio rigetto. Il neo-sistema paleogeografico caratterizzato da alti e bassi strutturali fu luogo di una sedimentazione pelagica che interessò prima i settori più profondi già annegati dal Sinemuriano superiore. Solo a partire dal Carixiano (Cecca et al., 1990) la fase di annegamento interessò anche i residui settori di alto strutturale che, dopo un primo periodo caratterizzato da un sedimentazione ancora temporaneamente di tipo peritidale, furono luogo di una sedimentazione pelagica, anche se lacunosa e "condensata". Cecca et al. (1990) in base all'insieme dei dati di letteratura e di quelli ricavati dallo studio bio-litostratigrafico di molti settori dell'Appennino Umbro-Marchigiano sono arrivati a concludere, in accordo con quanto precedentemente affermato da Farinacci et al. (1981), che il Dominio Umbro-Marchigiano mantenne condizioni di scarsa profondità (da alcune decine a qualche centinaio di metri) per tutto il Giurassico. Da ciò sembrerebbe emergere che questo settore del paleomargine adriatico subì gli effetti di una debolissima subsidenza (forse anche nulla) eccetto che per quella da "carico", per il corso del Giurassico. Non sembra in questo senso applicabile secondo Cecca et al. (1990) per il Dominio Umbro-Marchigiano un modello di approfondimento continuo, anche se decelerato nel tempo. Risulta più realistico il modello per il quale i bacini sedimentari, in corrispondenza di margini distensivi, si formano per mezzo di una rapida fase di stiramento della crosta continentale con risalita passiva della astenosfera calda sottostante, seguita da una lenta subsidenza termica ed isostatica, non legata necessariamente alla tettonica bensì al raffreddamento del sistema. Secondo Cecca et al. (1990) questo modello confermerebbe la teoria per la quale la maggior parte dell'assottigliamento crostale e quindi della relativa subsidenza, si sia realizzato durante il Trias superiore, anche se ben mascherato dalla relativamente rapida sedimentazione evaporitica e carbonatica. Le evidenti differenze nella sedimentazione cretacico-paleocenica sarebbero da imputare, secondo Cecca et al. (1993), ad una accelerazione relativa della subsidenza legata alla riattivazione di faglie giurassiche, rimaste "quiescenti" fino al Titonico, con l'inizio della sedimentazione della Maiolica.
L'originalità dell'Appennino Umbro-Marchigiano sta anche nel particolare tipo di assetto strutturale del sistema horst-graben-semigraben legato alla fase distensiva del Lias inferiore. In quest'area infatti Alvarez (1989) ha riconosciuto, attraverso un'approfondita analisi strutturale, la presenza di faglie listriche, disposte in direzioni perpendicolari tra loro, il cui andamento ricalca una struttura a "tavola di cioccolata"
(figura 2). Durante tutto il Cretacico ed il Paleogene il Dominio Umbro-Marchigiano fu caratterizzato da ambienti di sedimentazione compresi fra batiale inferiore e batiale superiore, nei quali aveva luogo la sedimentazione di litofacies calcaree e calcareo-marnose prevalenti contenenti liste e noduli di selce con le Scaglie (Cresta et al., 1989; Centamore e Micarelli, 1991). Caratteristiche sono anche le intercalazioni di livelli torbiditici calcarei e di calcareniti il cui materiale sedimentava, mediante flussi gravitativi, mobilitandosi a partire da settori ubicati in corrispondenza del margine della Piattaforma Carbonatica Laziale-Abruzzese al limite con il Bacino Umbro-Marchigiano (Castellarin et al. , 1978; Colacicchi et al., 1978, 1988; Monaco et al., 1987, 1989; Alvarez et al., 1985; Colacicchi e Baldanza, 1986). La sedimentazione della Scaglia Variegata, a partire dall'Eocene medio, testimonia anche un progressivo incremento dell'apporto terrigeno (Guerrera et al., 1987) che prosegue fino al definitivo colmamento dei bacini in tempi via via più recenti verso le zone esterne (Centamore et al., 1972). L'attuale assetto della catena appenninica non è direttamente collegato alla fase di chiusura dell'Oceano Ligure-Piemontese avvenuta durante i complessi eventi cinematici tra il Cretacico e l'Eocene, bensì alla dinamica di rotazione antioraria dapprima del Blocco Corso-Sardo, legata all'apertura del Bacino Algero-Balearo-Provenzale avvenuta tra l'Oligocene superiore ed il Miocene medio,

in seguito della Penisola Italiana, attraverso l'apertura del Tirreno (Olivet et al., 1984; Coli, 1985; Boccaletti et al. 1987; Abbate et al., 1988; Guerrera et al., 1993, 1995, 1996). Quest'ultima fase, iniziata nel Miocene superiore, é responsabile della progressiva migrazione del fronte compressivo appenninico verso est e secondo alcuni Autori sarebbe ancora attiva. Un aspetto strutturale tipico dell'Appennino Settentrionale, riguarda il fatto che esso attualmente si presenta come una catena arcuata a polarità nord-orientale. In particolare l'Appennino Umbro-Marchigiano-Sabino si caratterizza per un'accentuazione della curvatura che è stata spiegata, con ipotesi non sempre concordanti, in relazione alla discontinuità strutturale rappresentata dalla ben nota "linea Ancona-Anzio", interpretata come faglia trascorrente e/o transpressiva profonda, o come una complessa struttura di accavallamento (Merla, 1951; Scarsella, 1951; Ogniben, 1969, Dallan Nardi et al., 1971; Castellarin et al., 1978; Coli, 1981; Boccaletti et al., 1983; Lavecchia, 1985). Da un regime deposizionale essenzialmente carbonatico si passa ad un regime sempre più terrigeno che divverrà predominanate a partire da Miocene inferiore-medio, con lo sviluppo di potenti successioni torbiditiche (Delle Rose et al., 1990, 1992, 1994; Dubbini et al., 1991). In particolare, all'inizio del Miocene, l'Appennino Umbro-Marchigiano-Romagnolo iniziò a risentire degli sforzi compressivi, già attivi nei domini paleogeografici più interni, entrando in regime orogenico. Il progressivo corrugamento, modificando la morfologia dei fondali marini, esercitò uno stretto e costante controllo sulla sedimentazione. Le prime fasi di questo processo furono accompagnate dallo sviluppo di bacini di avanfossa orientati in senso appenninico e in progressiva migrazione verso E, a spese delle aree di avampaese più orientali. I prodotti vulcanoderivati sono penecontemporanei alla sedimentazione (Guerrera, 1977; Guerrera et al., 1986) e sono ricollegabili con altri prodotti simili riconosciuti in altri settori dell'Appennino (Guerrera e Veneri, 1989). Per capire il contesto paleogeografico particolare di questo momento geologico ricordiamo brevemente la recente ricostruzione proposta da Montanari et al. (1994) in base ad alcuni dati di letteratura tra i quali (Alvarez, 1976; Decourt et al., 1984; Bally et al., 1986). A partire dall'Oligocene il Bacino Toscano iniziò a risentire dell'incipiente regime deformativo, attraverso lo sviluppo di profonde depressioni, colmate di seguito da potenti successioni torbiditiche (Macigno). Nel frattempo un vulcanesimo andesitico iniziò ad interessare nell'Eocene medio la Sardegna, come anticipazione del rifting tra il Blocco Corso-Sardo e la Provenza che proseguì, durante il Miocene inferiore-medio p.p., con lo sviluppo di potenti depositi ignimbritici riolitici e dacitici. Guerrera et al. (1995, 1996) ritengono che la rotazione antioraria del Blocco Corso-Sardo non iniziò prima del Burdigaliano. Questa considerazione limita notevolmente la probabilità che i prodotti vulcanoclastici (a granulometria e spessori notevoli) dell'Appennino centro-settentrionale, siano relazionati all'attività magmatica sarda a causa della considerevole distanza (originariamente di circa 1000 Km secondo Montanari in Guerrera et al., 1995, 1996) con i bacini di sedimentazione appenninici . La deposizione dello Schlier precede, ad eccezione che per i settori più esterni del Bacino Umbro-Marchigiano, l'arrivo dei massicci e diffusi apporti silicoclastici di avanfossa torbiditica, è segna importanti mutazioni nel contesto paleogeografico del Bacino stesso. (Boccaletti et al., 1987, Dubbini et al., 1991). Secondo Centamore e Chiocchini (1989), nel Burdigaliano superiore prese forma il Bacino Umbro-Romagnolo, la prima area di avanfossa ubicata sul fronte di una catena in avanzamento da sud-ovest. L'avanfossa fu luogo di abbondante sedimentazione torbiditica silicoclastica dapprima con apporto di tipo "alpino", a cui si associarono a partire dal Serravalliano apporti ibridi da settori occidentali (es. Strato "Contessa") e carbonatico-silicoclastici ("Colombine") da settori meridionali (Ricci Lucchi, 1975; Ardanese et al.,1983, M. Delle Rose et al., 1990, 1991, 1992, 1994). Nel Tortoniano, mentre ormai il bacino Umbro-Romagnolo iniziava a corrugarsi deformandosi in un sistema di almeno cinque unità tettoniche per mezzo di piani di thrust scollati a livello dello Schlier (Parautoctono di De Feyter et al., 1990), nasceva il Bacino Marchigiano (Autoctono). In figura 3 è presentato lo schema di confronto tra le classificazioni strutturali di Ten Haaf e Van Wamel (1979), di De Feyter (1990) e di Delle Rose et al. (1990, 1992, 1994). Accenniamo al fatto che la suddivisione riportata risulta attualmente in gran parte in discussione in base ai dati ricavati nell'ambito del Progetto CARG. Probabilmente durante il messiniano il regime compressivo in atto, provocò l'emersione della "Dorsale Marchigiana" separando il Bacino Marchigiano Interno dal Bacino Marchigiano Esterno (Autori Vari, 1989, "Synthetic stuctural-Kinematic map of Italy"). L'ulteriore evoluzione di queste aree fece sviluppare bacini minori caratterizzati da una sedimentazione essenzialmente terrigena (Centamore et al., 1979). Di fatto recenti approfonditi studi (Talozzi, 1995 e Paoloni, 1996, tesi inedite) dimostrano come i limiti laterali delle depressioni di cui sopra siano in realtà in gran parte inesistenti e che i bacini minori (Centamore at al., 1978) non siano affatto isolati bensì collegati e rappresentino l'evoluzione locale della sedimentazione di avanfossa. Durante il Messiniano medio-superiore la riduzione o a tratti addirittura la interruzione delle comunicazioni tra Oceano Atlantico e Mar Mediterraneo fu responsabile dello sviluppo di un ambiente evaporitico che ha lasciato la sua traccia anche nell'area Umbro-Marchigiana con la sedimentazione di litofacies costituite in prevalenza da salgemma, gesso e con depositi solforosi dovuti alla riduzione del gesso. I depositi evaporitici Messiniani (Formazione Gessoso Solfifera) presentano anche consistenti variazioni di facies e di spessore dal Bacino Marchigiano interno al Bacino Marchigiano Esterno (sviluppatosi in periodo successivo al primo) dove affiora molto più estesamente (Centamore e Micarelli, 1991). In queste ultime aree al sedimentazione terrigena prosegue, dopo la parentesi delle evaporiti messiniane, fino al Pleistocene.

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