|
Capitolo 2
Corniola
(Sinemuriano superiore - Toarciano basale)
La porzione basale della Corniola presso la cava di Pontalto
mostra ancora notevole affinità con la porzione sommitale del
Calcare Massiccio del Burano in termini di carattere clastico
delle litofacies e di spessore degli strati (da 50 a 200 cm):
questo aspetto fa si che il limite inferiore della stessa debba
essere considerato graduale e coincidente con una porzione di
successione spessa circa 15 metri nella quale si assiste ad una
diminuzione degli spessori degli strati associata ad un aumento
della componente micritica dei litotipi (Centamore et al., 1971).
La base della Corniola affiora anche nel settore del Bosso a partire
dalla porzione relativa al Sinemuriano sommitale, Zona a Turneri
(Cecca et al., 1990). Qui ha un carattere molto più detritico
rispetto al settore del Burano (Centamore et al., 1971): essendo
più abbondanti i livelli slumpizzati, i depositi torbiditici e
da debris-flow (Cecca et al., 1990). Queste caratteristiche sono
dovute alla vicinanza con l'alto strutturale del Monte Nerone
che forniva periodicamente materiale clastico che risedimentava
per ricaduta nel settore adiacente del Bosso (Centamore et al.,
1971). L'orientamento delle pieghe degli slumps prevede anche
una provenienza "opposta" a quella del Monte Nerone (rispetto
al settore del Bosso), legata ad una debole immersione verso NW
del fondale marino facente parte integrante del blocco di Monte
Acuto (Cecca et al., 1990). Nel periodo in cui la sedimentazione
della Corniola era già in atto infatti, il settore del Monte Nerone
non aveva ancora subìto l'annegamento che aveva interessato dal
Simenuriano superiore i settori circostanti, permanendo fino al
Carixiano inferiore come area produttiva di facies di piattaforma
carbonatica. Le litofacies della porzione inferiore della Corniola
sono particolarmente ricche di depositi risedimentati cosituiti
in gran parte da resti di crinoidi e da granuli carbonatici originatisi
in zone di acque basse e da clasti appartenenti al Calcare Massicio
del Monte Nerone ("Corniola con Marmarone", Auct.). Nei settori
di alto strutturale le litofacies della Corniola-equivalente sono
più giovani (Carixiano medio - Toarciano basale) e mostrano differenze
anche sostanziali rispetto a quelle della Corniola dei Settori
del Bosso e del Burano.
L'evoluzione dalla sedimentazione carbonatica peritidale (Santantonio,
1993) a quella biomicritica caratteristica della Corniola-equivalente
infatti avvenne più tardi, come è stato detto, per il perdurare
fino al Carixiano basale (Cecca et al., 1990) della produttività
carbonatica del Calcare Massiccio del Monte Nerone. La Corniola-equivalente
è qui rappresentata da biomicriti ammonitifere, con bivalvi, crinoidi
e brachiopodi, mentre la selce e i depositi risedimentatati sono
completamente assenti. Lo spessore della Corniola va da circa
200 metri nel settore del Bosso (Cecca et al., 1990) a circa 170
metri in quello del Burano (Centamore et al., 1971) fino ai 12
metri relativi alla Corniola-equivalente nella sezione del Bugarone,
dove al tetto dell'unità è stato riconosciuto un livello condensato
a Dactylioceras evidenziato da un hard ground intensamente bioturbato
contenente noduli di pirite (Cresta et al., 1988). All'interno
di questa formazione sono stati infine riconosciuti e studiati
numerosi orizzonti ad Ammoniti (Ferretti, 1970, 1972, 1975; Venturi,
1978; Dommergues et al., 1983; Cecca et al., 1987a, 1987b; Pallini,
1986; Faraoni et al., 1994) che hanno permesso di correlarla all'intervallo
compresso tra le Zone a Turneri (Sinemuriano superiore) ed a Tenuicostatum
(Toarciano inferiore).
Marne di Monte Serrone
(Toarciano basale)
In località Lecceti Faraoni et al. (1994) hanno condotto uno
studio lito e biostratigrafico ad Ammoniti di una serie di spezzoni
raggiungibili seguendo una strada mulattiera che, superato il
ponte in lamiera nei pressi dell'abitato di Secchiano, risale
in direzione NE-SO la scarpata fluviale del Bosso posta in destra
orografica.
La colonna litostratigrafica di figura
5 rappresenta la successione "Corniola sommitale - Marne
di Monte Serrone - Rosso Ammonitico", ottenuta dalla correlazione
di due spezzoni principali, esposti nella località in esame. Gli
Autori pongono il limite inferiore della Formazione delle Marne
di Monte Serrone al tetto dell'ultimo strato, spesso 13 cm di
calcare marnoso compatto verdastro, con rare macchie rosa vinato,
della Corniola ovvero alla base del primo strato marnoso di colore
verde e talora rosato, spesso 10 cm. Questa litofacies perdura
per circa 80 cm per poi passare ad una sequenza spessa circa 30
cm caratterizzata da straterelli marnosi e pelitici mal distinti
di colorazione variabile dal giallastro al grigio scuro, in cui
gli Autori non hanno rinvenuto nessun esemplare di Ammonite. In
genere le Marne di Monte Serrone presentano un contenuto molto
variabile di componente pelitica che, mescolandosi alla micrite,
si sviluppa in litofacies da prevalentemente argillose a calcareo-marnose
(Cresta et al., 1989), attraverso tutti i termini intermedi, seguendo
talora un andamento ciclico.
|
L'aspetto paleogeografico più significativo nell'ambito dell'unità
riguarda la presenza di un livello di spessore variabile, in genere
inferiore al metro, costituito da marne e peliti da giallastre
a nerastre molto ricche in materia organica (in "facies" bituminosa)
(Centamore et al., 1971; Centamore e Micarelli, 1986; Cresta et
al., 1989). Questo livello secondo Jenkyns (1985), Jenkyns et
al. (1985), Jenkyns e Clayton (1986) è infatti riferibile ad un
evento anossico oceanico che ha interessato il Toarciano inferiore
su scala mondiale. Nell'ambito della Successione Umbro-Marchigiana
tale litofacies si incontra solo nelle aree di basso strutturale
dove, in questo periodo (Toarciano p.p.) si concentrarono i maggiori
quantitativi di argilla di origine extrabacinale (Centamore e
Micarelli, 1988). È al di sopra di questo "livello anossico" che
Cresta et al. (1988) pongono il limite con la Formazione del Rosso
Ammonitico. Le Marne di Monte Serrone appartengono all'intervallo
compreso tra la Biozona a Mirabilis e quella di acme di Protogrammoceras
bassanii, rappresentativo del Toarciano basale. Litofacies riferibili
alle Marne di Monte Serrone sono state riconosciute, per spessori
complessivi in genere inferiori al metro, anche nei settori marginali,
come ad esempio presso il Fosso del Presale (nel Monte Nerone)
(Cresta et al., 1989), ove l'unità si presenta in facies argilloso-marnosa
di aspetto fittamente nodulare con nuclei diffusi e talora grossolani
di pirite. Completiamo la presente descrizione ricordando che,
secondo Colacicchi et al. (1996) le litofacies particolarmente
argillose che caratterizzano la Formazione sono l'espressione
di un approfondimento del Bacino Umbro-Marchigiano, anche se le
indicazioni paleoecologiche e sedimentologiche prevedono profondità
inferiori ai 200 metri (Nocchi, 1992). Infine gli spessori con
cui l'unità si presenta nell'ambito della Successione Umbro-Marchigiana
risultano estremamente variabili a seconda della originaria posizioni
paleogeografica e per effetto di una eteropia di facies da tempo
riconosciuta (Colacicchi et al., 1969; Centamore et al., 1971;
Centamore e Micarelli, 1986; Cresta et al., 1988) con il Rosso
Ammonitico.
Rosso Ammonitico
(Toarciano inferiore p.p. - Toarciano superiore p.p )
In Centamore et al. (1971) il limite inferiore del Rosso Ammonitico
era stato considerato graduale ovvero rappresentato dal passaggio
progressivo da litofacies calcareo-marnose caratteristiche della
porzione sommitale della Corniola ad altre marnoso-argillose rappresentative
del Rosso Ammonitico. Il passaggio da una litofacies all'altra
si sviluppa in un intervallo di circa 8 metri. Nell'ambito dell'area
in esame, come è stato detto in occasione della descrizione della
unità precedente, il limite inferiore del Rosso Ammonitico è posizionabile
convenzionalmente al tetto del livello anossico grigio-giallastro.
Centamore et al. (1971) ammisero l'esistenza di un Rosso Ammonitico
solo nei settori di basso strutturale. Jacobacci et al. (1974),
Centamore e Deiana (1986), Centamore e Micarelli (1991) parlano
in genere di Formazione del Bosso per rappresentare il Rosso Ammonitico
stesso assieme alle successive Marne a Posidonia, sempre e solo
come unità individuabile nei settori di basso strutturale. Cresta
et al. (1989) estendono la denominazione di Rosso Ammonitico anche
ai "Calcari nodulari e marne verdi" (figura
6) di Centamore et al. (1971) che caratterizzano i settori
di alto strutturale. Distingueremo da ora il Rosso Ammonitico
dei settori bacinali, da un Rosso Ammonitico-equivalente dei settori
di alto strutturale. L'unità è caratterizzata da calcari, calcari
marnosi, marne, con noduli di dimensioni centimetriche a contorno
da netto a sfumato rispetto alla matrice argilloso-marnosa circostante
(Centamore et al., 1971; Cresta et al., 1989). La colorazione
è variabile da rosso intenso a grigio-giallastro. Data la posizione
paleogeografica, è tipica l'assoluta assenza, nel Rosso Ammonitico-equivalente,
di depositi risedimentati riconosciuti invece in abbondanza soprattutto
al tetto del Rosso Ammonitico (Cresta et al., 1988; Cecca et al.,
1990). Il Rosso Ammonitico-equivalente contiene anche abbondanti
noduli di pirite e di solfuri: questi ultimi potrebbero stare
ad indicare locali condizioni di scarsa circolazione (Farinacci
et al.,1981a). Lo studio biostratigrafico con Ammoniti (ricchissime
in entrambe le unità) condotto da Cresta et al. (1988, 1989) e
da Cecca et al. (1990) ha permesso di riferire il Rosso Ammonitico-equivalente
all'intervallo biostratigrafico compreso tra le Zone a Serpentinus
e ad "Erbaense" (Toarciano medio-superiore). Il Rosso Ammonitico
è invece ristretto alle Zone a Bifrons e ad "Erbaense". Secondo
Cecca et al. (1990) infatti, almeno nel Settore del Bosso, la
Zona a Serpentinus è rappresentata dalle Marne di Monte Serrone.
Alcune evidenze derivanti dalla conoscenza della ecologia dei
foraminiferi e dal riconoscimento di alcune strutture sedimentarie
(Hummocky cross stratification) (Nocchi, 1992; Monaco et al.,
1994), sarebbero indicative di una diminuzione relativa delle
profondità di sedimentazione; anche la velocità di sedimentazione
subì una drastica diminuzione raggiungendo valori minimi di 0.2/0.4
cm per 1000 anni (Cecca et al., 1990).
|