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Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Bibliografia
Tabella 1
 
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Capitolo 2

Calcari e Marne a Posidonia
(Toarciano sup. p.p.-Bathoniano inf. p.p.)

Il limite inferiore è posto in corrispondenza del primo livello calcareo rosso non nodulare, primo di una serie di livelli calcarei e calcarei-marnosi indicativi del ripristino di una sedimentazione carbonatica prevalente rispetto ai litotipi marnosi nodulari (Cecca et al., 1990). Questo criterio di definizione del limite inferiore non ha nessuna corrispondenza con quello adottato da Centamore et al. (1971) per i quali il passaggio da Rosso Ammonitico e Marne a Posidonia risultava graduale e rappresentato dall'aumento progressivo dei litotipi calcarei rispetto a quelli marnosi. L'unità è costituita da sedimenti calcarei, calcareo-marnosi ricchi in resti filamentosi che talora si concentrano notevolmente in lineazioni parallele alla stratificazione o leggermente ondulate. La porzione basale, oltre a contenere litofacies più marnose, è caratterizzata dalla presenza di spessi e frequenti livelli torbiditici, pebbly-mudstones e slumps (Cresta et al., 1989). La selce, dapprima in noduli rossi e di seguito nera, in liste, diviene sempre più abbondante verso il tetto dell'unità in concomitanza con la diminuzione progressiva dei resti filamentosi (Centamore et al., 1971; Cecca et al. 1990; Baumgartner, 1987). Lo spessore dell'unità varia da circa 50 m presso i settori del Bosso e del Burano a pochi metri nei settori marginali degli alti strutturali sino ad annullarsi completamente in corrispondenza delle posizioni sommitali degli alti strutturali ove si trovano in paraconcordanza le unità del Bugarone inferiore e superiore (ad esempio nelle sezioni del "Fosso Bugarone", di "Pian del Sasso") Nella porzione inferiore dell'unità sono stati riconosciuti livelli ammonitiferi che hanno fornito faune relative alle Zone a Meneghinii, Aalensis, Opalinum e Murchisonae (Kalin e Ureta, 1987; Cresta et al., 1989), mentre nella sezione del Bosso sono state riconosciute anche faune ad Ammoniti del Bajociano (Cecca et al., 1990).

Calcari Diasprini (Bathoniano inferiore p.p. - Kimmerdgiano superiore)

Centamore et al. (1971) considerarono come rappresentativa del limite inferiore della formazione la comparsa della selce nera dapprima in noduli e di seguito in liste. Cecca et al. (1990) posizionano invece la base dell'unità alla comparsa della selce cornea in livelli di tipo "pinch and swell" separati da intercalazioni calcareo-marnose silicizzate. Questo limite, facilmente riconoscibile in campagna, coincide con un profondo cambiamento delle condizioni di sedimentazione ora prevalentemente (o essenzialmente) silicea. L'unità è rappresentata da livelli selciferi di tipo "pinch and swell", "ribbon chert" e con intercalazioni calcarenitiche a base silicizzata, marnose e pelitiche fogliettate. La parte terminale mostra un graduale ripristino della sedimentazione calcarea contraddistinta dalla presenza di calcari selciferi laminati e gradati con intercalazioni marnose (Cecca et al., 1993; Baumgartner, 1987). Anche questa unità mostra evidenti cambiamenti laterali, per cui da spessori di alcune decine di metri nei Settori del Bosso e del Burano est (nel Burano ovest, secondo Cresta et al. (1989), è presente una lacuna stratigrafica) si passa a pochi metri ai margini degli alti strutturali, fino all'annullamento completo dell'unità negli stessi (vedi Marne a Posidonia).

Lo studio biostratigrafico dei Radiolari (Baumgartner, 1984, 1987, 1989) ha infine consentito l'esatta collocazione dell'unità nell'intervallo cronostratigrafico Bathoniano superiore-Kimmeridgiano. Lo studio biostratigrafico dei Radiolari (Baumgartner, 1984, 1987, 1989) ha infine consentito l'esatta collocazione dell'unità nell'intervallo cronostratigrafico Bathoniano superiore-Kimmeridgiano. La deposizione dei Calcari Diasprigni è ancora oggi uno degli argomenti più dibattuti:la teoria per la quale si ammette che la sedimentazione silicea avvenne a seguito di un approfondimento del fondo marino al di sotto del CCD (Garrison e Fisher, 1969; Bosellini e Winterer, 1975; Winterer e Bosellini, 1981) si dimostra oramai superata essendo molti gli argomenti che la contraddicono;tra questi ne possiamo menzionare tre di particolare rilevanza: a) il fatto che i depositi silicei bacinali siano di natura secondaria (prevedono cioè un meccanismo di rimobilitazione dei gusci silicei già sedimentati altrove) non rappresentando quindi un residuo insolubile (Elmi, 1981; Cecca e Santantonio, 1986; Baumgartner, 1987); b) il riconoscimento di interdigitazioni (vedi Monte Nerone: Ranchi, Infernaccio, Campo al Bello, Presale) tra sottili lingue radiolaritiche e le successioni calcaree condensate (Colacicchi et al., 1970; Cecca et al., 1990); c) il rinvenimento, presso Campo al Bello (Cecca et al., 1990) di radiolariti piuttosto calcaree del Kimmerdgiano inferiore contenenti alla base ed al tetto evidenti accenni a laminazione incrociata che, data la posizione paleogeografica (sommità dell'alto strutturale) in cui si localizzano, non possono che essere legati all'azione di correnti di fondo o di onde di tempesta. Alcuni Autori interpretano la sedimentazione essenzialmente silicea come la diretta conseguenza del processo di oceanizzazione della Tetide. La grande concentrazione di silice primaria nelle acque avrebbe influenzato in maniera diretta la grande fioritura di radiolari (Farinacci, 1988), meccanismo favorito e amplificato implicitamente dalla forte concentrazione anche di CO2, responsabile della inibizione dei carbonato produttori. De Wever (1989) propone un meccanismo (attualistico) di upwelling, legato ad un pattern circolatorio dovuto alla struttura ad "imbuto", chiusa ad occidente della Tetide, per interpretare la così abbondante sedimentazione silicea: l'aumento di nutrienti nelle acque avrebbe favorito lo sviluppo di radiolari a scapito del nannoplancton calcareo. Baumgartner (1987, 1990) pur ammettendo l'influenza dei fattori paleooceanografici sulla produttività dei radiolari, ipotizza che i depositi silicei rappresentino in realtà la sedimentazione normale nei bacini giurassici, essendo il nannoplancton calcareo ancora poco sviluppato. Recentemente lo stesso Autore (in Bartolini et al., 1996) dimostra come le curve *C13 indicano condizioni oceanografiche tendenti all'eutrofizzazione proprio nell'intervallo occupato dai Calcari Diasprigni. Questa condizione favorì certamente la produttività primaria ad opera di organismi come i radiolari, a scapito del nannoplanton calcareo. Di non minor valore è l'ipotesi di Baumgartner (1987) e di Cecca et al. (1990) per la quale si ipotizzano periodiche deboli correnti che spazzavano i veli di sedimenti radiolaritici depostisi sugli alti strutturali verso le zone bacinali adiacenti. Questa ipotesi, come è stato detto durante la descrizione della Formazione del Bugarone, si collega bene alla genesi della lacuna dei PCP per quel che riguarda i gusci radiolaritici, ma non per quelli di Posidonia

 

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