OCCIDENTE E ORIENTE SEMITICO NELLO
SPECCHIO DI
DIONISO E DI APOLLO
SECONDA PARTE
La Mesopotamia
Prima che in Grecia, fu nel Medio Oriente antico che ebbe luogo un tentativo
di organizzazione sociale che superasse la struttura tribale.
Nella Mesopotamia del terzo millennio A.C. furono fondate delle città
- stato su di un modello che, se si fossse sviluppato ulteriormente, avrebbe
potuto partorire una polis.
I sumeri si organizzarono entro le mura di città, con templi
che facevano da centro amministrativo, e la società sumerica era
divisa in classi ben definite, dove ognuno si accollava la sua parte di
lavoro. Uno stato che avrebbe suscitato lammirazione di Platone.
Queste città degenerarono sotto la pressione delle tribù
semi - nomadi, che incalzavano dai deserti occidentali e dal nord, e non
ressero allimpatto. Verso la fine del terzo millennio Sargon lAgade (2340
A.C.), figlio di un ceppo semitico orientale, incorporò le città
sumeriche dentro il suo impero e mise fine alle loro istituzioni apollinee.
Le città sumeriche persero la loro indipendenza, come succederà
duemila anni dopo alle città greche sotto limpatto macedone, e
vennero incorporate nellimpero di Sargon I, e poi nellimpero babilonese.
LEgitto: un ibrido
La società egizia presenta, invece, degli aspetti che esigono
unindagine più attenta. Al contrario di quella mesopotamica, non
aveva mai sviluppato quella struttura politico - sociale che aveva trovato
la sua espressione nelle grandi città autonome della civiltà
sumerica, ed era passata, direttamente, da una società tribale predinastica,
a uno stato autoritario, mancando, così, di quella esperienza semi
democratica, che aveva, temporaneamente, caratterizzato le città
-- stato della Mesopotamia.
Essa mancava, quindi, di uno degli elementi principali che caratterizzano
una organizzazione apollinea. Però, anche se non sviluppatasi in
polis, era certamente uscita da unorganizzazione che si basasse sul frazionamento
delle fazioni tribali, e aveva canalizzato le proprie energie nella fedeltà
a un super -- Stato, simboleggiato dalla figura del faraone. Invece che
fedeltà al capo -- tribù, fedeltà allo Stato
(Stato = evoluzione apollinea) e alla sua rappresentazione antropomorfica
nella persona del faraone come super - Padre (simbolo di una società
tribale).
LEgitto, uscendo dalle formazioni tribali predinastiche, aveva preso
una scorciatoia attraverso lesperienza apollinea, senza né esprimerla
né maturarla, né superarla. Da un lato conservava tutti i
simboli totemici di quelli che erano stati i nuclei tribali, e li assommava
tutti senza scartarne nessuno, dallaltro primeggiava la figura di Ammon,
dio sole re di tutto lEgitto, versione egizia del dio ecumenico Apollo
( Erodoto identifica Ammon con Zeus (Hist., II/42) ma questo solo perché
ai suoi tempi Apollo non era ancora diventato il dio principale dellecumene
panellenica. Ammon era il dio del sole, e corrisponde dunque ad Apollo)
Quindi una società non più tribale, con unesperienza apollinea
atrofizzata, in cui le energie apollinee, si scaricavano attraverso il
culto del sole nella forma di Amon - Ra. Un culto apollineo, che non poteva
arrivare a un equilibrio energetico soddisfacente, come nella polis greca,
ma bensì veniva minacciato continuamente dalle pressioni dionisiache
concomitanti. In contrasto alla Grecia, dove ci sarà unevoluzione,
una maturazione e una scelta tra apollineo e dionisiaco, in cui uno stampo
mentale fu scelto e laltro scartato e rimosso, in Egitto le forze in campo
continuavano a essere presenti nel loro vigore originale, traducendosi
in una mancanza di soluzione e un potenziale distruttivo. Solo la figura
e lautorità del faraone potevano conservare lequilibrio di una
società, che non era né carne, né pesce, che voleva
abbracciare tutte le soluzioni senza scartarne nessuna, senza dover scegliere,
e che, quindi, necessitava di una repressione continua e attiva, reagendo
fobicamente davanti a ogni innovazione e cambiamento .
LEgitto nacque quando Menes, il primo faraone, unì lalto e
il basso Egitto in ununica equivalenza, e da allora non vi furono ulteriori
sviluppi politici essenziali. Allinsegna della paralisi delle istituzioni
aleggiava la felicità dellEgitto .
Quello che sembra, a prima vista, una calma elegiaca indisturbata,
non è altro che il risultato di un precario equilibrio tra forze
potenzialmente devastanti. Limmobilità non è, qui, mancanza
dazione, bensì il risultato di forze attive, che si neutralizzano
a vicenda, dalla propria stessa violenza. Questa creatura rimase sempre
un ibrido. Erodoto era particolarmente attratto dallEgitto. Non sapeva
come digerire questa strana creatura e ci dice:
Anche in questaltra consuetudine gli Egiziani vanno daccordo con i greci, con i soli spartani però, i loro giovani quando incontrano una persona più anziana cedono il passo, si scansano; e al loro appressarsi si alzano da sedere (Hist., II/80).Erodoto cercava sempre di scoprire un parallelismo tra le divinità egizie e quelle greche, ed era ovvio per lui che Zeus fosse Ammon Ra (II/42), Demetra e Dioniso corrispondessero a Iside e Osiride (II/123), Basti, la dea dalla testa di gatto adorata a Bubasti, fosse Artemide (II/59), il regno dei morti Amente, lAde (II/122).
Gli Egiziani sono anche i primi che ritennero come pratica religiosa di non aver contatto con donne nei templi e di non entrarvi, dopo il contatto, senzessersi lavati. Quasi tutti, invece, gli altri uomini, eccetto Egiziani e greci, si uniscono alle donne nellinterno dei templi (II/64).Infatti i greci, pur avendo nella vita di tutti i giorni dei costumi estremamente permissivi, non praticavano la prostituzione sacra, che era invece il culto principale dei popoli semiti del Medio Oriente. Il modus mentale apollineo aveva relegato la promiscuità alla vita normale, e la sacralità, legata ai templi, era diventata laltro polo . LOriente semitico, in contrasto, nel suo modus mentale dionisiaco che implicava una continua repressione delle pulsioni non sublimate, lasciava aperta la valvola di scarico dellorgia e dei culti della fertilità, relegandoli alla sacralità dei templi; le dee semite, Anat, Asherahat e Astarte erano infatti prostitute sacre.
e furono ancora gli Egiziani a formulare per primi la dottrina che lanima delluomo è immortale, e, quando il corpo si dissolve, entra essa in un altro animale che, di volta in volta, viene al mondo[...]Di questa teoria si valsero alcuni tra i filosofi greci, chi prima, chi dopo; come se fosse stata la propria: io ne conosco i nomi, ma tuttavia non ne parlo (II/123).I greci, staccandosi dalla fedeltà al clan e ai suoi riti esclusivi, avevano aperto la strada alla filosofia e alla metafisica, che cominciava a essere formulata nelle teorie dei primi filosofici presocratici. Il concetto dimmortalita dellanima, ovvero di negazione della morte, era stato concepito in Egitto, e questo come amuleto apotropaico contro qualsiasi interferenza nellequilibrio del loro ordine cosmico. Negare la morte, corrispondeva a negare la precarietà. Quando in Grecia uscirono dalla certezza del rito tribale, si trovarono esposti a quella stessa precarietà che in Egitto era stata esorcizzata attraverso la negazione della morte. Qui ci ricolleghiamo alla filosofia come amuleto apotropaico, pensiero magico e strumento per esorcizzare il vuoto lasciato dallabbandono della fedeltà al clan. Erodoto trova un parallelismo con lEgitto, che anchesso, avendo fatto questo passo, si era creato una sua visione metafisica del mondo. Come in tutte le altre sue espressioni culturali, anche questa visione metafisica del cosmo e dellaldilà in Egitto verrà congelata e rimarrà senza ulteriori sviluppi. In Grecia, invece, le prime teorie dei filosofi orfici saranno solo la prima pietra, sulla quale generazioni di filosofi costruiranno i loro edifici poliformi. Anche in questo campo trova espressione il compromesso energetico tra quello che gli egiziani percepivano come una realtà immanente, una verità assoluta, che appartiene alla sfera dionisiaca della Legge del Padre, e unastrazione metafisica che appartiene alla sfera del modus apollineo.
Monoteismo egizio e monolatria semitica
Freud, nel suo saggio su Mosè e la nascita del monoteismo nellEgitto di Ekhnaton, sostiene che il monoteismo sorse nel periodo di El Amarna (XIV sec. A.C.), come effetto secondario dellimperialismo:
Mediante le conquiste della diciottesima dinastia lEgitto è diventato un impero mondiale. Il nuovo imperialismo si riflette nello sviluppo delle rappresentazioni religiose...Sotto linflusso dei sacerdoti del dio del Sole a On (Eliopoli), forse rafforzato da sollecitazioni provenienti dallAsia, sorge lidea di un dio universale Aton, il quale non sia più ristretto a un paese e a un popolo. Col giovane Amenofi IV giunge al trono un faraone il cui interesse più alto è quello di sviluppare questa idea di dio. Egli eleva la religione di Aton a religione di stato, grazie a lui il dio universale diventa lunico dio[...]È il primo caso, e forse il più puro, di religione monoteistica nella storia dellumanità[...] Già sotto i deboli successori di Ekhnaton (il nuovo nome assunto da Amenofi IV), tutto ciò che egli aveva creato crollò (Luomo Mosè e la religione monoteista, in Opere, a cura di Cesare Luigi Musatti in 11 volumi, Bollati Boringhieri, Torino 1989, vol.XI, p.383 - 8) .Sempre secondo Freud lidea del monoteismo di Ekhnaton fu quella che, per mezzo di Mosè, passò agli ebrei, che ladottarono, nella sua forma originale, solo dopo una latenza di molti secoli. La supposizione di Freud che la causale della nascita del monoteismo in Egitto sia stata la formazione di un impero mondiale può spiegare al massimo come mai proprio in quel momento della storia egizia si sia espresso questo bisogno, cioè, quale sia stato lo stimolo, ma nulla spiega del bisogno latente che riuscì, così, a emergere. Altri imperi mondiali erano sorti prima del XIV sec. A.C. e altri ne sorsero dopo, dallImpero Accadico di Sargon I, alla fine del terzo millennio (2350 - 2300 A.C.), allimpero persiano e a quello romano, senza che questo produca un bisogno di monoteismo, e ancora meno di spiritualità.
Monoteismo ebraico e cristianesimo
Secondo Freud, il monoteismo ebraico deriva da
quello di Eckhnaton. Il crescente senso di
colpa che gli ebrei sentivano per luccisione di Mosè, che cominciò
a emergere sempre più pressante ai tempi del ritorno dallesilio
babilonese, dopo un periodo di latenza di sette secoli, fece si che qualsiasi
forma di idolatria fu esclusa definitivamente dalle alternative possibili
nellambito della cultura ebraica. Se prima dellesilio (586 A.C.), insieme
al culto di Jahvè venivano praticati culti di Baal e Astarti locali
in ogni villaggio israelita, con il ritorno settantanni dopo, il popolo
ebraico si trincerò in un monoteismo esclusivo e intransigente .
Dora in poi chiunque tollererà culti estranei a Jahvè si
estranierà dallebraismo, e questo stesso diventerà sinonimo
di monoteismo. Secondo noi, già l'olocausto del regno d'Israele per mano degli Assiri nel 721 aveva innescato il senso di colpa e la regressione monoteistica. Infatti le prime riforme sono attribuibili a Ezkia, re di Giuda, nei primi anni dopo la distruzione del Regno Settentrionale.
Non così, secondo noi, per quello che riguarda le affermazioni
di Freud sul cristianesimo:
Nessun altro brano della storia religiosa ci è diventato così perspicuo come linizio del monoteismo nel giudaismo e la sua continuazione nel cristianesimo, a prescindere dallevoluzione, ugualmente intelligibile senza soluzione di continuità, dal totem animale al dio umano col suo inmancabile compagno (ciascuno dei quattro evangelisti cristiani ha ancora il suo animale favorito)[...] la reintegrazione del padre primigenio nei suoi diritti storici fu un grande progresso, ma non poteva essere lultimo. Anche gli altri pezzi della tragedia preistorica premevano per un riconoscimento...Non è facile discernere che cosa mise in moto questo processo. Si direbbe che un crescente senso di colpa si impadronì del popolo ebraico, e forse dellintero mondo civile di allora, precorrendo il ritorno del materiale rimosso. Da ultimo un uomo venuto da questo popolo ebraico[...]fornì loccasione che provocò il distacco di una nuova religione, quella cristiana, dallebraismo. Paolo, un ebreo romano di Tarso, ricuperò questo senso di colpa riconducendolo correttamente alla sua fonte storica. Chiamò questa il peccato originale; si trattava di un delitto contro Dio, che solo con la morte poteva venire espiato. Con il peccato originale la morte venne al mondo. In effetto questo delitto meritevole di morte era stato luccisione del padre primigenio, successivamente deificato...Abbiamo già detto che la cerimonia cristiana della Santa Comunione, in cui il credente sincorpora corpo e sangue del Salvatore, ripete il contenuto dellantico pasto totemico, ma solo nel suo senso di tenerezza, esprimente la venerazione, e non in quello aggressivo. Tuttavia lambivalenza che domina il rapporto con il padre si mostrò chiaramente nel risultato finale dellinnovazione religiosa. Volta apparentemente alla riconciliazione col Dio Padre, finì col detronizzarlo e sopprimerlo. Il giudaismo era stata una religione del Padre, il cristianesimo diventò una religione del Figlio[...]Paolo, il continuatore del giudaismo, fu anche il suo distruttore[...]Paolo rinunciò a credere che il suo popolo fosse leletto e dovesse recarne il segno visibile, la circoncisione, così che la nuova religione poté diventare universale e abbracciare tutti gli uomini...veniva così ristabilito un carattere dellantica religione di Aton...non era più strettamente monoteistica, assunse dai popoli circostanti numerosi riti simbolici, ripristinò la grande divinità materna e trovò spazio ove collocare, seppure in posizione subordinata, molte figure divine del politeismo. Soprattutto non escluse, come invece la religione di Aton e quella mosaica che venne subito dopo, la penetrazione di elementi superstiziosi magici e mistici[...]Il trionfo del cristianesimo fu una nuova vittoria dei sacerdoti di Ammone sul dio di Ekhnaton dopo un intervallo di millecinquecento anni (op.cit., pp.407 -- 413) .Abbiamo riportato qui alcuni brani del saggio di Freud per analizzarli e discernere quello che secondo noi rappresenta unanalisi corretta, da quello che non lo è. Freud, come lui stesso aveva confessato, fu un pessimo lettore di Nietzsche e, quindi, non condusse unesplorazione delle correnti apollinee e dionisiache, che percorrono sommerse le diverse culture.
In altre storie egli (Dioniso) figurava come figlio di Persefone e veniva indicato con lepiteto Chthonio (come Zeus)[...]Il padre del bambino viene chiamato anche Ades[...] La coppia regnante degli Inferi si dimostrò degna del suo popolo, i morti, anche perché essa era - almeno così si raccontava ai non iniziati - sterile come la morte. Il nome stesso Ades, esprimeva soltanto qualcosa di negativo, adatto allincolore quadro degli inferi e indicava uno solo degli aspetti di un grande dio. Ma si sa che allo sposo di Persefone spettava anche il nome di Zeus Katachthonios, Zeus sotterraneo. Quale Katachtonios, Zeus era il padre del Dioniso sotterraneo. Nella stessa qualità egli si chiamava anche Zagreo, il grande cacciatore e così si chiamava anche suo figlio. Tale identità è già stata menzionata a proposito di Zeus[...]nella maggior parte dei racconti Dioniso ha la parte del tenero fanciullo, figlio di sua madre, che però scomparve subito per essere sostituita da nutrici affettuose. Si riconoscono i due volti che anche Zeus mostrava: il volto del padre e dello sposo da un lato, quello del figlio e del bambino divino dallaltro. Non soltanto Zeus e Dioniso avevano questo doppio volto nella nostra mitologia, ma nessun altro dio sembrava quanto Dioniso un secondo Zeus (Karolyi Kerényi, Gli Dei della Grecia, Il Saggiatore, Milano 1962, pp.192 -- 3).Riportiamo questo brano per la sua importanza nel capire in quale equivoco sia caduto Freud, nel presentare il cristianesimo come una continuazione dellebraismo
Le altre pratiche [dei giudei] sono perverse e infami e si sono imposte per la loro depravazione. Infatti la peggior feccia di questo mondo, dopo aver rinnegato le religioni patrie , portava lì tributi e denaro: in questo modo la potenza dei Giudei crebbe, anche perché tra di loro sono sempre molto leali e molto disponibili al mutuo soccorso, mentre riserbano il loro odio più aspro a tutti gli altri. Siedono a mensa separati e, ancora separati, dormono: ma sono uomini di sfrenata libidine, abituati a non avere rapporti sessuali con donne di altri popoli e a considerare invece, tutto lecito tra di loro. Hanno istituito lusanza della circoncisione, per riconoscersi tra di loro da questo segno distintivo. Coloro che hanno accettato di condividerne le abitudini, seguono la stessa pratica e come prima conseguenza imparano a disprezzare gli dei, a rinnegare la loro patria, a non tenere in alcun conto i rapporti di paternità, di figliolanza e fraternità. I Giudei tengono comunque molto a che il loro numero si incrementi: è proibito infatti, uccidere uno qualsiasi dei figli in soprannumero (Hist., V.5).Per bocca di Tacito parla qui unintera civiltà che, avendo superato i legami di sangue e di famiglia, rimprovera i giudei di averli mantenuti, ma guarda con odio, misto a invidia, a questa lealtà e disponibilità al mutuo soccorso, che essa invece aveva perduto. Luomo occidentale, che è così orgoglioso di aver superato nella sua evoluzione il modello sociale tribale, e di aver creato un habitat mentale più vasto, nei momenti di crisi esistenziale si guarda indietro, si domanda se il prezzo da pagare in estraniazione sociale e mancanza di coesione non sia stato troppo alto, e guarda a questo passato superato di legami affettivi tribali con nostalgia.
Chiarificazioni
Freud stesso ha puntualizzato come il grande innovamento di Ekhnaton non sia stato solo luniversalismo di Aton, bensì la sua esclusività
Egli aggiunse quellelemento di novità per cui per la prima volta la dottrina del dio universale si volse al monoteismo, cioè allesclusività. In uno dei suoi inni si annunzia espressamente: O tu Dio unico, accanto a cui non ve nè altro. Insieme a questa esclusività sorse lintolleranza religiosa e liconoclastia; La persecuzione del re colpì con la massima durezza Amon, ma non solo lui. Dappertutto nel regno i luoghi di culto furono chiusi, proibito il servizio divino, i beni dei templi confiscati. Lo zelo del re si spinse al punto da ordinare un esame degli antichi monumenti per cassarvi la parola dio là dove fosse usata al plurale (S.Freud, op.cit., pp.350 -- 3).La concezione di Aton, come dio del sole che nega lesistenza di altri dei al di fuori di sé, non corrisponde certamente allaltro dio del sole, quello dellecumene ellenica, Apollo, il quale diventerà il dio principale, ma al quale saranno subordinati tutti gli altri dei dellOlimpo. Dall'immagine di Apollo dio universale, dio del sole i cui raggi irradiano e danno vita a tutto il cosmo, verrà luniversalismo cristiano. Gesù Cristo avrà il primato come Apollo, e sarà a capo delle schiere degli angeli e dei santi come dio del sole e astro principale delluniverso. Basta richiamare alla mente la raffigurazione che fa Michelangelo nella Cappella Sistina di Cristo Giudice al centro del suo Giudizio Universale, per vedere limmagine di Apollo al centro del cosmo, come astro solare nel massimo della sua epifania di luce e rivelazione, espressione dello sfogo pulsionale della vista e dei sensi, in antitesi assoluta con linibizione pulsionale del tatto e della vista, peculiare della religione ebraica. Linterdizione assoluta del culto delle immagini della religione di Aton, che passò intatta allebraismo, non ha infatti nessun riscontro nel mondo iconodulo di Apollo che passò al cristianesimo.
Dioniso, Apollo e la figura di Cristo
La crisi che colpì il mondo antico, dopo secoli di evoluzione apollinea e di sincretismo dell'ecumene panellenica, si tradusse
nella ricerca di una soluzione. Come il singolo, quando
si trova la strada sbarrata verso un ulteriore sviluppo e si sente
intrappolato in una condizione che gli provoca disagio e sofferenza, tende
a regredire a uno stadio di sviluppo precedente, così i popoli.
br>Il mondo greco - romano, aveva superato da numerosi secoli la struttura
mentale tribale e i riti totemici e diniziazione
delle tribù primitive. Le tracce rimanevano solo
nei miti orfici e in alcune rappresentazioni arcaiche, ed era diventato
la civiltà più evoluta che avesse mai conosciuto lumanità.
Questa ecumene pan--ellenica, attraverso un processo di stanchezza e di
saturazione, era sfociata in degenerazione culturale ed estraniazione sociale.
La compattezza e la coesione interna delle arcaiche tribù greche
era solo una traccia mnestica e, nella nuova struttura dello stato, in
un processo durato secoli, aveva lasciato il posto alle lotte di classe,
allasservimento e al latifondo. La religione era diventata uno strumento
delle classi privilegiate e il conglomerato di popoli che formavano lecumene
greco -- romana non aveva ormai piu le sue radici nella grecità
classica. Il suo retaggio era un insieme di riti e credenze da cui era
stato incoraggiato ad estraniarsi, per far posto al sincretismo cosmopolita
delle classi dominanti.
A questo punto luomo occidentale si trovò davanti a una mangiatoia
rotta, e il terreno era pronto per la rottura e la regressione. LOccidente
tentò di scrollarsi di dosso il fardello della cultura ellenica
invecchiata e degenerata e, nel tentativo di uscire dallo stress esistenziale
in cui si trovava, cercò di creare nuovi modelli a cui ispirarsi.
Questi si rivelarono come nuovi nella forma esteriore, ma erano quelli
ripescati dalla propria preistoria, come appaiono nei miti orfici.
Qui ci ricolleghiamo a quello che dice Freud sui riti cristiani della Santa
Comunione e dellEucarestia, come un ripristino degli antichi riti totemici.
Lantico dio - figlio dei miti orfici, Dioniso, che esisteva in ununica
consustanzialità con Zeus, dio - padre dei cieli e degli Inferi,
Hipsistos e Chtonios, figlio, padre e re del mondo, rinnovò qui
la sua epifania per venire nuovamente sacrificato.
Come Dioniso, come suo ultimo dono, lasciò il vino (cfr. p.3),
così Cristo, come suo dono lasciò il proprio sangue, affinché
venga incorporato in ogni celebrazione della Santa Comunione. Il pane sarà
il suo corpo seppellito dai Titani e ritrovato da Demetra, la dea delle
messi e quindi del pane. Cristo viene ucciso, al pari di Dioniso, come
parte di un rito in cui si condensano riti totemici, riti diniziazione
e culti della fertilità. La cultura apollinea ellenica ripercorre
di colpo, allindietro, tutta la strada che aveva fatto in quasi mille
anni, da tribù a civiltà.
Ma centinaia danni di evoluzione apollinea non verranno cancellati
né soppressi, bensì verranno integrati nella nuova trasfigurazione
che la cultura greco - romana stava passando. Se Dioniso riebbe il primato
per quello che riguarda i contenuti primigeni del nuovo ellenismo, Apollo
ne fu però lepifania cosmica: al terzo giorno risuscita come Apollo,
dio della luce e di tutta lecumene, e sarà il nuovo dio sole di
tutta lumanità. Non più dio tribale e barbuto, come Dioniso
Pan, ma dio della bellezza nellarmonia ideale delle forme. LOccidente
cristiano lo esporrà dora in poi nella sua nudità apollinea.
LOriente cristiano invece nella sua veste di dio coperto e barbuto. LOriente
ellenista dimostrò così di non aver mai assimilato completamente
il modus mentale apollineo della civiltà greca e di essere sempre
rimasto radicato al modus mentale dionisiaco, con la sua avversione
per il nudo e lespressione plastica.
I Bizantini assorbirono il modus orientale, che invase persino la Grecia
stessa, mentre lItalia rimase il baluardo dellOccidente greco
- romano. Le divisioni dottrinarie che turbarono la cristianità
nei primi secoli furono una conseguenza diretta della lotta tra il modus
apollineo occidentale e quello dionisiaco orientale: tra plasticismo e
colorismo, tra concezioni dideale delle forme platonico ed astrazione.
LOriente tese al monofitismo, poiché non potevano assorbire lidea
ellenica della cosustanzialità tra divino e umano, mentre lOccidente
si assestò finalmente sul duofisismo, poiché questa dualità
ben si confaceva al suo modus mentale. LOriente cristiano fu sconvolto
da feroci crisi iconoclastiche che minacciarono di sgretolare limpero
bizantino, poiché questi rigurgiti di correnti dionisiache di stampo
Aton - istico, altro non erano che il modus orientale che cercava
di prevalere.
Le chiese orientali hanno conservato anche nella loro liturgia il vibrante
strato dionisiaco che invece è stato anestetizzato nel rituale
occidentale.
La Pasqua, che nella percezione popolare occidentale è stata
degradata, con i suoi contenuti tragici di morte e Risurrezione, in confronto
al Natale, ha conservato nel rituale orientale tutta la potenza tragica
dei riti di morte e risurrezione del mito orfico di Dioniso, che in Oriente
trovava il suo corrispondente nei culti di Adonis e Attis. NellAntiochia
precristiana la morte e resurrezione di Adonis era rappresentata in forma
drammatica. Il dio resuscitato era accolto con grida di gioia estatici
per le strade della città e la folla gridava: Coraggio credenti!
Un dio è stato salvato, così noi saremo salvati dal nostro
lutto (James G.Frazer, Adonis, Attis, Osiris, London 1914,
p.212).
Il rituale della chiesa greco -- ortodossa della stessa Antiochia procede
oggi alla stessa maniera: la settimana pasquale è celebrata in un grande
lutto e finisce Sabato a mezzanotte. Al dodicesimo rintocco il vescovo
appare alla folla ed annuncia lEvangelium: Cristo è risorto! La
folla prorompe in un grido: Sì, è risorto e tutta la città
risuona di canti di giubilo e di fuochi di artificio (Hugo Hepding, Attis,
Giessen 1903, p.167). Nelloriente cristiano la celebrazione della morte
e Risurrezione del Redentore è rimasta priva della mediazione
apollinea, e si concentra sui contenuti dionisiaci della tragedia, poiché
sono gli unici congeniti al proprio modus . La Grecia stessa, culla
dellapollineo, è stata invasa dal modus orientale, e il baricentro dell'apollineo
occidentale si è spostato di un fuso orario allItalia cattolica
e ai suoi satelliti.
Quando le tribù germaniche furono convertite al cristianesimo,
accettarono in realtà solo i contenuti dionisiaci del Cristo, e inconsciamente rifiutarono la versione apollinea della sua figura. Senza un vissuto di evoluzione apollinea, la nudità ellenica
e lideale platonico dellarmonia plastica delle forme erano loro completamente
estranee. Nella raffigurazione che i popoli nordici danno della figura
di Cristo manca completamente larmonia di forme del Cristo cattolico.
Anche dove questi viene rappresentato seminudo sulla croce lelemento dominante
è la sofferenza dionisiaca e il nudo si trasfigura in una smorfia
di dolore. Il corpo del Redentore si contrae sotto la tortura, e la Salvezza
non avviene attraverso la trasfigurazione nellApollo ecumenico, dio della
bellezza e della luce, bensì attraverso laccentuazione del dolore
del pasto totemico originale. Mentre nel mondo cattolico, erede della grecità,
la redenzione avviene attraverso la trasfigurazione di Dioniso in Apollo,
cioè attraverso la sublimazione in espressione plastica delle pulsioni
primarie, come nelle soluzioni apollinee della civiltà greca, per
le tribù d'oltr'alpe e gli altri barbari che abbracciò il cristianesimo, compresi
coloro che, membri dellecumene panellenica, ne avevano abbracciato le
forme senza assimilarne i contenuti, il Cristo in croce rimarrà solo
il proprio totem al palo della tortura. Il gusto sadico del sangue e quello
macabro della morte sono quello che emerge dallinterpretazione del cristianesimo,
da parte delle tribù che non avevano passato la mediazione e la
sublimazione dellapollineo.
Le tribù europee, dopo mille anni da quando
erano state coercizzate entro la sfera culturale occidentale, rigettarono,
in un rigurgito del proprio sé il modus apollineo che era stato
loro imposto, e cacciarono dai propri templi le immagini dellOlimpo cattolico.
Con la Riforma non si limitarono, infatti, a scrollarsi di dosso lautorità
del papato, ma colsero l'occasione per rifiutare anche il concetto greco
- romano della rappresentazione plastica del corpo umano, delle statue
dei santi, trasfigurazione dei vecchi dei, e lidea del sacramento del
matrimonio, simbolo di una monogamia peculiare della grecità - romanità,
che niente diceva alla loro psiche poligama e tribale.
Vediamo dunque che lidea, abbracciata anche da Freud, che il cristianesimo
derivi dallebraismo e che il monoteismo cristiano possa derivare da quello
di Aton, è da considerarsi errata. Lunica
cosa che hanno in comune è luniversalismo: quello ebraico - iconoclasta
viene da quello di Aton, dopo una latenza di sette secoli, quello cristiano
- iconodulo da Apollo, sullo stampo dellluniversalismo dellecumene panellenica.
Anche la tendenza al proselitismo del cattolicesimo e la volontà
di convertire a questo tutto il mondo conosciuto, non è altro che
la trasfigurazione della volontà greca, dal IV sec. A.C. in poi,
di convertire tutto il mondo conosciuto di allora alla cultura ellenista.
Come greci e romani consideravano barbari tutti coloro che si rifiutassero
di abbracciare la cultura panellenica, il cui simbolo era Apollo, così
la Chiesa considera selvaggi tutti coloro che rifiutano il messaggio di
Cristo. Come scorciatoia, i missionari, più che di una conversione
culturale, si accontentano generalmente del solo battesimo: il rito, che
per sé ha più la connotazione di un atto di magia che di
una metamorfosi culturale, simboleggia, così, latto di aderenza
allecumene cristiana.
Sviluppo e regressione
Come ha ampiamente dimostrato T. Reik nella sua trilogia , Myth and
Guilt, Mystery on the Mountain e The Creation of the Women and the
Temptation, e in Pagan Rites in Judaism
e Ritual, alcuni tra i miti e le festività ebraiche più
importanti sono tracce mnestiche dei riti preistorici del pasto totemico
e diniziazione delle tribù ebraiche primitive; la Festa delle Capanne
(Succoth) è il ricordo delle capanne in cui venivano relegati
gli adolescenti iniziati (T.Reik, Pagan Rites in Judaism, Farrar
& Strauss, New York 1964, pp.19 - 26), luso quotidiano, durante la
preghiera mattutina, dei filatteri e dello scialle rituale è il
ricordo dei riti totemici, in cui i membri della tribù indossano
la pelle dellanimale totem e si identificano con esso (Ibidem, pp.137
- 151), la Benedizione dei Sacerdoti (<Birkat Hacohanim), nelle ricorrenze
più importanti, rappresenta lidentificazione del sacerdote con
il totem (lariete) e la sua pantomima davanti a tutta la congregazione
(ibidem). Questi riti si sono conservati dalla preistoria del popolo ebraico,
congelati e immutati nel loro nucleo, quando ai contenuti arcaici ne
vengono sovrapposti di più recenti.
Per dirla con le parole di Frazer, il grande antropologo che ci ha
illuminati sui riti delle tribù selvagge dei nostri tempi, il presente
è la guida migliore per linterpretazione del passato poiché,
mentre le più alte forme di religione passano come nuvole, le più
basse stanno ferme e indistruttibili come rocce (James G.Frazer, The
Golden Bough, London 1919, Vol.IV, p.83) .
Questi riti sono quello che rimane del rituale arcaico originario ed
esiste una continuità ininterrotta lungo i millenni. Non essendo
avvenuta una rottura con il proprio
passato bensì un'elaborazione, la strada
è sempre aperta verso unulteriore evoluzione. Le radici affondano
nella lontana preistoria, e da lì succhiano il vigore che nutre
lalbero.
Per lOccidente la situazione è diversa. Il mondo greco - romano,
avendo superato la struttura mentale e sociale del clan, aveva superato
anche il bisogno dei riti tribali. Erano passati a uno stadio superiore
di evoluzione e potevano godere così di una gamma infinita di possibilità.
A differenza delle società strutturate sulla fedeltà ai legami
di sangue, che si trovano legate nella camicia di forza rappresentata dalle
costrizioni e la repressione della Legge del Padre, luomo occidentale
trovò la strada dellautoaffermazione e della libertà di
scelta. LOccidente aveva superato la struttura
mentale tribale che aveva generato questi riti, e guardava
con disprezzo i giudei e gli altri barbari che la mantenevano. Comprensibilmente
si sentiva orgoglioso del cammino che aveva fatto: quando
vennero la crisi e la rottura, la caduta avvenne da molto in alto.
Il ritorno al pasto totemico, nei riti dellEucarestia
e della Santa Messa fu una regressione.
Regredendo a uno stadio di sviluppo precedente, lOccidente si trovò costretto
a rinnegare la propria evoluzione e così si sbarrò la strada a
un ulteriore sviluppo, trincerandosi in una situazione mentale che da
un punto di vista fenomenologico ha tutte le caratteristiche del sintomo
nevrotico. Dalla caduta del mondo antico può solo tentare
di ricalcare i propri passi, e in alcuni segmenti della sua attività
ogni tanto ci riesce, come durante il Rinascimento, ma in realtà,
negli ultimi duemila anni, è stato solo un rincorrere la propria
coda. Dalla caduta del mondo antico, non cè stato più niente
che non sia già stato detto prima: anche quando cambia la forma
non cambia però la sostanza. Inoltre, per evitare ogni cambiamento
e sbarrare la strada a ogni possibilità di evoluzione, venne istituito
il dogma. Il cristianesimo inventò questo meccanismo, che era sconosciuto
al mondo antico, come mezzo di repressione e per congelare qualsiasi attività
intellettuale che avrebbe potuto fare una riattivazione del rimosso e
minacciare le soluzioni raggiunte. Il dogma è il mezzo per disconoscere
il proprio passato olimpico e impedire ogni tentativo di ritorno manifesto
alle proprie radici: cristallizzare il presente e impedire sia passato
che futuro.
Se lebreo può aspettarsi la punizione divina solo se trasgredisce
a qualche precetto, poiché quello che gli viene chiesto è
esclusivamente lobbedienza e la conformazione ai riti attraverso i quali avviene l'identificazione con il gruppo, il cristiano viene
minacciato di dannazione eterna anche solo se dubita, se diverge dal credo
imposto. Lebraismo non avrebbe potuto partorire unInquisizione poiché, fino
a che il singolo si identifica con la collettività, le sue credenze
personali non sono dinteresse pubblico. Spinoza, che fu il caso
più clamoroso di scomunica della storia ebraica, fu scomunicato
non perché le sue idee divergessero da quelle ufficiali, bensì
poiché ripetutamente e pubblicamente si estraniava dai riti della
comunità e contestava lautorità dei delegati della congregazione. LInquisizione
invece voleva portare il singolo a confessare i propri dubbi più
intimi e nascosti, sintomo di quanto precario fosse in quel periodo lequilibrio
della psiche occidentale.
Non è un caso se lInquisizione sia stata attivata spietatamente proprio
nella Spagna della Riconquista. Dopo secoli di continua esposizione al
dionisiaco, nella figura di ebrei e arabi che costituivano una parte sostanziale
della popolazione, e la cui cultura era in molti segmenti predominante,
il modus apollineo non aveva davanti a sé che la repressione più
spietata per depurarsi da queste influenze. Come Nietzsche aveva intuito:
Codesta inquisizione fu allora ragionevole, perché non significò
altro che lo stadio di assedio generale che proclamato in tutto il regno
della Chiesa, e che, come ogni stato dassedio, autorizzava a fare uso
dei mezzi più violenti(Umano, troppo umano I, Adelphi, Milano
1977, p.308).
Si può paragonare questo rigurgito di repressione apollinea
anti - dionisiaca, con la reazione dei sacerdoti di Amon contro le infiltrazioni
dionisiache della religione di Aton, dopo la morte di Eckhnaton . In entrambi
i casi cera un equilibrio che andava ristabilito. La supremazia del sole Amon - Apollo andava reistituito in Egitto, come nella Spagna
dellInquisizione, che doveva riconfermare la natura apollinea del Cristo, dio monista di tutta lecumenne.
Infatti, come la destabilizzazione del rigurgito dionisiaco
di Aton minacciava di rovinare lEgitto , così la Spagna poté
diventare un impero solo dopo essersi depurata dalle correnti dionisiache
del modus mentale ebraico - musulmano. E questo, non in quanto gli ebrei,
e probabilmente neanche i musulmani, non sarebbero stati cittadini fedeli
e leali al nuovo stato , bensì in quanto i cristiani non potevano
tollerare una soluzione esistenziale (mentale) alternativa al loro monismo
apollineo.
La prima cosa che fecero i sovrani cattolici Ferdinando e Isabella,
dopo essere entrati in Granada e aver riunito tutta la Spagna, fu di decretare
lespulsione di tutti gli ebrei del regno. In questo senso il loro disumano
operato fu un atto politico lungimirante.
Per dirla in linguaggio popolare conoscevano i loro polli e non quelli
ebrei, bensì quelli cristiani. Per arruolare tutte le energie al
servizio di uno Stato monolitico, che sarebbe diventato in breve tempo
un impero, per dirla con le parole di Carlo V, dove non tramonta mai il
sole, dovevano prima imporre a tutti i loro sudditi una formula esistenziale
monista, alle insegne del sole di Apollo.
Anche Carlo V aveva, inconsciamente, percepito che un impero è
legato al sole di Apollo. E infatti il sole di Amon, e non quello di Aton,
era il simbolo imperiale dellEgitto. Non Dioniso avrebbe mai potuto essere il simbolo
dellecumene panellenica, bensì solo il sole di Apollo.
Ed ecco che la confusione seminata da Freud viene appianata. Il monoteismo
di Aton non era sorto, come da lui sostenuto, come conseguenza del divenire lEgitto
un impero universale, bensì, al contrario, il sole di Ammon era
stato linsegna sotto la quale si era formato lEgitto imperiale. Quello
di Aton, essendo una corrente antitetica, poteva solo destabilizzarlo.
Il fecondo pluralismo
culturale della Spagna medioevale, come quello dellEgitto di Eckhnaton,
fu sostituito, con la violenza, dal monismo di una società apollinea,
e in questo caso forse è meglio adoperare lespressione post - apollinea,
che poteva ristabilire il proprio equilibrio solo attraverso la repressione.
Post - apollinea, poiché l'Occidente, fino a Socrate,
non aveva mai adottato la censura, che fu proposta per la prima volta da
Platone e, dopo la crisi del mondo antico, sfociò in dogma. Quando
un equilibrio non regge più da solo non rimane che mantenerlo attraverso
la repressione.
Gli Ateniesi avevano condannato Socrate per chiudergli la bocca.
Platone fece un cattivo servizio al suo maestro quando, codificando
la censura, giustificò,così, i suoi assassini.
La Chiesa ha sostituito la libertà di espressione del mondo
antico, il libero pensiero che era lapice delle conquiste del mondo occidentale
dopo che era riuscito a scrollarsi di dosso la Legge del Padre, con il
dogma, lanti - pensiero.
Che strano paradosso!
Proprio gli ebrei, che dichiarano il proprio asservimento alla Legge
del Padre, non fanno altro che rimuginarla, contestarla, trovare nuove
interpretazione, scrivere montagne di libri proprio per dimostrare la sua
validità - invalidità, ed arrivare spesso a conclusioni che
sono chiaramente proprio lopposto dellintenzione originale del testo.
Nella Yeshivà, la scuola rabbinica, lallievo più apprezzato
e colui che fa le domande, colui che semina il dubbio.
Dallaltra parte la cultura occidentale, che ha dato al mondo la filosofia
e la metafisica, si trova imprigionata entro le costrittive mura del dogma
e i fedeli minacciati di auto da fé (il rogo), se solo dubitano.
E famoso lanneddoto su un allievo, particolarmente versato nellinterpretazione
della Legge, che abbandonò la tradizione e diventò
laico. Il suo rabbino gli chiese: perché figlio mio hai
abbandonato la Legge dei Padri ?. E questi gli rispose: È colpa
tua, Maestro, poiché mi hai insegnato a dubitare . Sembra che
più sia intransigente il rito, più ci sia permissività
intellettuale. Paolo, che ha sciolto i suoi fedeli dai 613 precetti della
Legge ebraica ha interdetto il dubbio, pena la dannazione eterna.
La seconda e gravissima conseguenza dellauto - estraniazione dellOccidente
dal proprio passato fu la mistificazione che fu costretto ad adottare,
per quel che riguarda la natura della sua metamorfosi, nel passaggio dal
mondo olimpico al cristianesimo. Se nellebraismo lidea stessa di Dio
si evolse dalla forma più primitiva del totem del clan, prima probabilmente
un toro, poi un ariete, attraverso le varie fasi della monolatria di un
dio tribale, specifico e crudele, geloso e vendicativo, fino alla spiritualità
assoluta di un Dio che non si vede, il
mondo greco - romano assunse un atteggiamento di estraniazione e riniego
dai propri dei. Questi furono cancellati. Poiché avevano deluso
furono messi a morte: non vi fu unevoluzione, bensì una rottura.
Non vi è nulla di più negativo per la psiche sia del singolo
che di un popolo che lestraniazione dalle proprie radici e il diniego
del proprio passato.
Questo portò alla terza gravissima conseguenza: la delega della
responsabilità.
Come abbiamo visto la rottura portò alla regressione, fino ai
riti tribali preolimpici del pasto totemico, le cui tracce mnestiche erano
rimaste nei miti orfici sulla morte e la resurrezione di Dioniso. Ogni
tribù uccide il proprio padre - totem - dio, lo divora e lo fa risorgere.
Nessuna tribù primitiva incolperebbe mai una tribù vicina
delluccisione del proprio dio. Sarebbe unincongruenza che svuoterebbe
di significato i riti stessi. Il greco - romano, diventato ora cristiano,
nella necessità psicologica di disconoscere la regressione avvenuta
dopo molti secoli di incivilimento, delegò la responsabilità
ed incolpò coloro che avevano mantenuto la struttura mentale arcaica,
i giudei, del parricidio - deicidio. Delegando la responsabilità,
non fu più necessario rimuovere il delitto.
Gli ebrei, che vivono la realtà rimossa del proprio parricidio
- deicidio in tutti i loro riti
(S.Freud, LUomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi,
in op.cit., vol.XI, pp.338 -- 453), furono accusati anche delluccisione
del Dio occidentale. Questo, però, era in realtà lunico
delitto che non avevano commesso. Quando la Santa Sede decise di assolvere
gli ebrei dallaccusa di deicidio avrebbe dovuto essere più specifica.
Avrebbe dovuto dire: È vero, siete deicidi, ma riconosciamo che
Gesù Cristo, che è il nostro Dio, almeno nella fantasia,
lo abbiamo ucciso noi. Dora in poi ognuno sarà tenuto responsabile
solo per il proprio deicidio e non per quello degli altri.
Lincongruenza della tesi di un Dio sceso dal cielo a salvare lumanità,
attraverso il proprio auto - sacrificio, e ucciso da coloro che non lo
riconoscono, salta agli occhi. L'acrobazia
mentale fu resa necessaria dal rifiuto dellOccidente di riconoscere la
regressione ai propri riti tribali arcaici. LOccidente che dora
in poi ristabilirà il pasto totemico con ogni celebrazione della
Santa Messa e lEucaristia, disconoscerà la sostanza
del rito, che ha senso solo se si presuppone il parricidio - deicidio, e
questo venne attribuito a qualcun altro.
In questa chiave di lettura, lantisemitismo, che era già virulento
nel mondo ellenista per lincompatibilità culturale e mentale tra
le due culture, tra polis e tribù, con lo stabilirsi in Occidente
del cristianesimo, trovò la sua legittimazione ideologica.
Da Tacito...
Come abbiamo visto dalle parole di Tacito, l'ecumene greco - romana nutriva questo radicato antisemitismo, come
mezzo di autodifesa da una riattivazione di impulsi dionisiaci repressi.
Apollo, dopo aver trionfato su Dioniso, temeva la sua rivincita. La società
occidentale, che ripone nellequilibrio apollineo il proprio equilibrio
e la propria salute mentale, ha in orrore la vicinanza del dionisiaco:
e nutre una
fobia verso tutto quello che le può ricordare le pulsioni apparentemente
superate, ma in realtà solo rimosse.
Così il riconoscersi tra di loro di Tacito divenne sinonimo
di tradimento, e da allora la società occidentale non si fida dei
suoi ebrei, come a dire: se sono fedeli tra di loro saranno sempre pronti
a tradire lo stato, la polis, che li ospita. Qualsiasi dimostrazione di
patriottismo da parte degli ebrei non è creduta, poiché sono
considerati, non solo stranieri, ma bensì dagli interessi antitetici
a quelli dello stato (Vedi il caso Dreyfus ).
In Occidente, dove lideale dellequilibrio cosmico
che corrisponde a quello sociale e mentale rappresentato
da Apollo, ricalcando la concezione platonica del bello come ideale iperuranico,
vede in Dioniso - Pan la propria antitesi e il simbolo della minaccia che
corre il suddetto equilibrio. Non a caso, quindi, lantisemita rappresenta
lebreo con il naso adunco, la barba e le forme caprine: non è forse
questa limmagine del dio caprino, antitesi di Apollo?
Così S. Giovanni Crisostomo, il Demostene dei dottori della
Chiesa, rappresenta, nel IV secolo, gli ebrei e i loro profeti: Essi
vagavano avvolti in pelli di pecora e di capra, destituiti, afflitti, tormentati,
vagavano in deserti, sulle montagne e nelle caverne sulla terra (Homily
XXVIII. Hebrews 11:37,38, in Christian Classics Ethereal Library, at Calvin
College. (Last updated on December 12, 1995). <http://www.ccel.org/fathers/NPNF1-11/Chrysostom/Acts/Acts-Hom26.html>)
Nel medioevo il diavolo era rappresentato come un grande capro.
Bernardo di Como, lInquisitore del XIV secolo, descrive un incontro
di culto satanico in cui il Diavolo scendeva da una scala esponendo prima
di tutto il suo deretano con la coda, che tutti i presenti baciavano, e
subito dopo cominciava unorgia sfrenata (Bernardo di Como, De strigiis,
in : HISTORY OF THE CHRISTIAN CHURCH*, Cap. VII, HERESY AND WITCHCRAFT,
in the Christian Classics Ethereal Library at Calvin College). Al Metropolitan
Museum of Art di New York è esposto un enorme quadro di Hans Baldung
Grien del 1510, intitolato Witches Sabbath in cui si vedono delle streghe
nude di cui una cavalca una capra che vola in aria. Un quadro di Goya
del settecento, oggi al Museo Lazaro Galdiano a Madrid, riprende lo stesso tema: un gruppo di streghe con bambini
in mano, da sacrificare al Diavolo, rappresentato da un enorme caprone
con grandi corna. Lo stesso tema è trattato da Goya anche nel quadro al museo del Prado Il grande Capro o Le streghe del Sabbath. Da allora e fino a oggi le orgie sataniche sono denominate
Sabbaths, dalla parola Sabato, il giorno ebraico più sacro.
Sacralità, che per gli ebrei negli ultimi duemila cinquecento
anni significa astinenza dagli antichi riti della fertilità e della
prostituzione sacra, e dallinfanticidio rituale, nella psiche occidentale
continua ad essere associata a orgia e questa al diavolo, il capro, e a
ebraismo . Non a caso quindi lantisemita, da Tacito in poi, rappresenta
lebreo come il simbolo della sfrenatezza sessuale. La barba e il caftano,
che per loccidentale rappresentano appunto le pulsioni dionisiache minacciose
e uscite di controllo, rappresentano invece per lebreo la stessa cosa
ma nel suo contrario: sono il simbolo della repressione e dellinibizione
che questi accetta su di sé in nome della disciplina del Dio-padre.
Questo Dio-ariete, che nei secoli si trasfigurò in spiritualità
assoluta, in nome della sua natura dionisiaca esige la repressione pulsionale
più completa.
Più lebreo reprime le proprie pulsioni, in nome della coercizione
divina, più lOccidentale vede in questo la conferma di una vitalità
minacciosa e di una sessualità sfrenata. Molti ebrei emancipati
accusano gli ebrei tradizionali, dalla lunga barba e il caftano,
di riattivare, con la loro apparenza, lantisemitismo, ma la storia ha
dimostrato che più gli ebrei assomigliano ai gentili, nei loro modi
e nel vestire, più questo aumenta, invece di diminuire.
Il motivo va ricercato nellidea che luomo occidentale ha a priori
dellebreo.
Se la sua apparenza esteriore corrisponde allidea inconscia che si
ha di questi, lantisemitismo può rimanere sotto controllo, ma se
lebreo si veste come un gentile, non può che peggiorare la sua
situazione, poiché allora più che vestirsi, viene accusato
di travestirsi. In questo casi viene accusato, in realtà, di essere
Dioniso - Pan, ma di travestirsi da Apollo.
Mascherato, viene percepito come ancora più pericoloso .
Proprio come Shylock nel Mercante di Venezia di Shakespeare .
...A Sartre
Nella storia dellOccidente, particolarmente dallIlluminismo in poi,
non mancarono uomini di buona volontà, che cercarono di porre resistenza
ai bisogni oscuri della stessa propria psiche, e che cercarono di trovare
una soluzione a quello che sempre di più, negli ultimi due secoli,
viene percepito come un problema ebraico. Come gli ebrei erano un problema
per lecumene ellenista, e poi per quella romana, sparpagliati in tutto
lOccidente, rimasero una spina nel fianco di una cultura , che per il
proprio equilibrio precario, non poteva convivere con il modus di una diversa
struttura mentale.
Come conseguenza, anche coloro che consideravano ingiusto discriminare
contro gli ebrei, erano pronti ad accettarli, ma non la loro particolarità:
pari, come uguali, ma non pari, come diversi. Da Kant a Hegel, agli ideologi
delle teorie socialiste, lOccidente imparò a considerare gli uomini
tutti uguali, invece di accettarli per la loro diversità. Sotto
la spinta degli eventi tragici di questo secolo, anche gli uomini di coscienza
e gli intellettuali, che erano pronti ad una estrema mea culpa, non tralasciarono
mai di lasciar trapelare, dietro le righe, la percezione che se gli ebrei
non si fossero intestarditi a conservare la propria diversità, le
persecuzioni non avrebbero potuto avvenire.
Lesempio più rivelante è quello di Sartre.
Nel suo saggio LAntisemitismo (Mondadori, Milano, 1982 e 1990),
il filosofo marxista si avventura nellanalisi dellidentità ebraica.
Secondo la sua analisi il motivo principale della sopravvivenza di unidentità
ebraica, va ricercato nel rifiuto degli altri popoli di assimilare a loro
i propri ebrei. Quando dice che i legami religiosi si rafforzarono fino
ad assumere il senso e il valore dun legame nazionale( Ibidem, p.61),
non contempla che nel giudaismo come in ogni società arcaica,
i legami religiosi sono il legame nazionale.
Lanima primitiva non separa la religione dallo stato, o dalle altre
espressioni di vita sociale. La religione non è un concetto astratto,
un optional, come nella vita moderna, e non è neppure una fede,
come il cristianesimo, pronta ad essere condivisa con altri, bensì
è lespressione collettiva degli affetti, dei terrori e dei terribili
legami di sangue, di colpa e di terrore, che legano tra di loro i membri
del clan. La religione, in questo caso, è linsieme dei riti, che
sono il risultato del passato, come la memoria collettiva lo ha elaborato.
Essere ebrei, significa condividere la stessa preistoria, lo stesso passato
rimosso.
Gli ebrei sono una nazione in quanto si considerano tutti fratelli,
figli di uno stesso padre e complici dello stesso misfatto primordiale
e, quindi, condividono lo stesso senso di colpa e la sensazione di un unico
destino. Non a caso, la ricorrenza ebraica più importante è
il Iom Kippur, il giorno dellespiazione, malgrado, a differenza
delle altre feste, non si ricolleghi ad alcun evento storico della nazione.
Non a caso la trasgressione di questo giorno comporta la punizione
del Karet, lestirpazione dallappartenenza alla nazione, e non
la pena di morte, come per le altre trasgressioni gravi. La ricorrenza
più importante dellebraismo è, dunque, quella che si ricollega
a un evento pre - istorico rimosso e chiunque si dissoci da questo, non
può far parte della collettività e viene punito con lestirpazione,
per mano divina, dal popolo ebraico.
La forma stessa, che prende lespiazione, testimonia della natura del
peccato che va espiato. Ogni penitenza comporta, prima di tutto, limpegno
a non ripetere il misfatto.
Digiunando, i figli dIsraele si impegnano, così, a non ripetere
un misfatto, la cui natura viene tradita dalla forma dellespiazione. Si
tratta, dunque, di un peccato di cannibalismo, quello che va espiato attraverso
il digiuno. Latto di cannibalismo primordiale, che segue il parricidio,
e attraverso il quale la tribù dei fratelli diviene tale, e attraverso
il quale cementa la propria identità e la propria coesione.
Nello stato dIsraele odierno, prodotto degli sforzi di un ebraismo
laico che agli inizi rinnegava ogni forma di religione e di religiosità,
e si vantava di essersi staccato completamente dalla religione dei padri
per forgiarsi in una nazione nuova sullo stampo degli stati occidentali,
la festività più solenne rimane pur sempre il Kippur. Questo
e lunico giorno dellanno, in cui la radio e la televisione israeliana
cessano ogni trasmissione, e le strade sono svuotate completamente da qualsiasi
veicolo.
I pionieri socialisti, dellinizio del secolo, e i kibbutzim
che avevano tentato di cancellare questo giorno, in quanto considerato
esclusivamente una ricorrenza religiosa, per concentrarsi esclusivamente
sulle feste che si ricollegano direttamente al passato storico del popolo
ebraico, hanno visto questa festività riemergere, carica di una
vitalità sempre rinnovata.
Interessante notare che anche i nemici dIsraele, quando cercarono
un tallone di Achille, in cui colpire a morte la nazione, credettero di
averlo trovato in questo giorno.
Da un punto di vista strettamente tattico, attaccare Israele nel giorno
di Kippur, fu certamente un errore madornale. Le strade erano vuote e la
gente era tutta o in casa o concentrata nelle sinagoghe. Fu relativamente
facile sapere dove trovare i riservisti da arruolare. Se gli arabi avessero
attaccato, allimprovviso, Israele, dieci giorni prima, durante il Capodanno
ebraico, o quattro giorni dopo, durante la lunga festività di Succoth,
si sarebbe creato il caos più completo. Tutti i soldati arruolabili
si sarebbero trovati o allestero o negli affollatissimi ritrovi sul lago
di Tiberiade e a Eilat. Il solo tentativo di tornare alle proprie
case e di accorrere ai centri di arruolamento avrebbe creato degli ingorghi
stradali inestricabili, come alla fine di ogni festa, quando gli israeliani
tentano di tornare tutti insieme, e avrebbe permesso ai siriani di arrivare
a Haifa, mentre tutti erano ancora ingolfati nelle proprie automobili.
La decisione di attaccare durante il Kippur fu, dunque, dettata
dalla percezione inconscia che il popolo ebraico, in questo giorno, si
senta psicologicamente vulnerabile. Questo è il giorno, in
cui il popolo ebraico cerca di venire a termini con il proprio senso di
colpa e quindi si aspetta il castigo divino.
Ma quello che gli arabi, a pari degli occidentali, non avevano capito
era, oltre allerrore di colpire in un giorno nel quale tutti erano facilmente
reperibili, che da questo senso di colpa emerge, sempre nuovamente, una
nuova coesione.
Circolava la voce, che fossero stati i consulenti militari russi a
stabilire il Kippur, come giorno dellattacco. Se questo è vero,
non farebbe che confermare come la psiche occidentale fraintenda
la coesione e le risorse del popolo ebraico.
Questo equivoco è lo stesso che ha portato Sartre a non capire
che quello che tiene unita un clan, e in senso più ampio, un popolo
è il senso di appartenenza. Lantisemitismo non fa che rafforzare
questa coesione, ma certamente, non la crea e non ne è la fonte.
Sartre si riallaccia al concetto spinoziano che le leggi ebraiche siano
state in passato le leggi dello stato e che, una volta cessato di esistere
uno stato indipendente, queste leggi non abbiano avuto più senso.
Ma non a caso Benedetto Spinoza, lex marrano, fu scomunicato dalla
congregazione.
Per gli ebrei il processo, descritto da Spinoza, era avvenuto esattamente
allinverso: la legge della tribù, quella del Padre, quando il popolo
ebraico era diventato uno stato, era diventata anche la legge di questo.
Cessato il popolo ebraico di essere uno stato, non solo la Legge non aveva
perso di legittimazione, ma anzi aveva acquistato ulteriore validità,
in quanto era ridiventata lunica colla, a cementare lunione dei fratelli.
Sartre dice: ...ma questo transfer (dei legami religiosi ai legami nazionali)
manifestò una spiritualizzazione dei legami collettivi e spiritualizzazione
significa nonostante tutto indebolimento...(Ibidem, p.61)
È vero esattamente il contrario: proprio i legami nazionali,
che si spiritualizzano, cioè si sublimano al massimo, si rinforzano,
poiché non dipendono più da fattori contingenti, come, per
esempio, lunità territoriale, la concentrazione in questa, luso
della stessa lingua, ecc. Gli emigrati italiani in America conservano lidentità
nazionale al massimo per altre due o tre generazioni, e poi si assimilano.
Staccati dal loro territorio originale e perso luso giornaliero della
stessa lingua madre, perdono anche lautoidentificazione come italiani,
mentre gli ebrei, proprio a causa di questa spiritualizzazione dei legami
nazionali, cioè dei legami del clan, non dipendono più da
fattori contingenti per mantenere la propria identità.
Per Sartre, come Hegel, Kant e Tacito prima di lui, lidea di nazione
e di legame nazionale è troppo staccata dalla realtà dei
legami tribali emotivi ed affettivi e, quindi, legame nazionale, per
loro, è legato a un concetto di stato e di patria che, nella società
occidentale, sono diventati un simbolo e unastrazione. Staccandosi dalla
fedeltà tribale, lOccidente ha scambiato dei contenuti emotivi
concreti con dei simboli astratti: la patria, la bandiera, i confini, lintegrità
del territorio: gli affetti sono diventati principi. Legame nazionale
è per Sartre unastrazione, quindi, fare la spiritualizzazione
di unastrazione, secondo lui, conduce inevitabilmente a un indebolimento.
Ma gli ebrei non hanno fatto la spiritualizzazione di unastrazione,
bensì di qualcosa di molto concreto, come la coesione del clan,
la vitalità della quale, cementata ancora di più dal senso
di colpa, è alla base della conservazione del popolo ebraico.
Sartre scrive:
Gli ebrei che ci circondano hanno con la loro religione appena un rapporto di cerimonia e di cortesia. Domandai ad uno di loro perché aveva fatto circoncidere suo figlio. Mi rispose: Perché faceva piacere a mia madre, e poi perché è più igienico. E vostra madre, perché ci teneva?. Per via dei suoi amici e dei suoi vicini. Comprendo che queste spiegazioni troppo razionali nascondono un segreto e profondo bisogno di riattaccarsi alle tradizioni e di abbarbicarsi, in mancanza di un passato nazionale, a un passato di riti e consuetudini (Ibidem, p.60).Non potrebbe esserci equivoco più stridente.
.E Shakespeare
Mentre i filosofi si sono sempre preoccupati di trovare soluzioni al
problema ebraico, nel Mercante di Venezia, Shakespeare denuncia sulla
scena in maniera magistrale lantisemitismo come un problema caratteriale
della società occidentale.
Il succo di questopera, infatti, risiede nel contrasto tra il mondo
decadente della Venezia di Antonio e la fiabesca Belmonte di Porzia, da
una parte, e la tribù di Shylock, dallaltra (La parola tribù
torna con molta insistenza nelle battute di Shylock, per esempio: Sia
maledetta la mia tribù, se gli perdono! (I, iii); Perché
la sofferenza è linsegna della nostra tribù (I, iii); Tubal,
un ricco ebreo della mia tribù (I, iii)Anche i veneziani si riferiscono
alla tribalità ebraica di Shylock:
ecco che arriva un altro della
tribù (III, i) ). Inizialmente, ci vengono presentate le prime
due situazioni, con Antonio e Porzia accomunati da una misteriosa quanto
incomprensibile tristezza, che fa riscontro allodio di Shylock per Antonio.
Ma mentre il disagio di Antonio e Porzia rimane misterioso e non trova
nessuna giustificazione plausibile nel corso del dramma, ecco che Shakespeare
ci fa intravvedere, dapprima da lontano, poi sempre più da vicino,
come in un inesorabile crescendo, le ragioni dei sentimenti di Shylock:
egli, ci spiega, è il prodotto dellodio esercitato su di lui dalla
società di Venezia, che qui funge da simbolo di un occidente in
crisi di identità, che, come un organismo privo di forze, incapace
di vivere la propria situazione esistenziale (e qui è la spiegazione
della stanchezza esistenziale dei due protagonisti cristiani), vede nellebreo,
appunto, un simbolo del pericolo di retrocedere a una organizzazione sociale
e mentale precedente, e lo identifica come lantitesi di quella soluzione
apollinea che nei momenti di crisi è continuamente in pericolo .
Chi, ascoltando latto di accusa di Shylock contro lantisemitismo
di Antonio (Shylock, in I, iii, 104/127), e la sua appassionata e
orgogliosa difesa di appartenere a quella tribù di cui Tacito invidiava
lintima coesione affettiva, che trova il suo culmine nella frase:
For
sufferance is the badge of all our tribe
(Ibidem, I, iii, 108) non
si sente commosso e spinto a prendere naturalmente le parti dellebreo?
La risposta di Shakespeare arriva con la successiva battuta di Antonio:
lantisemita non è disposto a commuoversi di fronte a Shylock, proprio
perché è antisemita, e commuoversi significherebbe identificarsi
con lebreo, che è ciò che teme maggiormente, poiché
ciò equivarrebbe a rimettere in gioco le proprie rimozioni. Lobiettivo
di Antonio (e con lui, di tutta la società di cui egli è
espressione) è invece ben altro: quello di espropriare lebreo Shylock
dei suoi beni, e della sua stessa identità di ebreo: esattamente
come il mondo greco romano cristiano sentì il bisogno di appropriarsi
dellidentità stessa degli ebrei e di coercizzarli in tutti i modi
nellambito della società apollinea. Questa è infatti la
conclusione, tragica per lebreo, dellopera di Shakespeare: privato dalla
legge di Venezia dei suoi beni, della figlia e della sua identità,
Shylock verrà battezzato fuori scena, a indicare che la sua esperienza
esistenziale finisce nel momento preciso in cui il tribunale cristiano
lo elimina come ebreo, e si appropria di ciò che è suo .
Antisemitismo apollineo e antisemitismo dionisiaco
Come abbiamo sostenuto nei capitoli precedenti, lantisemitismo, di
cui è permeato lOccidente, dai tempi dellecumene ellenista e fino
ai nostri giorni, è una fobia verso quella soluzione alternativa
rimossa che rischia di riemergere e di mettere in dubbio le soluzioni mentali
faticosamente conquistate. La precarietà di questo equilibrio non
permette, quindi, una coabitazione con un gruppo di uomini, organizzati
in una soluzione mentale incompatibile con quella occidentale. Il monismo
diventa, così, in Occidente, lunica forma di sopravvivenza contemplabile.
Come lecumene ellenica doveva convertire i barbari a ununica cultura,
affinché il proprio equilibrio precario non venisse minacciato,
così anche oggi la società apollinea europea non riesce a
contemplare una società, nella quale diverse soluzioni coabitino
sotto lo stesso tetto. Lantisemitismo apollineo è, dunque, lincapacità
di contemplare una soluzione pluralista e si traduce, così, in intolleranza
e odio per il diverso.
Ma, come ci ha insegnato lesperienza di questo secolo, esiste un antisemitismo
ben più feroce di questo: quello messo in atto dalle tribù
germaniche, che nulla sanno di apollineo, di polis e di soluzioni plastiche.
Se la Chiesa cattolica, durante i secoli, teneva ai propri ebrei, per
poterli umiliare pubblicamente e fornire la prova vivente dellira divina,
ovvero dellerrore di una soluzione dionisiaca in opposizione a quella
apollinea del cattolicesimo, non sancì mai il genocidio e la loro
distruzione fisica.
Lantisemitismo, per le tribù teutoniche, si tradusse, invece,
in bisogno di cancellarne persino le tracce fisiche.
Vediamo cosa dice Freud dellantisemitismo:
non dimentichiamoci che tutti questi popoli che oggi eccellono nellodio contro gli ebrei sono diventati cristiani solo in epoca tarda, spesso spinti da sanguinosa coercizione. Si potrebbe dire che sono tutti battezzati male e che sotto una sottile verniciatura di cristianesimo sono rimasti quello che erano i loro antenati, i quali professavano il barbaro politeismo. Non avendo superato il rancore contro la nuova religione che è stata loro imposta, lhanno però spostato sulla fonte donde viene il cristianesimo loro pervenuto. Il fatto che i Vangeli narrano una storia che si svolge tra ebrei e tratta propriamente solo di ebrei ha facilitato questo spostamento. Il loro odio per gli ebrei è in fondo odio per i cristiani, e non vi è di che meravigliarsi se nella rivoluzione nazionalsocialista tedesca questa intima relazione tra le due religioni monoteistiche trova così chiara espressione nel trattamento ostile riservato a entrambi (Freud, op.cit, pp. 412 - 3)È vero che i popoli al di là delle Alpi sono battezzati male, ma questo non significa che sono stati battezzati male al cristianesimo, come continuazione dellebraismo, ma bensì significa coercizzati entro il mondo apollineo greco - romano e le sue soluzioni.
I Tedeschi: originariamente questo termine significava i pagani: è così che i Goti, dopo la conversione, chiamavano la gran massa dei membri della loro stirpe non battezzati, prendendo suggerimento dalla loro traduzione dei Settanta, in cui i pagani venivano designati con la parola che in greco significa i popoli: si veda Ulfila. Sarebbe pur sempre possibile che I Tedeschi trasformino a posteriori il loro antico appellattivo ingiurioso, diventando il primo popolo non cristiano dEuropa: che in ciò siano dotati in sommo grado costituiva per Shopenhauer un loro titolo donore.Così giungerebbe a compimento lopera di Lutero, che ha insegnato loro (ai Tedeschi, N.d.R.) a essere antiromani (La gaia scienza, par.146. Vedi anche par.358)E ancora:
Si direbbe che alle razze latine inerisca il cattolicesimo in maniera molto più intima di quanto non accada per lintero cristianesimo in generale a noi gente del nord; e che di conseguenza lincredulità nei paesi cattolici debba significare qualcosa di molto diverso da quello che essa significa nei paesi protestanti, cioè una specie di rivolta contro lo spirito della razza, mentre da noi è piuttosto un ritorno allo spirito (o al non spirito ) della razza. Indubbiamente noi, gente del nord, proveniamo da razze barbare anche per quello che riguarda la nostra disposizione alla religione: per questo noi siamo mal dotati (Al di là del bene e del male, par.48.)Lodio dei cristiani battezzati male verso gli ebrei, non ha dunque niente a che fare con lodio verso il cattolicesimo. Verso il cattolicesimo hanno un rapporto di rancore misto ad ammirazione, esattamente come avevano verso la cultura greco- romana, loro imposta.
Il capolavoro della prosa tedesca è perciò, ovviamente, il capolavoro del suo massimo predicatore: la Bibbia è stata fino ad oggi il miglior libro tedesco. In confronto alla Bibbia di Lutero quasi tutto il resto non è che letteratura- una cosa che non si è sviluppata in Germania e che perciò non poteva né può crescere nellintimo dei cuori tedeschi come invece è accaduto per la Bibbia (Ibidem, par.247).E ancora: "Solo nella musica di Handel risuonò il meglio dellanima di Lutero e dei suoi affini, il grande tratto giudaico-eroico che creò lintero movimento della Riforma .
Gli ebrei sono parenti di sangue [rieccoci al patto di sangue tribale] del nostro Signore; se fosse solo una questione di carne e di sangue, gli ebrei apparterebbero a Cristo più di noi. Ti prego perciò mio caro papista, quando ti stancherai di abusarmi come eretico, comincia a calunniarmi in quanto ebreo (Lutero, Opere, The Christian in Society, Philadelhia: Fortress Press, 1971, Vol.47, p.268)È interessante notare che Maometto, novecento anni prima, si era atteggiato nella stessa maniera. Era sicuro che gli ebrei, percepiti con una struttura mentale simile a quella araba pura, fossero i più adatti di tutti ad accogliere il suo messaggio. Quando questi si rifiutarono, lamore si trasformò in odio e le tribù ebraiche furono cacciate dalla penisola arabica . Così si esprime Lutero dopo aver capito che, dionisiaco o no, gli ebrei non avrebbero accettato il suo messaggio, come non avevano accettato quello di Maometto e di Paolo prima di lui :
Quindi, non deve essere considerata cosa da poco ma bensì della massima serietà cercare un modo (di agire contro di loro) e salvare le nostre anime dagli ebrei, ovvero dal diavolo e dalla morte eterna[ ]Cosa dobbiamo fare noi cristiani con questo popolo reietto e condannato, gli ebrei? Dal momento che vivono tra di noi, non possiamo tollerare la loro condotta, ora che abbiamo capito le loro menzogne e la loro blasfemia. Così noi non dobbiamo estinguere la fiamma dellira divina, di cui parlano i profeti e nemmeno possiamo convertire gli ebrei. Con la preghiera e il timor di Dio dobbiamo adoperare misericordia per vedere se possiamo salvare almeno alcuni dalle fiamme. Noi non osiamo vendicarci. Una vendetta mille volte peggiore di quella che possiamo loro augurare li tiene già per la gola. Vi darò il mio consiglio: prima di tutto appiccate il fuoco alle loro sinagoghe e scuole e ricoprite di terra qualsiasi cosa non arda, così che nessuno veda più una pietra di esse. Questo deve essere fatto in onore di nostro Signore e della Cristianità, così che Dio possa vedere che noi siamo cristiani (sic!) e non condoniamo né tolleriamo simili pubbliche menzogne, maledizioni e blasfemie di Suo Figlio e dei suoi Cristiani. Poiché quello che abbiamo tollerato in ignoranza nel passato, e io stesso non ne ero consapevole, ci verrà perdonato da Dio. Ma se, ora che ne siamo informati, dovessimo proteggere e permettere una casa simile per gli ebrei, come esistono ora davanti al nostro naso, nelle quali mentono, blasfemano, maledicono, villipendiano e diffamano Cristo e noi, sarebbe lo stesso che se noi stessi facessimo queste cose e , ancora peggio.Vediamo come Lutero, dopo aver flirtato con gli ebrei, in quanto fratelli di sangue e alleati naturali contro il cattolocesimo, si vendica di loro come un amante tradito.
Secondo, consiglio che anche le loro case siano rase al suolo e distrutte. Poiché essi conseguono in queste gli stessi propositi che nelle loro sinagoghe. Invece di case posano venire alloggiati sotto un tetto o nei fienili, come gli zingari. Ciò farà loro capire che non sono i nostri padroni nel nostro stesso paese, come si vantano, bensì vivono in esilio e in prigionia, come essi stessi piangono e si lamentano di noi davanti a Dio.
Terzo, consiglio che vengano privati di tutti i libri di preghiera e scritti talmudici, in cui vengono insegnate simili idolatria, menzogne, maledizioni e blasfemie[ ]
Quarto, consiglio che ai loro rabbini venga proibito di insegnare sotto la pena di morte[ ]
Quinto, consiglio che vengano privati di qualsiasi salvacondotto e che non possano girare per le strade[ ]
Sesto, consiglio che venga proibito loro di esercitare lusura e che vengano deprivati dei loro tesori di oro e argento[ ]poiché tutto quello che posseggono lo hanno rubato a noi.[...]
Settimo, comando di mettere loro in mano una vanga, una zappa e un piccone e che comincino a guadagnarsi il pane con il sudore della fronte come è stato comandato ad Adamo[ ] (Lutero, ibidem, pp.269 - 93; Cfr. The Jews and Their Lies).
Italiani e tedeschi
A questo punto comincia a diventare chiaro anche un altro fenomeno che
finora era rimasto oscuro, ovvero come mai in Italia, a differenza della
Germania, lantisemitismo non sia mai esploso in maniera feroce e virulenta.
In questi ultimi due secoli italiani e tedeschi avevano condiviso la
condizione di nazione spezzettata e suddivisa in tanti piccoli staterelli,
ed erano rimasti gli unici popoli dEuropa che non godevano di una sovranità
nazionale comune.
A differenza della Francia, la Spagna, la Russia e lInghilterra, non
erano riuniti sotto il tetto di un monismo politico che rispecchiasse la
percezione di unità nazionale e di conseguenza, quando le scorribande
napoleoniche per lEuropa portarono ovunque le nuove idee di libertà,
uguaglianza e fraternità, queste, in Italia e in Germania, si fusero
con aspirazioni irridentiste. Ma mentre le aspirazioni irredentistiche
italiane, permeate dal nuovo spirito di uguaglianza, permisero agli ebrei
emancipati di partecipare pienamente al movimento di liberazione nazionale,
e non respinsero i propri ebrei bensì li integrarono, il nuovo nazionalismo
tedesco sostituì il vecchio antisemitismo oscurantista cristiano-luterano
con un antisemitismo di stampo romantico, irridente e razziale ancora più
feroce. Per i giovani tedeschi che si ribellavano alle vecchie istituzioni,
libertà e razzismo erano ununica proposizione.
Allappuntamento con lilluminismo settecentesco ebrei e tedeschi erano
arrivati con intenzioni completamente diverse: gli ebrei percepivano la
propria affinità esistenziale ai loro vicini e traevano da questa
percezione più che la speranza, diremmo quasi la certezza che, smantellato
dalle nuove idee lantico antisemitismo clericale e oscurantista, e sostituito
il vecchio ordine sociale di unaristocrazia agraria abituata da sempre
allimmobilismo con quello nuovo dellemergente borghesia cittadina dinamica
e vivace, sarebbero cadute anche le barriere che impedivano loro una completa
integrazione (Riccardo Calimani, I Destini e le Avventure dellIntellettuale
Ebreo, Mondadori, Milano 1996, p.332).
Gli ebrei vedevano nellantisemitismo tedesco un equivoco mantenuto
in vita solo dalla superstizione clericale in combutta con la rigidità
sociale della vecchia aristocrazia. Restituita la ragione, la naturale
affinità tra tedeschi ed ebrei avrebbe dovuto emergere per forza.
Heinrich Heine, il poeta ebreo che Freud definirà il suo coirreligionario
(S.Freud, Lavvenire di unillusione, in op.cit., Vol.X, p.479.
Heine a sua volta, con lo stesso motto di spirito, aveva definito Spinoza)
, scrisse che per lui la Germania era ciò che lacqua è
per il pesce e si considerava un archivio di sentimenti tedeschi (R.Calimani,
ibidem). Nietzsche disse di lui:
Il più alto concetto del poeta lirico me lha dato Heinrich Heine. Cerco invano per tutti i millenni una musica altrettanto dolce e appassionata. Egli possiede quella divina cattiveria senza la quale io non riesco a figurarmi la perfezione - io giudico il valore degli uomini e delle razze a seconda del rigore che dimostrano nel tenere Dio indiviso dal satiro - e come sa trattare la lingua tedesca! Un giorno si dirà che Heine e io siamo stati di gran lunga I primi virtuosi della lingua tedesca (Ecce Homo, par.4).Per Gabriel Riesser, il primo ebreo eletto al parlamento tedesco, la Germania era come lorientamento dei miei sentimenti e dei miei pensieri, la lingua che parlo, laria che respiro . Walter Benjamin, uno degli intellettuali ebrei più spiccati tra le due guerre scrisse: ebreo e tedesco sono faccia a faccia come due estremi affini (R.Calimani, ibidem).
Gli ebrei professano una religione finita e meritano lo stesso trattamento che si deve riservare agli zingari [sic! a proposito di zingari], che puzzano ed emanano un gas particolare [sic! A proposito di gas], possono mangiar lardo di Sabato per distinguersi dagli altri ma restano indistinguibili. Peggio di quelli che indossano il caffettano nero (Ibidem, p.353).Nel 1812 Federico Guglielmo emise un editto che assicurò agli ebrei di Prussia la parità di diritti, ma ciò malgrado, dopo il 1815 il mondo ebraico fu costretto a vivere una rinnovata condizione di discriminazione: borghesi e nobili si schierarono contro gli ebrei e questi diritti furono aboliti. Nel 1819 a Berlino scoppiò un vero e proprio pogrom anti-ebraico che culminò in scorribande e atti di violenza al grido di Hep, Hep! (Hierosolyma perdita est). In Germania, al contrario dellItalia, ogni ondata di irredentismo nazionalista fu accompagnato da unondata parallela di antisemitismo. Il motivo è chiaro: come i tedeschi cercavano di forgiare una nuova autoidentità, si sentivano automaticamente minacciati dalla vicinanza di unidentità ebraica, minacciosa proprio perché affine.
Colla sinagoga trescava il Mazzini, i frutti del cui amori al Campidoglio di Roma non sono ignoti, colla sinagoga il Garibaldi, colla sinagoga il Cavour, colla sinagoga il De Pretis; ed umili servi della sinagoga sono stati molti di quei grandi, ai quali la dabbenaggine pubblica ha eretto ed erige lapidi, busti, e monumenti, per glorificarne lamore alla libertà e alla patria (Della questione giudaica in Europa, Prato 1891, p.60.) .Quindi anche gli antisemiti associavano gli ebrei con pattriottismo italiano e Risorgimento, anche se in senso denigrativo, confermandoci lo stretto legame tra ebrei e irridentismo. I nemici degli ebrei, in Italia, erano anche i nemici dello stato italiano: la Chiesa e gli elementi oscurantisti che rimpiangevano lantico ordine.
Fascismo e nazionalsocialismo
Non solo non mancarono neppure gli ebrei fascisti, ma questi aiutarono
nel finanziamento dei primi gruppi fascisti e del Il Popolo dItalia,
che diventò uno dei giornali del partito, ed ebbero parte attiva
nelle squadre di Italo Balbo (R.De Felice, ibidem, p.73). Tra i partecipanti
alla fondazione dei fasci di combattimento a Milano, il 23 Marzo 1919,
i famosi sansepolcristi, ci furono certamente almeno cinque ebrei, e tre
ebrei figurano nel matirologio ufficiale della rivoluzione fascista (Ibidem)
. Duecentotrenta ebrei parteciparono alla marcia su Roma (Ibidem).
A differenza dei loro correligionari tedeschi, che furono sempre frustrati
nel disperato tentativo di partecipare agli eventi, al di qua delle Alpi
ebraismo e patriottismo fu una formula che funzionò alla perfezione.
Gli ebrei della penisola, oltre allautoidentificazione assoluta con
gli interessi dello Stato italiano, ispirata e messa in atto dal processo
storico per il quale le aspirazioni irredentistiche e liberiste avevano
combaciato ed erano in simbiosi con le proprie, avevano anche assorbito
il fascino della cultura apollinea circostante. Pur mantenendo la propria
identità particolare di fondo, che trovava espressione nelleco
di un lontano passato comune e lorgoglio di appartenere a un elite intellettuale
e spirituale, gli ebrei erano orgogliosi anche di essere italiani e di
avere legato il proprio destino a quello della nazione. Pur ricordando
la Gerusalemme terrestre e lantica particolarietà nazionale, si
sentivano fortunati di essere stati trapiantati proprio nella terra che
aveva dato quei doni che li circondavano: Virgilio, Dante, il Petrarca,
Giotto, Brunelleschi, Michelangelo, Leonardo e così via, fusi nellaria
di tolleranza e di libertà che emanavano da quando gli italiani
erano riusciti a prendere nelle proprie mani la propria sorte. Se già
doveva esserci un esilio, questo era quello giusto. La Gerusalemme dei
cieli per loro era proprio lItalia.
Il messaggio apollineo di sublimazione, la sua ebbrezza, per
ricalcare lespressione Nietzscheana, non poteva non essere penetrato
nella ricettiva psiche ebraica.
Quando Musolini, nel patetico tentativo di mimare Hitler, introdusse
nel 1938 le leggi razziali, alcuni gerarchi fascisti, tra cui Italo Balbo
(De Felice, ibidem, p.241) lo sconsigliarono in proposito, facendogli
notare che non pochi camerati erano ebrei, e mal si addiceva lidea di
razza allo spirito del popolo italiano. Il Duce infatti comunicava con
il popolo italiano parlando di Patria e di supremazia dello Stato: quando
cominciò a parlare di razza introdusse una stonatura stridente e
in realtà gli italiani, pur ripetendo la parola come pappagalli,
non riuscivano a capire che cosa intendesse. Infatti non lo sapeva nemmeno
lui. Il nazionalismo del primo novecento, unito al romanticismo di stampo
dAnnunziano e al futurismo di un Marinetti aveva parlato di razza italiana
ma intendeva una carica tutta spirituale che trascendeva ogni biologia
delle razze (Ibidem, pp.28 -- 31). Quando Mussolini dopo il 1938 cercò
di riallacciarsi a questi precedenti per giustificare la sua politica,
dovette travisarne completamente i significati originali, poiché
questi non erano mai stati usati in un contesto specificatamente italiano,
come antisemitismo.
La cultura italiana, permeata di monismo apollineo, si trascinava dietro,
negli strati più profondi della psiche, lantico antisemitismo ellenico-romano,
così fedelmente descritto da Tacito, che si esprimeva da sempre
come antipatia e disgusto per il diverso, ma era estranea a qualsiasi idea
di supremazia razziale o tribale. Se gli ebrei dimostravano di essere come
gli altri, agli italiani andava bene così.
I romani, dopo aver esteso la pax romana a tutta lecumene ellenista
riunificata, accordavano facilmente la cittadinanza romana senza curarsi
dellestrazione etnica del cittadino. Per loro lunificazione era politica
e culturale, sotto la sovranità dello Stato. Questo era anche lunico
parametro che li riguardasse. La loro intolleranza per la Giudea turbolenta
e iconoclasta derivava dal fatto che lì non erano pronti ad accettare
questi parametri. Rifiutarsi di mettere la statua di Caligola nel tempio
di Gerusalemme era considerata ribellione politica. Paolo di Tarso, ebreo
e fariseo, era anche un rispettato cittadino romano. Come ci raccontano
gli Atti degli Apostoli un centurione non osava flagellarlo e lo stesso
tribuno era terrorizzato dal aver messo un cittadino romano in catene (22,
25-9), malgrado fosse ebreo. Paolo, il vero fondatore del cristianesimo,
si vantava di essere cittadino romano, ovvero di appartenere alla cultura
ecumenica greco-romana, e solo a questa infatti era diretto il suo messaggio,
e solo questa lo assorbì pienamente: un messaggio monista ed ecumenico
che corrispondeva a quello dellellenismo, ma tale solo in senso culturale,
certamente né razziale e neppure nazionale.
Litalianità, che si riallaccia a questi strati della psiche,
riflette un monismo apollineo che da una parte è la sua debolezza
ma dallaltra, con la ricchezza della sua cultura, anche la sua forza,
poiché attraverso di questa può mediare la fobia antisemita
di stampo ellenista e farle da filtro. Proprio la percezione di unidentità
comune, rafforzatasi dallo slancio patriottico, servì da strato
di protezione contro lemergere di sentimenti antisemiti.
Possiamo, con un ragionevole grado di sicurezza, sostenere che il Risorgimento
fu il momento, in tutta la storia italiana, in cui lantisemitismo sia
stato sentito di meno, o forse sentito affatto. Proprio perché fu
il momento in cui gli italiani si sentirono più a loro agio a contatto
con la propria autoidentità. Gli ebrei italiani, quando furono emancipati
e si dimostrarono disponibili ad assorbire la cultura apollinea che li
circondava, non incontrarono, a differenza di loro correligionari tedeschi,
resistenza alcuna. Lidea di Stato, di unità italiana, era pronta
ad assorbire chiunque si dimostrasse disposto a far parte dei cittadini
della polis: malgrado le invasioni barbariche di decine di secoli e la
mescolanza di sangue che ne era conseguita, lantico modus mentale greco-romano
nella psiche italiana era rimasto quello prevalente.
Mussolini aveva bisogno della legittimazione della monarchia, poiché
questa rappresentava la Patria: il re, la regina, i principi, come nelle
fiabe, erano il simbolo della Sacra Famiglia, che in Occidente sta per
legalità. La rivoluzione fascista non venne a sovvertire lordine
costituito bensì a proteggerlo. La Patria era quella: il re, il
tricolore con lemblema sabaudo nel mezzo, e per rendere il quadro ancora
più conciliante, il duce, con lungimirante perspicacia politica,
con i Patti Lateranensi riuscì a portare anche la Chiesa sotto il
tetto del consenso comune. Alla minaccia del bolscevismo fu contrapposto
lemblema di Dio e Patria. Come era già successo in tuta la storia
occidentale da Pisistrato in poi, quando lo stato apollineo si sentiva minacciato
da destabilizzazione, reagiva affidando il potere a uno dei cittadini che
diventava così un tiranno. Quasi fino alla fine, certamente fino
alla guerra, il regime rimase uno strumento nelle mani della vecchia classe
dirigente
In Germania invece un imbianchino sovvertì tutto lordine sociale
costituito e questo era proprio anche il suo principale appellativo sulle
masse: Hitler era la figura dellEroe, il primo e il vicario dellorda
dei fratelli rivoltosi, mandato in missione contro lo Stato, simbolo del
Padre e del potere. Infatti il fuhrer sostituì anche tutti i simboli
del vecchio ordine: cambiò linno nazionale e la bandiera e istituì
la svastica, come simbolo fallico comune a tutta lorda.
Dopo essere salito al potere con il tacito consenso esitante dellaristocrazia,
della plutocrazia e con quello molto meno esitante della piccola e media
borghesia, terrorizzate dallo spettro del bolscevismo, subentrò
alle prime due e le accantonò, poiché il suo scopo era di
sovvertire tutto il vecchio ordine sociale per poter perpetrare la sua
rivoluzione: quella della supremazia della tribù dei fratelli sui
propri padri e su tutte le tribù vicine. Quello che Freud aveva
chiamato il piu piccolo dei fratelli, delegato dallorda a commettere
il parricidio, Lloyd deMause ha chiamato Phallic Leader:
The Phallic Leader, like a shaman, is adept at entering into trance states himself--Hitler often called himself "a sleepwalker." Political meetings are easily seen as altered states of consciousness. A journalist reports getting "caught in a mob of ten thousand hysterics who jammed the moat in front of Hitler's hotel shouting, We want our Führer!' I was a little shocked at the faces, especially those of the women[...]They reminded me of the crazed expressions I saw once in the back country of Louisiana on the faces of some Holy Rollers[...]They looked up at him as if he were a Messiah, their faces transformed." Switching into their social alter gave them a shot of dopaminergic power, exactly the same as taking amphetamines, that made them feel merged with both the Phallic Leader and the group, the nation, the Volk. Fichte described this merging as he felt it take hold of him When I thought of the Volk and saw it, and when the great feeling of it gripped me, [...]when a great crowd moves before me, when a band of warriors passes before me with flowing banners[...]I feel the indestructible life, the eternal spirit, and the eternal God[...]I am immediately freed from all sins. I am no longer a single suffering man, I am one with the Volk (Lloyd deMause, Childood an History, Creative Roots, New York 1998, cap.5)Dopo centinaia di secoli di migrazioni di popoli nellEurasia e di movimenti di popoli praticamente incessanti allinterno dellEuropa parlare di purità di razza è altrettanto stolto che parlare di purità di vento, eppure sia Hitler che Mussolini parlarono di razza.
Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non cè autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio quindi chi si oppone allautorità si oppone allordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si tireranno addosso la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene ma solo quando si fa il male perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza (Lettera ai Romani 13,1-7) .Ed ecco che il Dio di Paolo è parallelo alla divinità della sovranità dello Stato. Il suo Cristo è Apollo. Ai tedeschi, invece, poco importava se gli ebrei fossero fedeli alle leggi dello stato e cittadini esemplari, poiché poco importava loro dello Stato per se: il concetto di entità sovrana, al di sopra dellidentità del clan, non era infatti mai stato assorbito dalla psiche teutonica: per loro gli ebrei, membri di una tribù vicina, erano stranieri a priori. Le mura di cinta della polis, che rappresentavano nella società occidentale gli interessi comuni, non avevano per loro nessun significato. Il Cristo tedesco e luterano aveva conservato la sua natura dionisiaca e anti-apollinea. Era rimasto esclusivamente il dio-Figlio ribelle e non aveva passato la trasfigurazione in Dio-Padre. Hitler, il fuhrer sarà la sua incarnazione. La rivoluzione nazional-socialista non fu altro, sotto laspetto psicologico, che la continuazione, dopo quattro secoli, della Riforma di Lutero che si era scrollato dalle spalle lautorità della Chiesa e del Santo Padre, madre e padre dello stato apollineo.
Da odio a paranoia
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come lodio teutonico per gli
ebrei derivi dalla affinità-attrazione dei tedeschi per quelli che
vengono percepiti come il proprio alter ego rimosso. Per adoperare unanlogia
presa dal campo della fisica diremmo che due particelle con cariche elettriche
di segno uguale, quando interagiscono, sviluppano forze repulsive.
Nella psicologia del profondo il fenomeno è conosciuto come
omofobia, ovvero quando lattrazione inconscia scatena odio come meccanismo
di difesa dalle proprie tendenze rimosse. Le bande di teppisti che assalgono
gli omosessuali o i travestiti e li picchiano a sangue, senza nessun apparente
motivo, lo fanno poiché sono terrorizzati dalle proprie pulsioni
omosessuali inconsce e rimosse. Da una parte sono loro stessi a ricercarli
e dallaltra, una volta trovati, li assalgono brutalmente. Così
facendo creano una distanza tra sé stessi e le proprie tendenze
rimosse e, nello stesso tempo, puniscono la parte di sé stessi
che odiano e che proiettano nella figura delle vittime.
Chi non ha tendenze omosessuali inconsce del cui riemergere abbia timore,
non nutre neppure odio o ribrezzo quando le incontra negli altri. Sotto
la pressione di circostanze particolarmente gravose questo impasto di amore-odio
può esplodere in paranoia.
Vediamo in cosa può aiutarci Freud nella comprensione
del fenomeno:
Saremmo inclini a sostenere che lelemento paranoico della malattia è costituito dal fatto che per difendersi da una fantasia di desiderio omosessuale il paziente reagisce precisamente con un delirio di persecuzione di un certo tipo I pazienti le cui storie cliniche fornirono il materiale della ricerca erano uomini e donne diversi per razza, professione e ceto sociale: in ciascuno di questi casi vedemmo con sorpresa come al centro del conflitto morboso fosse chiaramente riconoscibile una difesa contro un deiderio omosessuale e come nel tentativo di dominare la loro omosessualità inconsciamente rafforzata tutti avessero subito uno scacco (S.Freud, Un Caso di paranoia, in op.cit., vol.6, p.384).Lo scacco di cui parla Freud, sarebbe il punto di rottura, lapice della crisi dopo della quale lodio si tramuta in delirio paranoico. Vediamo come si svolge il meccanismo:
Nel delirio di persecuzione in cui il paziente proclama con forza: Io non lamo-io lodio la contraddizione, che nellinconscio non potrebbe suonare altrimenti, non può tuttavia divenire cosciente nel paranoico in questa forma. Il meccanismo di formazione del sintomo nella paranoia implica che la percezione interna, il sentimento, siano sostituiti da una percezione proveniente dallesterno.Ed ecco che, un pò alla volta, comincia a diventarci chiaro come, sotto la pressione dello scacco sociale subito da unintera nazione, rappresentato dalla sconfitta subita nella Grande Guerra, la miseria generale che la seguì, liperinflazione degli anni venti, e la percezione di un vicolo cieco per quello che riguarda il destino della nazione, lantico odio-attrazione per gli ebrei trasformò un intero popolo in paranoici posseduti da delirio persecutorio. Infatti i nazisti non additarono gli ebrei solo come una razza inferiore, bensì li accusarono di essere i nemici del popolo tedesco, coloro che avevano pugnalato la patria nella schiena durante la guerra mondiale, con il loro tradimento ne avevano causato la sconfitta e con le loro subdole congiure impedivano ai tedeschi di perseguire il loro grande destino. Gli ebrei, secondo lideologia nazista, andavano sterminati in quanto erano loro i persecutori del germanesimo e fino che fosse rimasto in vita anche un solo ebreo nessun tedesco avrebbe potuto sentirsi al sicuro. LEuropa doveva diventare Judenrein , affinché la nazione tedesca potesse riemergere dalla polvere.
Cosicché la proposizione Io lodio si trasforma grazie ad un meccanismo di proiezione nellaltra: Egli mi odia (mi perseguita) e ciò mi autorizza a odiarlo. In tal modo il sentimento inconscio propulsore si presenta come conseguenza di una percezione esterna:
Io non lamo- Io lodio perché egli mi perseguita.
Losservazione non consente in proposito dubbio alcuno: il persecutore altri non è se non lamato di un tempo (Ibidem, p. 389. Il grassetto è di Freud).
Mussolini e il nazismo
Crediamo di essere riusciti ad analizzare i motivi per i quali le leggi razziali di Mussolini, a differenza di quelle di Hitler, furono considerate poco più di una nuova bizzarria del regime fascista. Ma cè unaltro punto, non privo dimportanza, che vogliamo provare a dissezionare: il ruolo che abbia avuto la personalità stessa del duce sulla decisione di introdurre in Italia queste famigerate leggi. La stampa fascista si gettava unanime contro lantisemitismo hitleriano traducendo in parole esplicite lincompatibilità tra italianità e antisemitismo:
Il razzismo è fuori della storia, la rinnega, o per meglio dire la trascura, la ignora, è indifferente dinanzi ad essa. La riduce, al più a sottoprodotto della propaganda Si capisce come questo modo di considerare le cose sia lontano dal nostro. Il razzismo urta contro tutte le nostre convinzioni. Un italiano parlerà di stirpe, di famiglia, ma è difficile quando si riferisce ai suoi simili, che si serva correntemente della parola razza. Perché litaliano è impastato di storia, e proprio la sua storia gli dice che una civiltà complessa e durevole non nasce da una razza; ma, se mai, dal concorso delle razze e delle genti (M.Rivoire, La razza contro la storia, in Il popolo di Lombardia, I Settembre 1934 (riportato dal De Felice, op.cit., p.123).Fino al 1936 il duce non solo ebbe solo espressioni di cordialità, di simpatia e di ammirazione per gli ebrei, ma persino intervenì numerose volte presso il Cancelliere tedesco affinché mitigasse il suo antisemitismo (R.De Felice, op.cit., pp.76 sgg.). Dopo lascesa dei nazisti al potere era diventato quasi il paladino non solo della causa ebraica ma perfino del sionismo (ibidem).
Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine doltre Alpe, sostenute dalla progenie di gente che ignorava la scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto (De Felice, ibidem, p.137).Ovvero considerava la mancanza stessa di ogni sentimento antisemita nel popolo italiano un segno di superiorità su i suoi vicini nordici.
Verso il 1840 Carlo Cattaneo ironizzava sulleccellenza e la nobiltà del settentrione e sopra le magiche peregrinazioni degli Ariani. Carlo Troia si chiedeva come mai improvvisamente la scienza internazionale avesse fatto fuoco e fiamme per lIndia; da parte sua, egli preferiva popolare lEuropa a partire dal Medio Oriente, conformemente alla tradizione (Editori Riuniti, Roma 1999, p.78).
Questa tradizione aveva radici antiche: il sommo poeta, Dante Alighieri,
per assicurare la massima nobiltà alla stirpe di Enea, ne ricordava
lascendenza, citando Virgilio: LAsia, con gli avi più vicini,
cioè Assaraco[...]LEuropa, con lavo più antico, cioè
Dardano; e lAfrica, con lava più antica, cioè Elettra
(Dante Alighieri, De Monarchia, II, 3), e a ciò aggiungeva le diverse
provenienze geografiche delle sue tre donne: Creusa di Troia, Didone di
Cartagine e Lavinia dItalia. Tutto questo per Dante era il segno
della massima nobiltà del sangue: O a chi rimarrà ancora
nascosto il segno della predestinazione divina in quel triplice confluire
in un uomo solo del sangue di ogni parte del mondo? insomma,
la massima nobiltà per Dante è assicurata dallessere un
incrocio di più razze possibili. Come osserva giustamente Poliakov:
Dal punto di vista della dottrina germanica, un tale segno era infame,
un peccato contro la razza, in quanto faceva di Enea un triplice meticcio.
Ma a questo proposito gli italiani moderni restavano allepoca di Dante(Ibidem,
p.81).
Paolo, che con il cattolicesimo aveva articolato la nuova versione
dellecumenismo apollineo era ebreo e cittadino romano. Come abbiamo visto
sopra per lecumene greco-romana non vi era contraddizione alcuna nel suo
status sincretista e neanche Tacito non avrebbe avuto niente da ridire
contro un ebreo che aveva rinunciato alla circoncisione e ai riti tribali
(i 613 precetti della Legge) per diffondere una versione universalista
della fede, in simbiosi assoluta con il modus mentale occidentale. Se la
cultura apollinea e monista italiana andava difesa attraverso delle leggi
contro la tribalità dionisiaca avrebbe avuto molto più senso
dirigerle contro i tedeschi stessi. E infatti proprio il famigerato Giovanni
Preziosi, che fu il portavoce fino al 1938 del dissonante e debole filo
antisemita del fascismo, e che si autoelesse a ideologo del razzismo italiano,
ancora nel 1916, nella seconda edizione della sua opera più importante,
La Germania alla conquista dellItalia, i suoi strali sono per il
pangermanesimo e per la politica tedesca di predominio sul mondo e sullItalia
in particolare, e non vi è accenno alcuno allantisemitismo (R.De
Felice, ibidem, p.46).
Proprio il prototipo dellitaliano razzista non aveva finora avuto
niente da dire contro gli ebrei e tutte le sue difese erano erette contro
le tribù teutoniche doltralpe: vedeva venire dal nord la minaccia
alla razza italiana. La Chiesa stessa aveva dei motivi molto più
concreti di temere per la propria stessa sopravvivenza i nazisti piuttosto
che gli ebrei. La Riforma aveva scosso le fondamenta dellecumenismo cattolico
molto di più di quello che avrebbe mai potuto fare un ebraismo che
non chiedeva di meglio che essere lasciato a sé stesso, e adesso
la vera minaccia veniva proprio da un nuovo luteranismo tribale e anti-apollineo
che stava spingendo questi parametri ai loro estremi.
Ma Mussolini aveva la sua agenda personale.
Su ispirazione di un capo-tribù emerso dalle nebbie della preistoria
teutonica, che attraverso il suo magnetismo primitivo era riuscito a creare
ununica simbiosi tra sé e il suo popolo, e nellillusione che anche
solo toccandolo sarebbe stato travasato di una parte del potere magico-divino,
cominciò a parlare di razza, ovvero, se faccio come lui, sarò
lui. Il mana di Hitler, lo sguardo magnetico del capo dellorda,
che riesce a pietrificare in brivido gelido chi lo guarda. Davanti a lui
Mussolini tornava a essere bambino.
Ma, come abbiamo visto, gli italiani non sono tedeschi.
Questo Mussolini, accecato dal suo narcisismo, dimenticò di
saperlo.
E qui tradì la sua vera natura, quella di un leader provinciale,
dotato di un certo carisma, di unastuzia psicologica e politica non indifferente
e una certa dose di sex-appeal a cui gli italiani non potevano rimanere
completamente insensibili, ma privo di qualsiasi comprensione profonda
della psiche del suo popolo e incapace di afferrare la portata delleresia
esistenziale in cui lo stava trascinando.
A questo si aggiunse una totale incomprensione di strategia globale,
ma su questo non ci soffermeremo poiché quello che cinteressa è
lanalisi psicologica delle forze in campo.
Quello che Hitler stava facendo in Germania, a prescindere dallimmoralità
della sua filosofia, aveva una sua logica interna, e questo è stato
discusso nei paragrafi precedenti. Se il dittatore nazista voleva riuscire
nei suoi scopi doveva fare quello che faceva: le leggi razziali e la
guerra erano per il tribalismo teutonico delle tappe necessarie. Se a Mussolini,
invece, fosse stata a cuore litalianità, la sua cultura e il fascismo
stesso, e avesse capito veramente le poste in gioco, avrebbe dovuto agire
in maniera ben diversa. Gli interessi degli italiani erano quelli
della civilizzazione occidentale di cui facevano parte e a cui avevano
dato, secondi solo ai greci, il contributo maggiore. Questa cultura non
poteva convivere con il nazismo. Se i tedeschi avessero vinto la guerra
sarebbe stata la vittima principale, più ancora degli ebrei, i cui
superstiti avrebbero potuto lasciare lEuropa e sopravvivere culturalmente
in America, in Palestina (come infatti avvenne) o da qualche altra parte.
La cultura ebraica non ha mai avuto bisogno di un suolo sotto i piedi per
sopravvivere, è quella del libro, e i libri si possono portare dietro;
se anche vengono bruciati si possono sempre riscrivere, non sono degli
oggetti, sono delle idee, appunti esterni di contenuti interni, e le idee
non si possono distruggere. Nessun falò di libri, e la storia ebraica
è piena di questi roghi, ha mai impedito agli ebrei di sviluppare
il proprio intelletto, questo risucchia le proprie energie dallinibizione
pulsionale e la sua sublimazione . Se anche viene bruciato un libro della
Torà o del Maimonide ce ne sarà sempre una coppia da qualche
altra parte, e se anche così non fosse i concetti non possono venir
sradicati, distruggendo loggetto sul quale sono stati trascritti. Da quando
fu distrutto il tempio di Gerusalemme gli ebrei rinunciarono a costruirne
un altro e questo fu un fattore estremamente positivo per la psiche ebraica
.
Non così per la cultura apollinea. Se va perduta una statua
del Donatello o viene distrutto un quadro di Raffaello non si possono ricopiare,
ma, ancora più essenziale, le opere darte delloccidente fanno
parte di un contesto culturale e geografico.
Il Partenone di Atene, S. Pietro, il Duomo di Modena o SantAmbrogio
di Milano sono opere che possono essere capite e gustate solo in situ,
sul posto stesso dove sono state costruite. La cultura occidentale non
avrebbe potuto lasciare lEuropa per trasferirsi da unaltra parte. Se
i nazisti avessero ottenuto il loro scopo, avrebbero imposto il loro stampo
mentale tribale, luterano, barbaro e iconoclasta su tutta lEuropa. Come
già avevano cominciato a fare in Francia, e dopo il 1943 anche in
Italia, avrebbero saccheggiato chiese e musei per portare a Berlino il
succo della cultura occidentale, per sollazzare un pubblico che nel migliore
dei casi sarebbe andato a sfilarvi davanti con lespressione ottusa di
unorda inquadrata in una disciplina da bestie da circo. In questo habitat
mentale non solo sarebbe andato distrutto o vanificato tutto quello che
cera, prodotto del lavoro culturale di decine di secoli, ma non avrebbero
neppure potuto venire create opere nuove. Se nell'Italia fascista la spinta apollinea era così forte da permettere una certa continuità produttiva almeno nel campo della pittura, lEuropa nazista, paralizzata
dalle costrizioni del regime, non produsse un solo artista degno di nota,
né ne avrebbe potuto produrne in seguito.
Quindi, quando Mussolini si alleò a Hitler commise, fra gli
altri, un crimine culturale contro il popolo italiano stesso: quello di
lesa maestatis contro lo stato apollineo e tentata tribalità.
Gli occidentali tra ebrei e tedeschi
Possiamo spingere oltre la analisi comparata tra italiani/tedeschi,
e ripercorrere alcuni momenti fondamentali delle rispettive storie dei
due popoli, per vedere quali soluzioni essi abbiano elaborato di fronte
a problemi simili.
Il rapporto tra italiani e tedeschi comincia sotto il segno della reciproca
incomprensione, come simboleggia il resoconto dellincontro tra il vescovo
di Cremona Liutprando, che rappresentava limperatore tedesco Ottone
e limperatore Niceforo Foca, alla fine del X sec. Liutprando
venne accolto malissimo; limperatore Niceforo Foca gli disse che il suo padrone non era affatto un imperatore, ma un barbaro e aggiunse: Voi non siete romani ma longobardi!. Al che Liutprando ribatté che non aveva nessuna voglia di discendere da un fratricida come Romolo e dalla sua banda di ladroni e schiavi fuggitivi. Voialtri proseguì che vi chiamate kosmocratores, cioè imperatori, discendete da questa nobiltà; ma noi, Longobardi, Sassoni, franchi, vi disprezziamo, tanto che quando vogliamo insultare un nostro nemico gli diciamo semplicemente: tu, Romano! (Liutprando da Cremona, "Relatio de legatione Costantinopolitana", 12 in: A. Barbero, C. Frugoni, Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini, Laterza, Roma e Bari 1999).
Questo scorcio di dialogo ci appare paradigmatico, e ci sembra degno
di unanalisi approfondita: per limperatore romano un barbaro non può
essere un vero imperatore, ma solo un "padrone", perché non si può
essere evoluto in maniera convincente al livello apollineo di homo politicus.
Il disprezzo di Niceforo è dovuto proprio a questo. Per lui, come
per tutta una civiltà essere "romano" non significa discendere da
una certa nobiltà o avere nelle proprie vene un sangue "puro", ma
essere integrato in maniera convincente nellecumene apollinea ed essere
disposto ad accettare i contenuti sociali e mentali dellImperium Romanum.
Se i giudei avessero acconsentito ad accogliere nel tempio di Gerusalemme
la statua dellimperatore Caligola, probabilmente i romani sarebbero stati
ben contenti di considerare eventualmente anche loro cittadini romani,
piuttosto che ribelli turbolenti da domare a tutti i costi e con grande
impiego di energie.
Ma ancora più interessante è la risposta che dà
Liutprando: egli sembra dire, è vero, siamo tribali. Ma voi, che
vi ritenete tanto superiori a noi, discendete da una massa di criminali.
Vi dichiarate nobili (...vi chiamate kosmocratores...) solo perché
è la vostra struttura sociale che vi definisce come tali, ma la
vostra nobiltà non può essere autentica, poiché non
è una vera nobiltà di sangue. Sembra proprio che senza sangue
per i tedeschi non ci sia storia, insomma. Per essere ancora più
caustico, Liutprando rievoca poi la storia di Romolo e Remo. Romolo e Remo,
allattati da una lupa, lanimale totemico simbolo del patto di fedeltà
tribale dei fratelli, scelsero strade diverse, al punto che mentre Romolo
supera la struttura mentale arcaica e fonda una polis, Remo, lalter ego
del fratello, rimasto legato alla antica struttura, si fa scherno di lui
e oltrepassa, per divertimento, i sacri confini delle mura della neonata
città. Romolo lo punisce con la morte: la nuova fedeltà della
polis oltrepassa, nega e capovolge quella arcaica del patto di sangue tra
i fratelli, e la raison détat può richiedere anche di fare
quello che nella clan è considerato il crimine per eccellenza contro
lumanità: uccidere un fratello. La storia del fratricida Romolo
sotto le mura della città da lui appena fondata condensa allora
questo messaggio: di fronte alla polis non esistono più fratelli
e clan, ma solo cittadini e classi. Questo sarà lunico parametro.
I tedeschi, quindi, pur romanizzati, considerano lessere "romani" il peggiore
insulto. Non ne vogliono sapere di essere assimilati a una banda di fratricidi,
e ci tengono a farlo sapere.
La mancanza di comprensione del carattere del popolo tedesco è
comune a molti. Ecco come si esprime, per esempio, L. Poliakov:
Ogni storia nazionale è per definizione particolare e irriducibile alle altre, ma la singolarità della storia tedesca sono in contrasto con la gamma delle particolarità storiche delle altre nazioni europee che si manifestano soprattutto ai suoi inizi, nei quali restano iscritte fino ai nostri giorni. In effetti, un manuale di storia inglese, italiano o russo riporta nel suo primo capitolo, come nei seguenti, ciò che avveniva un tempo nel suo suolo natale; un manuale di storia tedesca tratta quasi sempre, a titolo introduttivo, dellespansione germanica, cioè di avvenimenti che ebbero luogo, quindici o venti secoli fa, in Italia, Francia, Spagna e comunque fuori della Germania... da questo momento, e fin dalla scuola primaria, i tedeschi erano portati a interessarsi dagli antenati degli altri popoli, cioè a gettare sullEuropa intera una sorta di mira possessiva. Questo internazionalismo sui generis[...] trova ancora oggi il suo riflesso nella varietà della denominazione dei "Tedeschi" nelle diverse lingue[...]questo dialogo fra Germania e i paesi vicini dura fin dal Medioevo e lidentità imprecisa dei tedeschi agli occhi dellEuropa non contribuiva molto a dare loro unidea chiara di loro stessi (Poliakov, op. cit., pp. 82-83).Poliakov mette il dito sulla particolarita mentale dei tedeschi, ma non la fa risalire alle su radici vere. Di conseguenza ne emerge un disagio che non è focalizzato. E il disagio che gli europei occidentali sentono quando si avvicinano a una cultura come quella tedesca, che non ha passato gli stadi di evoluzione apollinea. In questo caso limbarazzo è ancor maggiore, perché questi non sono selvaggi di un continente inesplorato, ma sono da due millenni protagonisti della storia europea, e ammettere la loro diversità sarebbe come segnare una lacuna nelle capacità ecumeniche della società apollinea. Ma mentre gli intellettuali occidentali cercano di razionalizzare le differenze tra tedeschi e altri europei nel senso che abbiamo visto, cercando di far rientrare la "Grande Germania" nellalveo di tutti gli altri popoli europei, gli intellettuali e gli scienziati tedeschi razionalizzano, nellaltro senso, non perdendo occasione di dichiararsi superiori dal punto di vista razziale ai "meticci" siano essi italiani, spagnoli, ecc...Anche questa è appunto una razionalizzazione perché nasconde dietro a nebulosi motivi razziali lessenza della questione concreta: la presenza di unistanza psichica diversa alle soglie del subcosciente. I filosofi apollinei occidentali hanno sempre sentito con grande imbarazzo questa specie di "eccezione" che il popolo tedesco, ma pur sempre europeo, rappresenta per loro. Mentre sono stati spesso pronti a percepire inconsciamente negli ebrei lessenza stessa del dionisiaco da loro rimosso, risulta nei confronti dei tedeschi una resistenza di segno opposto, che si esprime nel tentare di reprimere il senso di disagio quando ricontrano la stessa struttura nella psiche teutonica. Gli intellettuali europei quando affrontano questo argomento, preferiscono, come nel caso di Poliakov, trincerarsi dietro a strane considerazioni sulla struttura dei programmi scolastici delle scuole germaniche.
reputano non conveniente alla grandezza degli dei costringerli fra le pareti di un tempio o raffigurarli con fattezze umane: dunque consacrano loro boschi e foreste e chiamano con il nome di dei quella entità misteriosa che solo la devozione religiosa rende percepibile (Tacito, La Germania, Newton Compton editori, Roma, 1995, pp. 35 - 37).Degli ebrei aveva detto:
I giudei...concepiscono un solo dio, esclusivamente con il pensiero: sono sacrileghi coloro che raffigurano immagini degli dei con tratti umani e usando materiali deperibili. Questa loro divinità sta sopra ogni cosa, è eterna, non può essere raffigurata né mai si estingue. Nelle loro città, per questi motivi, non esistono simulacri né tantomeno dei templi; e non usano questa forma di adulazione né verso gli dei né verso i Cesari (Hist., V.5).Inoltre, di contro alla commovente devozione dei germani, gli ebrei sono gente fanatica, ma non autenticamente religiosa . Dei Germani apprezza la loro sobria vita, sottolineandone nello stesso tempo la pigrizia:
Nudi in ogni altra parte del corpo, trascorrono intere giornate davanti al focolare acceso...Dormono spesso fino a giorno fatto...Dopo i lavacri, i pasti: ognuno ha un suo sedile e una sua mensa separati. Poi si armano e vanno a occuparsi dei loro affari e non meno spesso dei conviti. Nessuno considera vergognoso passare tutta la notte e tutto il giorno a bere (La Germania, pp.43-47).
Ecco invece, come racconta le stesse caratteristiche tra gli ebrei:
Siedono a mensa separati, e ancora separati, dormono, ma sono uomini di sfrenata libidine...Si dice che abbiano eletto al riposo il settimo giorno, nel ricordo di quel settimo giorno che aveva visto la fine delle loro sofferenze. Poi, con labitudine alla pigrizia, consacrarono allozio anche un anno ogni sette.
Riguardo ai costumi sessuali, i germani hanno qualcosa da insegnare
anche ai Romani, infatti:
[...]presso i Germani i matrimoni hanno una severa regolamentazione, e non vi è tra le loro consuetudini una che potrebbe essere maggiormente lodata. Essi, infatti, praticamente unici tra i barbari, sono paghi di una moglie ciascuno: fanno eccezione in pochissimi, non certo per la loro sensualità, ma perché la loro nobiltà rende ambito il connubio da parte di molte famiglie .Invece, gli ebrei sono ...abituati a non avere rapporti sessuali con donne di altri popoli e a considerare, invece, tutto lecito tra loro.
A cavallo del millennio
Intervistando i sopravvissuti di quellinfausto periodo della storia
italiana, la generazione che ha passato sulla propria pelle la triste esperienza
di essere stati discriminati dalle leggi razziali, abbiamo ricevuto limpressione
che la percezione generale fosse che allantisemitismo ufficiale del regime
non abbia corrisposto un parallelo sentimento antisemita da parte della
popolazione. Questo punto è stato ribadito più volte dal
De Felice nella sua opera ed è confermato dalle conversazioni avute
con i sopravvissuti.
La cosa strana è che quelle stesse persone che hanno fatto queste
asserzioni hanno per lo più espresso la sensazione che, invece,
in questi ultimi due decenni si possa percepire come una corrente sotteranea
di antesimitismo latente, che non esisteva durante il fascismo. Non abbiamo
svolto una ricerca scientifica in questa direzione, ma questa è
la percezione generale. Se questa percezione corrisponde a verità,
e tutto suggerisce questa possibilità, questo è un fenomeno
sul quale conviene soffermarsi.
Oggi, infatti, lantisemitismo sembra essersi raffinato nei suoi mezzi:
non ci si definisce magari apertamente antisemiti, ma ci si dichiara anti
-- sionisti, si contesta il diritto alllesistenza di Israele come nazione
sul modello occidentale, si insinua il dubbio che il Congresso americano
sia unorganizzazione in mano al capitalismo ebraico, e così via.
Come mai proprio in un periodo storico come questo, quando la popolazione
ebraica italiana è ai suoi minimi storici, allinsegna di ununità
europea che è supposta diminuire le tensioni invece che aumentarle,
e di unapparente tolleranza predicata e insegnata dalle autorità
stesse dello stato, si avverte una sottile corrente sotterranea, espressione
di un disagio sub-cutaneo, appena percepito?
Sul perché gli italiani dal risorgimento al fascismo siano sempre
stati estranei allantisemitismo crediamo sia stato chiarito, come mai
sembra che proprio oggi comincino a condividere questa forma influenzale
con il resto degli europei, dopo che per centocinquantanni erano riusciti
a superare il contagio e a sollevarsi al disopra del vecchio antisemitismo
clericale della chiesa cattolica, che in forme più o meno gravi
aveva mantenuto in vita, a fuoco basso, lantico antisemitismo apollineo
dellecumene greco-romana?
Il monismo apollineo si era dimostrato al suo meglio in contrapposizione
alla barbara tribalità ininibita di un germanesimo che aveva perso
i lumi della ragione. Forte di millenni di civilizzazione era riuscito
a mediare il proprio antisemitismo latente. Come abbiamo visto il sentimento
romantico-irredentista, creando un nuovo senso di autoidentità,
aveva persino fatto da antidoto a questo antisemitismo millenario. Forse
oggi gli italiani, cittadini di unEuropa unita, cominciano a sentire il
disagio di unauto-identità messa in questione, che sta perdendo
in chiarezza, immersa in una più vasta unità dalla non meno
sbiadita e incerta identità.
In questo caso, come da sempre, più la propria autoidentità
si fa problematica, più emerge il perturbante aspetto rimosso che
prende, come da sempre, la forma che noi abbiamo ormai imparato a focalizzare
e che abbiamo definito: antisemitismo.
Quello che non vide Nietzsche
Già in Al di là del bene e del male, Nietzsche apparentemente accusa gli ebrei:
Gli ebrei un popolo nato per la schiavitù, come dice Tacito e con lui tutta lantichità, il popolo eletto tra i popoli, come essi stessi dicono e credono gli ebrei hanno realizzato quel prodigio del rovesciamento dei valori, grazie al quale la vita sulla terra ha acquistato per un paio di millenni una nuova e pericolosa attrattiva i loro profeti hanno fuso in una sola parola come ricco, cattivo, violento, sensuale, e per la prima volta hanno dato un conio dobbrobrio alla parola mondo. In questo capovolgimento dei valori, in cui rientra luso della parola povero come sinonimo di santo e amico, sta limportanza del popolo ebraico: è con esso che comincia, nella morale, la rivolta degli schiavi (Al di là del bene e del male, Adelphi, Milano 1977, p.94)in questo paragrafo, Nietzsche attribuisce linizio di questo rovesciamento di valori in cui ricco viene definito automaticamente come malvagio, già ai profeti, che nella Bibbia si scagliano contro i potenti del regno di Israele e di Giuda. Quello che Nietzsche non poté capire fu il contesto mentale e culturale dei regni di Giuda e Israele antecedente lesilio.
voglio dire il tentativo di svellere il Vecchio Testamento dalle midolla degli ebrei con laffermazione che esso non conterrebbe nientaltro che gli insegnamenti cristiani e che apparterrebbe ai cristiani come al vero popolo dIsraele, mentre gli ebrei lo avrebbero soltanto arrogato a se stessi (F. Nietzsche, Aurora, Adelphi, Milano 1977, p.62)
Non dunque la vendetta giudaica su Roma, per la sconfitta subita,
bensì la beffa dopo linsulto dei vincitori sui vinti. Come abbiamo
sostenuto, il mondo antico crollò sotto il peso delle proprie tensioni
interne, e non fu il cristianesimo ad avvelenarlo, bensì il veleno
era già da lungo tempo nellorganismo e si faceva strada con il
passare del tempo. Secondo Nietzsche Il cristianesimo fu il vampiro dellimperium
romano(LAnticristo, p.88) e Il cristianesimo ci ha
defraudato del raccolto della civiltà antica(ibidem, p.92) . Ma
in realtà, questo stava già marcendo nelle aie e nei magazzini.
Il cristianesimo fu il nome che prese quello che N. definisce il veleno
che ormai aveva invaso tutto il corpo, la cancrena che con le parole stesse
di Nietzsche era nel corpo della civiltà occidentale dai tempi
di Socrate (Crepuscolo degli idoli, Adelphi, Milano 1977, cap. Il problema
Socrate), e ormai aveva finito il suo cammino distruttivo allinterno
dellorganismo. Come Nietzsche stesso ha enfatizzato, non si perisce mai
per opera di altri, ma soltanto di se stessi (ibidem, p.108) e,
spiega Freud, ogni organismo muore per cause interne (Al di là
del principio del piacere, in Opere, vol.IX, p.224. e pp.230
235). Il cristianesimo in realtà fu lultima salvezza, senza di
esso le cose sarebbero andate molto peggio. Il cristianesimo, salvò,
trasfigurandolo quello che era rimasto del mondo antico.
Nellaccusare gli ebrei, Nietzsche cadde nella trappola tesagli da
Tacito e da tutti gli ellenisti antisemiti che odiavano gli ebrei per la
loro fedeltà tribale, inconfondibile, anche se sublimata. La vendetta
del mondo greco romano cristiano consistette proprio nel dichiararsi
ispirati dallebraismo. Questa fu la risposta al rifiuto degli ebrei di
inserirsi nellecumene panellenista apollinea, come aveva fatto invece
tutto il resto del Medio Oriente semita. Così, per i romani, gli
unici semiti = barbari rimasero gli ebrei, isolati, e con le parole di
Tacito, gente di provato odio verso lumanità. Nietzsche li accusò
di essere stati lutero che generò il cristianesimo, ma questo nacque
nellutero dellodio panellenista verso gli ebrei, e germogliò sul
suolo del ressentiment di una cultura estraniata dalle proprie radici.
Allo stesso modo, è esatto dire che Il cristianesimo [non]
ci ha defraudato di quello [il raccolto] della civiltà islamica
(ibidem, p.92), che Nietzsche, come tedesco, con il suo gusto dionisiaco
vede come molto più raffinata della società post-apollinea,
rappresentata dallInquisizione spagnola. Come abbiamo rilevato nei capitoli
precedenti, questa splendida società pluralista, non poteva coesistere
con il mondo monista post-apollineo.
Allo stesso modo, [Non] furono i tedeschi a defraudare lEuropa
dallultima grande messe di civiltà che fosse data allEuropa dei
raccogliere(ibidem, p.93), bensì la civiltà del Rinascimento
crollò per via del rigurgito dionisiaco che ne minò lequilibrio
al suo interno e che era quello stesso che aveva minato lequilibrio apollineo
del mondo antico. Fu la lotta interna tra apollineo e dionisiaco che decise
le sorti delloccidente e che ne diressero il fato, e mai fattori esterni,
certamente non gli ebrei, che erano occupati per la propria lotta per lesistenza,
nel contesto della problematica delle proprie tensioni interne. Nietzsche
avrebbe dovuto saperlo, lui che aveva scoperto la tensione tra apollineo
e dionisiaco e inoltre linizio della decadenza greca dai tempi di Socrate
e Platone e il suo sfociare nel cristianesimo.
Lebraismo viveva da sempre la conflittualità allinterno
della sola sfera dionisiaca tra il bisogno di sfogo e la repressione. Non
vi è alternativa apollinea nel modus mentale ebraico, vi è
solo sfogo dionisiaco o inibizione e repressione, e la dialettica esistenziale
si svolge esclusivamente tra questi due poli della stessa istanza psichica.
Il ressentiment stesso fa parte solo del contesto mentale di
una società divisa in classi sociali, e questo, come abbiamo visto,
fa parte della sfera del modus apollineo. Con il crollo degli equilibri
si producono diffidenza ed estraniazione.
Lanatema dei profeti era diretto verso una società che voleva
abbandonare la semplicità di vita e di uguaglianza sociale del seminomade
e non era inteso come strumento di ressentiment di una classe sociale di
estraniati. Laltro equivoco nietzscheano arriva al culmine quando dice
che il primo cristianesimo maneggia soltanto idee ebraiche e semitiche,
(vi rientrano il mangiare e il bere dellEucarestia, unidea così
tristemente abusata dalla Chiesa, come tutto ciò che è ebraico)
(LAnticristo, cit., p.42). Proprio lEucarestia, che è un
rito che si ricollega direttamente al pasto totemico di Dioniso, viene
propinata come un rito ebraico. Il sangue di Dioniso, tramutato in vino,
è donato allumanità, e il suo corpo, raccolto da Demetra,
la dea delle messi e del pane, tramutato in rito ebraico!
Fortunatamente, Nietzsche era genuinamente filosemita, altrimenti sarebbe
stato facile passare da questo alla famigerata accusa di omicidio rituale,
del quale gli ebrei furono accusati per secoli. Il rituale ebraico proibisce
in assoluto lingerimento di qualsiasi tipo di sangue (il sangue è
lanima: vedi Gen.,9,4; Deut.,12,23), al punto che un ebreo ortodosso
è comandato di immergere nel sale per ore qualsiasi pezzo di carne,
prima che gli sia consentito di cibarsene, e, aperto un uovo, se scopre
anche una minima traccia di sangue, deve disfarsene e gli è proibito
adoperarlo in qualunque modo.
Ma lequivoco si svolge addirittura in ideologia (Umano, Troppo
Umano II, Adelphi, Milano 1977, p.174), quando Nietzsche dispiega la
genealogia del senso di colpa. Wellhausen aveva scomposto il mito biblico
della cosmogonia a seconda delle due fonti: Jahvista (J) e Sacerdotale
(Q), e aveva correttamente messo a nudo la manipolazione della fonte sacerdotale,
ma entrambe queste versioni si basavano su una fonte ancora più
antica, che era la saga orale della preistoria del popolo ebraico. Analizzando
il mito biblico, Reik (Myth and Guilt, Braziller, New York 1975.)
è arrivato alla conclusione che questo mito trattava del peccato
originale come un atto di aggressione arcaico, sulla scia delle scoperte
di Freud (Totem e Tabù), verso lalbero come personificazione del
corpo di Dio padre stesso. Questatto di aggressione cannibalistico era
il peccato originale e la fonte del senso di colpa.
In questo contesto, il senso di colpa che ne consegue non è
certo una particolarità ebraica. Questatto di aggressione primordiale
appare in un modo o nellaltro nella mitologia di tutti i popoli e il racconto
del giardino dellEden è la versione ebraica di quello che è
un mito comune a tutta lumanità.
In entrambe le versioni, quella jahvistica e quella sacerdotale, il
peccato è limitato a un atto di aggressione cannibalistica verso
il corpo del dio. LAlbero della conoscenza è lEtz Ha-d'at,
come Adamo conobbe Eva sua moglie (Gn.4,1), e la radice è la stessa,
ma anche come i sodomiti volevano conoscere gli ospiti di Lot, con la chiara
intenzione di sodomizzarli (Gn.19,5), il verbo usato è lo stesso.
La conoscenza avviene dunque in un contesto genitale, ma non specificatamente
eterosessuale. Il peccato originale era il peccato di evirazione e cannibalismo
sul corpo di dio-Padre, per incorporarne la conoscenza, esattamente come
questo peccato viene perpetrato da Crono sul corpo di Urano, e nella sua
inversione nellatto cannibalistico di Crono nei confronti dei suoi figli.
In entrambi i casi luomo primordiale evira il padre e lo cannibalizza
per appropriarsi della sua conoscenza, lostruso sapere sessuale che spetta
solo ai padri.
Nella saga biblica il peccato originale non è connesso al rapporto
eterosessuale; il mito biblico non condanna la conoscenza per sé,
bensì la conoscenza genitale , che è collegata allaggressione
cannibalistica verso lalbero per appropiarsi delle sue peculiarità,
della sua conoscenza. Evirazione e cannibalismo dei figli verso il padre.
Le saghe bibliche della cosmogonia e del diluvio universale sono miti comuni
a tutta lumanità. Nella Bibbia sono stati censurati e sono diventati
piu ermetici.
Ma, ancora più importante, è che latto sessuale non
è considerato peccato da tutta la tradizione e la legislatura ebraica.
Lunico peccato mortale è ladulterio, ovvero quello che commette
luomo esclusivamente con la donna di un altro. La causa è chiara:
per impedire vendetta e spargimento di sangue allinterno del clan. Il
cristianesimo considera invece peccato mortale qualsiasi rapporto sessuale
al di fuori del matrimonio.
Nellebraismo, il Nazir (ovvero il Nazireo, come Sansone), votava
di non bere vino e non tagliarsi i capelli, ma lastinenza sessuale era
ed è tuttora severamente proibita.
Quindi, il rapporto sessuale nella tradizione ebraica non è
mai considerato impuro. Neppure la classe sacerdotale ebraica poteva né
voleva introdurre un parametro così antitetico al modus mentale
ebraico. Nietzsche su questo argomento pecca di insipienza. Le sue supposizioni
si basano su un argomento a priori che siano stati gli ebrei a contaminare
lOccidente con il senso di colpa per tutto quel che riguarda la sessualità.
Il parametro dellastinenza e della verginità era sempre stato uno
dei due poli delatteggiamento del greco verso la sessualità: promisquità
nella vita giornaliera, ma verginità nelle cellae dei templi.
Le dee greche più importanti erano Atena e Artemide, che erano anche
dee vergini, mentre le dee semite erano tutte prostitute sacre. A questo
paramentro si riallacciò il cristianesimo: la verginità delle
dee, ovvero alla sacralità della verginità.
Ugualmente per quel che riguarda il diluvio universale. Questo mito
appare anchesso nella mitologia di tutti popoli, dai sumeri ai babilonesi
ai greci. È vero che nella saga ebraica appare Jahvè come
un dio terribile, che ne è la causa, ma questa è la condensazione
di un rito iniziatico arcaico, in cui Jahvé liniziatore, spaventa
a morte i suoi figli che rinascono dopo il diluvio.
Nella stessa maniera, Apollo, nelle tracce mnestiche della saga iniziatica
greca, fa strage nel campo degli achei, per unoffesa subita. Ed è
anche il dio che emerge dal diluvio universale e sconfigge il Pitone. Apollo
è la condensazione sia delliniziatore che delliniziato che, come
Noé emerge dal diluvio. La saga è la stessa solo che gli
ebrei la censuraraono fino a renderla irriconoscibile. Non vediamo la differenza
tra lira di Jahvé e lira di Apollo, o lira di Poseidone contro
Ulisse per un insulto, o lira di Zeus verso Prometeo.
Lira degli dei per la hybris degli uomini non è certo
uninvenzione ebraica.
Lunica cosa di cui si può accusare gli ebrei in questo contesto,
è di naivetée : Jahvè, così presto a
irritarsi, così permaloso, è anche però presto nel
calmarsi e nel perdonare, a differenza degli altri dei, che non si arrendono
tanto facilmente alle suppliche umane. Questa naivetée li
ha portati a creare limmagine di un dio misericordioso, sullo stampo dellimmagine
di un dio padre, patrono della tribù, che deve necessariamente perdonare
i suoi figli per perpetuare la propria discendenza.
La classe sacerdotale post-esilica manipolò la mitologia ebraica
per poterla conservare. Gli arcaici significati originali erano stati nel
frattempo dimenticati. Se le antiche saghe parlavano di numerosi dei e
di arcaici riti iniziatici, di storie in cui Jahvè appariva insieme
ad altri dei, il popolo ebraico si era emancipato, asserragliandosi in
uno stretto monoteismo, era stato messo di fronte alla scelta tra due possibilità
: o cancellare completamente le proprie saghe, o modificarle per renderle
accettabili nel contesto del nuovo modus mentale. Invece che estraniarsi
dal proprio passato, come i greci romani - cristiani, e i popoli tedeschi
e scandinavi, che rinnegarono i propri dei e li misero a morte, dicendo
: « noi non siamo loro », gli ebrei manipolarono i testi per
mantenerli in vita, e Jahvé assunse quelle peculiarità che
gli permisero di rimanere a casa sua.
Anche un adulto rimuove le proprie reminiscenze infantili sotto la
pressione di un nuovo principio di realtà. Rimuovere non significa
necessariamente rinnegare. Le reminiscenze inconsce continuano a esercitare
la loro azione sulla vita psichica e a influenzare i comportamenti e le
decisioni attuali che rientrano a fare parte del modus di un individuo
come di un popolo.
La Aufhebung di Hegel : è il nucleo di un concetto superato,
al servizio di unidea più evoluta che proviene da questo. Solo
se si crea un conflitto insanabile tra reminescenze inconsce e esigenze
attuali si crea una crisi, una rottura, o in altre parole, una nevrosi.
Il popolo ebraico inserì le proprie reminescenze nel nuovo contesto
che si era creato, e fu uno sviluppo e non una rottura. Il prezzo da pagare
fu la manipolazione degli antichi testi, come il prezzo che paga ladulto
è la rimozione delle proprie memorie infantili.
Per i popoli come per gli individui, limportante è rimanere
fedeli a se stessi.
Lo scacco nietzschiano
Non è un caso che il filosemitismo di Nietzsche si rinforzasse
di pari passo con la sua risolutezza ad istituire un regime dionisiaco
in Europa, e risanarla così dalla sua decadenza. Nietzsche arriva
perfino ad augurarsi che gli ebrei prendano il potere in Europa, per imprimere
così il proprio carattere nelleuropeo, e si rattrista solo a constatare
che quelli invece non abbiano la minima aspirazione al riguardo, bensì
solo il proprio inserimento nella cultura europea (e Nietzsche vide in
questo unattenuazione dei sani istinti ebraici ) (Al di là del
bene e del male, op.cit., pp. 64-65). Cosa aveva portato Nietzsche,
non solo a rigettare e disprezzare lantisemitismo, ma persino ad augurarsi
che gli ebrei volessero compiere un coup détat culturale come unica
panacea alla soluzione della decadenza europea?
Nietzsche vedeva, nellebraismo contemporaneo, la controcorrente al
filisteismo e alla corruzione esistenziale delluomo occidentale. Per parafrasare
il Vangelo: la salvezza viene dagli ebrei . Se Nietzsche aveva accusato
gli ebrei della classe sacerdotale del I sec. A.C di essersi staccati dalle
proprie radici dionisiache, che trovano invece piena espressione nel Vecchio
Testamento, e di avere preparato così lavvento della cosa funesta,
il cristianesimo, riscatta completamente lebraismo contemporaneo da questa
accusa, e si aspetta dagli ebrei europei del suo tempo di contribuire al
risanamento dellEuropa, come i loro avi delletà romana avevano
contribuito, preparando il cristianesimo, alla sua degradazione.
Nelle ultime lettere della sua vita, Nietzsche si firma Dioniso (a
Overbeck), Il Crocifisso (a Peter Gast), e nella sua ultima invettiva
contro il cristianesimo, si firma LAnticristo(cit., par. 88). Se la
sua attitudine verso il cristianesimo era stata di condanna univoca, quella
verso il Cristo stesso era stata ambivalente (ibidem, p.53). Non contro
Cristo, infatti, si era gettato Nietzsche, bensì contro i suoi discepoli,
che ne avevano trasmesso il messaggio nella sua versione apollinea, ovvero
anti-dionisiaca.
In una delle sue ultime lettere dopo il crollo finale, datata 6 Gennaio
1889, scrivendo a Burckhardt, Nietzsche si descrive come il Cristo, che
viveva in povertà, come il figlio di Dio che si trasfigura in Dioniso
e opera come anticristo, e postula: io sono tutto quello che cè
nella Storia in un Nota bene di questa lettera, aggiunge: ho ordinato
di incatenare Caifa e Guglielmo, Bismarck e tutti gli antisemiti.
Quindi, unisce in ununica associazione, il prete ebreo Caifa con limperatore
tedesco, con Bismarck e con tutti gli antisemiti. Ovvero: Caifa e la classe
sacerdotale ebraica, che secondo Nietzsche preparò lavvento del
cristianesimo, vengono associati ai filistei tedeschi e a tutti gli antisemiti.
Cosa avevano in comune costoro? Ora ci è chiaro: erano lo strumento
di repressione di ogni istinto dionisiaco. Secondo Nietzsche, i preti ebrei
avevano trasfigurato lebraismo, come i seguaci di Cristo e tutti i dirigenti
della cultura occidentale avevano trasformato la civiltà grecoromana,
e prodotto la decadenza, e per Nietzsche la decadenza non è altro
che il rinnegamento delle proprie radici dionisiache. E di questo infatti
accusa i tedeschi. Vedeva in loro solo la volgarità di pulsioni
dionisiache rimosse, senza nessuna canalizzazione come medium di sublimazione.
Sentiamo cosa dice:
E perché non dovrei andare fino in fondo? Mi piace fare piazza pulita. Passare per spregiatore par excellence dei Tedeschi fa parte della mia ambizione. Già a ventisei anni ho avuto modo di esprimere la mia diffidenza per il carattere tedesco (terza Inattuale, p71)-- per me I Tedeschi sono impossibili. Ogni volta che provo a immaginarmi un tipo di uomo che vada contro a tutti i miei istinti ne viene fuori un tedesco. Quando voglio sondare un uomo, per prima cosa osservo se ha in corpo un qualche senso della distanza, se ovunque vede il rango, il grado, lordine fra uomo e uomo, se sa distinguere: è questo che fa il gentilhomme; in tutti gli altri casi si appartiene senza scampo alla categoria cordiale, ah!, così bonaria della canaille. Ma i Tedeschi sono canaille--ah! sono così cordiali Il rapporto con i Tedeschi degrada, il Tedesco livella Eccettuati I miei rapporti con alcuni artisti, e innanzi tutto con Richard Wagner, non ho mai passato mai una buona ora con dei Tedeschi [...]Insomma i Tedeschi non hanno piedi, hanno solo gambe I Tedeschi non hanno alcuna idea della loro volgarità, ma questo è il superlativo della volgarità-- non si vergognano neppure di essere dei semplici Tedeschi Parlano di tutto, credono di essere loro a decidere tutto, temo che anche su di me abbiano preso le loro decisioni -La mia vita intera è la prova de rigueur di queste affermazioni. Vi cercherei invano un segno di tatto, di delicatesse verso di me. Da parte di Ebrei si, mai finora da parte di Tedeschi (Ecce Homo, Adelphi, Milano 1977, pp.123 -- 4).Gli ebrei contemporanei, invece, secondo Nietzsche, si riallacciavano direttamente alle antiche radici, scavalcando direttamente leredità sacerdotale, che aveva prodotto un Paolo e i suoi funesti disegni.
Continuazione
Nella sua introduzione allantologia delle opere di Nietzsche, Sergio Moravia riassume i motivi per i quali la lucida opera demolitrice di Nietzsche non poté essere seguita da una altrettanto lucida opera edificatrice di una sintesi come soluzione esistenziale:
Lopera annunziatrice, o addirittura costruttiva voluta da Nietzsche non aveva spazi visibili di sviluppo allinterno della prospettiva nietzscheana. In effetti, verso quali obiettivi poteva Nietzsche volgere il suo progettato Magnus Opus, una volta scritto quello che aveva scritto negli ultimi testi pubblicati? Non poteva ovviamente volgerlo verso obiettivi di tipo religiosometafisico: Dio è morto, i principi e i valori trascendenti sono stati o distrutti o ricondotti genealogicamente alle sorgenti terrene; non poteva neppure credere molto alla percorribilità di itinerari di tipo anarco vitalistico. Invero, essi erano stati suggeriti negli scritti morali del 188687, e sono presenti anche nellOpera mai scritta. Ma questo percorso spesso indicato, non è mai sviluppato. Lappello allindividuo e agli istinti era stato, in un altro contesto, molto fruttuoso. Ma né lindividuo (biologicamente inteso), né gli istinti, potevano rappresentare la base adeguata per il nuovo messaggio. Perché ciò fosse stato possibile, Nietzsche avrebbe dovuto essere stato Freud, e magari un Freud liberato da quelle pastoie positivistiche che resero così difficile e ambiguo lo sviluppo della stessa psicoanalisi. Ma Nietzsche non è Freud. Non può distendere in un discorso organico e fondato le pur geniali intuizioni o la dimensione istintuale inconscia delluomo. Non può, in particolare, collegare in modo soddisfacente il piano degli istinti biologicamente intesi con il piano degli atti culturali, e quello dellindividuo con quello della comunità (F. Nietzsche. La distruzione delle certezze, a cura di S. Moravia, La Nuova Italia, Firenze 1976, p. LXVII).Quello che lautore chiama lo scacco finale di Nietzsche, non è solo
lillegittimità, linutilità, lassurdità di tentare di costruire chicchessia a livello intellettuale. Può emblematizzare cioè limpossibilità e linsensatezza dopo la grande crisi della civiltà occidentale moderna (indotta anche da Nietzsche e da altri pensatori ma non solo da loro) di volere edificare un nuovo essere, una nuova condizione per luomo con mezzi filosofici (Ibidem, p.LXIV) .Ma vi è qualcosa di più. Nietzsche, in realtà, aveva usato il suo bisturi da chirurgo per isolare la cancrena che invadeva la società occidentale, ma questa faceva parte integrante dellorganismo stesso, poiché non aveva messo radici casualmente, ma come conseguenza inevitabile dello sviluppo che questa società aveva intrapreso, e senza il quale non avrebbe avuto una propria identità, ovvero non sarebbe semplicemente esistita.
Quello che vide Shakespeare
Potrà sembrare strano, a questo punto, che lintuito piu sottile
sul meccanismo dell antisemitismo sia venuta da un drammaturgo inglese
delletà elisabettiana, che nulla sapeva di correnti apollineee
e dionisiache, di sublimazione e di Roma contro Giudea, Giudea contro
Roma, e che già i suoi critici, dai contemporanei, fino a quelli
recentissimi, accusavano di scarsa cultura.
Shakespeare aveva percepito chiaramente laspetto sotterraneo di questa
corrente dionisiaca che emergeva dallinconscio in una rappresentazione
figurata di tutto ciò che è antitetico al modello apollineo
della società occidentale. Aveva capito che questa era la proiezione
di passioni inconsce che veniva incontrata da un controinvestimento pulsionale,
in una lotta che trova la sua espressione nella figura di Antonio-Apollo
il rappresentante del bene e della luce, contro il dio caprino Dioniso-Shylock,
rappresentante di foschi istinti rimossi. Shylock-Dioniso, rappresentante
del diavolo, sembra avere la meglio fino allultimo momento, quando la
luce e il bene della giustizia veneziana trionfano su di lui e lo rimandano
nei sotterranei dellinferno, da dove era emerso.
Il Mercante non è quindi una tragedia, ma una commedia,
la rappresentazione della lotta tra bene e male, in cui il bene trionfa
come un deus ex machina, in accordo con le aspettative di una folla perennemente
minacciata da ciò che non vuole sapere né sentire: la propria
essenza pulsionale. Se nella tragedia avviene unidentificazione dello
spettatore con Dioniso e le sue pulsioni, e il dio-eroe è destinato
a morire dopo avere completato la sua missione parricida, nella commedia
invece, nel Mercante, Shylock, come Dioniso muore, ma lidentificazione
della folla è con laltro polo, Antonio-Apollo; Shylock non è
leroe, bensì la sua antitesi.
Questo sviluppo rispecchia la metamorfosi della società occidentale,
dai tempi di Eschilo, in cui luomo non aveva ancora rimosso la propria
essenza dionisiaca, bensì si identificava con questa ed era pronto
ad accettare le conseguenze e la pena che accompagnano questa identificazione.
Nella Venezia di Antonio, questa identificazione era sentita come una grave
minaccia, e dunque rimossa, e il diavolo viene lasciato emergere solo per
venire negato e rinnegato energicamente. Non a caso si parla con tanta
insistenza di carne, traccia mnestica dellantico atto cannibalistico,
in cui il dio viene trucidato e divorato.
Linversione è chiara: Dioniso-Shylock esige una libbra di carne,
poiché questa è proprio la sua carne, che esige, dopo che
era stata divorata nellantico rito: e così emerge dalla rimozione
per riappropriarsi di ciò che, anche secondo lopera shakespeariana,
è suo di diritto. Ma infine il diritto di Apollo trionfa nuovamente
su quello di Dioniso, ed è questa la giustizia che sarà celebrata.
Shakespeare dunque ci parla della vittoria di Apollo su Dioniso (la
saggezza apollinea trionfa sulla pulsione dionisiaca di divorare). Shakespeare
crea sulla scena la rappresentazione figurata dei due poli nella loro antitesi,
adoperando chiaramente lo stereotipo caricaturale di Shylock = Dioniso
= capro = ebreo.
Così facendo, egli sembra dare in pasto alla sua folla la preda
a cui questa anela, ma quanto più spinge allestremo la rappresentazione
stereotipata, tanto più in realtà crea la caricatura di coloro
nei cui abissi viene creato tale stereotipo, e quella che sembra la caricatura
dellebreo, diventa alla fine la caricatura dellantisemita.
Shylock perde la bella figlia, perché bellezza e soavità
non spettano a lui, rappresentazione figurata della bruttezza e della malvagità.
Egli viene lasciato anelare ai suoi prodotti fecali (il denaro), e anche
di questi viene infine privato, come atto di nobile giustizia apollinea.
La figlia lo deruba degli anelli e dei gioielli, poiché anche questi
non gli spettano. Tutto ciò che si associa a beltà, nobiltà
e valore, spetta di diritto ai cristiani; la figlia trasfigura nella sua
persona unorigine dionisiaca in bellezza apollinea, come un brutto anatroccolo
che si trasformi in un cigno , e in una Porzia/Nerissa, le dee greche che
rappresentano lideale del bello e dellapollineo. Porzia, Nerissa e Gessica
rappresentano infatti lantica triade verginale olimpica, ripristinata
per dare il premio alleroe apollineo.
Nella tragedia eschilea, apollineo e dionisiaco erano i poli di ununità,
una sola realtà esistenziale. Il pubblico non era composto da spettatori,
ma da protagonisti. Vivevano nel tremore delle membra e del pianto la propria
esperienza esistenziale. Nella tragedia non esisteva caricatura o derisione.
Nella commedia, invece, il pubblico deride e si fa scherno delle
proprie rimozioni e cosi riesce anche a esorcizzarle.
Shakespeare sembra avere creato esattamente lopera che tutti si aspettavano
da lui. Ma quando finalmente Shylock apre la bocca, il suo grido di dolore
si ripercuote, come una martellata sul pubblico: questo non è più
lo stereotipo che parla, bensì lebreo, e le sue parole sono un
atto di accusa contro luso che il mondo apollineo ha fatto della sua figura,
a uso e consumo dei propri bisogni, senza curarsi della realtà umana
ed esistenziale che così facendo ha calpestato . Per un momento,
Shakespeare fa uscire luomo dalle vesti del protagonista della commedia,
come per avvertirci: attenti, vi ho dato quello che volevate sentire,
ma se credete che dietro lo stereotipo non ci sia luomo, vi sbagliate.
La caricatura siete voi, con i vostri bisogni tenebrosi.
Antonio infatti aveva detto: Il mondo è un teatro dove a ciascuno
tocca recitare una parte (I, i). Ovvero Shakespeare ci avverte che si
trattava solo di teatro e di parti, come in una rappresentazione apollinea,
da Euripide in poi. Non è realtà, vita vera, come invece
è la tragedia eschilea. E Shylock recita la parte assegnatagli fedelmente,
fuorché in questa scena, dove Shakespeare ci mette allimprovviso
di fronte a un colpo di scena, spogliando Shylock della sua parte e presentandoci
luomo nella sua verità, libero dalle vesti che altri gli avevano
imposto. Cade la maschera, si spoglia della pelle di capro di cui lo avevano
rivestito, e si rivela come lo specchio delle altrui proiezioni, riflettendo
limmagine di chi guarda. Lantisemita razionalizza la sua passione, e
si preclude da solo la possibilità di giungere a sbrogliare un nodo
cruciale della sua costituzione psichica.
Ma la presa di posizione del grande drammaturgo inglese fu talmente
imbarazzante per loccidente antisemita, che questo sentì il bisogno
di correre ai ripari: ed ecco che lo stesso Shakespeare venne accusato
di antisemitismo, lui che attraverso la sua arte ne aveva svelato il meccanismo
reale. Ogni volta che si parli del Mercante, o ci si accinga a rappresentarlo
sulla scena, gli intellettuali occidentali, si sentono in dovere di criticare
questopera per il suo presunto antisemitismo. Gli antisemiti non possono
perdonare a Shakespeare di essere stato al di sopra di questa tenebrosa
passione, e di avere sollevato il velo, alzando il sipario, sugli stereotipi
che la caratterizzano. Estrema ironia: non vogliono mettere la sua effigie
sulla moneta dellEuro, la moneta dellEuropa unita, perché, a causa
del suo presunto antisemitismo, non ne sarebbe degno.
Sottilissimo meccanismo di vendetta!
I nazisti elessero Nietzsche a loro precursore, per vendicarsi del
suo filosemitismo e del profondo disprezzo nei confronti dei tedeschi e
del loro filisteismo. I nazisti non potevano certo convivere con il filosemitismo
militante di Nietzsche, e perpetrarono una radicale mistificazione dei
suoi scritti, così i dirigenti europei non possono convivere nemmeno
con la semplice percezione che Shakespeare sia stato anche solo al di sopra
degli stereotipi così radicati nella psiche europea.
E così, Shakespeare non avrà la sua effigie sulla moneta
ufficiale dellEuropa unita. Questo grande uomo non è considerato
sufficientemente un buon europeo, e, guarda caso, perché era antisemita.
.
Epilogo
Freud aveva avuto il sospetto che la felicità delluomo è
minata dai suoi stessi sforzi per ottenerla, per lo meno per quello che
lo riguarda come collettività. Nel 1924, riflettendo sulle resistenze
alla psicoanalisi aveva detto:
La civiltà umana poggia su due pilastri, di cui uno è il controllo delle forze della natura, laltro è la limitazione delle nostre pulsioni. Il trono della regina è retto da schiavi in catene Le esigenze pulsionali insoddisfatte fanno sì che egli avverta con un senso di oppressione costante le pretese della civiltà (La Perdita della realtà nella nevrosi e nella psicosi, in op.cit., vol.X, pp.39 -- 43).
E ora ci è più chiara anche la frase che abbiamo riportato
sopra (p.6) Trattenere laggressività e comunque malsano, porta
alla malattia, e così dicendo non ci aveva altro che confermato
la saggezza biblica: Unattesa troppo prolungata fa male al cuore, un
desiderio soddisfatto è albero di vita (Prov. 13,12)
Ma non porta forse alla malattia anche il predominio assoluto delle
forze dellEs?
Non ci ha insegnato forse lui stesso che il ritiro delle energie dalla
sfera dellIo e la regressione a una psiche dominata esclusivamente dalle
pulsioni dellEs porta alla perdita del principio di realtà, allallucinazione
e alla psicosi? (La Perdita della realtà nella nevrosi e nella
psicosi, in op.cit., vol.X, pp.39 -- 43).
Freud, nei suoi scritti, non parlò mai di apollineo né
di dionisiaco. La sua attitudine verso Nietzsche non può essere
definita altro che perturbante. Si sentiva attratto dalluomo Nietzsche,
come emerge dalle numerose menzioni che compaiono nei suoi scritti, e daltra
parte, si faceva un punto donore di non averlo mai letto, come in un sospetto
tentativo di non sentirsi lepigono del suo grande precursore.
Freud non parlò mai di dionisiaco, ma parlò di Es;
non parlò mai di apollineo, ma parlò di Io. Ma il parallelismo
tra i concetti introdotti da Nietzsche e le istanze psichiche postulate
da Freud era troppo evidente per non essere notato.
Lunica concessione che fece al dunque fu questa:
gli eventi della storia, gli influssi reciproci tra natura umana, sviluppo civile, e quei sedimenti di avvenimenti preistorici di cui la religione è il massimo rappresentante, altro non sono che il riflesso dei conflitti dinamici tra lIo, lEs e Super-Io, studiati dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi su di uno scenario più ampio (Autobiografia, poscritto del 1935, in op.cit., vol.X, p.139).Una delle cose che più turbava Freud era il legame enigmatico tra la psiche dellindividuo e la psiche della collettività. In "Totem e Tabù" , afferma:
Senza lipotesi di una psiche collettiva, di una continuità della vita emotiva degli uomini, che permetta di prescindere dallinterruzione degli atti psichici, dovuti alla transitorietà dellesistenza degli uomini individuale, la psicologia dei popoli in generale non potrebbe sussistere. Se i processi psichici di una generazione non si prolungassero nella generazione successiva, ogni generazione dovrebbe acquisire ex novo il proprio atteggiamento verso lesistenza e non vi sarebbe in questo campo nessun progresso e in sostanza nessuna evoluzione ("Totem e tabu", in op.cit., vol.VII, pp.160 -- 161).Nel 1921, quando si occupa della psicologia delle masse (Psicologia delle masse, in op.cit., vol.IX, p.304.) fa dipendere lautoidentificazione degli individui che costruiscono unorganizzazione simile dalla assunzione collettiva dello stesso ideale dellIo (Super-Io). Questo spiegherebbe il fenomeno per il quale un massa, e per estensione anche unintera collettività, interagiscono come se si trattasse di un singolo e con la stessa fenomenologia delle azioni psichiche dellindividuo. Questo sarebbe il meccanismo per mezzo del quale la psicologia del singolo, moltiplicata per il numero dei membri di una collettività, si traduce in anima collettiva.
Il processo telepatico consisterebbe nel fatto che un atto mentale di una persona suscita il medesimo atto mentale di unaltra persona(Introduzione alla psicoanalisi, in op.cit., vol.XI, p.167).Quindi, una storia comune, che passi da padre in figlio per mezzo di una trasmissione inconscia del pensiero, ma ancora di più, unesperienza esistenziale, una formazione culturale, non è altro che linsieme delle soluzioni esistenziali intraprese da una collettività sotto lo stress della sfida esterna.
E ancora: È noto che rimanga un mistero come venga a formarsi una volontà collettiva tra grandi comunità di insetti. È possibile che si formi attraverso questa trasmissione psichica diretta. Nulla vieta di supporre che questo sia il metodo originario, arcaico di comunicazione tra gli individui, e nel corso dellevoluzione filogenetica esso sia stato sopraffatto dal metodo migliore di comunicare che si avvale di quei segni che gli organi di senso sono in grado di captare. Ma chissà che il metodo più antico non sia rimasto sullo sfondo, e si affermi ancora in certe condizioni, per esempio nel caso di una folla eccitata dalle passioni (Ibidem, p.168).
È certo che una parte considerevole di ciò che per noi è ereditario fu acquisito dai nostri progenitori. Quando parliamo di eredità arcaica, normalmente pensiamo solo allEs, supponendo, a quanto pare, che allinizio della vita individuale lIo non esista ancora. Eppure non dobbiamo trascurare il fatto che lEs e lIo sono originariamente una cosa sola, e non si tratta da parte nostra di mistica sopravvalutazione dellereditarietà se riteniamo attendibile lipotesi che per lIo non esistente siano già determinate le direzioni dello sviluppo, le tendenze e le reazioni che esso in seguito metterà in risalto. Non si potrebbero spiegare altrimenti le particolarità psicologiche di certe famiglie, razze, nazioni , perfino nel loro atteggiamento verso lanalisi. Ma cè di più: lesperienza analitica ci ha indotti alla persuasione che perfino contenuti psichici ben determinati come il simbolismo non hanno altra origine che la trasmissione ereditaria; inoltre, in base a diverse ricerche sulla psicologia dei popoli, ci vien fatto di supporre che anche altri sedimenti non meno specifici dellantica evoluzione umana siano presenti nelleredità arcaica.In questo modo diventa chiaro come alla psiche del singolo individuo corrisponda anche una psiche collettiva, che proiettata in una rappresentazione figurata si traduce in dionisiaco o apollineo .
Sul perché la psiche occidentale abbia intrapreso una via piuttosto
che unaltra, scartandola dalle proprie soluzioni esistenziali, e sul perche
invece la psiche ebraica non abbia mai contemplato questa alternativa,
e abbia invece potenziato al massimo la via dionisiaca, canalizzando tutte
le energie in una dialettica tra i due poli della stessa istanza psichica,
repressione e sublimazione, non e completamente chiaro, ma ci pare di
avere puntato il riflettore su alcuni aspetti finora rimasti nebulosi.
Iakov Levi: [email protected]
Nietzsche e Freud sono i due più grandi uomini della nostra
epoca.
Freud non riuscì mai a venire a termini con il proprio essere
ebreo. Freud, lebreo, era turbato dalla sua stessa attrazione irrazionale
verso le proprie radici. Lo scienziato positivista era dionisiaco suo
malgrado, e tentava inutilmente di esorcizzare questo dionisismo attraverso
la sua scienza. Attratto da Nietzsche, lo respingeva per paura di essere
condizionato nella sua obiettività scientifica.
Le verità esistenziali delle intuizioni di Nietzsche lo terrorizzavano,
rischiando di minare la sua fede nel dogma della razionalità scientifica
e dellimmanenza dellosservazione empirica. Intuito versus empirismo,
Erlebniss versus osservazione scientifica.
Solo nella fase più tarda della sua vita, Freud si arrese
e dichiarò di sentirsi ebreo, anche se lui stesso non seppe precisare
che cosa questo realmente significasse . Il proprio ebraismo rimase sempre
per Freud qualcosa di presente, immanente ma irrazionale, come il proprio
dionisismo (vedi: Un'analisi del dissenso tra Freud e Jung. La genealogia di un turbamento, in Dialegesthai, rivista telematica di filosofia).
Nietzsche, tedesco, allattato e cresciuto nel grembo di un antisemitismo
luterano feroce e radicale, tradusse la propria oscura attrazione per gli
ebrei in filosemitismo esasperato e irrazionale: è il sentimento
più forte che emerge dallintero Corpus nietzscheano.
Aveva Nietzsche identificato consciamente ebraismo con dionisismo?
Pare di no. Una realizzazione conscia di questa associazione, avrebbe
smussato le sue dichiarazioni esplosive di filosemitismo militante. Per
Nietzsche gli ebrei non erano solo un oscuro enigma, come per Hegel,
un problema filosofico dalla difficile soluzione come per tutti i filosofi
occidentali.
Gli ebrei, per Nietzsche, erano sia il problema che la soluzione.
Da loro si attendeva la salvezza.
Li accusava di essere alle radici di tutto il male (il cristianesimo)
e di tutto il bene; loro avevano avvelenato lEuropa, ma loro erano anche
gli unici che avrebbero potuto salvarla.
Alla visione Cristocentrica di Hegel, Nietzsche sostituì una
visione ebraico-centrica, ai suoi occhi gli ebrei erano la personificazione
della salvezza dionisiaca. Il messaggio messianico cristiano fu così
solamente spostato, non rinnegato. Il nuovo messia sarebbe stato Dioniso
incarnato negli ebrei.
Lunico sospetto che emergeva timido nella mente di Nietzsche, e che
lo turbava, era che forse gli ebrei non avevano nessuna disposizione a
incarnare la figura del Salvatore per redimere lEuropa. Fu solo sul suolo
delle speranze messianiche di Nietzsche che si può capire sia il
suo filosemitismo che il suo presunto antisemitismo.
Come il bambino fa dipendere dalla figura del padre onnipotente sia
tutto il bene che tutto il male, così lattrazione irrazionale per
gli ebrei era la causale che dava origine alle sue esplosioni antiebraiche,
come strumento della sua avversione per il cristianesimo: antiebraico e
insieme filosemita militante. Questo dualismo può
essere compreso solo sullo stampo dellambivalenza infantile verso la figura
paterna.
Come abbiamo visto, la convinzione che attribuiva allebraismo linizio
del cristianesimo aveva origine nellignoranza. Né Nietzsche, né
tantomeno tutti gli altri filosofi occidentali conoscevano lebraismo alle
sue radici. Gli ebrei, dai loro primi incontri con lOccidente furono da
sempre presi in prestito dagli occidentali come strumento/pretesto di un
monologo dettato dalla conflittualità emotiva dellautoidentità
occidentale.
Se Nietzsche fosse vissuto ancora mezzo secolo, avrebbe potuto toccare
con mano la futilità del suo monologo patetico con gli ebrei. Gli
europei assassinarono il designato messia delleuropeità. Gli ebrei
presero il destino nelle loro mani e diventarono il messia solo di loro
stessi.
Freud si illudeva di salvare lumanità attraverso una scienza
di cui negava energicamente la sostanza: una scienza ebraica suo malgrado.
Nietzsche si illudeva di salvarla attraverso la persona fisica degli ebrei:
Dioniso resuscitato. Entrambi si nutrivano di fantasie messianiche. Al
di là di ogni filosofia, la vita si rivelò più forte.
Sia Nietzsche che Freud avrebbero dovuto prevederlo. LErlebniss vitale
dellOccidente lo fece precipitare nuovamente nella propria fobia antidionisiaca,
e lErlebniss esistenziale ebraico, il filo della propria identità
nazionale, li riportò a conquistarsi lindipendenza, e da popolo
disperso ripresero nel sangue, e con la forza, quella Giudea che era stata
loro carpita nel sangue e con la forza. Il motto romano Iudaea capta
diventò il motto ebraico Iudaea restituta. Ci si aspettava
dagli ebrei che salvassero lumanità. Ma questi, seguendo il proprio
Erlebniss, si dimostrarono molto più efficaci nel salvare
solo se stessi. Il monologo occidentale con gli ebrei fu svuotato di qualsiasi
controparte immaginaria e si rivelò esattamente per quello che era
sempre stato: un fantasma.
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Parte Prima
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Nietzsche e la psicoanalisi
I Numeri sacri e il loro simbolismo
Senza confini: il caso borderline dell'Europa unita