Occidente e Oriente semitico nello specchio di Dioniso e di Apollo. Parte prima B
I Culti della fertilità
Il sincretismo tra la cultura greca e i riti orientali con cui era venuta
a contatto in epoca ellenista aveva prodotto, nei tre secoli antecedenti
il cristianesimo, una fioritura particolare di questi culti e uno stesso
dio con nomi diversi veniva fatto periodicamente morire e risorgere, come
condensazione degli arcaici riti tribali della pubertà e i riti
della fertilità legati al ciclo delle stagioni e dellagricoltura
in ununica sintesi. Nei culti di Osiris, Tammuz, Dioniso, Attis, Adonis
e Mitra, il pasto totemico, condensato con le tracce mnestiche dei riti
diniziazione puberali, che era il rito tribale par excellence, e comprensibile
solo nel contesto della struttura sociale del clan, diventò lallegoria
del ciclo di morte e rinascita della natura. Il paradosso consiste nel
fatto che solo quei popoli che erano definitivamente usciti dalla struttura
sociale tribale, per natura semi-nomade, per dedicarsi allagricoltura,
perpetravano questi riti in quanto solo per loro aveva senso identificarsi
con il ciclo delle stagioni, la semina e il raccolto, le prime piogge autunnali
vivificatrici e le ultime piogge primaverili che prennunciavano la morte
della natura e del dio. I Sumeri avevano per primi introdotto questo culto,
nel IV millennio, proprio perché erano stati i primi a uscire dalla
struttura tribale e a dedicarsi allagricoltura. Questa era stata la prima
civiltà del mondo, precurritrice di tremila anni la polis greca.
Dumuzi il dio sumero, nato da Inanna, regina dei cieli, scendeva periodicamente
nel regno dei morti e resuscitava . Parallelamente ai Sumeri, allaltra
estremità del fertile crescente, gli insediamenti predinastici
sulle rive del Nilo erano usciti anche loro dalla struttura tribale e si
erano costituiti a Stato sotto linsegna del faraone. In concomitanza allistituzione
di una civiltà agricola nacque il mito di Osiris, nato da Iside,
madre e moglie, smembrato da Seth. Iside cercò e ricompose i pezzi
tranne che il membro virile, che non riuscì a ritrovare. (cfr. Dioniso
e Demetra p.8), e rimase nel regno degli Inferi, diventando lultimo estremo
giudice. Iside lo fece resuscitare con mezzi magici e gli partorì
un figlio, Oro, che diventò re dEgitto .
I culti che ripetevano simbolicamente il fato del dio venivano celebrati
in varie città dEgitto e consistevano tra laltro nella costruzione
di un giardino di Osiride, una forma di fango dalla figura del dio bagnata
con le acque del Nilo e seminata di grano. Più tardi, germogliando,
simboleggiavano la rinnovata forza del dio
Erodoto nel V secolo a.C. identificherà Osiride con Dioniso
(Hist., II/144) e Iside con Demetra (II/123). Interessante notare
come a Memphis il toro sacro Apis veniva identificato con il dio e chiamato
Osiride-Apis. Se, come abbiamo visto, Osiride è parallelo a Dioniso,
totem delle tribù greche dalla forma di capro, il totem principale
delle tribù che furono i progenitori degli Egizi era stato evidentemente
un toro. LEgitto e la sua fertilità era molto più adatto,
come la Mesopotamia e a differenza della Palestuina e della Grecia collinose,
allallevamento del bestiame piuttosto che a quello delle greggi.
Nel secondo millennio, il dio sumero Dumuzi divenne il dio babilonese
Tammuz, cambiò solo il nome ma il suo ciclo rimase lo stesso. Nel
calendario ebraico ancora oggi il mese più caldo dellestate (luglio-agosto)
si chiama Tammuz. Questa è la traccia rimasta degli antichi culti
della fertilità babilonesi, che passarono anche alla Siria-Palestina,
in cui il dio scende agli inferi alla fine della primavera per rinascere
in autunno. Quando il dio moriva le donne lo piangevano e si strappavano
i capelli per il lutto. Questo rito era eseguito anche dagli ebrei, nel
tempio di Gerusalemme stesso, prima dellesilio babilonese. Con le parole
del Profeta:
Poi mi disse: Hai visto figlio delluomo? Vedrai che si commettono nefandezze peggiori di queste. Mi condusse allingresso del portico della casa del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz (Ezchiele, 8,14).Come nel mito orfico di Dioniso che muore e viene resuscitato da Demetra tutti questi dei vengono fatti rinascere da una dea-madre. Lunica differenza pare essere che mentre Dioniso viene ucciso da bambino, mentre stava giocando, gli altri dei sono tutti dei giovani, ma non bambini, ovvero in età puberale, come il Cristo crocifisso è rappresentato come un dio giovane.
Sulla soglia del cristianesimo
La società nella quale mise piede il cristianesimo era quella
del modus mentale apollineo, come si era evoluto in dieci secoli. Quello
che rimaneva del dionisiaco, come abbiamo visto, era stato relegato allo
scurrile, i suoi veri contenuti erano stati rimossi e non esisteva più
nessuna somiglianza tra il primo dio delle tribù greche e quello
festeggiato nelle commedie teatrali dei satiri con il pene in erezione.
In tutta lecumene greco-romana lideale era quello del sole cosmopolita
di Apollo. Chi non accettava di far parte di questa cultura, allinsegne
delle visioni di Apollo, larte plastica e la rappresentazione figurata,
era considerato barbaro. La filosofia aveva da tempo preso il posto del
rito tribale e tutte le espressioni di questultimo erano considerate forme
di inciviltà.
Quando questa civiltà disunita in tutto, ma unita dallo stesso
modus mentale epidermico, sotto il tetto dellepifania di Apollo, ricevette
su di sè un Salvatore, questo dovè necessariamente avere
il volto di questultimo, che racchiudeva in sè i simboli degli
strumenti della salvezza: linsegnamento, la sapienza, la bellezza, lepifania
= la rivelazione. Come Apollo aveva parlato per enigmi, il Cristo parlerà
per parabole, meno astruse delle divinazioni del dio delfico ma, daltra
parte, il messaggio non era più diretto a un elit di iniziati,
bensì a una massa di diseredati.
Paolo si scaglierà contro la sapienza del mondo, ma questa
era stata proprio quella del suo dio. Solo la sintesi platonica aveva cominciato
la sua trasfigurazione in fede e questa, con il crollo del mondo antico,
ne aveva definitivamente preso il posto.
La fede, che era stata il prodotto finale della bellezza e della filosofia
si rivolta contro le sue matrici per non avere concorrenza. Platone, attraverso
il suo epigono (Paolo), riesce a perpetrare il coup detat tanto ambito.
Come ogni nuovo rivoluzionario ci tiene a tutelarsi dalla controrivoluzione
e scomunica chi dubita.
La sintesi
Molto è stato già scritto sulla similiarità tra
il mito cristiano di un giovane dio che muore e risorge e i culti del mondo
ellenista pre-cristiano , e anche di quello anteriore allellenismo, come
il culto di Osiride in Egitto e di Tammuz-Dumuzi nel mondo mesopotamico
sumero-babilonese . Non cè dubbio che questi culti contengono tutti
le tracce mnestiche degli antichi riti tribali diniziazione puberale in
cui un novizio muore e risorge simbolicamente, ed è ovvio che la
Crocifissione ricalca questi riti.
Quello però che tutti quelli che hanno scritto numerosi articoli
sul parallelismo tra i culti della fertilità orientali e il cristianesimo
non sono riusciti a spiegare è perché proprio questultimo
sia diventato una religione mondiale alla quale aderisce un quarto dellumanità,
duemila anni dopo la sua prima apparizione. Infatti né il culto
di Mitra né quello di Dioniso-Adonis-Tammuz-Attis si evolsero a
religioni e tantomeno a religioni mondiali.
Come abbiamo visto sopra, laspetto del rito iniziatico tribale era
stato rimosso dai culti della fertilità che erano diventati paradossalmente
proprio il culto dei residenti fissi, agricoltori che avevano completamente
abbandonato la struttura sociale tribale. Delliniziazione era rimasto
solo laspetto del mistero, non aveva più niente a che fare con
liniziazione sociale dei giovani alla società degli adulti.
Da riti, che conservano la connotazione del clan, erano infatti diventati
culti, ovvero qualcosa di misterioso che è più del rito
ma meno della religione. Tranne che la ripetizione di una saga, quella
della morte e della resurrezione, comune del resto a tutti quanti, non
si erano sviluppati né in una religione articolata né in
una visione metafisica del mondo. Eseguiti in tutto il mondo civile di
allora ed universalmente accettati, da Roma con il nome di Cibele e Attis,
e in unaltra versione Rea, Grande Madre degli dei - Attis, che nel
mito greco viene partorito come primo uomo , alla Grecia come Dioniso-Demetra,
Agditis-Attis, alla Fenicia come Afrodite e Adonis, alla Siria dove lo
stesso dio appariva anche con il nome di Tammuz, trasfigurazione babilonese
del Dummuzi sumerico e conviveva con Isthar, lAstarte cananea, Iside --
Osiris per gli Egiziani , erano tuttavia come ogni rito, prima del cristianesimo,
rappresentazioni teatrali circoscritte al luogo in cui avvenivano, anche
se simili. Per questo i diversi nomi a secondo di dove avvenisse il culto.
Come se ognuno raccontasse la saga del proprio clan, anche se era simile
a quella degli altri. Per dirla in altre parole, erano un culto particolarista,
anche se generale. Come particolarista è il rito tribale, poiché
in esso ogni clan racconta la propria storia e quella del proprio padre
primigenio. La religione generale di tutto il mondo civile di allora era
quella di Apollo, il dio iniziatico, che si era staccato dalla propria
particolarità ed era diventato il dio universale, comune a tutta
lecumene greco-romana.
Ma Apollo, che era il dio iniziatico dei riti di passaggio delle tribù
greche, non appare mai come dio che muore e risorge. Questo dio è
Dioniso. Il cristianesimo mette in atto una sintesi tra Apollo, che era
nel frattempo diventato il dio unificatore di tutta lecumene pan-ellenica,
e al quale si richiama Gesù nella sua immagine di maestro e di rivelatore
di saggezza, e Dioniso che viene messo a morte e resuscita. Questa sintesi
mette in atto una regressione esistenziale di centinaia di anni, poiché
nel frattempo il pasto totemico dionisiaco e i suoi contenuti tragici,
dal mito orfico dello sbranamento del dio alla tragedia eschilea del coro
dei capri, erano stati da tempo rimossi e sostituiti da un culto della
fertilità che aveva perso ogni legame emotivo con il rito primitivo.
Avviene qui una reattivazione di un contenuto rimosso, ed ecco il risultato
finale della sintesi: il Cristo muore come Dioniso ma rinasce come Apollo,
e come questi diventa il dio ecumenico con tutti i suoi contenuti: bellezza
(p.16), saggezza (p.17), insegnamento-rivelazione (p. 10), castità
(p. 29). Gesù viene sempre rappresentato barbuto e con una lunga
tunica addosso nella sua vita terrena, come il capro Dioniso, mentre da
risorto è sbarbato è vestito di bianco, come un vero sole.
In Occidente, in croce è rappresentato semi-nudo, come i giovani
greci che si ispiravano ad Apollo (P.16).
Tutto allude a questa sintesi. Anche nel Vangelo stesso un Gesù
barbuto viene battezzato, ovvero fatto rinascere a una nuova vita. Chi
lo battezza è S. Giovanni rappresentato in tutte le raffigurazioni
vestito di una pelle di animale, ovvero travestito in animale totemico,
il capro, e che morirà anche lui di una morte sacrificale, la cui
testa viene presentata a un banchetto, come il totem viene ucciso e sbranato.
Il Battista rappresenta uno spostamento dellimmagine della natura
dionisiaca del Cristo a se stesso, come la scomposizione di unimmagine
in due diverse per meglio comprendere i diversi elementi della condensazione.
E i greci, come abbiamo visto nellanalisi delle condensazioni operate
dalla mitologia greca, erano abituati a scomporre unimmagine in due diverse
come allusione allevoluzione mentale e religiosa.
Come aveva detto Erodoto: Ultimo avrebbe regnato Oro, figlio di Osiride,
quello che i greci chiamano Apollo
Osiride in lingua greca è Dioniso
(Hist., II/144). Apollo infatti aveva preso il posto di Dioniso
come dio principale. Così la natura apollinea del Cristo, in ununica
sintesi con quella dionisiaca, ha la prevalenza. Il Battista stesso lo
spiega: dopo di me viene uno a cui non sono degno nemmeno di allacciare
i calzari (Gv.,1,27), cioè dopo di me, Dioniso, arriva uno, Apollo,
che sarà a me superiore. Ora diventa più chiaro anche un
altro passo del Vangelo:
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimionianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo(Gv.,1,6-8)e il dio collegato alla luce è Febo, il cui nome stesso significa che illumina.
Nel Battistero fiorentino è rappresentata la storia del Battista e la sua decapitazione.
Andrea Pisano lo scolpisce in ginocchio, con la testa che quasi tocca il suolo, e l'enorme e fatale spada in un tragico angolo acuto con il braccio del soldato che si appresta a scendere sul collo. Il Santo, con i lunghi capelli che fanno tutt'uno con la veste bestiale, è l'animale sacrificale.
Abbiamo davanti la rappresentazione del sacrificio della Bestia, il Padre primigenio, Dioniso, il capro sacro, come era ripetuto e raccontato dal Coro dei Capri della tragedia eschilea.
Finalmente abbiamo capito il ruolo di Giovanni Battista nella saga
evangelica.
Il battesimo cristiano avviene quando il bambino, appena nato dalla
madre, rinasce simbolicamente dal Salvatore, ovvero dal Dio-Figlio diventato
ununica consustazione con il Padre, come i novizi durante il rito puberale
vengono staccati dalle madri per rinascere dai padri e si identificano
con i fratelli. Nel rito avviene una regressione esistenziale dal rito
della fertilità che prima del cristianesimo si era sovrapposto allarcaico
rito tribale puberale, per ritornare al nucleo del suo contenuto primario,
in ununica condensazione con la nuova sintesi della consustazione con
il corpo del Dio Figlio Dio -- Padre della soluzione apollinea.
La madre, che nei riti della fertilità piangeva e raccoglieva
i pezzi del figlio ucciso per ricongiungersi con lui (Inanna, Iside, Isthar
(Astarte), Demetra, Cibele, Agditis, Afrodite), e alla quale, invece, il
figlio viene strappato per essere battezzato, non fu completamente rimossa
ma solo spostata; viene anchella innalzata al Regno dei Cieli e riemerge
nella figura di una dea vergine, ovvero depurata dallantica contaminazione
incestuosa che era stata parte integrale della causa della perdita e della
caduta.
Leffetto fu travolgente perché questa sintesi era quella che
tutti stavano aspettando da tempo. Questa fu invero la buona novella.
La soluzione al vicolo chiuso in cui era incappata la cultura occidentale
in un processo di decadenza che durava da secoli e che aveva trovato la
sua espressione nella perdità di vitalità dei due dei, Dioniso
e Apollo, rappresentazione figurata della sua essenza esistenziale.
La buona novella era questa: abbiamo ritrovato nuove energie riallacciandoci
ai contenuti tribali rimossi ma dando loro lepifania della cultura stanca
ma universale in cui viviamo.
La classe dirigente, laristocrazia culturale e politica romana cercarono
di resistere questa nuova formula, poiché temevano per secoli di
cultura apollinea che si era sovrapposta al dionisiaco tribale rimosso,
e che rappresentava il loro modus esistenziale. Lequilibrio esistente
andava bene a quelle classi che avrebbero solo avuto da perdere da un sovvertimento
della situazione. Il problema non era solo politico. Tutto un equilibrio
mentale si sentiva minacciato. Tacito chiamò il cristianesimo: la
peggiore delle superstizioni e accusò i cristiani di odio contro
lumanità(Ann., XV/42) , che erano esattamente le accuse che scagliava
contro chiunque fosse sospetto di tribalità. Come vedremo in seguito
scaglierà esattamente le stesse accuse contro gli ebrei.
In un senso particolare il cristianesimo fu una rivoluzione, poiché
fu interpretata dai sostenitori del vecchio ordine come un tentativo di
sovvertimento della soluzione apollinea a favore di quella dionisiaca,
ma in un altro senso fu laccorgimento per animare di energie nuove uno
status quo che stava per perdere il suo equilibrio.
Infatti Paolo cerca di tranquillizzare in tutte le maniere il sistema.
La sua rivoluzione avverrà nel Regno dei Cieli. In questo mondo:
Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché
non cè autorità se non da Dio e quelle che esistono sono
stabilite da Dio. Quindi chi si oppone allautorità, si oppone allordine
stabilito da Dio (Lett.Rom. 13,1-2), ovvero sto lavorando per lordine
costituito e non contro di esso.
Purtroppo per lImpero, chi deteneva il potere in quel momento era
troppo depravato e cieco per capire che lequilibrio poteva essere mantenuto
solo a prezzo di qualche concessione, ovvero di permettergli di essere
rivitalizzato dalle nuove vecchie energie che erano state reattivate.
Perseguitando il cristianesimo gli imperatori romani non fecero che accellerare
la sua ascesa, poiché mentre Paolo porgeva la sua mano allecumene
greco -- romana proponendole lunica sintesi possibile, la classe dirigente
era asseragliata in abitudini mentali che non potevano più essere
mantenute. Solo Costantino fu obbligato a prendere atto di un processo
che non poteva più essere riversato.
Link: Jesus and Mary Magdalene, the Harlot of the Horde + the Primal Father, John the Baptist
CAPITOLO SESTO
JAHVE: IL DIONISO EBREO
La Giudea
Mentre lecumene greco-romana era assorta nella sua dialettica esistenziale,
altre vicende stavano permeando un altro popolo di contenuti diversi
Come abbiamo visto sopra, quelle che erano state tribù ebraiche
e si erano insediate in Palestina verso la fine del secondo millennio avevano
passato una metamorfosi esistenziale e si erano trasformati in agricoltori
dediti ai culti della fertilità come tutti gli altri popoli vicini.
La distruzione del regno settentrionale dIsraele e la deportazione assira
di dieci tribù su dodici (721 a.C) aveva lasciato solo la tribù
di Giuda e il suo piccollo annesso di Beniamino a rappresentare lantico
popolo ebraico. Distrutto anche il regno di Giuda (586 a.C), deportati
i suoi abitanti in Babilonia, e tornati dallesilio dopo settantanni, il
popolo ebraico aveva cominciato quel processo di differenziazione dai suoi
vicini che costituirà la sua peculiarità durante i secoli.
I culti della fertilità, comun denominatore di tutti gli agricoltori,
residenti fissi, furono rifiutati energeticamente, ovvero fu rifiutato
il culto della Madre e preferito il culto esclusivo del Padre. Questo creò
una contraddizione interna, oltre che esterna.
Da un lato non vi fu più quel comun denominatore con gli altri
popoli che condividevano lo stesso stile di vita e furono gettate le basi
di quello che sarà un eterno isolamento culturale, dallaltro il
culto del Padre non era in simbiosi con lattaccamento alla terra
e alla sua fertilità. Il precludersi lo sfogo pulsionale del rito
della fertilità e la consumazione simbolica dellincesto ebbero
un effetto potente: lattaccamento del popolo ebraico per la sua terra
fu sublimato e diventò intenso ed esclusivo: diventò Terra
Santa. I Seleucidi e i Romani dopo di loro pagheranno un prezzo molto caro
in lotta e sangue nel tentativo di distogliere i Giudei dalla loro patria.
Questa contraddizione interna fu risolta accentrando tutto sempre di
più nella figura del Padre, innalzandolo sempre di più, e
facendo dipendere esclusivamente da Lui tutti i fenomeni della vita, al
punto che il lavoro della terra stessa, non potendo più essere erotizzato
attraverso i culti della fertilità, fu esorcizzato attraverso i
precetti legati allagricoltura. Da qui limportanza sempre maggiore che
assunse il tempio di Gerusalemme, come unico mezzo per purificare il lavoro
della terra dalla sedimentazione peccaminosa di colpa che gli era associata.
Il Tempio di Gerusalemme, che malgrado le riforme di Giosia era rimasto
fino allesilio il tempio del culto del sole, della prostituzione sacra
e del culto di Tammuz (Ezchiele, 8), divenne finalmente lo strumento della
purificazione e della sublimazione delle pulsioni incestuose in fedeltà
assoluta alla religione del Padre. Le Primizie, le Decime, lanno sabbatico,
la proibizione di raccogliere per i primi tre anni i frutti dellalbero,
la proibizione di seminare speci diverse ecc. Furono tutti sostitutivi
dei riti della fertilità proibiti e questa volta ordinati specificamente
da un Dio- padre unico ed esclusivo.
Fu fatta una reattivazione di molti arcaici tabù, particolari
della tribalità primitiva, come quello mestruale, quello dei morti,
la proibizione di mischiare carne e latte ecc .
Fu ristituita la festa delle Capanne, unantica festa tribale che non
era stata festeggiata come tale per più di settecento anni Dal
tempo di Giosuè figlio di Nun fino a quel giorno, gli Israeliti
non avevano fatto più niente di simile (Neemia 8,17). Nei sei secoli
che andavano dallinsediamento in Palestina e fino alle ritorno dallesilio
babilonese era stata solo la festa dei fichi e delle olive.
La Pasqua stessa come ricorrenza delluscita dallEgitto era stata
istituita solo cento anni prima da Giosia, alle soglie dellesilio (2RE
23, 21-23). Prima era stata la festa della primavere e del primo raccolto
dopo le piogge invernali. Ovvero fu accentuato tutto quello che era particolare
e peculiare dellesperienza esistenziale ebraica prima che passassero la
metamorfosi da pastori semi-nomadi ad agricoltori. Fu reattivata liconoclastia
assoluta comandata da Mosè, principe dEgitto e seguace di Ecknaton
.
La carne di maiale diventò tabù assoluto, come avevano
imparato in Egitto mille anni prima. Come ci racconta Erodoto, infatti:
Gli Egiziani hanno sempre ritenuto il maiale un essere immondo: prima
di tutto, se uno di loro, passando accanto a un maiale soltanto lo sfiora,
corre subito a gettarsi in un fiume (Hist., II/47).
Le proibizioni introdotte da Neemia di mischiarsi agli altri e dei
matrimoni misti completarono lisolamento peculiare. Ma quello che piu
di tutto creò una scissione tra gli ebrei e gli altri popoli, e
che fu parallelo alla rinuncia ai culti della fertilità e la prostituzione
sacra, fu la proibizione assoluta dellinfanticidio. La valle a Occidente
della città fortificata di Gerusalemme, dove i re di Giuda sacrificavano
i propri figli primogeniti per scongiurare le carestie e le sconfitte militari
(2,Re16,3) e ancora Manasse, lultimo re di Giuda, aveva fatto passare
nel fuoco i suoi figli (2,Cron., 33,6), al pari dei re vicini, come
Mesha re di Moav, che sacrificò il proprio primogenito quando stava
per subire una sconfitta (2,Re, 3,27), fu dichiarata il tofet, linferno,
e diventò il simbolo di quello che aveva provocato lira divina
e lesilio. I profeti del Dio dei pastori, perseguitati e scacciati dai
re dIsraele e di Giuda fino a che il popolo viveva in pace nella sua terra,
con lesilio babilonese e la reattivazione del senso di colpa che pervase
il popolo ebraico da allora, vinsero la battaglia per lanima ebraica.
I popoli circostanti non riuscirono a capire questa strana inibizione che
il popolo ebraico prese su di sè. Mentre per loro la sacralità
era concentrata nei culti della fertilità, nelle orge allinterno
dei templi, la prostituzione sacra e linfanticidio come mezzo per assicurarsi
il giusto ciclo delle stagioni e la fertilità della terra, la pioggia
dinverno, di cui il Medio-Oriente è così avaro, e la rugiada
destate, ecco che i giudei si isolavano e dichiaravano immonda la prostituzione
sacra e il tofet.
Il Dio dIsraele, per bocca dei suoi sacerdoti proibiva quello che
tutti sapevano che il Baal e lAstarte cananea esigevano come condizione
per elargire la loro benevolenza. A Sulcis in Sardegna, dove i fenici-cananei,
ora chiamati cartaginesi, fondarono una colonia, è stato ritrovato
un cimitero con migliaia di scheletri di bambini fino ai due anni detà
dentro delle giare, vittime dellusanza semita di sacrificare i propri
figli. Il cimitero conteneva più di ventimila urne, lì
depositate tra il 400 e il 200 a.C . Le urne contenevano le ossa di bambini
sacrificati. Spesso i genitori facevano voto di uccidere il prossimo nato
se gli dei esaudivano un loro desiderio, per esempio una spedizione di
merci arrivata al sicuro in un porto straniero. Alcune urne contenevano
le ossa di bambini appena nati insieme a quelle di un bambino di due anni,
indicando che se il nuovo nato nasceva morto uccidevano il fratellino maggiore
per soddisfare il voto. Il sacrificio era accompagnato da musica, danze
e orge, e includeva lo stupro di una vergine. Plutarco racconta che coloro
che non avevano figli compravano dei bambini da vicini poveri e li sgozzavano
come se fossero agnelli o uccellini... Nel frattempo la madre stava in
piedi davanti alla statua del dio, senza una lacrima, ma se avesse emesso
anche un singolo grido avrebbe dovuto rinunciare al denaro ricevuto e il
suo bambino sarebbe stato sacrificato ugualmente, mentre latmosfera si
riempiva del fracasso di tamburi e flauti (Lloyd deMause, Foundations of Psychohistory,Creative Roots, New York 1982, p.29).
Sacrificando agli dei i propri bambini, i cananei-cartaginesi si purificavano
dai propri peccati, come testimoniano le iscrizioni trovate sulle giare
che spiegano esplicitamente come i bambini fossero stati sacrificati a
questo scopo .
Quindi mentre i sacerdoti cananei erano i delegati della comunità
a perpetrare lo sfogo pulsionale, a dirigere lorchestra dellorgia sacra
in cui veniva sfogata liberamente ogni pulsione omicidia e sadico erotica,
e queste erano dirette verso i propri figli, come strumento di purificazione,
i giudei, dopo il ritorno dallesilio babilonese, elessero i propri sacerdoti
affinché facessero da purificatori attraverso linibizione delle
stesse pulsioni e non il loro sfogo. Il compito eversivo dei Profeti, che
lottavano contro la monarchia per eradicare questi culti, con la perdita
dellindipendenza e lesilio passò alla classe politica dirigente
che ne assunse il compito. La rivoluzione era riuscita. I parametri si
capovolsero. Quello che prima dellesilio era considerato sacro, la prostituzione
e linfanticidio, divenne immondo, orripilante. Il compito dei sacerdoti
sarà dora in poi quello di castigare ed inibire. Quando questi
tradiranno il loro compito, verranno sostituiti dagli Scribi, i dottori
della Legge e alla fine dai rabbini.
I greci avevano da tempo superato il sacrificio umano, da quando, nel
mito avvolto dalla nebbia delle saghe omeriche, Agamennone aveva sacrificato
la figlia affinché il vento si levi e porti la flotta greca a porto
sicuro. Quando entrarono in contatto con il mondo semita la Giudea parve
loro unisola di filosofi in un oriente che anche per loro era considerato
barbaro. Ma anche se greci e romani non sacrificavano già più
la propria prole agli dei, quello di esporre i propri figli era un diritto
sacrosanto. Contrariamente allipotesi che linfanticidio fosse stato un
problema solo orientale questa era una pratica comune anche in Occidente,
malgrado non fosse perpetrato come sacrificio agli dei . Linibizione
ebraica irritava tutti quelli che venivano a contatto con la Giudea, al
punto che Tacito inveisce contro gli ebrei: I Giudei tengono comunque
molto a che il loro numero si incrementi: è proibito infatti, uccidere
uno qualsiasi dei figli in soprannumero» (Hist.,V/5). Quando anche
lOccidente riceverà su di se una religione con le stesse aspirazioni
moralistiche, questa inibizione dallinfanticidio provocherà una
tensione accumulata che verrà scaricata proprio sugli ebrei, e ancora
dopo molti secoli verranno periodicamnte accusati di omicidio rituale.
Quindi mentre in Occidente si creava quella sintesi da rito a religione
attraverso la filosofia e la metafisica con il medium dellespressione
plastica, il culto della bellezza e la tolleranza di tante espressioni
del divino quante ne può contenere la psiche umana, in Giudea si
completava una visione del mondo non meno articolata, in antitesi a quella
dei loro vicini semiti, ma con gli strumenti opposti della Weltanschauung
occidentale: linibizione pulsionale e lintolleranza, invece che lo sfogo
pulsionale e il sincretismo, ovvero attraverso la distillazione di contenuti
specifici e il rifiuto totale di tutti gli altri. Ma mentre i contenuti
rifiutati e scartati dalla grecità erano stati proprio quelli della
particolarità e della legge assoluta, del capro e il senso di colpa
legato al parricidio primitivo, che per gli elleni si associava a tribalità,
gli ebrei scartarono i contenuti opposti, quelli del sincretismo e del
cosmopolitismo, quelli della civiltà apollinea interpretata come
soluzione culturale. I contenuti esistenziali dellariete furono interiorizzati
e distillati, la sublimazione avvenne attraverso linibizione pulsionale
dei sensi del tatto e della vista e linnalzamento del capro stesso a realtà
metafisica rifiutando qualsiasi medium di rinnegamento. Il capro ebraico
non divenne mai brutto, ovvero, invece di anteporgli unantitesi esistenziale
e un rifiuto tradotto nellideale di tutto quello che gli è antitetico,
divenne unentità cosmica che non si può vedere né
nominare. Il sacro divenne invisibile. Quando il sacerdote benedice il
popolo mimando lariete , i figli dIsraele si coprono gli occhi e il volto
per non vedere. Jahvè lui è il Dio. Proclamando la sua unità,
ovvero la sua unicità, gli ebrei mettono la mano sugli occhi come
per dire: è Lui e non un altro, è rimasto Dioniso, mai trasfigurato
in Apollo. Nellebraismo non esistono trasfigurazioni di sorta, compromessi
o travasi di sacralità da un elemento allaltro. Negare lariete
è il sacrilegio, lidolatria, e per non trovarsi davanti limmagine
cruda dellanimale, fu proibito di guardare.
A una metafisica cosmopolita ne corrispondeva una in cui, lessenza
totemica del padre arcaico, obbedienza incontestabile alla Legge, attaccamento
alla terra, intolleranza e iconoclastia assoluta furono fuse e proiettate
a verità universali. La Legge del clan diventò verità
rivelata e proiettata ad altezze cosmiche.
La diffidenza che avevano i popoli semiti circostanti per i giudei
e il loro isolamento puritano, quando abbracciarono la soluzione metafisica
universalista dellellenismo e diventarono greci, scoppiò in odio
feroce. La Palestina, dal deserto al mare, si riempi di nuove città
greche con i loro templi e i loro ginnasi, gli anfiteatri e gli ippodromi,
e la piccola Giudea intollerante e iconoclasta rimase come una spina profondamente
infissa nel fianco di un gigante.
Apollo in Giudea
Allinterno del popolo ebraico le cose non si amalgamarono senza lotte
interne.
LApollo cosmopolita e iconodulo aveva fatto la sua apparizione anche
in Giudea.
I primi contatti tra greci e ebrei, sotto i primi Diadochi che si spartirono
limpero di Alessandro erano stati improntati alla cordialità.
Alla fine del IV secolo i primi scrittori greci che menzionano i giudei
li definiscono coraggiosi, disciplinati e filosofici.
Avevano probabilmente percepito che erano lunico popolo della regione
che aveva sviluppato una sua visione del mondo e si sentivano attratti
da quello che credevano fosse una filosofia. Alessandro aveva sposato
una persiana e intendeva considerare tutti i suoi sudditi come parte di
una grande famiglia in cui fossero tollerate tutte le credenze e gli atteggiamenti
più diversi. Sia greci che giudei sentivano una strana simpatia
e una curiosità reciproca. Per gli ebrei la grecità rappresentava
il superamento dei barbari riti semitici che loro stessi avevano rifiutato,
e per i greci i giudei erano gli unici ad avere un concetto di sacralità
spirituale che in alcuni aspetti si avvicinava al loro.
Né Alesandro né i Diadochi dopo di lui sentivano antisemitismo
alcuno. Per loro i giudei erano un popolo di filosofi con i quali erano
sicuri di poter intavolare un discorso a livello superiore che con gli
altri barbari semiti.
Secondo Giuseppe Flavio (Josephus) (Ant.,12/8) Alessandro elargì
grandi onori ai sacerdoti di Gerusalemme e liberò la Giudea da qualsiasi
tassazione per sette anni, tra il disappunto generale degli altri abitanti
della Palestina. Furono i semiti che abbracciarono la cultura greca, che
nutrivano un anti-giudaesimo acuto da quando gli ebrei avevano cominciato
ad isolarsi, che non capivano questa strana preferenza dei primi sovrani
greci per i giudei e la Giudea. Tolomeo II Filadelfo elargì agli
ebrei di Alessandria diritti speciali e mandò doni a Gerusalemme
(Jos.,Ant.,12/2). Anche Seleuco Nicator che aveva ricevuto il dominio della
Siria diede piena cittadinanza ai numerosi ebrei che abitavano il suo regno
e concesse loro diritti speciali per quel che riguardava la tassazione
e i riti particolari della legge ebraica (ibidem,12/3). Giuseppe Flavio
riporta che ancora centocinquantanni dopo la conquista macedone gli ebrei
della Ionia godevano di diritti particolari. Quando questa passò
in mano ai romani gli altri cittadini ne approfittarono per cercare dinvertire
la situazione. Andarono da Marco Agrippa e gli dissero:
A noi soli spettano i diritti di cittadinanza elargiti da Antioco (che i greci chiamano dio), nipote di Seluco, poiché questi desiderava che, se i giudei volessero esserne partecipi, dovessero essere anche obbligati a sacrificare agli stessi dei di tutti gli altri. Ma quando la cosa arrivò in tribunale, fu data ragione ai giudei (ibidem).E lidilio non fu poi così breve. In tutti i cento anni in cui la Palestina fece parte dellimpero tolemaico dEgitto non si ha notizia di dissidi tra i sovrani e la Giudea, anzi da un lato i nuovi faraoni consideravano la Palestina una provincia satellite dellEgitto, ricalcando lattitudine dei faraoni del Nuovo Impero e si accontentavano di esigere le imposte che erano loro dovute, dallaltro in Giudea stessa le classi che detenevano il potere assumevano molti atteggiamenti filo-ellenici, come adottare nomi greci e cercare punti in comune tra la filosofia greca e la Weltanschauung ebraica.
In quei giorni sorsero da Israele figli empi che persuasero molti dicendo: Andiamo e facciamo lega con le nazioni che stanno attorno, perché da quando ci siamo separati da loro ci sono capitati molti mali. Parve ottimo ai loro occhi questo ragionamento; alcuni del popolo presero liniziativa e andarono dal re [Antioco IV della casa dei seleucidi], che diede loro la facoltà di introdurre le istituzioni dei pagani. Essi costruirono una palestra in Gerusalemme secondo le usanze dei pagani e cancellarono i segni della circoncisione e si allontanarono dalla Santa Alleanza; si unirono alle nazioni pagane per fare il male ( I Macc.,1,11-15).
I Maccabei
Se la classe dirigente e i sacerdoti di Gerusalemme avessero avuto la
meglio oggi non esisterebbe più popolo ebraico. La Giudea sarebbe
diventata una parte della Siria ellenizzata, non solo politicamente ma
anche culturalmente. Ma cerano in campo delle forze inconsce che emersero
per avere la meglio. Non da Gerusalemme, la città, la nuova polis
con i suoi ginnasi e teatri venne laltisonante risposta allapollineo
ellenista. Dai villaggi seminati sulle colline intorno alla capitale si
levò il grido di rifiuto di tutta una cultura che si era affermata
nel mondo intero.
Il racconto del secondo libro dei Maccabei non è una fonte storica
attendibile, parla di resurrezione a una vita dopo la morte che nel secondo
secolo a.C era unanacronismo (7,9). Soprattutto parla molto di fede e
di sacrificio in nome della fede, che come abbiamo visto era un parametro
della sfera apollinea (pp.16-17). Gli ebrei, fino alle persecuzioni del
Medioevo parlavano di Legge, non di fede. La rivolta maccabea non avvenne
in nome della fede, bensì in nome della Legge del Padre che era
diventata il simbolo dellautoidentità nazionale. Questo è
anche probabilmente il motivo per cui gli ebrei non introdussero i libri
dei Maccabei nel Canone, mentre i cristiani lo fecero, infatti assomigliano
molto di più ai Vangeli che a storia ebraica, ma contiene un elemento
molto illuminante: i sette fratelli che preferirono morire piuttosto che
cibarsi di carne suine (2 Mac., 7,1). Il secondo libro dei Maccabei
è molto tardo e più che fonte storica va trattato come apologetica.
Per dare attendibilità al racconto si parla di uninterdizione a
cui tutti sapevano che gli ebrei tenevano molto, e i Gentili anche se non
conoscono gli altri precetti ebraici, identificano automaticamente gli
ebrei con il tabù della carne di maiale .
Da un punto di vista religioso non vi è in questo precetto niente
di particolare che faccia della proibizione di cibarsi di carne di maiale
uninterdizione più grave di quella di cibarsi di altri animali
proibiti. Ma questa si riallaciava a Mosè e al ricordo dellEgitto.
Infatti, con le parole di Erodoto, Gli Egiziani hanno sempre ritenuto il
maiale un essere immondo. Ovvero i giudei che si ribellarono ad Antioco
IV, si riallacciavano alle tracce mnestiche delluscita dellEgitto
e degli insegnamenti di Mosè, saltando secoli in cui questi erano
stati dimenticati. La traccia mnestica delluscita dellEgitto, il primo
atto di coesione e di lotta per la libertà che fece di tribù
sparse un popolo, era stata reattivata solo ai tempi di Giosia. Allalba
dellesilio babilonese e della prima dispersione erano state gettate le
basi di una storia nazionale che si riallacciasse a un passato nel quale
si potessero riconoscere le prime tracce di unidentità storica.
Se le storie dei padri, Abramo, Isacco e Giacobbe erano miti che raccontavano
la propria pre-istoria, luscita dallEgitto e la legge di Mosè
erano già storia comune. Nella percezione collettiva lì era
cominciata la Legge e questa corrisponde a identità. Da allora il
mangiare carne di maiale diventò un simbolo, e mentre secondo la
legge ebraica in caso di pericolo di vita è permesso mangiare carni
di animali proibiti, poiché la vita è considerata più
importante dei precetti giornalieri, un ebreo pio è comandato di
rinunciare alla vita se per salvarla è obbligato a cibarsi di carni
suine, poiché queste simboleggionano lidolatria e la rinuncia allidentità
ebraica. Lo stesso parametro è valido per qualsiasi forma di idolatria.
Quando i messi del re vennero a Modin, un villaggio a una ventina di
chilometri da Gerusalemme ed eressero un altare per obbligare i giudei
a sacrificare, Mattatia e i suoi figli si ribellarono e uccisero i messi
del re e tutti i giudei che avevano acconsentito a sacrificare (I Macc.,15,28).
La rivolta fu subito nazionale. Nazionalità ebraica e Jahvè
si erano fusi in un unico concetto.
Malgrado tutto, luniversalismo di Jahve era solo un accorgimento per
minacciare la vendetta anche su imperi mondiali. Un dio limitato alla tribù
era valido finchè si trattava di guerra con i popoli vicini, come
i Moaviti, gli Ammoniti o gli Amaleciti e i Midianiti ma sarebbe stato
sospetto dimpotenza quando era in palio la sopraminenza sullecumene pan-ellenica.
Ma anche in questa metamorfosi si erano riallacciati a una concezione
ancora più arcaica, poiché tutte le tribù primitive,
prima di diventare politeiste, osservano una rudimentale forma di monoteismo
. Nella tribù dei Manu, in Africa, chiamano lessere divino che
adorano il Signor Spirito, e hanno con lui una specie di contratto eterno
che ricorda molto il patto tra Jahvè e il suo popolo . Per dirla
con le parole di Reik: Nelle fasi primitive della società, il dio
tribale è anche allo stesso tempo universale .
Quindi, laccorgimento adottato, riallacciandosi ad una concezione
arcaica già sperimentata, che antecedeva il politeismo di sei secoli,
di per sè rinforzava lauto-identità peculiare in rapporto
ai popoli circostanti, che erano entrati nello stadio dei culti della fertilità
politeisti molto prima. Dai libri dei Maccabei emerge anche un altro punto
importante: per Antioco IV era una questione politica. Il re vedeva nel
rifiuto di sacrificare agli idoli una ribellione contro la sovranità
dello stato: Basta ormai; uscite, obbedite ai comandi del re e avrete
salva la vita (I Macc., 2,33) dicevano coloro che volevano incitare i
giudei a profanare il Sabato. Cittadini fedeli potevano essere considerati
solo coloro che si conformavano alle usanze comuni, conformismo culturale
e fedeltà politica erano ununica cosa. Potevano essere tollerati
riti e costumi diversi ma solo accanto a quelli predominanti, non al loro
posto. Antioco IV, detto Epiphane, era considerato dai suoi sudditi un
sovrano illuminato e miracoloso proprio perché cercava di imporre
a tutti i modelli culturali pan-ellenici. Per lo stesso motivo in ebraico,
invece, il suo appellativo greco fu tradotto in Il malvagio. Ma Antioco
IV non era già più un vero greco. A quasi due secoli dalla
conquista macedone dellOriente, il sincretismo pan-ellenico cominciava
a sentire la pressione di tensioni la cui fonte era la mancanza di coesione
interna della sintesi Oriente -- Occidente, nella quale cominciavano a
intravvedersi le prime crepe.
Con le prime vacillazioni interne e i primi tentennamenti sui veri
contenuti della propria auto -- identità, il diverso, lantitetico,
in questo caso la Giudea iconoclasta, diventò laltro polo morale.
I giudei, che due secoli prima erano stati considerati i virtuosi e i
filosofi del MedioOriente, diventarono i non-conformisti e quindi i barbari:
la minaccia allidentità apollinea. Così si spiega anche
la strana contraddizione tra una cultura ellenista che era tollerante verso
le usanze degli altri popoli e pronta a qualsiasi forma di convivenza con
gli dei dei popoli conquistati e lodio che si sviluppò, invece,
verso i giudei. Avrebbero tollerato forse un Jahvè a cui tutti possono
sacrificare e che non avesse nessuna obiezione a che i suoi figli sacrificassero
anche agli altri dei. Ma questo esclusivismo oscurantista era troppo: questa
intolleranza era incivile, barbara, tribale. Questo era esattamente quello
da cui erano rifuggiti da secoli: lesclusivismo del padre della tribù,
il totem, unico dio del clan. Il Dioniso originale, quello rimosso, veniva
ostentato loro davanti con il nome di Jahvè.
Esisteva più di un filo che riconducevano Dioniso a Jahvè.
Quando gli israeliti invasero la Palestina, allinizio il Baal locale,
il padre degli dei cananei fu associato automaticamente al dio sinaitico
. Erano entrambi dei legati al fulmine e al temporale, come lepifania
di Jahvè sul monte Sinai dimostra, entrambi residevano sui posti
alti, uno sul Horeb, laltro su di ogni altura con un nome diverso (Baal
Peor, Baal Hermon, Baal Zafon, Baal Maon, Baal Perazim, Baal Gad, Har Baal,
Khriat Baal), Baal e Jahvè erano dei padri. Quando i greci incontrarono
il Baal cananeo lo associarono subito a Dioniso. Quindi, questa associazione
Jahvè-Dioniso esisteva già attraverso il Baal cananeo. Ma
a questa associazione inconscia contribuì ancora di più il
fatto che larcaico animale totemico delle tribù greche, agli albori
della storia, era stato esattamente lo stesso delle tribù ebraiche:
il capro. E in Giudea echeggiava in tutte le ricorrenze ebraiche più
importanti, come ancora oggi, il suono dello shofar, il corno di ariete,
a mimica della voce rauca della bestia uccisa .
Il padre della musica era stato Jubal (Gn.4,21), che in ebraico significa
ariete; Keren Haiuvel è il corno dellacclamazione, il Giubileo,
Iuvel, al suono del quale avverrà la redenzione. Questo suono rauco
e commovente non poteva non ricordare ai greci il proprio capro ucciso.
Come abbiamo visto sopra, Platone, nello sforzo di rinforzare la rimozione,
aveva proibito la tragedia eschilea con il suo coro di capri e i contenuti
emotivi tragici che gli erano associati. I contenuti dellepifania di Apollo
si erano sovrapposti agli strati rimossi. Di Dioniso era emerso solo laspetto
scurrile delle processione di falli da Atene a Eleuthera (p.9 e 33) e a
questo stesso si era sovrapposta limmagine di un Dioniso ellenista, dalle
belle figure plastiche dei culti della fertilità della terra, che
aveva preso laspetto lui stesso di un giovane Apollo. Dellarcaico capro,
totem tribale, non volevano assolutamente sentir parlare. Ed ecco che lo
ri-incontrano in Giudea, adorato da un popolo che non ne voleva sapere
del medium apollineo della redenzione.
Un dio che non si vede, alla presenza del quale tremano tutte le membra
e che si manifesta attraverso il suono della voce rauca del corno di ariete.
Questo era il loro Dioniso rimosso! I giudei rifiutavano la trasfigurazione
del capro in Dioniso apollineo e in Apollo. Era per loro sacrilego radersi
e mostrare le bellezze di un corpo di fanciullo! Allora vuol dire che si
facevano beffe di sforzi secolari di superare la tribalità, la colpa
e la tragedia attraverso la soluzione apollinea. Se Jahvè non poteva
venire affiancato nei templi agli altri dei, significava esattamente questo,
era il dio particolarista di un clan. Se la fedeltà è verso
il clan e i legami di sangue non può essere verso la polis e lo
Stato.
Nelle tribù primitive la coesione tra i membri avviene per mezzo
del patto di sangue sancito nella co-munione con il totem, attraverso il
rito diniziazione puberale che culmina nella circoncisione. In Grecia
listituzione della polis aveva superato definitivamente (cfr le parole
di Socrate) il tribalismo del capro ed aveva esteso le soluzioni apollinee
a tutto il mondo conosciuto attraverso una metafisica culturale e politica.
E adesso venivano i Giudei e reclamavano il diritto alla diversità,
ovvero volevano il diritto di rimanere barbari. I romani incontreranno
nelle foreste della Germania e della Gallia altre tribù, ma almeno
queste non pretendevano di avere una cultura superiore a quella del mondo
civile. Non avevano sublimato il non vedere e il black-out, loscurantismo
del rito tribale. Se anche non avevano templi con splendidi dei in cellae,
per lo meno non ne avevano uno che non si vede in un tempio altrettanto
sontuoso dei loro.
Quando, come riporta Tacito (Hist.,V), Pompeo entrò a Gerusalemme
nel 63 a.C era così curioso di capire cosa mai stessero tramando
i giudei che non potè trattenersi dal compiere lestremo sacrilegio.
Entrò di forza nella cella, nel Santo dei Santi, sicuro che avrebbe
scoperto il tranello. Quando non vi trovò niente si infuriò.
Che senso ha costruire un tempio per un dio che non abita?!
I Giudei si stavano beffando di lui!!
La nacita delantisemitismo
Molti hanno paragonato la laicizzazione della società ebraica
in questi ultimi due secoli al tentativo in epoca ellenista di adottare
i costumi degli altri popoli. Oggi sia nella Diaspora che nel rinnovato
stato dIsraele la maggior parte degli ebrei sono laici e di questi molti
atei. Laccusa di essere ellenizzanti viene naturalmente dai circoli
ortodossi che si sentono i discendenti spirituali diretti dei Maccabei
e gli unici detentori della verità ebraica, e fu diretta da sempre
verso chi diverga dalle leggi dellortodossia come vengono interpretate
dai rabbini, da Spinoza a Mendelshon e la riforma tedesca della fine del
Settecento, ai pionieri sionisti dellinizio del secolo, che con le proprie
mani hanno ricostruito la casa nazionale ebraica.
Ma la differenza consiste nella linea di separazione tra precetti della
religione ebraica e autoidentità. La legge dello stato dIsraele
stabilisce che ebreo è chi dichiari in buona fede di essere ebreo
e di non appartenere ad unaltra religione (1958). Anche se secondo lortodossia
è ebreo chiunque sia nato da madre ebrea, quindi anche chi si converta
a unaltra religione, lo stato laico ha stabilito una regola ancora più
restrittiva : quella dellautoidentità. Il peccato degli ellenizzanti
del secondo secolo a.C., non fu solo un peccato religioso contro la fede
ma, rifiutando la circoncisione, che è il segno distintivo dellappartenenza
al clan, e inchinandosi alle immagini, simbolo della cultura apollinea
pan-ellenista, avevano dichiararato implicitamente di rifiutare la propria
identità ebraica.
Nei sei secoli dalla conquista della Palestina (XII sec a.C) allesilio
babilonese (VI sec. a.C), il culto idolatro non rappresentava un abiura
della propria identità ebraica, che era poco differente da quella
dei popoli circostanti, anche se i Profeti dIsraele e di Giuda tentavano
disperatamente di legare questa identità nazionale a Jahvè,
il dio dei pastori. Salomone e i re che vennero dopo di lui erano tutti
immersi nei culti della fertilità e dellidolatria, e solo la mistificazione
dei testi da parte della classe sacerdotale nel V e IV secolo a.C. ne fecero
un atto di prevaricazione contro la tradizione e la fede.
In epoca ellenista invece era diventata una lotta per lidentità,
in quanto Jahvè era diventato lunico dio nazionale, gli antichi
Profeti avevano vinto, e lalternativa allettante era tutto un modus mentale
e culturale che gli era antitetico. Liconoclastia era diventata sinonimo
di giudaismo, mentre invece idolatria e culto delle immagini, sinonimo
di ellenismo apollineo. Il culto del corpo nudo nei ginnasi e la bellezza
apollinea, ordine morale antitetico alla bruttezza del capro dionisiaco,
erano diventati anche il simbolo di tutto quello che era antiebraico.
I parametri dellapollineo erano penetrati in Oriente solo con la conquista
macedone. I culti della fertilità semitici prima di allora non avevano
niente a che fare con la raffigurazione plastica dellideale del bello.
Questi furono addottati solo con lellenismo. Anche se i Cananei e i Fenici
erano politeisti, le loro immagini rappresentavano solo la sintesi di un
concetto, come ad esempio le Astarti semitiche rappresentate nude con gli
organi sessuali evidenziati e i seni stilizzati, e le dee orientali cominciarono
ad assumere le forme ideali di Afrodite solo dopo la conquista macedone.
I giudei, prima si differenziarono dagli altri semiti rifiutando i
culti della fertilità ma la vera empietà, dal punto di
vista occidentale, fu quando rifiutarono, a differenza degli altri semiti,
anche il parametro del bello. Lavversità naturale per lapollineo
è una peculiarità di tutti i popoli che non abbiano passato
levoluzione greca di rimozione del capro e idealizzazione dellantitesi
delle sue peculiarità, e quindi anche gli altri popoli del Medio
Oriente, anche se politeisti. Ma mentre gli altri popoli, sotto lallettamento
culturale pan-ellenico si piegarono a soluzioni di compromesso e i loro
idoli si adattarono alla forma della cultura prevalente, i giudei fusero
il concetto stesso di politeismo con quello di apollineo. I semiti che
erano considerati barbari in quanto non greci, ovvero estranei alla cultura
apollinea, attraverso una soluzione di compromesso entrarono a far parte
dellecumene pan-ellenica. Dal momento che ne accettarono i parametri
culturali, per i greci era come se avessero smesso di essere semiti. Gli
ebrei ne rimasero fuori e rimasero i semiti par excellence.
Da allora la parola antisemitismo significò avversione per gli
ebrei e non avversione per i semiti in generale .
Paolo lebreo ellenizzato
Nulla sappiamo in realtà della figura di Gesù. Probabilmente
era una figura reale, e vi sono frammenti di Josephus e di Tacito
(Ann., XV/44) che ricordano un Christos, crocifisso in Giudea
ai tempi di Tiberio. Ma il fatto storico è irrilevante, in quanto
la nostra ricerca si focalizza sulla realtà psicologica e non su
quella storica, e secondo noi questa è più importante nello
spiegare gli sviluppi storici di quanto lo possano essere dati o fatti
registrati. I romani crocifissero in Giudea più di duemila ebrei
(Jos., De Bello Jud., II/5; II/12; II/13). Uno di loro può
essere stato Gesù di Nazzaret. Era quello un periodo turbolento
nella storia dellecumene greco-romana e la Giudea era sempre stata una
regione eversiva. Non possiamo nemmeno sapere quali fossero state le vere
intenzioni di un Gesù, che dalle stesse testimonianze dei Vangeli
parlava per parabole e metafore, e non era venuto a sostituire la legge
di Mosè. Il vero fondatore del cristianesimo fu Paolo, che non
aveva conosciuto Gesù, e diede forma a tutta la struttura ideologica
e salvifica del cristianesimo. Lui sì che sostituì la legge
di Mosè. Le lettere paoline, scritte intorno agli anni 50 del primo
secolo contengono ben poche informazioni sulla vita del Redentore. Al centro
del pensiero di Paolo sta solo limportanza teologica della morte del Cristo
e il suo significato: La Resurrezione, lesaltazione, la Seconda Venuta,
contenute in brevi formule di dottrina. Queste formule lApostolo stesso
occasionalmente caratterizza come se fossero una tradizione da lui ricevuta
e tramandata (I Cor.11,23 sgg; 15,3 sgg; Rom, 1,3 sgg.).
Come abbiamo visto sopra parlando dellebraismo alessandrino, gli ebrei
della Diaspora, che erano molto più numerosi che in Giudea stessa,
vivevano una situazione di scissione psichica tra la fedeltà al
dio esculsivo come veniva emanato da Gerusalemme, e la loro assimilazione
al mondo greco-romano. Nel I secolo a.C erano preoccupati di ricevere la
cittadinanza alessandrina che comprendeva necessariamente più di
un compromesso con il loro giudaesimo in quanto includeva la partecipazione
a riti pagani . Philo alessandrino, il filosofo ebreo dellinizio del I
secolo, racconta come i correligionari della sua città considerassero
le leggi della Bibbia come mere allegorie e che la maggior parte
osservavano solo il digiuno del Kippur .
La situazione negli altri centri culturali del mondo pan-ellenico non
era diversa. A cavallo del primo secolo si era creata una situazione poliedrica
ed insieme paradossale. In Giudea linfluenza ellenista era stata frenata
dalla controrivoluzione Asmonea (i Maccabei), ma non era cessata del tutto,
e persino i discendenti dei Maccabei, come il re Aristobulo (104-103 a.C.),
nipote di Mattatia, che era stato il caporione della rivolta anti-ellenista,
si denominava Philhellene , e il suo successore Alessandro Iannai (103-76),
coniava monete con la doppia scritta in greco e in ebraico, e aveva al
suo soldo un esercito di mercenari greci . Al massimo arrivò lo
stesso Erode il Grande (37-4 A.C) che costruì un teatro greco, un
anfiteatro e un ippodromo nelle vicinanze di Gerusalemme, malgrado le reazioni
malevolenti del popolo. Ma vi era un tabù che rappresentava la linea
di demarcazione: le immagini. Non solo le immagini cultuali, ma persino
i simboli stessi delle legioni. Quando Pilato tentò di portare le
insegne romane a Gerusalemme trovò migliaia di giudei che erano
pronti a morire piuttosto che sopravvivere una simile vergogna, e fu obbligato
a rinunciare al suo intento pur di non provocare una ribellione (Josep.
De
Bello Jud., II/9). Quindi, allinizio del I secolo della nostra era
vi era una tendenza in Giudea allintolleranza e al separatismo mentre
nella Diaspora la tendenza era più verso un accomodamento con la
cultura ellenista.
Paolo di Tarso, il centro della Stoa e crocevia tra Occidente e Oriente,
era più che ambivalente verso la propria autoidentità. Si
definisce della scuola di Gamliel e fariseo, ma non perde loccasione di
dichiarare di essere cittadino romano. Dichiara di aver perseguitato i
cristiani, dalle sue parole per istruzione della classe sacerdotale. Aveva
un nome ebraico (Saul) e ne adottò uno romano. Non vi è dubbio
che avesse una personalità scissa tra la fedeltà alla legge
dei padri e labbagliante mondo ellenista con i suoi culti della fertilità
orientali. Come molti altri giudei della Diaspora era dilaniato interiormente
tra identità antitetiche. E così cominciò ad allucinare
un giovane dio che morisse e risorgesse, come quelli della cultura in cui
era immerso, ma questa volta ebreo.
Sulla strada per Damasco, questa soluzione geniale gli si rivelò
allimprovviso.
Forse la sua intenzione era di imporre allecumene pan ellenica un
giudaismo, da lui allucinato, nellunica forma in cui questa avrebbe potuto
accettarlo: attraverso un dio Figlio, con il quale lui stesso si identificava.
Al dunque fornì lo strumento per la vendetta del mondo ellenista
sui giudei.
CAPITOLO SETTIMO
DOPO LA SINTESI
Il mondo ellenico di Apollo a poco a poco viene interiormente
sopraffatto dalle forze dionisiache. Apollineo e Dionisico nellarte occidentale
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come, in un contesto sociologico,
la figura di Dioniso rappresenti la realtà mentale tribale, mentre
Apollo rappresenta il suo superamento, attraverso lincivilimento nelle
istituzioni politiche e la sublimazione attraverso larte. Ed ecco che,
relegata la figura del dio caprino allaltro polo, a quello del brutto
e del male, la parola tribale, in Occidente diventò un insulto,
poiché questo parametro vitale della propria esistenza fu rimosso,
insieme a tutti i contenuti mentali attribuiti al dio caprino.
Conquiste e rinunce
Il raggiungimento dellequilibrio apollineo è la missione delluomo
occidentale: esprimersi entro gli equilibri dellarmonia plastica, vivere
in una società democratica, ed essere sessualmente libero sono i
suoi scopi, ma questo ideale fu raggiunto, solo per un brevissimo periodo,
allapice della Grecia classica. Appena il greco raggiunse la sua meta
subito cominciò a degenerare. Prima perse la libertà, poi
la permissività sessuale e infine rinunciò a esprimersi plasticamente.
Da allora lotta per raggiungere questi ideali, che fanno parte della sua
struttura psichica. Per lunghissimi periodi sembra dimenticarsene, ma
ogni tanto almeno uno di questi aspetti riemerge, talvolta con vitalità
ed esuberanza inaspettate. Allinizio di questo millennio, dopo sette secoli
di repressione si organizzarono i liberi Comuni, il 400 fu il secolo in
cui Fidia e Prassitele non solo risorsero ma furono persino superati, e
il nostro secolo ci ha riportato, almeno momentaneamente, quella libertà
sessuale di cui non godevamo dal crollo del mondo antico. Ogni volta, e
ci sono segni che per quello che riguarda la libertà sessuale stia
già per esserci un ripensamento, luomo occidentale afferra con
tutte due le mani la propria rinnovata conquista, solo per mollare subito
la presa. È come se le onnipresenti correnti sotterranee dionisiache
non possano venire represse, altro che per periodi molto brevi. Rimosse,
ma sempre attive, premono perennemente per un riconoscimento: una specie
di richiamo della giungla. E quando emergono, la reazione mentale della
società occidentale è una stretta di vite, un nuovo controinvestimento
energetico diretto alla repressione.
Oriente dionisiaco
Monogamia apollinea e poligamia dionisiaca
Il cristianesimo era già pronto (Nietzsche, Frammenti postumi 1869-1874, 7[4] ).
Larte greca rappresenta il superamento del dionisiaco, attraverso
lequilibrio rappresentato, nelle arti figurative, dallarmonia delle forme
plastiche. Il mondo apollineo è quello descritto da Platone: un
mondo dove larte cerca di riprodurre il mondo ideale delle forme olimpiche,
in contrasto alla realtà delle imperfette forme umane. La fantasia
viene imbrigliata e canalizzata per servire un ideale. Lartista deve così
mettersi al servizio della bellezza ideale, che è anche una verità
metafisica trascendentale, lopposto dellimmanente. Platone diffidava
dellarte: temeva che lasciasse emergere i contenuti dionisiaci che ne
sono il motore, che tradisse la verità vera attraverso quella
sovrapposta dellideale del bello. Come abbiamo visto, la prima verità
era stato il brutto. Quindi il filosofo è pronto a tollerare larte
solo se questa si mette al servizio del suo ideale. Qui subentra il platonico:
larte rappresenta la verità, mentre la realtà umana non
è altro che un tentativo corrotto di ricalcare questa verità:
da qui il detto che la natura cerca di copiare larte e non il contrario.
Larte diventò lo strumento per allontanare limmagine del capro
che era stata lunica verità, e quindi bellezza delle tribù
greche preistoriche. La verità platonica crea dunque un ideale che
per essere tale deve essere il contrario della verità, deve allontanare
e rimuovere limmanenza. Quando lideale platonico della bellezza si tramutò
in filosofia, ovvero in razionalizzazione, lillusione dellarte si trasfigurò
nella menzogna dellinsegnamento e questa in fede.
Come abbiamo visto, Apollo diventò il simbolo di questi contenuti
esistenziali e il cristianesimo tradusse da questi lidea della perfezione
di Dio, il Cristo, simbolo dellequilibrio cosmico e quindi del bene e
della moralità. Ma questa è una verità insegnata,
più o meno imposta, che si sovrappone alla verità immanente
che è quella dellEs, come lIo impone a questa provincia psichica
la sua presenza inibitrice.
Al contrario, il dionisiaco ha come meta solo la scarica e la liberazione
e quindi è lopposto degli ideali. Lesperienza dionisiaca è
una testimonianza di conoscenza, di verità immanente, non mediata
e non sublimata, a differenza della verità ideale, e quindi necessariamente
menzognera, proposta dal mondo apollineo.
E qui ci ricolleghiamo a quello che ci ha insegnato Nietzsche: larte
è unillusione, è lebbrezza di Apollo, ma è lunica
cosa che ci permette di alleviare la sofferenza esistenziale proprio perché
ci permette di scaricare una parte delle energie dionisache inibite. Come
dirà Freud, proprio perché, come il sogno, non ha la pretesa
di essere realtà. Nietzsche e Freud contro Platone, il quale vuole
fare dellarte lancilla dellideale e farla passare per verità.
E la verità di Platone è quella dellApollo che insegna la
saggezza e lordine costituito, e non quello dellenigma delfico. Se il
modus mentale apollineo sono larmonia e lequilibrio plastico, il suo
opposto sono lesuberanza delle forme e il coloristico. Plastico versus
coloristico, armonia versus disordine, contenutezza versus esuberanza.
Nella storia occidentale ogni divergenza dallideale classico sarà
accompagnata, in arte, dal risorgere di tendenze antiplastiche e coloristiche.
Se lapollineo produsse lideale della democrazia, ogni divergenza da questi
ideali provoca, o forse è la conseguenza, del riaffiorare di correnti
dionisiache, e in arte lequilibrio plastico viene sostituito da una tendenza
al coloristico.
Così, periodi in cui luomo occidentale si sente vicino agli
ideali di libertà e tolleranza e si sente padrone della propria
sorte, corrispondono in arte a momenti in cui egli ritrova il gusto dellespressione
plastica, mentre in periodi di crisi esistenziale, quando tende a tornare
a quello stadio della propria preistoria mentale in cui era dominato da
pulsioni dionisiache, è pronto a delegare la propria libertà
e le istituzioni si fanno tiranniche, nel tentativo di compensare le divergenze
creatisi nel suddetto equilibrio, e il gusto in arte diventa coloristico.
Il mondo greco - romano, che si sentiva padrone del proprio mondo, si esprimeva
in maniera plastica. Col crollo degli ideali del mondo antico e la crisi
che portò al Cristianesimo, si entrò nel periodo forse più
antiplastico della storia dellOccidente: il periodo bizantino. Larte
di questo periodo è il simbolo del rifiuto del mondo reale e il
bisogno di rifugiarsi nellastrazione.
Il passaggio da una concezione plastica dellarte figurativa e dalla
sensazione di partecipazione delluomo agli eventi, caratteristica dellarte
romana dei due secoli a cavallo della nostra Era, allastrazione
e al colorismo bizantino rappresentano la prima grande rottura dellOccidente
con gli equilibri del modus mentale apollineo. Questa rottura avviene in
tutte le relazioni delluomo occidentale con il suo habitat. Si esaurisce
la dialettica fra civis e societas e si instaura un legame statolatrico
tra la massa dei sudditi e lautorità dello stato. Il capo di stato
romano, che ai tempi della repubblica era uno dei cittadini, diviene non
solo imperatore, ma col tempo viene divinizzato. Dal terzo secolo si istituisce
la proskinesis o prostrazione completa a terra dei cittadini di fronte
allimperatore, come si usava alle corti dei despoti orientali, e i cittadini
diventano, definitivamente, sudditi.
Vediamo, dunque, che la rottura dellequilibrio apollineo implica una
rinuncia delluomo occidentale alle conquiste che gli aveva portato il
superamento della struttura tribale. Sia come homo politicus che come homo
faber, nel senso di artista, luomo occidentale subisce una metamorfosi:
se luomo apollineo è in armonia con se stesso e col suo status,
nel cosmo ideale a sua immagine e somiglianza, in cui a unidea plastica
perfetta nellOlimpo corrisponde la propria immagine su questa terra, con
la rottura non si auto - percepisce più come il centro del cosmo,
ma rimpicciolisce e svanisce. Lespressione di questo sentimento in arte
è la perdita del tempo reale, che veniva espresso così pienamente,
ancora nel secondo secolo, nella narrativa della Colonna Traiana, per trovare
una dimensione trascendentale, un tempo liturgico, la cui espressione è
lastrazione.
Dopo lesplosione della crisi, per sette secoli, luomo occidentale
non osò misurarsi con il tentativo di riallacciarsi ai suoi ideali
apollinei. La prima ripresa di autocoscienza delluomo, quando, per tentativi,
cominciò a uscire dal mondo di asservimento feudale, per ricostruire
i primi nuclei indipendenti, i Comuni, corrispose a una nuova potente ondata
di rifioritura plastica, e lEuropa è cosparsa delle grandi cattedrali
romaniche con le loro potenti sculture. Il ripensamento parziale e le crisi
del Trecento, insieme ai movimenti eretici che sconvolsero lEuropa dalla
metà del tredicesimo secolo, furono probabilmente la causa dei rinnovati
bisogni dastrazione e di misticismo che trovarono espressione nel colorismo
gotico. Il XIII secolo vide la proliferazione di numerosi movimenti eretici,
sintomo delle agitate correnti che si muovevano nei meandri della psiche
e intorpidivano le acque alla superfice: Ussitismo e Lollardismo, Beghardi
e Beghine, I Fratelli del Libero Spirito, I Fraticelli, I Flagellanti e
I Valdesi, talvolta era persino difficile focalizzare la differenza tra
le varie sette. I nomi stessi erano usati intercambiabilmente come designazione
dei nemici dellordine ecclesiastico costituito . Quello che avevano in
comune era linsofferenza e la protesta. Gli archivi dei tribunali ecclesiastici
pervenuti a noi indicano che i movimenti eretici erano diffusi dappertutto
e la vasta distribuzione è indice delleccitazione e dellinsoddisfazione
che permeava tutto il cristianesimo occidentale .
Per i “Fratelli del Libero Spirito”, vedi FREDERICQ: Corpus doc. haer. pravitalis, etc., vols. I-III.—HAUPT, art. in HERZOG, III. 467–473, Brüder des Freien Geistes. Vd.lit., vol. V., I. p. 459.—Per i FRATICELLI, F. EHRLE: Die Spiritualen. Ihr Verhältniss zum Francis-kanerorden u. zu d. Fraticellen in Archiv f. K. u. Lit. geschichte, 1885, pp. 1509–1570; 1886, pp. 106–164; 1887, pp. 553–623.—DÖLLINGER: Sektengesch., II.—LEA: Inquisition, III. 129 sqq., 164–175.—WETZER-WELTE, IV, 1926–1985.—Per i VALDESI, Vedi: lit., vol. V., I. p. 459.—Anche, W. PREGER: Der Traktat des Dav. von Augsburg fiber die Waldenser, Munich, 1878.—HANSEN: Quellen, etc., Bonn, 1901, 149–181, etc.
Per il riassunto dei suddetti paragrafi vedi par. 58 in: HISTORY OF THE CHRISTIAN CHURCH*, Cap.VII, “HERESY AND WITCHCRAFT”, in the Christian Classics Ethereal Library
at Calvin College. Last updated on May 27, 1999.
[
Sembra quasi che dopo ogni conquista dello spirito di libertà
e dindipendenza delluomo, si risvegli, dopo una determinata latenza,
un senso di colpa e un bisogno dastrazione, un ripensamento e un pentimento,
che portano a delegare la propria libertà e a rinunciare, almeno
parzialmente, alle conquiste ottenute. Non è un caso che la fioritura
dellarte gotica tra la metà del XIII secolo e la fine del XIV coincidano
con la grande crisi economica e sociale. La nuova concentrazione in centri
urbani iniziata nellXI secolo aveva prodotto lemergenza di nuove classi
sociali e di nuove tensioni, sconosciute allantico ordine feudale, che
erano sfociate nel XIII in estraneazione e polarizzazione allinterno delle
nuove città. Le pestilenze e altre calamità ecologiche avevano
fatto il resto. Tra il 1250 e il 1360 vi fù infatti un calo drastico
del numero della popolazione e dellindice di aspettanza di vita. Il numero
di bambini per famiglia scese da 3.5 a 1.9 .
Jerrold Atlas, �Medieval Crime, Violence and Superstition: Symptomatic Dysfunction�, http://members.xoom.com/_XMCM/childhistory/ja/2611998/medcrime.htm in
The Journal of Psychohistory V. 26, N. 1, Summer 1998, in Digital Archives of PsychohistoryArticles & Texts A Publication of The Institute for Psychohistory.
La sensazione di essere entrati un un vicolo cieco fece una reattivazione
degli antichi sensi di colpa, e questi si tradussero in bisogno di astrazione
e di comunione con le sfere celesti. Queste sono anche le condizioni ideali
per la ri-emergenza del capro rimosso.
Non è un caso che alcuni tra i movimenti eretici del XIV secolo
non fossero altro che una ribellione contro tutto lordine apollineo. Come
esempio portiamo Margaret di Henegouwen, conosciuta come Margaret di Porete,
una Beghina, che scrisse un libro a favore dellannullamento dellanima
nellamore di Dio (ibidem, nota 880), una reattivazione della co-munione, che già ben
conosciamo dai primi capitoli. Ma di che tipo di comunione si trattasse
ci diventa chiaro quando Margaret sostiene che, una volta avvenuta questa
comunione, lindividuo possa abbandonarsi, senza rimorsi di coscienza,
a qualsiasi appetito della carne . Quindi la co-munione invocata dalla
Beghina eretica non è quella con il corpo del Cristo apollineo,
bensì con quello dionisiaco, reattivazione dellorgia della comunione
con il corpo del capro che rappresenta la sensualità sfrenata e
limmagine del Dio relegata allaltro polo. Leretica fu bruciata, insieme
al suo libro, in piazza di Greve, a Parigi, nel 1310 (ibidem). Unaltra scrittrice
della stessa setta che disse cose simili fu Maria di Valenciennes, il cui
libro fu condannato dallInquisizione nel 1400 (ibidem). Allo stesso tipo di eresia
appartiene il libro Luomo della Ragionehomines intelligentiae,che
apparve at Brussels allinizio del XIV secolo che predicava la comunione
finale tra tutti gli uomini e il Diavolo (ibidem, nota 881. Vediamo quindi chiaramente
che la crisi delle soluzioni apollinee corrisponde a una reattivazione
dellimmagine del capro e a una nostalgia per laspetto arcaico della comunione
con il dio. Lequazione di cui abbiamo già parlato in precedenza
si ripresenta: Dioniso = Bestia (Diavolo) = orgia pulsionale
Ma, dopo un secolo e mezzo di astrazione gotica, che era stata uno
spasmo di contrappunto dionisiaco al potente movimento ascensionale apollineo,
iniziato con il secondo millennio, i bisogni occidentali di espressione
plastica tornarono a farsi valere e trovarono sfogo in una esplosione di
vitalità creativa, che non aveva simile dai tempi dellantica Grecia,
e che forse non si ripeterà mai più: luomo del Rinascimento
italiano parve ricordarsi della Grecia classica come se non fossero passati
duemila anni, ma neppure duemila giorni. Non solo, ma riuscì a superare
di gran lunga gli apici della Grecia antica. Non a caso la grande rinascita
avvenne proprio in Toscana, lantica Etruria.
Larte etrusca aveva conservato in tutto il suo vigore le energie dionisiache,
che nellarte greca si erano andate esaurendo dallarte classica in poi.
Se Fidia e Prassitele avevano ancora in mano il filo del potente strato
dionisiaco, lo avevano però subordinato alla soluzione apollinea.
Nelle opere dei grandi scultori della Grecia classica le energie dionisiache
erano arrivate anche al loro traguardo.
Gli etruschi, invece, non avevano scartato la soluzione dionisiaca
e in arte questo potente substrato continuava a mantenere tutta la sua
vitalità, continuando a correre come un filo parallelo, dove i greci
avevano optato per laltra soluzione.
Larte etrusca rimase così, anticlassica.
Una parte di queste energie si infiltrarono nella prima arte romana,
ma pare che i Romani preferirono ricollegarsi, almeno parzialmente, a quella
che nel mondo greco era diventata arte ellenista. Ciononostante, il potente
filo dionisiaco che gli etruschi passarono ai romani continuò a
essere presente e a influenzare larte italiana.
Quando fu il momento, la psiche occidentale, dopo millecinquecento
anni, cercò di ricollegarsi agli ideali esistenziali del mondo antico;
gli uomini si ricollegarono alle opere della Grecia antica, ma attraverso
il medium del filo dionisiaco, che era rimasto vibrante nella psiche italiana
e particolarmente in quella toscana. Lo spirito etrusco, come la fiaccola
che una staffetta in corsa consegna al corridore dopo di lui, passò
le proprie energie dionisiache agli artisti fiorentini del Rinascimento:
essi erano là, in situ, pronti a essere travasati da esso. Larte
del Rinascimento diventò così arte classica, ma travasata
di energie dionisiache fresche, nuove: mediato dallantico apollineo, lo
spirito dionisiaco trovò la sua espressione e il suo sfogo, e diede
allapollineo un nuovo vibrante contributo. Anche qui, come nellarte greca
del V secolo, gli apici furono raggiunti dalla fusione tra dionisiaco e
apollineo; anche qui dalla subordinazione del primo al secondo.
Ma in questo caso, a differenza dellarte greca, il dionisiaco non
arrivò al traguardo sfiancato, come conclusione di un processo,
bensì pieno di energie e come promotore del processo di sublimazione
che conduce allopera darte. Il Donatello, il Masaccio, il Brunelleschi,
Andrea del Castagno, Michelangelo e molti altri superarono Fidia e Prassitele.
Anche il loro modus mentale era più simile a quello dei greci di
quanto non fosse stato nei mille e cinquecento anni precedenti. Una nuova
libertà di espressione fece sì che poterono affrescare santi
e patriarchi nelle loro nudità classiche, cosa che non era mai successa
prima e non si ripeté mai più dopo. LOccidente fece qui,
guardando indietro e inspirandosi a quello che vedeva, un grande balzo
in avanti. Ma anche questo felicissimo momento di esaltazione e di presa
di conoscenza si esaurì, e cedette il posto alle forze oscurantiste,
che attendevano in agguato.
Il dionisiaco, una volta riattivato, tese a guadagnarsi la supremazia
e così fu subito percepito come minaccioso, e fece scattare il
meccanismo fobico di repressione.
Al plasticismo rinascimentale succedette il colorismo barocco.
Il dionisiaco, uscito dalla cornice della sua subordinazione allapollineo,
trovò la sua espressione nella sensualità dellarte barocca
ma contemporaneamente innescò le contromisure di repressione. La
libertà e permissività del Quattrocento cedettero il posto
allassolutismo e al bigottismo del periodo barocco. Dove Michelangelo
e Masaccio avevano affrescato i loro patriarchi e santi, nudi come eroi
greci, vennero i censori e coprirono i loro genitali con foglie di fico.
Simultaneamente le piazze dEuropa venivano illuminate dai roghi dellInquisizione.
E come il movimento plastico ascensionale dellinizio del millennio era
stato contrastato dallastrazione gotica accompagnata dalla reattivazione
dellerotismo sfrenato e sensuale del capro dionisiaco, di cui Margaret
di Henegouwen era stata il portavoce, così Teresa di Avila è
lespressione del rinnovato bisogno di co-munione attraverso il medium
della scarica pulsionale. Invece che bruciata in quanto eretica, come la
sua precursora di tre secoli prima, fu beatificata. Aveva saputo celare
la vera natura del suo amante, il capro dionisiaco, dietro limmagine del
Cristo apollineo. Come abbiamo alluso nel primo capitolo, era arrivata
al polo dionisiaco attraverso lebbrezza del corpo di Apollo.
Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, esuberanza, sfogo e scarica
sono parametri di immanenza dionisiaca, ma per potersi tradurre in arte
devono necessariamente venire mediati, e questo può avvenire solo
attraverso il medium dellastrazione. Anche dove la sensualità viene
espressa e non astratizzata, come nellarte barocca, la soluzione non avviene
attraverso leffusione e lorgasma bensì il movimento viene bloccato
allapice della sua espressione, senza che gli venga permesso di sfogarsi
in scarica. Ancora un passo in più e si ottiene solo effusione e
retorica. Come abbiamo visto trattando di musica, a ragion di più
quando si parla di rappresentazioni figurate, pulsioni dionisiache possono
venir canalizzate in arte solo se si preclude loro la scarica non-mediata.
Larte barocca è quindi il massimo che si possa permettere il dionisiaco
prima di venire imbrigliata anchessa dallapollineo e, come abbiamo sostenuto,
senza il medium di questultimo non può esistere arte di nessun
genere.
Mentre nellarte plastica della Grecia classica, e come sarà
dopo nel Rinascimento italiano, è facile riconoscere il volto di
Apollo, che ha imbrigliato a suo favore le energie dionisiache fino dallinizio
del movimento ascensionale, nellarte barocca Dioniso si muove inquieto
e cerca di straboccare dai confini della contenutezza apollinea, come se
cercasse di ribellarsi allimbrigliamento dellIo. Se vi riesce, lopera
darte viene abortita. E infatti proprio in questo periodo della storia
dellarte, il Barocco, abbiamo tanti tentativi falliti in cui lespressione
degenera in effusione e retorica.
Il Rinascimento italiano non riuscì a passare le Alpi. Persino
in Italia settentrionale non riuscì a respingere completamente il
dionisiaco. Nel Veneto, dove il gotico internazionale aveva messo radici
nellhumus della tradizione bizantina, il colorismo e lastrazione non
cedettero mai il passo al plasticismo rinascimentale, e si fusero con il
barocco che aspettava dietro langolo. A Milano, il Duomo rappresenterà
per leternità le influenze doltralpe, il dionisiaco tribale gallico-germano,
con le sue foreste in pietra e i suoi rami protesi verso lastrazione del
regno dei cieli.
In arte, queste correnti irrompono violente, non possono più
essere represse, tendono a straboccare allaldilà dei confini
contenuti del plasticismo apollineo, e cercano sfogo o in una contemplazione
trascendentale, e quindi antiplastica, come nellarte bizantina, o in unastrazione
gotica o in una sensuale esuberanza barocca.
Il ritorno al dionisiaco rappresenta per lOccidente una regressione
e, come ogni regressione, avviene in momenti di crisi. Il cemento, che
tiene unita una società apollinea, non tiene durante le bufere delle
crisi politiche ed economiche, quando le forze centrifugali minacciano
le istituzioni, e gli equilibri raggiunti vengono messi in dubbio.
Listantanea fotografata a Firenze ne 400
ebbe solo pochi e distanti echi nel resto dellEuropa. Dopo londata di
plasticismo romanico e il rigurgito di romanità, portati
dalla fioritura comunale dellinizio del millennio, al di là delle
Alpi il modus mentale dionisiaco, e le misure repressive da esso innescate,
non smetteranno più di avere la prevalenza.
Così si spiega che dal XII secolo in poi, lEuropa rivedrà
riemergere il capro sempre più violento, e lo schermo della psiche
sarà dominato quasi esclusivamente da questa immagine. Il XII secolo
vedrà le prime accuse di omicidio rituale di un bambino, rivolte
contro gli ebrei, e infatti di Bambino si trattava, il piccolo Dioniso
sbranato dai Titani del mito orfico e riemerso nellimmagine di Gesù
Bambino. Il proprio alter ego rimosso viene proiettato negli ebrei, che
erano rimasti laltro polo. Nellallucinazione popolare questi presero
il posto dei Titani, che erano emersi dagli Inferi per divorare il dio
bambino. Il XIV secolo vedrà la fioritura delle accuse di eresia.
Il XV secolo i culti satanici [quadro di Hans Baldun Grien]. Il XVI i roghi delle streghe.
Dal
XII secolo in poi e fino alla rivoluzione industriale diavoli, capri e
streghe [quadro di Goya], eccitati in unorgia di scarica pulsionale, non smetteranno mai
di emergere violenti sullo schermo della psiche occidentale.
Dove il plasticismo Rinascimentale non era riuscito a penetrare, le
accuse di eresia e di culti satanici ebbero una continuità ininterrotta anche durante tutto il �400, ma anche a Firenze stessa, nel 1492 , con i primi turbamenti che emergono prepotenti già nell�arte di Michelangelo, Fra Gerolamo Savaonarola fu arso sul rogo in Piazza della Signoria.
Dal �500 in poi la psiche europea sarà tormentata ininterrottamente da immagini di streghe , di �messe nere� , di culti satanici , di accuse di omicidio rituale che, con intensità diversa e a secondo dell�intensità dei turbamenti sociali , non smetteranno fino ai giorni nostri .
Per l�Oriente, il dionisiaco è la condizione naturale, poiché non si sviluppò mai una soluzione apollinea alternativa. Ma una società dionisiaca è anche una società dove l�equilibrio viene raggiunto attraverso la repressione, poiché le pulsioni, non canalizzate e non sublimate, non possono essere lasciate libere di sfogarsi a loro piacimento: incontrollate, minaccerebbero qualsiasi struttura sociale.
Dioniso, essendo un dio legato a pulsioni primarie e rappresentando quello che, nella società greca, erano rimasti i ricordi tribali repressi, con i riti totemici di cannibalismo e resurrezione a loro appartenenti, non avrebbe mai potuto essere un dio civilizzatore e svilupparsi poi in un dio ecumenico. Apollo, invece, essendo l�espressione di una società, che ha abbracciato concetti più ampi, può diventare il simbolo di qualcosa di universale, che si estende al di là della particolarità di un popolo specifico, fino all�umanità intera, coniando concetti di cosmopolitismo ed ecumenismo, estranei alla realtà esistenziale del clan e dalla tribù: attraverso l�apollineo una cultura realizza il processo di trasfigurazione in civiltà.
Dionisiaco vuol dire tribale, particolare, orgia pulsionale e quindi anche il suo contrario: repressione pulsionale e inibizione, in contrasto a canalizzazione e sublimazione. Una società, che conosce solo questi parametri, potrà organizzarsi unicamente sulla base della repressione e prendere per valida solo la legge del capo. La democrazia sarà per essa un�assurdità e sinonimo di anarchia .
La repressione porta all�inibizione pulsionale, e questa risulta nella repulsione dalla rappresentazione figurativa e dall�esposizione del nudo . Una società, che non abbia passato il processo di trasfigurazione apollinea, difficilmente rappresenterà un dio nudo: il Cristianesimo orientale, permeato di contenuti dionisiaci antiapollinei, non espone mai la figura di Cristo nella sua nudità apollinea, come fa invece il Cattolicesimo occidentale. Il Cristo orientale è sempre completamente vestito e barbuto, versione del Dioniso - Pan peloso, piuttosto che dell�Apollo liscio e plastiforme. L�arte orientale quindi può solo essere coloristica e mai plastica.
Il caso ha voluto che gli Arabi siano venuti a contatto con l�Occidente, mentre questo passava una fase coloristica. La conquista araba del settimo secolo, in cui le truppe del Profeta dilagarono in tutto l�Oriente ellenizzato, li mise a contatto diretto con i Bizantini e, quindi, poterono ispirarsi all�arte bizantina, che corrispondeva completamente al loro gusto antiplastico e coloristico. Non a caso, quindi, la Moschea di Omar, a Gerusalemme, assomiglia tanto a Santa Sofia di Costantinopoli.
Sette secoli prima, invece, quando gli Arabi Nabatei erano entrati in contatto con le città elleniste della Transgiordania, cosparse di edifici dalla martellante possenza plastica, questo incontro produsse una creatura ibrida anche se affascinante: Petra, la città scolpita nella roccia, con capitelli e colonne greche scolpite, strappate in situ direttamente dalla roccia, invece che costruite, e in mezzo all�atmosfera coloristica e rarefatta, da fiaba gotica, del deserto. L�intenzione e i mezzi usati avrebbero dovuto produrre un effetto plastico, sull�esempio delle città greche alle quali s�ispirarono, ma il risultato fu un intenso effetto coloristico: fulgido esempio di come il modus mentale orientale, estraneo all�apollineo, possa tradurre impulsi, riflessi da questo, esclusivamente in effetti consoni alla propria esperienza esistenziale.
Dal modello apollineo abbiamo finora isolato due caratteristiche particolari:
1) l�idea di Stato, in contrapposizione alla concezione di fedeltà tribale. 2) La permissività sessuale e lo sfogo pulsionale, che in arte si manifesta nell�arte figurativa plastica e l�esposizione del nudo. Con il crollo dell�equilibrio apollineo e del mondo antico la permissività sessuale verrà relegata all�altro polo, ma i semi del modello dell�astinenza erano già stati seminati molti secoli prima, quando dee vergini abitavano i templi dell�Occidente, in contrasto alle prostitute sacre semitiche.
Ma vi è un�altra particolarità, che è quasi esclusiva dell�Occidente apollineo, e questa è la monogamia in contrasto alla poligamia, che è una condizione sociale scontata in tutte le culture che siano rimaste strutturate sulla fedeltà al clan e ai legami tribali.
Parlando degli Egiziani Erodoto dice: �...quelli che abitano nelle paludi adottano le stesse costumanze degli altri e, in particolare, ognuno di essi vive con una moglie sola, come fanno i greci...� (Hist. II/92). In seguito vedremo come la monogamia degli Egiziani si ricolleghi alla loro struttura sociale parzialmente apollinea.
Malgrado la Bibbia ci presenti un giardino dell�Eden dove vi è una coppia composta da un solo uomo e una sola donna, con la cacciata dall�Eden ci presenta una situazione dove tutta l�organizzazione sociale ruota intorno alla poligamia. Gli ebrei accettarono formalmente la monogamia solo nel medioevo, nell�undicesimo secolo, sotto l�influenza della società occidentale in cui vivevano, quando un rabbino francese, Rabbi Gershom, mandò una lettera a tutte le Diaspore, minacciando la scomunica a chi non avesse accettato l�imposizione della monogamia. La poligamia era già diventato un fenomeno molto raro, dopo mille anni di coabitazione con i modelli europei, ma quegli ebrei, come nel lontano Iemen, che non avevano mai assaggiato l�esperienza di una diaspora occidentale, rifiutarono l�imposizione dei rabbini. Era un�ingiunzione troppo assurda per chi non fosse mai venuto in contatto con i bizzarri modelli occidentali. Da un nucleo familiare composto da un uomo e più donne si formano le tribù e poi le nazioni. Per le tribù semitiche una camicia di forza come la monogamia sarebbe inconcepibile. La famiglia monogama limita il numero dei figli e quindi l�espansione della tribù . Inversamente in una società che pone lo Stato al di sopra della struttura tribale, la poligamia viene percepita come una minaccia. Una famiglia allargata, che si sviluppa in fazione tribale, e la coesione di sangue che lega i suoi membri tra di loro sono un�alternativa all�autorità dello Stato e quindi ne minano le basi. Così� si spiega il fatto che, negli stati occidentali, la bigamia e la poligamia vengano considerate infrazioni penali. Il peccato è di lesa maestà. Se così� non fosse, ci si potrebbe accontentare di considerare la bigamia un�infrazione civile, senza coinvolgere lo stato in quello che dovrebbe venire considerato un affare privato tra i cittadini. Come l�adulterio viene considerato un�infrazione al codice civile, che può essere impugnato dal coniuge leso, così� avrebbe dovuto essere la bigamia. Lo stato occidentale moderno, che ha depenalizzato i rapporti tra gli omosessuali, al punto da permettere in certi paesi occidentali persino il matrimonio tra di essi, e le scelte sessuali degli adulti consenzienti, non lascia libertà di scelta su questo argomento. La famiglia monogama è la base della società apollinea e dello stato; niente compromessi su questo argomento. Le mura di cinta della Polis vanno difese dalle forze centrifugali, che la poligamia innescherebbe al loro interno.
Su questi tre pilastri si basa la società occidentale, e queste sono le componenti di quella che viene percepita, in Occidente, come la civiltà: ogni deviazione viene considerata segno di imbarbarimento e innesca, automaticamente, una reazione fobica, che si esprime in intolleranza verso tutto quello che esula da questi parametri.