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3.2 Ancoraggi
Fig. 80. Ancoraggio
Il primo ancoraggio deve essere messo in una posizione assolutamente sicura:
da esso partira' il corrimano che porta al pozzo.
Durante l'armo questo deve essere assolutamente sicuro:
doppiato su un secondo ancoraggio o su un armo naturale.
Si puo' usare anche un armo naturale al suo posto.
Il corrimano deve essere posizionato alto, per facilitare
l'avvicinamento alla partenza e l'uscita in risalita.
Il secondo ancoraggio e' quello di partenza del pozzo.
Anch'esso deve essere messo alto (altezza occhi), se possibile.
Viene messo in modo che la corda scenda da esso
senza toccare la roccia: per verificare cio' si lascia cadere un sasso dal
posto in cui si vorrebbe metterlo per vedere quanto potra' essere il tiro di
corda. A volte cio' non e' possibile, e bisogna mettere un altro ancoraggio poco
dopo, subito sotto. Bisogna sempre armare verso il basso: la serie degli
ancoraggi deve essere in discesa, la corda deve sempre scendere.
Se l'ancoraggio e` troppo alto si lascia una gassa lunga in modo
che la serie dei nodi sia in discesa (figura).
Per armare in sicurezza occorre mettere sempre almeno due punti di
ancoraggio indipendenti
ogni volta che il cedimento di uno pregiudichi la sicurezza
nella discesa come nella seguente risalita (sfregamento della corda)
[
254] .
Ad esempio l'armo deve essere doppio nei seguenti casi
- partenza del corrimano;
- partenza del pozzo;
- possibilita` di pendolo e urto contro una parete;
- frazionamento vicino alla base del pozzo, con un tiro lungo sopra.
Inoltre i due ancoraggi devono lavorare assieme, con un nodo coniglio per
esempio, per evitare situazioni in cui, in caso di cedimento, uno sia
sollecitato con fattore di caduta superiore a uno.
Armando pozzi in sequenza si puo` usare la corda dell'ultimo tiro di un
pozzo per assicurare l'ancoraggio di partenza del pozzo successivo.
Questo e` possibile se questo ultimo tiro non e` troppo lungo, cioe`
la corda non ha troppa elasticita` da non trattenere una eventuale caduta.
Inoltre i pozzi devono essere tali che un cedimento dell'ancoraggio
non pregiudichi la sicurezza, cioe` la corda non sfreghi pericolosamente
e non rischi di smuovere sassi.
Fig. 81. Ripartitore di carico
Un anello di fettuccia (o di corda) risulta utile quando si vuole attaccare
un armo a piu` ancoraggi distanti, e non si vuole ricorrere al nodo a coniglio.
Usa fettuccia piatta, poiche` quella tubolare si rompe piu` facilmente
per usura [
255] .
In questo caso bisogna fare attenzione a ritorcere le spire interne
in modo che
se un ancoraggio cede il moschettone (con cui la corda e` attaccata
all'anello) non fuoriesce dall'armo (figura), ma la spira resta
avvolta attorno al moschettone.
Le spire vanno ritorte tutte nello stesso verso.
Alternativamente basta ritorcere una sola spira, in genere quella
"esterna".
Alla giunzione delle spire si mette preferibilmente un moschettone
a ghiera a base larga, in modo che le asole delle spire non interferiscano
troppo fra di loro. Se gli attacchi sono molto lontani si mettono
dei nodi "limitatori" sulle spire fra gli attacchi e il punto di giunzione,
in modo che in caso di cedimento di un ancoraggio la caduta e` contenuta.
La presenza dei nodi "limitatori" non modifica la ripartizione del carico
fra i due ancoraggi, se non riducendo l'intervallo degli angoli di
lavoro.
La prima differenza fra un ripartitore e un nodo coniglio e` nella
ripartizione del peso sugli ancoraggi, in dipendenza dalla
direzione di tiro. Questa dovrebbe essere migliore con il ripartitore,
mentre con il coniglio si puo` arrivare a situazioni in cui lavora un solo
ancoraggio.
La seconda differenza e` nel comportamento in caso di cedimento
di un ancoraggio:
la caduta e` maggiore con il ripartitore, questa pero` puo` essere
contenuta facendo dei nodi "limitatori", come detto sopra.
Quindi il ripartitore e` utile quando la direzione di tiro puo` variare
significativamente, altrimenti e meglio fare un coniglio con le gasse
ben regolate.
Uno dei nodi limitatori puo` essere il nodo di chiusura dell'anello:
una gassa con nodo a otto inseguito dall'altro capo della corda,
come in figura.
Fig. 82. Ripartitore di carico con nodi limitatori
Se il nodo che chiude l'anello del ripartitore viene dotato di una gassa
(fare una gassa nodo guide semplice su un capo ed inseguirla con l'altro capo
entrando dalla parte dei capi, non da quella della gassa), si puo` agganciare
il moschettone a questa gassa, oltre che all'anello, senza bisogno di
ritorcere una spira [
256] . In questo modo si ha anche una gassa
per attaccare un secondo moschettone (longe).
I capi liberi devono essere abbastanza lunghi, e la gassa piccola.
Il ripartitore con gassa puo` essere fatto anche su ancoraggi tripli.
Nel caso di ancoraggio multiplo con punti di
ancoraggio molto distanti dal punto di attacco (e fra di loro),
si usano delle gasse, fatte con nodi a otto, nel punto di attacco,
e dei nodi barcaioli sulla corda tra un ancoraggio e l'altro
(v. figura). Le gasse nel punto di attacco devono avere differenti
lunghezze per ridurne l'interferenza.
Dato che il punto di attacco resta fisso, questo armo non ha
ripartizione del carico fra i vari ancoraggi. Quindi distribuisce il carico
fra i vari ancoraggi solo quando lavora in una determinata direzione.
Fig. 83. Attacco multiplo con ancoraggi distanti
Il tempo di caduta di un sasso da` anche una stima approssimata della
profondita` del pozzo
(v.
App. 4.C
).
Una formula valida per pozzi da 25 a 100 metri e`
P [metri] = 25 t [s] - 40
Oppure piu` semplicemente P = 5 * t
2 con una stima in eccesso di
circa il 10 Se il sasso rimbalza la stima e` ancora piu` imprecisa
(per eccesso).
La lunghezza dell'ansa di corda sopra il nodo dipende dal frazionamento.
In genere si fa corta; quanto basta perche` il discensore si scarichi del peso
in discesa. Durante l'armo, dopo aver posizionato il moschettone, ci si appende
a questo con la longe (corta) e si fa scorrere la corda nel discensore finche`
questo non si scarica. Poi si fa il nodo sulla corda e lo si mette nel
moschettone. A questo punto si risale (con gli attrezzi se necessario) sulla
corda per scaricare il moschettone dell'armo del peso, e lo si chiude con la
ghiera. Chiudendola quando e` in tensione si rischia di chiuderla troppo
e bloccarla. Poi si riprende la discesa. Se necessario si puo lasciare una
ansa lunga per facilitare il passaggio del frazionamento. Questa infatti
puo essere usata come appoggio per il ginocchio per tirarsi su` e
staccare la longe.
La lunghezza dell'ansa dei frazionameni dovrebbe variare tra 50 e
150 cm.
I criteri principali nella scelta delle posizioni degli ancoraggi sono:
- qualita' della roccia,
- la corda non deve sfregare contro la roccia durante
la discesa e/o la salita,
- considerazioni di sicurezza in caso di caduta,
- facilita` di superamento dell'armo, sia in salita che in discesa.
Se il pozzo "scarica", la roccia non e` buona e c'e` la possibilita`
di far cadere sassi (soprattutto col sacco apppeso sotto), si arma
spostandosi lateralmente, in modo da ridurre il rischio di colpire
qualcuno con un sasso, e quello di colpire la corda.
Se il pozzo e` molto lungo e` bene interromperlo frazionandolo
in tratte brevi, anche se la configurazione del pozzo permeterebbe
di fare tiri lunghi. Questo riduce la difficolta` nella risalita
(perche` ogni tratta ha una elasticita` contenuta) e la rende piu`
veloce (perche` si puo` salire contemporaneamente su tiri distinti).
Ogni tiro dovrebbe essere al piu` 40 m.
Naturalmente cio` non e` sempre possibile.
3.2.1 Ancoraggi naturali
Fig. 84. Ancoraggio naturale
A volte capita di essere particolarmente fortunati e trovare un armo
naturale, uno spuntone o una clessidra di roccia salda cui attaccarsi.
In genere e` difficile perche` raramente sono nella posizione giusta; quando
capita si metta un anello di fettuccia attorno alla roccia e si attacca la
corda a questo anello (con un moschettone o direttamente). Spesso gli armi
naturali sono usati per doppiare il primo ancoraggio artificiale (spit, fix,
etc.) nei corrinami o per assicurare un armo.
Controlla la tenuta dell'ancoraggio colpendolo con la mano o col piede,
o battendolo leggermente con la mazzetta. Evita un ancoraggio che
potrebbe staccarsi a causa della disposizione degli strati, oppure
perche` concrezione su un substrato debole. Se si tratta di una concrezione
lega la corda piu` in basso possibile.
Anche una stretta fessura puo` diventare un
ancoraggio naturale, con un nodo opportunamente incastrato (come fosse
un nut), oppure con un sasso incastrato [
4] .
La fessura deve essere tale che la tensione sull'ancoraggio
non possano assolutamente far fuoriuscire il nodo, o il sasso.
Gli ancoraggi naturali dovrebbere essere fatti in modo che uno
speleologo in risalita non possa inavvertitamente togliere la corda
dall'ancoraggio, anche se chi risale dovrebbe sempre cercare
di lasciare la corda a posto sotto di lui.
Preferibilmente non fare l'ancoraggio naturale con la corda stessa.
Lo sfregamento della corda sulla roccia indotto dai movimenti
durante salita e discesa puo` rovinarla [
257] .
Meglio usare un cordino o una fettuccia e attacare la corda ad esso
con un moschettone.
Puoi cercare di impedire lo sfregamento della corda in un armo naturale
fatto con la corda stessa su uno spuntone di roccia oppure su una concrezione
utilizzando un nodo parlato.
Avvolgi la corda
attorno all'armo con due spire in modo che i due capi prima
di uscire siano bloccati da una spira (Figura a sinistra).
Quando usi un anello di fettuccia questo
deve circondare lo spuntone di roccia
e possibilmente fare un giro completo attorno ad esso.
Fare attenzione a che se un giro della fettuccia esce dall'armo
il moschettone non fuoriesca dalla fettuccia ma
resti comunque agganciato all'altro giro (Figura a destra)
[
258] .
Fig. 85. Armo naturale con cordino.
Ancoraggi naturali realizzati con uno spezzone di cordino non
necessitano del moschettone per attaccare la corda.
Lo spezzone viene passato doppio attorno all'ancoraggio, facendo passare
i capi liberi nella gassa.
Esegui un nodo ad otto sulla corda, e lo si collega al doppino dei
capi liberi dello spezzone con un nodo del tessitore.
Blocca i capi liberi con un nodo.
L'anello di fettuccia o di cordino si puo' usurare facilmente, se la
roccia presenta asperita`. Per ridurre il rischio di caduta si esegue
l'ancoraggio naturale con due anelli indipendenti in modo che quando
il primo si rompe entra in funzione il secondo e previene la caduta.
Avvertendo il cedimento del primo anello, si provvede a rimpiazzarlo
quanto prima. Questo e` indispensabile in caso di ancoraggi
naturali permanenti con roccia non liscia.
Il doppio anello indipendente puo` essere realizzato anche con un
solo spezzone di corda, formandone un anello con due gasse con nodi ad otto
(uno dei due nodi e` il nodo di chiusura dell'anello).
3.2.2 Ancoraggi artificiali
Gli ancoraggi artificiali vengono realizzati fissando alla roccia
tasselli, o provvisti di anelli cui attaccare il resto dell'armo,
o tale da poterlo fissare tramite dadi o bulloni.
La norma EN795 prevede che gli ancoraggi in roccia siano realizzati
con tasselli in acciaio inox [
139] .
Quando disarmi abbi cura di lasciare rondelle e dadi nei fix,
in modo che chi deve armare successivamente li trovi gia` sul
posto.
3.2.2.1 Spit
Fig. 86. Spit
Gli spit
[
259] [
260]
[
261] [
262] [
263] [
264]
[
265] [
266] [
267] [
268] [
269]
sono tasselli (caviglie) ad espansione autoperforanti.
Sono prodotti industriali per carpenteria e esistono vari produttori.
Il nome completo di quelli della SPIT e` Spit Roc MF8, "M" indica che
sono fatti per inserzione manuale, "8" e` il diametro del bullone. Ci sono
anche i PF8 da inserire con il perforatore; con l'uso sempre
piu` comune del trapano questi stanno soppiantando gli MF8.
Vengono inseriti nella
roccia scavandoci prima un foro, mediante lo spit stesso: questo e` infatti
dotato di dentini che servono per frammentare la roccia. Quando il foro e`
fatto si inserisce lo spit con un opportuno conetto in punta: questo
espandendo lo spit lo blocca nel foro.
Prima di scavare il foro prepara la sede per la placchetta: spiana
opportunamente la
roccia, usando lo spit stesso o la becca del martello, nel punto in cui
farai il foro [
270] .
Il conetto deve essere adeguatamente dimensionato da espandere lo spit.
A questo proposito, ricordiamo che i coni Hilti sono piu` lunghi e stretti
dei coni Spit, e non vanno bene per niente con i tasselli Spit, perche` non
espandono il tassello e quindi questo non tiene. In effetti
vanno poco bene persino coi tasselli Hilti.
Fig. 87. Spit: posizionamento
In genere gli spit devono essere distanti almeno una spanna dai bordi delle
placche di roccia, e fra di loro [
265] .
Prima di mettere uno spit si prova la
qualita` della roccia col martello
fino a trovare della roccia buona: la roccia marcia ha
in genere un suono ottuso. Se e` il caso si lavora la roccia con la becca per
rimuovere eventuale roccia superficiale poco consistente e
per spianarla perche` la piastra
deve appoggiare bene alla roccia.
Per verificare che la corda scenda senza sfregare si lascia cadere un
sassolino dal punto in cui si vorrebbe mettere l'ancoraggio e si vede
se sbatte contro la roccia o meno.
Prima del punto in cui il sasso rimbalza contro la roccia dovremo pensare
ad un frazionamento (se non siamo gia` in fondo al pozzo).
In realta` questa regola e` approssimata: bisogna tener conto pure dello
scostamento dalla verticale dovuto allo speleologo durante la risalita e la
discesa. Questo fattore permette di fare brevi tratte d'armo, soprattutto
nei corrimano e vicino alle partenze, tuttaltro che verticali in quanto la
corda e` mantenuta discosta dalla roccia dalla naturale posizione dello
speleologo.
Un altro modo per valutare la posizione dell'ancoraggio, valido per
pozzi brevi, e` di lasciar penzolare la corda dal punto dove vorresti
fare l'ancoraggio e vedere se scende libera.
C'e` una altra regola. Prima di mettere un ancoraggio bisogna pensare a dove
andra` anche il prossimo (se possibile). In genere un armo di un pozzo
non e` una sequenza di ancoraggi scollegata, ma gli ancoraggi devono essere
"pianificati" come una successione di punti che soddisfano i criteri
sopra esposti.
Naturalmente non e` possibile pensare all'intero armo di un pozzo lungo.
E` tuttavia importante pensare almeno all'ancoraggio successivo, a come
si verra` a disporre la corda, e a frazionare quando e` il momento.
Queste son tutte cose che si perfezionano con la pratica.
All'inizio si
martella leggermente per formare l'imbocco del foro senza svasare troppo
questo. Un foro troppo svasato (oltre 2 mm)
riduce drasticamente la tenuta dello spit (circa 50% in meno a 4 mm).
Inoltre bisogna girare costantemente il piantaspit in modo che i dentini
dello spit frantumino la roccia poco a poco, e pulire frequentamente dalle
polveri, sia lo spit battento sul piantaspit in aria, sia il foro soffiandoci
dentro (magari con la pompetta!). Il foro deve risultare un paio di millimetri
piu' profondo dello spit, in modo che inserendo il cono ed espandendo lo spit
questo non sporga dalla roccia. Meglio un millimetro in dentro che uno in
fuori.
Uno spit che fuoriesce di 2 mm ha il carico di rottura ridotto del 20% (circa 1600 Kgp), uno che rientra di 2 mm mantiene il carico di rottura.
Il foro dovrebbe risultare perpendicolare alla parete, ma
va bene (anzi meglio) anche se e` leggermente inclinato
(dieci gradi al piu`) verso l'alto entrando, cosicche`
lo spit lavori un poco ad estrazione. D'altro canto e` sconsigliato
fare il foro inclinato verso il basso entrando, poiche` la placca non
aderisce bene alla parete e lavora a flessione sulla parte esterna
dello spit.
La superficie
intorno allo spit puo' essere resa un poco liscia (per favorire il fissaggio
della piastra) scalpellandola con un altro spit (Figura).
Spittare non e` difficile, ma e` facile farlo male e stancarsi subito.
Il piantaspit deve essere impugnato saldamente e premuto contro la roccia
altrimenti l'energia del colpo del martello non si trasmette completamente
alla punta dello spit. (Lo stesso principio vale quando si usano mazza e punta
per rompere la roccia nelle disostruzioni).
Il colpo con il martello viene impartito col movimento del braccio, a polso
fermo; al momento in cui la massa battente
raggiunge il piantaspit il muscolo deve essere disteso, decontratto.
Molto importante: quando si espande lo spit bisogna controllare che nella
roccia non si formino crepe. Se cio` succede lo spit non e` affidabile.
Se ritieni che per qualche motivo lo spit non e` ben messo (roccia crepata,
suono sordo, spit troppo in fuori o in dentro, cono non espanso bene, ...)
devi martellarlo a tal punto da renderlo chiaramente
inutilizzabile, per evitare che ignari speleologi che verranno dopo di te
lo usino credendolo buono.
E` molto pericoloso quando la piastra
non appoggia bene alla roccia e lo spit deve lavorare a taglio.
Il bollone tende a lavorare a flessione invece che a trazione e risulta
piu' debole.
Se il piantaspit si blocca e non si riesce a ruotarlo con la mano si
batte leggermente sulla apposita barra trasversale. Certi piantaspit ne
sono sprovvisti, ma hanno un dado da 13 mm sull'innesto del tassello.
Quindi si puo` far girare il piantaspit bloccato usando la chiave del 13.
Se sei proprio sfortunato da non avere la chiave o non riuscire ad
usarla poiche` lo spit e` ormai dentro la roccia, fai un nodo a bocca di
lupo (oppure Prusik) con un anello di cordino attorno all'impugnatura
del piantaspit e fallo routare, facendo leva con un moschettone o con il
manico della mazzetta.
A volte occorre allontanare il moschettone dalla piastra poiche` la corda
sfregherebbe se questo fosse inserito nella piastra, per esempio quando
si mette lo spit in una rientranza della parete (poiche` la roccia e`
buona solo li`).
In tal caso bisogna separare il moschettone dalla piastra mediante un anello
di fettuccia (o cordino), in modo che la corda non sfreghi sulla
roccia.
Se abbiamo un anello troppo lungo, si puo` fare un doppio anello.
Se non abbiamo l'anello di fettuccia, ma abbiamo dei moschettoni si puo`
fare una catena di moschettoni (o maglie rapide):
due o tre sono di solito sufficienti.
In caso di armi permanenti si utilizza invece una catena.
Resiste molto meglio allo sfregamento contro la roccia.
Le catene hanno pero` alti carichi di rottura ma bassa elasticta`,
pertanto bisogna
fare attenzione a contenere il fattore di caduta.
Se la catena collega due piastrine, una delle quali e` di sicura
all'altra, esse devono essere posizionate uno sopra l'altra con la
catena abbastanza tesa, in modo da ridurre il fattore di caduta in caso
di cedimento della piastra inferiore.
Una osservazione: dove tenere il cono mentre si pianta lo spit? Se non ci si
trova in un posto comodo dove si possono appoggiare i materiali in giro, ma
si e` appesi ad una parete magari tesi in fuori in un armo difficile,
quando si prepara lo spit si prende anche il cono e si puo` tenerlo in bocca
mentre si pianta lo spit. Unico inconveniente sputarlo mentre si soffia per
liberare il foro dalle polveri.
Tasselli ben messi restano affidabili per anni (comprovato per almeno sette
anni).
Cause di deterioramento sono l'usura dei filetti, la ruggine,
e l'accumulo di materiale (fango e sassolini) all'interno.
Dato che il trapano e` ormai entrato in uso corrente in grotta ricordiamo
che non si puo` fare un foro per spit col solo trapano poiche` il fondo
del foro non risulta piatto, e conseguentemente il cono non puo` entrare
completamente nello spit. Quindi non si ha una espansione completa del
tassello e ne risulta una minor pressione di tenuta.
Questa non incide tanto sulla forza a taglio, che resta perlopiu`
invariata, quanto su quella ad estrazione che si riduce (del 26a circa
2200 Kgp).
3.2.2.2 Fix
Usando il trapano si possono mettere i fix al posto degli spit.
I fix
[
271] [
272] [
273] [
274] [
267]
sono tasselli provvisti di un manicotto per bloccarli nel foro.
Sono disponibili in varie misure; le piu` usate sono da 8 mm.
I fix da 6 mm non sono sicuri: hanno carichi di rottura troppo ridotti
anche se fatti con acciaio inox.
Risulatno migliori degli spit in rocce deboli (es. gessose) e poco
compatte. Su questo i tasselli a collante chimico (v. sotto)
sono ancor meglio.
Anche questi sono costruiti da vari produttori. Quelli di SPIT si chiamano
Spit Fix M8-10. La sigla "M8" indica il diametro esterno del filetto;
il "10" e` lo spesore massimo filettabile [
148] .
Ci sono fix fatti di acciaio piu` morbido di quello degli spit,
e fix inox, di acciaio migliore, quasi comparabile
a quello degli spit.
Usare solamente fix di acciaio inox. Quelli di acciaio non inox si
ossidano invecchiando e possono rompersi. Prima di usare un fix
precedentemente posizionato bisogna verificarne la tenuta, martellandolo
leggermente in modo che entre nel foro alcuni millimetri, e quindi
mettendolo in trazione stringendo il dado. Se il gambo e` ossidato
dovrebbe cedere.
Usare fix con il filetto fuso e non tornito, poiche` sono piu`
resistenti.
Per posizionarli, prima si saggia la roccia con la mazzetta, e la si spiana
eventualmente con la becca: la piastra deve appoggiare bene alla roccia
come quando si mettono gli spit.
Si esegue un foro col trapano, profondo almeno quanto il fix
(si puo` segnare la lunghezza con un poco di vernice sulla punta del
trapano).
In tal modo, se il fix non risulta affidabile, lo si puo` conficcare
completamente nel foro, evitando rischi che qualcuno lo usi
inavvertitamente.
Si inizia trapanando senza percussione per non svasare il foro, poi
dopo qualche millimetro si procede a percussione.
Evitare di allargare il foro con movimenti impropri della punta: il foro
deve avere il diametro giusto altrimenti il fix gira nel foro e il
manicotto non fa presa sulla roccia.
Si inserisce il fix (gia` provvisto di piastra e dado) nel foro
battendolo leggermente con la mazzetta.
Quindi si serra il dado, con una coppia di 2 Kgm.
Se si applica una
coppia inferiore il dado non risulta ben stretto e si allenta, compromettendo
la tenuta del fix a causa del lavoro a flassione del gambo.
Con una coppia superiore a 4 Kgm si rischia di rompere il gambo
filettato del fix.
La parte filettata deve restare inserito almeno 7 mm (meglio
se resta di piu`).
Se il fix viene estratto troppo serrando il dado e` inservibile.
La Commissione Tecnica Materiali del CNSAS
suggerisce di mettere prima il fix da solo, con
rondella e dado, stringere il dado in modo da espandere il fix, poi
togliere il dado, inserire la piastra e rimettere il dado stringendolo.
Sui fix si possono mettere anche gli anelli.
Dato che questi sono piu` spessi delle piastre occorre utilizzare
fix con gambo lungo.
Inoltre bisogna inserire e bloccare prima il fix da solo, poi togliere
il dado e mettere l'anello.
Questa operazione e` piu` laboriosa che non il posizionamento del
fix con piastrina. Pertanto per le risalite si usano fix con
piastre (d'acciaio, perche` quelle in lega non sono sicure ad
estrazione).
I fix possono presentare un problema negli armi fissi poiche` se il foro
si amplia (per la roccia non abbastanza consistente, per manovre di
progressione improprie, per i continui armi e disarmi) il fix
puo` perdere parte della sua tenuta.
Pertanto armi permanenti con fix richiedono maggiore manutenzione
che non quelli con spit.
Ulteriori informazioni su i fix si trovano nella
Sez. 10.1
.
3.2.2.3 Ancoraggi con collante chimico
Fig. 88. Fittone
Gli ancoraggi con collante chimico
[
275] [
276] [
277] [
278] [
279]
sono chiodi (fittoni) con la testa ad anello che vengono
incollati dentro un buco scavato nella roccia.
Utilizzare solo chiodi d'acciaio fabbricati a stampo (quelli fatti per
fusione potrebbero avere difetti interni non visibili all'esterno).
Dati i notevoli tempi di attesa per l'asciugatura del collante, il loro
uso in grotta ci sembra alquanto inappropriato in esplorazione.
Sono pero` adatti per
armi esterni dato che resistono alle variabili condizioni atmosferiche
(pioggia, gelo, etc.) molti piu` anni degli spit, e per armi permanenti.
Dunque anche lo speleologo puo` ricordarsi di ricorrere ai fittoni
se deve armare in modo permanente un accesso esterno
ad una grotta che si apre in parete.
I vantaggi dei fittoni sono
- possibilita` di realizzazione su qualsiasi tipo di roccia,
specialmente su roccia di qualita` mediocre su cui spit e fix
hanno resistenza ridotta (600-700 daN).
- maggiore profondita` del foro rispetto ai tasselli,
quindi la tenuta dipende meno da
debolezze superficiali della roccia;
- non necessitano di distanza minima fra due di essi;
- il collante e` insensibile all'acqua e all'umidita`;
- il collante sigilla completamente il foro impedendo l'entrata di
acqua ed evitando la corrosione del fittone all'interno.
Gli svantaggi sono
- istallazione laboriosa, specialmente se si deve preparare la miscela
di collante;
- attesa per il tempo di indurimento;
anche se possono essere usati dopo 30 minuti [279] ,
l'indurimento completo richiede circa 72 ore.
I fittoni potrebbero rivelarsi migliori di spit e fix nel caso di rocce
poco compatte, poiche` essi vengono incollati alla roccia e la tenuta
avviene per adesione invece che per
l'attrito dovuto all'espansione del cono.
La forza di adesione dipende dal collante utilizzato:
per quelli in commercio e` superiore a 200 Kgp/cm2.
I fittono sono chiodi col gambo da 10 a 14 mm di diametro,
e terminanti con un anello cui si attacca il moschettone d'armo,
o con un filetto per il bullone (meno impatto visivo).
Per posizionarli si toglie la roccia friabile superficiale, e si scava
un buco di diametro 2 mm piu` del chiodo e
profondo 3-5 mm piu` del chiodo (la resina deve riempire fino in fondo
al foro).
Si pulisce bene il foro, soffiandoci aria (anche con la peretta) o con uno
spazzolino rotondo.
La polvere che resta nel foro riduce l'incollamento della
resina con la roccia.
Si inserisce il collante chimico (una speciale resina epossica)
nel foro fino a meta` di
questo, senza lasciare bolle d'aria.
La resina e` disponibile in tre formati: cariche per pistola (tipo
la pistola per il silicone), componenti da miscelare (come le colle
speciali a due componenti: base e induritore), fiale gia` preparate
(anche come dose). Le fiale vengono inserite nel foro, quindi se ne
spezza il gambo.
Dopo aver verificato che il gambo del fittone e` ben pulito e sgrassato lo
si inserisce nel foro ben a fondo (anche a martellate)
e lo si ruota su se stesso una decina di volte
per assicurare una buona miscelazione del collante.
Il ganbo del chiodo deve risultare al centro del foro.
L'anello deve arrivare ben dentro la roccia e
il collante deve apparire in superficie in modo uniforme.
L'assenza di efflusso di collante indica che qualcosa non va bene:
foro troppo profondo o collante insufficiente. Occorre togliere il
fittone, aggiungere altro collante, e rimetterlo.
Posizionare il fittone in modo che lavori a trazione o a estrazione
e non per torsione.
Nel caso di posizionamenti a soffitto, bisogna tenere il fittone in
posizione finche` il collante non e` indurito bloccandolo con un piccolo
cuneo.
Per evitare che il collante esca fuori dal foro
si puo` mettere una "rondella" di plastica (o camera d'aria) che viene
poi tolta quando il collante e` indurito.
A questo punto bisogna aspettare che il collante indurisca.
I tempi di indurimento variano col tipo di resina (per esempio,
per la pistola a caricatore ci sono due tipi di resine)
e con la temperatura.
Con le resine si possono utilizzare anche gambi filettati (in acciaio
8.8 o 18.8 inox) su cui si attacca una piastrina con un dado, come si fa
con i fix. Il gambo viene inserito nel foro montandolo su un adattatore
messo sul piantaspit.
Evitare il contatto della resina con la pelle e in particolare occhi e
bocca.
Verificare che il collante non sia scaduto.
Temperatura
|
10°C |
5°C |
0°C
|
fiale
|
0.5 - 1 h |
2 h |
2 h
|
pistola a caricatore
|
36 h |
48 h |
-
|
1 h |
1.5 h |
3 h
|
collante a due componenti
|
72 h |
96 h |
?
|
3.2.2.4 Altri ancoraggi
Mentre sembra assodato l'impiego della corda,
la ricerca di nuovi tipi di ancoraggi non viene mai
accantonata nel mondo speleo.
Lo sviluppo degli ancoraggi ha origine nel mondo dell'edilizia,
e gli speleologi finora hanno solo sperimentato e adattato le soluzioni
esistenti nell'edilizia alle loro necessita`,
come e` stato per spit, fix, e chiodi a collante chimico.
Un altro tipo di ancoraggio sono i tasselli autofilettanti
[
280] [
281] .
Il loro impiego in grotta e` in fase "sperimentale".
Si tratta di viti autofilettanti per cemento con testa esagonale,
con un filetto esterno come nei chiodi da ghiaccio.
Si esegue un foro di diametro pari a quello interno del tassello
con il trapano (profondita` leggeremente superiore alla lunghezza
del tassello), e si avvita il tassello nel foro girandolo
con una chiave, in modo da filettare la roccia.
La tenute dei tasselli autofilettanti si basa sulla filettatura.
E` importante che questa sia di qualita` adeguata.
I risultati riportati si riferiscono al tassello MultiMonti.
I tasselli 7.5x60 (foro di diametro 6 mm) hanno una tenuta
comparabile a spit e fix. Quelli 10x60 (foro di diametro 8 mm)
hanno una tenuta superiore. Le placchette devono avere un foro
abbastanza grande per farci passare il gambo del tassello.
Con i tasselli 7.5x60 bisogna evitare di stringere troppo
altrimenti si rischia di rompere il tassello.
Dopo essere posizionati possono essere tolti svitandoli,
e (forse) riutilizzati (eccetto nel granito).
Potrebbero essere quindi una buona soluzione per le risalite
in artificiale,
evitando cosi` di lasciare fix lungo tutta la risalita.
Rispetto agli altri tasselli hanno maggior resistenza, poiche`
non hanno la filettatura interna che riduce la sezione di tenuta del
gambo. Tengono di piu` dei tasselli a collante chimico poiche`
e` la roccia a bloccare il filetto, e questa ha maggior sforzo di
coesione del collante chimico.
Altri vantaggi sono l'assenza di tensioni permanenti (cono di espansione
di spit e fix), la maggior tenuta in rocce deboli (tufo, scaglia rossa)
e fratturate, e la minor dimensione del foro (piu` fori oppure trapano
piu` leggero).
Tipicamente il cedimento avviene per rottura sotto la testa esagonale
oppure per estrazione del tassello (lasciando un cono di estrazione
piu` o meno profondo e largo).
Gli intervalli dei valori di resistenza a taglio e a estrazione sono
46-77 kgp/mm2 e 75-98 kgp/mm2, rispettivamente (per l'acciaio
8.8 sono 64 e 88 kgp/mm2 rispettivamente).
marco corvi - Tue Sep 16 22:12:16 2008
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