home
     
CARLA FORNASARI
-chi è Carla Fornasari
-il sogno di Red Eagle Woman
-il libro

COLLEZIONE PRIVATA

-la collezione privata
-totem
-gaan lo spirito buono
-arte plumaria
-maschere
-Russel Means
-Chief Dan George
-Pow-Wow

PROGETTI IN CORSO
-progetto UNESCO
-l'università dell'avventura

ARTICOLI e
RACCONTI
-Sherman, indiano moderno
-la storia degli indiani
-il più grande atleta del mondo
-la medicina della terra
-Maya

-Toro Seduto
-Anna Mae Aquash

TEPE
-la Funai
-guatemala

THAT'S AMERICA
-viaggio nel sud Dakota
-le foto di A. Barberini

APPUNTAMENTI
-presentazione del libro di Braschi

MAILING LIST
-iscriviti alla nostra mailing list

CREDITS
-un "grazie" di cuore a ...

CONTACTS
-per qualsiasi informazione...

GUESTBOOK
-leggi il libro degli ospiti
-firma il libro degli ospiti

LINKS
-i siti scielti da noi... e da voi

 
IL PIU' GRANDE ATLETA DEL MONDO
 
Brano tratto da " I CAMPIONISSIMI " di Giorgio Mottana - Finito di stampare nel 1970 per conto di
U. Mursia & C. da " La Tipografia Varese "
 
" Alla persona che mi ha reso partecipe di questa realtà dalla più tenera età, my daddy, Renzo
Barberini " A.
 
" Pelle di rame "
 
Era uno spettacolo deprimente non soltanto per l'allenatore che sbuffava, a ogni tentativo fallito. Lo era anche per il giovane collegiale, che stava a guardare i compagni più anziani cimentarsi nel salto in alto. A un cenno dell'allenatore, uno alla volta, gli atleti prendevano la rincorsa e muovevano incontro all'ostacolo. Ma nessuno aveva slancio sufficiente per andare oltre. L'asticella veniva abbattuta.
  " Come sono ridicoli " pensava il giovane. L'allenatore si arrabbiava, bofonchiava qualcosa, scrollando il capo.
" Mi piacerebbe provare " rifletteva ancora il giovane " forse ci riuscirei, io. Sì, sono sicuro che se provassi ci riuscirei. Cosa ci vuole? Basta saltare ".
Però non osava, era solo un giovane collegiale indio, ancora nuovo dell'ambiente. Per uno come lui, che sin da bambino era vissuto a contatto con la natura, quel salto era una cosa naturale.
Un altro tentativo fallito. L'allenatore sospirò. Allora facendosi coraggio, Jim, si chiamava così il giovane, si tolse la giacca, prese una breve rincorsa e, giunto sotto l'ostacolo, elevò il suo piccolo corpo nell'aria fin sopra l'asticella e, con estrema naturalezza, si ritrovò dall'altra parte.
Tutti i presenti si guardarono a bocca aperta. Glenn Warner, l'allenatore che tutti chiamavano Pop, fu sorpreso più di tutti. Era stato un salto in perfetta scioltezza. Chiamò a sè il giovane, naso aguzzo, occhi e capelli nerissimi, e gli disse:
- Fatti vedere, dopo.  
Era curioso di sapere da dove venisse e chi fosse e dove mai avesse fatto sport quel tipo così fenomenale. Era dei suoi, comunque, se studiava all'Università, la Carlisle Indian School Pennsylvania.
- Sono Wa-tho-Huck - azzardò il giovane, quando gli fu davanti. - Così mi chiamavano da piccolo - aggiunse, per togliersi dall'imbarazzo.
- Indio, ho capito, - disse Warner - allora dimmi tutto.
Così seppe chi era veramente Wa-tho-Huck, Sentiero Lucente, e adesso James Francis Thorpe, per tutti Jim.
  Nato nel maggio del 1888, a Oklahoma. Suo padre, Hiram, di origine irlandese; la madre, Charlotte, discendente dalla vecchia tribù indiana Sac e Fox. Entrambi i genitori grandi e grossi: non meno di cento chili ciascuno. Jim era nato gemello. L'altro, Charlie, era morto a otto anni di meningite spinale.
  Era nato in una capanna, sulle rive del North Canadian River, poche miglia a nord di Shawnee, un villaggio vicino a Prague. Gente povera, ma non se ne lagnavano: avevano di che campare, cacciando, pescando. Così anche lui, Jim, aveva imparato presto ad aiutare i suoi.
A otto anni, non solo sapeva nuotare, ma anche montare
a cavallo, maneggiare il fucile. A caccia, il suo divertimento maggiore era competere nella corsa ai cani.
Erano
tutte cose nelle quali riusciva benissimo. Solo nello studio era diverso, a scuola andava a malincuore. Preferiva la vita all'aria aperta, fra i boschi della sua terra.
  Se tuttavia era riuscito ad arrivare sino all'Università, dopo avere frequentato la scuola media indiana ( Haskell Indian School a Lawrence, nel Kansas ), lo doveva al padre.
- Figlio mio, - gli disse un giorno - fare quello che fai tu, qui alla fattoria, non ti basterà nella vita. Saranno sempre umiliazioni. Per tirarti fuori, devi imparare sui libri i segreti dell'uomo bianco.
- Non sei gran che, fisicamente - commentò Warner, squadrandolo da capo a piedi. Jim abbassò gli occhi mortificato e al tempo stesso irritato, come a guardarsi tutto. In effetti, non era alto più di un metro e
sessantasei e pesava poco più di cinquantadue chili.
- Però i mezzi per riuscire li hai. Parlo di sport naturalmente. Ti và di farne come dico io?
- Farne come?
- Seriamente. Cioè devi applicarti con molta volontà, insistere, allenarti come io ti dirò.
  Per un tipo come Jim accettare una disciplina non era proprio facile. Tuttavia, Warner lo convinse. E poi c'era un altro motivo che lo aiutava a rendere piacevole anche la pratica dello sport: il fatto che passava con invariabile bravura da una specialità all'altra. Le corse, i salti, ogni tipo di corsa e di salto.
  Pop lo avviò ben presto al football, quello americano, che è altra cosa dal football comunemente inteso in Europa. E' una specie di rugby, giocato però con tanta più violenza. Jim Thorpe divenne, in pochi anni, un giocatore formidabile, l'asso della sua Università, un maestro della specialità.
  Era anche cresciuto, masse muscolari ben distribuite, altezza un metro e ottantacinque, peso intorno agli ottanta chili: adesso sì che era fisicamente equilibrato.
In una memorabile partita contro i cadetti dell'Accademia Militare di West Point, Jim Thorpe giocò una partita straordinaria. Forse l'episodio si fece ricordare anche perchè nelle file dei militari giocava un certo Dwight D. Eisenhower, destinato a diventare presidente degli Stati Uniti. Vinsero gli Indians per 27-6 e Jim venne portato in trionfo.
Il giovane Eisenhower, invece, si infortunò a un ginocchio e da quel giorno smise di giocare.
  Jim Thorpe era formidabile anche per la sua resistenza. Non ebbe mai nella sua carriera, che sarebbe stata lunghissima, un incidente che potesse interrompergli l'attività. Era inconcepibile per lui che, giocando al football, ci si potesse ferire.
Eppure, non pochi specialisti di questo sport violento
ci rimisero addirittura la vita.
  La forza fisica di Jim era impressionante. Poteva sconciarsi una gamba, come gli accadde contro i Pittsburgh Panthers nel 1911, e ripresentarsi in campo dopo essersi aiutato una settimana con le stampelle. Poteva avere una mano inutilizzabile e, tuttavia, imporsi come irresistibile protagonista: una partita bastava lui a deciderla con le sue fughe spettacolose.
Era già l'uomo-squadra, l'avversario
che invano i tecnici cercavano di bloccare con speciali accorgimenti tattici.
  Insieme con il football, Jim praticò parecchi altri sport, individuali e di squadra, in ciascuno di essi raggiungendo sempre prestazioni di eccellenza. Le corse, i salti, sì, ma anche il baseball, l'hockey, la boxe, la pallacanestro, il tiro con l'arco, il canottaggio, la pallavolo, il nuoto. Insomma, era un prodigio di versatilità.
  Era logico che i Colleges universitari degli Stati Uniti se lo contendessero per averlo a difesa dei loro
colori. Jim non lasciò l'Indian School, perchè era una Università per indiani e lui si sentiva orgoglioso delle sue origini indie. E' vero che l'Indian School in cambio delle sue prestazioni sportive
gli consentiva la frequenza gratuita delle lezioni, e il soggiorno nel College, ma le stesse condizioni gli avrebbero fatto tutte le altre Università.
  Nell'atletica, in particolare,  Jim era un portento. Riusciva meglio nel salto in lungo e sugli ostacoli, ma poteva gareggiare in qualsiasi altra specialità con risultati sempre all'altezza della sua fama. Jim aveva un altro indiano, al College, di cui si avvaleva come ottima spalla, ed era Lewis Tewamina, atleta molto forte sulle lunghe distanze.
Ciò spiega l'aneddoto che ritorna puntuale in tutte le
biografie del campione. La squadra dell'Indian School doveva incontrare a Easton quella dell'Università di Lafayette.
Alla stazione, quel giorno, richiamati dalla rinomanza di Thorpe,
l'indiano invincibile, c'erano, oltre agli organizzatori, la banda cittadina e migliaia di appassionati. E quale fu la sorpresa di tutti quando videro scendere dal treno, dietro a Jim, una sola persona, scura
di pelle come lui, ed era infatti il fido Tewamina.
- Ma dov'è la vostra squadra? - chiesero a Jim.
- La squadra siamo noi - egli rispose.
- Come, voi due soli?
- Certo. E vedrete che in due basteremo.
Bastarono.
Tewamina vinse il miglio e le tre miglia, Thorpe tutte le altre gare. Un evento da leggenda.

  Solo un atleta come Jim Thorpe poteva, nella stessa giornata, partecipare a una riunione atletica al mattino, a una partita di baseball nel pomeriggio e a un incontro di basket la sera.
  I pochi mesi estivi delle vacanze, anche quelli Jim li spendeva facendo sport.
Giocava particolarmente a baseball, senza nascondersi sotto nomi fittizi come facevano altri. Lui accettava i pochi dollari che gli davano, ma come un piccolo regalo; gli tornavano del resto comodi, tenendo conto che, in quel periodo, non aveva vitto e alloggio gratuiti all'Università.
  Un atleta così versatile, e dunque completo, non poteva essere dimenticato da Pop Warner, nemmeno dopo che Jim ebbe finito gli studi e lasciato l'Indian School. Si avvicinavano le Olimpiadi di Stoccolma ( 1912 ) e Warner, infatti, decise di richiamare all'Indian School il suo allievo prediletto. Jim aveva ventiquattro anni.
- Ho intenzione di mandarti a Stoccolma per i Giochi - gli disse. - E sono naturlamente convinto che farai onore al tuo Paese.
  Figurarsi se Jim non accettò. Per il suo maestro aveva una specie di venerazione. E. poi, il suo orgoglio era lusingato dal traguardo che gli si offriva. Si fecero, nella primavera del 1912, le gare di selezione al Celtic Park di New York e Jim Thorpe, manco a dirlo, fu tra i migliori in tutte le gare. Si trattava adesso di scegliere in quali specialità avrebbe gareggiato nell'Olimpiade.
  Scelta quasi ovvia: gare polisportive. Cioè il pentathlon e il decathlon. Il pentathlon vecchia maniera ( cinque
gare: salto in lungo, giavellotto, 200, disco e 1500 ) era appunto la novità dell'Olimpiade svedese.
Sarebbe
durata sino al 1924. Il suo posto è preso, oggi, dal pentathlon moderno, fondato sulla pratica di cinque sport diversi. Lo stesso decathlon, ancor oggi inserito fra le specialità olimpiche, doveva fare il debutto sulla grande scena internazionale nella concezione moderna, proprio a Stoccolma. Un anno prima, giusto a
Goteborg, ne era stata data una dimostrazione internazionale e aveva vinto uno svedese di ventidue anni, Hugo
Wieslander, di cui risentiremo parlare all'imminente Olimpiade.
  La candidatura di Jim Thorpe, nella squadra olimpica statunitense, non incontrò ostacoli di sorta.
Sulla presenza di Jim, è chiaro, si puntava a occhi chiusi: con lui, due medaglie d'oro parevano sicure.
Non c'era, insomma, la minima avvisaglia di quello che sarebbe accaduto, dopo la conclusione dei Giochi.
  I Giochi, per Jim, andarono come dovevano andare. Era troppo forte e sbaragliò la concorrenza.
Nel
pentathlon, battè tutti in quattro gare su cinque; nel decathlon trionfò, infliggendo settecento punti al secondo, lo svedese Wieslander. Anche allora, per misurare i risultati, si usavano apposite tavole di punteggio, la cui base era fornita dai primati olimpici del tempo. Queste tavole, in seguito, sono state cambiate ed è per questo, per il criterio diverso di valutazione adottata, che risulta oggi problematico commisurare i risultati di Jim Thorpe a quelli ottenuti nelle successive Olimpiadi, fermo restando il concetto che ciascun atleta va commisurato al tempo in cui è vissuto.
  Il punteggio totalizzato a Stoccolma da Jim Thorpe ( 8412,955 ) resta tuttavia notevole ancora oggi, anche tradotto nella tabella attuale. E v'è chi attualmente ( anni '70 ndr ) considera Jim Thorpe fra i più grandi campioni mai esistiti e, comunque, il più completo di tutti.
  Lo intuì il re di Svezia, Gustavo V, quando, dopo aver assistito alle prodezze olimpioniche di Thorpe, scese dal podio reale per consegnargli un trofeo in oro, un modello in miniatura di una nave vichinga cesellato e tempestato di gemme.
- Signore, - disse Gustavo V a Thorpe - voi siete il più grande atleta del mondo.
Thorpe non seppe rispondere altro:
- Grazie, Re.
  Era commosso? Era solo inorgoglito? Si racconta che Thorpe accettò i complimenti e il regalo con apparente indifferenza e che anche più tardi, quando il Re andò a visitare gli atleti sulla nave dove era alloggiata la squadra americana, Jim manco si mosse dalla sua cuccetta. L'indio aveva conservato il suo carattere ribelle. Pop Warner lo aveva in parte ammorbidito, se non altro inducendolo ad allenarsi sistematicamente. In realtà, Jim Thorpe si allenava come e quando voleva.
  Oggi, fra i critici, v'è chi ritiene che egli nella carriera non abbia esplorato tutte le sue possibilità.
Resta il fatto che nel salto in alto aveva un primato  di 1,956, all'epoca in cui un solo atleta aveva superato i due metri; e che sugli ostacoli, in una riunione postolimpica a Reims, battè Fred Kelly, già olimpionico della specialità a Stoccolma. E che, come più conta, i suoi risultati nel decathlon olimpico erano allora meno distanti dai primati mondiali dell'epoca che non quelli dei campioni a lui succeduti.
  Il ricordo della gloriosa Olimpiade era alle spalle, Jim Thorpe era tornato in patria con trofei che valevano più di cinquantamila dollari, accolto trionfalmente in una grandiosa sfilata per le strade di New York.
Si era
anche sposato con una ragazza pure lei di sangue indiano, Iva Miller.
Ora poteva, senza preoccupazioni,
pensare al suo avvenire.
  Invece, scoppiò lo scandalo. Nel gennaio del 1913 un giornale americano scoprì, o credette di scoprire, che Jim Thorpe quattro anni prima aveva giocato da professionista partite di baseball, guadagnando dai sessanta ai cento dollari il mese.
Era una formale segnalazione alla Unione Atletica
Dilettanti, perchè denunciasse a sua volta l'illecito al Comitato Olimpico Internazionale. Vìola i principi decoubertiniani dell'Olimpiade moderna chi abbia guadagnato quattrini per sport.
Sono
princìpi, oggi più di ieri, elusi con troppa disinvoltura, ma Jim Thorpe ne fu condannato.
Le due
medaglie d'oro di Stoccolma gli vennero tolte, il suo nome cancellato dall'albo d'oro.
  I risultati di Jim Thorpe così non figurano e non figureranno mai fra quelli dei Giochi olimpici di Stoccolma del 1912. Ma restano, e sono ancor oggi eloquenti e oggetto di comparazione, per la storia dell'atletica.
Eccoli, gara per gara:
m 100 in 11" e 2;
m 400 in 52" e 2;
m 1500 in 4' 40" e 1;
110 ostacoli in 15" e 6;
salto in alto: m
1,87;
in lungo: m 6,79;
asta: m 3,25;
peso: m 12,89;
disco: m 36,98;
giavellotto: m 45,70.

  Jim Thorpe li ottenne in tre giorni consecutivi di gara. Dopo Stoccolma, il decathlon venne invece disputato in due giorni e c'è anche questa maggiore difficoltà a spiegare perchè il record di Thorpe restò insuperato sino al 1927.
  Jim ci restò malissimo. Ferito il suo orgoglio, una grande amarezza in cuore. Non sapeva darsi pace: - Se lo avessi saputo... Ma io non lo sapevo... Non ho preso così tanto, erano pochi dollari, e io giocavo solo per il piacere di giocare...
Il suo era stato un peccato d'ignoranza. Ma lo pagò caro.
Il trofeo del Re di Svezia non era costretto a
restituirlo, ma nel furore della inutile protesta, anche di quello si volle disfare. Oggi, quel trofeo si trova custodito a Lucerna, nella sede dell'Amateur Athletic Union.
  Vane furono anche le petizioni rivolte allora, e anche parecchi anni più tardi ( da senatori e deputati ), all'American Amateur Union: il caso era chiuso. L'Olimpiade moderna aveva dimenticato per sempre il nome di Jim Thorpe. L'Olimpiade, non l'opinione pubblica americana, che avrebbe ancora acclamato il grandissimo campione sui campi di gioco.
A Jim Thorpe non restava, infatti, che passare
al professionismo.
  Fu giocatore di baseball, buono, non eccelso, per sette stagioni; poi, per altre quindici, di football americano.
Guadagnò molti quattrini e un'ulteriore popolarità: il più grande giocatore di football che
gli Stati Uniti abbiano mai avuto.
  La sua serenità, però, era stata turbata per sempre. La sua stessa vita coniugale, travagliata.
Il primo
dei quattro figli morì presto. Abbandonato dalla giovane moglie, Jim Thorpe si risposò, ma il nuovo matrimonio naufragò. Il suo carattere era divenuto ancora più scontroso, era un uomo spesso intrattabile. Gli morirono i genitori, avvelenati non si seppe bene da che cosa.
Si era dato anche al
bere, cercava di annegare nell'alcool le sue amarezze; e, con il bere, il gioco, che doveva finirlo.
  Si sposò una terza volta e la terza donna gli diede quattro figli. Con sette figli sulle spalle, smise di giocare che aveva quarantun anni e quasi più niente della grossa fortuna accumulata nella carriera: come guadagnava, spendeva, scialava.
  Doveva pur campare. Allora, dopo aver chiesto invano un posto di allenatore, accettò di fare di tutto.
Nel 1931 lo trovarono che faceva il manovale nella costruzione di dighe a Los Angeles, per quattro dollari al giorno, lui che aveva provato a guadagnarne ventimila al mese.
Cercarono di aiutarlo con
una sottoscrizione popolare.
  Nel 1932 Jim Thorpe, in una parentesi serena, fu invitato ad assistere, come ospite personale del vice presidente degli Stati Uniti Curtis, che aveva del sangue indiano anche lui, alle Olimpiadi di Los Angeles. Erano passati vent'anni dalla sua impossibile Olimpiade. Forse quello spettacolo gli fece più male che bene, esacerbante l'antica ferita.
  In seguito, non ebbe maggior fortuna. Fece la comparsa cinematografica, fu addirittura in miseria e si vide costretto ad accettare il sussidio che il governo passava ai disoccupati. Fece il guardiano notturno, il pescatore, il sollevatore di pesi, insomma, di tutto. Venne la guerra, la Seconda Guerra Mondiale, e nonostante l'età chiese di essere arruolato nella Marina e venne assegnato su un mercantile che trasportava munizioni.
  Un'ultima occasione per " rimpannucciarsi " poteva essere il film che la Warner Brothers produsse, raccontando e romanzando la sua vita. Il film, dal titolo Jim Thorpe All American, cioè americano al cento per cento, divenuto nella versione italiana Pelle di Rame, dal colore della sua pelle, venne proiettato in Italia e nel mondo nella primavera del 1952, protagonista Burt Lancaster.
  Ma Jim aveva venduto i diritti per questo film come consolazione di poter seguire la lavorazione del film come consulente, restando vicino a Lancaster ed esaltandosi e commovendosi, ogni volta, delle sue stesse vicende. Gli diceva, chiamandolo Jim:
- Jim, tu sei una tempra eccezionale di atleta. Tu sei indiano. Tu sai soprattutto correre, tu corri per il piacere che ti dà la corsa.
  Poi, la miseria completa, anche fisicamente. Malato di cancro a un labbro, venne ricoverato gratuitamente nel reparto dell'ospedale di Baltimora riservato ai poveri e operato.
Un'ultima colletta
degli amici e dei più memori ammiratori del suo passato per sostentarlo, infine il definitivo oblio.
  Una mattina di marzo del 1953, il 28 marzo, due studenti videro una roulotte sgangherata ferma su uno spiazzo dieci chilometri fuori Los Angeles. Per curiosità, decisero di spingere il battente, visto che era socchiuso: sul letto, un vecchio pareva dormisse: era Jim Thorpe ed era morto.
A una parete
della roulotte, la copertina di un periodico popolare con l'illustrazione a piena pagina di " Jim Thorpe, il più grande atleta del secolo ".
  Tre anni prima, un referendum indetto dalla Associated Press fra i giornalisti sportivi, chi aveva indicato come l'atleta del mezzo secolo? Non Babe Ruth o Jack Dempsey o Jesse Owens, o altri, ma lui: Jim, Jim Thorpe, " pelle di rame ".
  " Sentiero Lucente " venne sepolto a Tulsa, un villaggio dell'Oklahoma vicino al luogo dov'era nato e dove aveva vissuto la sua splendida adolescenza. Poi la salma, con il consenso della vedova Patricia Thorpe, venne traslata a Maunch Chunk, nella Pennsylvania, in un meraviglioso scenario di montagne davanti alle Cascate Onoko che era stato per molte generazioni terreno di caccia degli Indiani d'America.
  Sembrava il miglior luogo dove Jim Thorpe potesse riposare per sempre. Maunch Chunk e un'altra località viciniore, nella memoria del campione, decisero da allora, fondendosi in una sola città, di chiamarsi " Jim Thorpe " come lui.
  Seguono i link su Jim Thorpe:
  " Jim Thorpe - The Town ": www.jtasd.k12.pa.us/townhomepage.html
  " Jim Thorpe-The Man, The Athlete ": contiene foto esclusive di Jim " atleta ". www.jtasd.k12.pa.us/jimthorpe/thorpe/JimThorpe.html
  " Necona ": National Environmental Coalition Of Native Americans in cura di Grace Thorpe, figlia del Grande Jim! oraibi.alphacdc.com/necona/
  "Foto Gallery from the official site" :  http://www.cmgww.com/sports/thorpe/thorpe.html

TOP ^

HOME

Hosted by www.Geocities.ws

1