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L'Osservatore europeo

 

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Il 28 febbraio ha aperto i suoi lavori la Convenzione sul futuro dell'Europa. Valéry Giscard d'Estaing
E' presieduta dal 75enne ex presidente francese Valery Giscard D'Estaing.
Vicepresidenti sono l'italiano Giuliano Amato e il belga Jean-Luc Dehaene.

La Convenzione è stata convocata dal Consiglio europeo di Laeken il 15 dicembre scorso, con la Dichiarazione omonima.

Qui di seguito due commenti sulle prospettive che si aprono, da due dei diversi possibili punti di vista.

 

Forte rischio che la Convenzione sia un'occasione persa

Alcuni federalisti italiani la considerano la prima Assise sovranazionale della storia incaricata di definire le linee fondamentali di una Costituzione europea (invece che di un Trattato internazionale).

Altri sembrano credere che essa elaborerà (quasi inevitabilmente) la Costituzione federale europea e che l'unico ostacolo sarà rappresentato dalla Conferenza Intergovernativa del 2004, voluta dai governi su pressione dei partiti della conservazione nazionale e di alcuni Paesi dell'Unione.
(Infatti nella Conferenza intergovernativa si potrà disfare ciò che i rappresentanti del popolo avranno fatto nel 2002-2003.)

Forse le cose stanno diversamente.

La Convenzione ha il mandato di studiare il problema della Costituzione europea nel senso dato a questo termine da tutti e 15 i Paesi della UE.
La Costituzione non è purtroppo intesa come "federale", perché l'obiettivo non è la creazione dello Stato federale europeo, ma piuttosto una sistemazione dei Trattati che garantisca maggiore legittimità e efficienza alle istituzioni europee, facendo magari uso dell'estensione del voto a maggioranza.

E su questo punto tutti i governi e quasi tutti i parlamentari sono d'accordo, inclusi quelli più vicini alle posizioni federaliste forse con la sola eccezione di Cohn-Bendit (parlamentare europeo, N.d.R).
Daniel Cohn-Bendit

Perché siamo a questo punto?

Alcuni pensano che ci voglia "più Europa" ma nello stesso tempo ritengono che sia inutile o sbagliato porre il problema della sovranità e della statualità.

Costoro infatti sono contrari all'obiettivo finale dello Stato federale europeo, e quindi vogliono che l'Europa funzioni meglio, ma le riforme proponibili non devono assolutamente scardinare il sistema intergovernativo dell'Unione.
Si finisce così per parlare di "costituzione" ma svuotando questa parola completamente di significato.

Altri sono decisamente in... confusione mentale: il loro cuore è federalista, ma non hanno le idee chiare sulla costruzione finale alla quale si dovrebbe arrivare e su cosa significhi parlare di 'Europa unita'.

L'obiettivo dello "Stato federale europeo" fa loro paura perché sanno che susciterebbe aspre opposizioni e per questo si illudono di imboccare la strada giusta con qualche ritocco cui dare un nome altisonante ma che, ancora una volta, non scardini il sistema intergovernativo.

Questa è la posizione di tanti amici: dal presidente Ciampi ai numerosi parlamentari dell'Intergruppo federalista al Parlamento italiano ed europeo.

Infine alcuni federalisti credono di poter vincere la battaglia di nascosto, facendo scivolare la "Federazione" nei Trattati attraverso riforme cruciali senza che "gli altri" se ne accorgano.

Per quanto in buona fede, questa posizione è sbagliata: non ci si può illudere che i nostri avversari politici diano il proprio consenso senza accorgersi di cosa approvano.
Inoltre è una posizione dannosa: perché impedisce di fare chiarezza anche a beneficio degli amici "confusi" che ritengono (a torto) di essere impegnati sul terreno del federalismo.

A questi amici bisogna far capire che per arrivare alla federazione europea bisogna lanciare la sfida senza ambiguità: occorre sfidare i governi che vogliono più Europa ma che non hanno il coraggio di porre il problema del salto federale e denunciare le loro manovre diversive.

Infatti non si può pretendere di rendere l'Europa più vicina ai cittadini e più efficiente ma non porre nello stesso tempo il problema dello Stato federale europeo.

Senza questa chiarezza le loro energie, il loro entusiasmo, le loro aspettative, tutto questo andrà sprecato, perché il primo requisito per vincere una battaglia è la consapevolezza dell'obiettivo e dei mezzi per perseguirlo.

Alcuni danno per scontata l'elaborazione di una Costituzione federale in seno alla Convenzione.

Essi sono destinati a diventare facili vittime dei ben più agguerriti e scaltri sostenitori del "più Europa, ma confederale", così orgogliosi dell'Europa costruita fin qui, secondo loro ormai potenza mondiale e bisognosa solo di piccoli ritocchi.

Oppure saranno sconfitti dagli euroscettici, il cui fronte è ulteriormente rafforzato dal fatto di avere spesso insperati alleati tra i solerti europeisti, così suscettibili quando si tocca l'orgoglio nazionale.

Per un Costituzione federale occorre sostenere dall'esterno quell'uno o due politici federalisti più consapevoli (come potrebbe essere il caso del già citato Cohn-Bendit) con una pressione sui membri della Convenzione e un lavoro capillare che li costringa a confrontarsi con il problema dello Stato federale europeo.

Occorre inoltre una campagna rivolta ai governi, a tutta la classe politica e alla società civile dei sei Paesi fondatori perché prendano l'iniziativa per la Federazione europea.

Solo in questo quadro ha senso la mobilitazione popolare e il lavoro capillare sulle organizzazioni della società civile.

Esiste il forte rischio che la Convenzione sia un'occasione essenziale buttata via, mentre il mondo brucia e trascina l'Europa in una spirale drammatica.

Dobbiamo denunciare l'illusione dell'Europa di poter sopravvivere senza farsi Stato.

Abbiamo dunque un'Assemblea in cui i rappresentanti di 15 Paesi (tra cui una buona fetta di antieuropeisti) più quelli di 12 Paesi non ancora membri (ma tutti fortemente decisi a non cedere la propria sovranità) si riuniranno per discutere le opzioni da sottoporre ad una Conferenza intergovernativa che deciderà all'unanimità sulla riforma dei Trattati.

La discussione sarà democratica e approfondita ma...
...questa Assemblea è un'occasione storica che rischia di diventare un'occasione... persa.

elaborazione da un testo di Luisa Trumellini

Eccessiva la prudenza-diffidenza di alcuni!

In qualche modo, per quanto limitato, per quanto simile o dissimile a quello che sarebbe piaciuto ad Altiero Spinelli, a Laeken i federalisti hanno incassato un successo.

E allora esultiamo pure: fa bene alla salute!

Un po´ di carica energetica non può che giovare alla nuova, grandiosa "prova di forza" che dobbiamo prepararci a dare!

La portata storica e le potenzialità della Convenzione, nonostante la vaghezza del mandato affidatole, sono indiscutibili.

E pure è grandiosa la novità di alcune affermazioni contenute nella Dichiarazione finale del Vertice, scritte nero su bianco in un documento che ha il valore di un atto ufficiale sottoscritto dai capi di governo europeo.

La breccia è aperta. Si tratta ora di passare attraverso di essa con decisione.

Lasciamo palla di vetro e fondi di caffè a Manhattan con le Torri Gemelle riprese dallo spaziochiromanti e indovini: pensiamo all´azione.
Lo spazio stavolta è veramente grande.
Ed è tanto grande perché, a mio avviso, ci permette un rilancio dal basso.

E´ vero, leggere Laeken come il trionfo del metodo costituente spinelliano è una forzatura.
D´altro canto credo che ci siano oggi tutti i presupposti per riprendere una linea d´azione che proprio nel redattore del manifesto di Ventotene La posizione dell'isola di Ventotene
ha avuto il suo massimo ispiratore e promotore.

Questa linea fa del popolo, e non del "Principe", il protagonista sulla scena europea.

Ventotene dall'altoE´ per questo che, se l´Europa ha un senso, se l´Europa in cui crediamo ha senso in quanto fondata sul valore della democrazia, oltre che su quello della pace – come mai ci stanchiamo di ripetere –, allora, a questo fine, è al popolo europeo che dobbiamo guardare per promuovere quella formidabile spinta popolare che dal basso deve venire per sostanziare e realizzare il grandioso progetto che portiamo nel cuore.

La Convenzione stessa, se non proprio nella forma più legittima, sarà nella sua composizione l´emanazione di una volontà che viene dal basso.

Essa potrà vincere o fallire.
Questo dipende dal modo in cui porterà avanti i propri lavori e soprattutto dalle decisioni della CIG.
In ogni caso, alla fine dei suoi lavori, essa avrà risvegliato le coscienze.

Inoltre, se è alla CIG che in definitiva spetterà l´ultima parola, non bisogna trascurare che la Convenzione dovrà rapportarsi anche (e sarebbe bello poter scrivere "e soprattutto", perché così dovrebbe essere!) a un secondo interlocutore, ideale e visibile al tempo stesso, presente all´interno del processo durante l´intero corso del suo svolgimento, non solo alla fine.

Tale sarà, infatti, la società civile europea organizzata, un interlocutore concreto - speriamo agguerrito – che seguirà passo per passo i lavori della Convenzione, come osservatore e, in alcuni casi e in determinate forme, come attore.

Ed è lì, a mio avviso, al fianco, in mezzo, alla Il premier Aznar con Proditesta come alla coda della società civile europea, che deve innestarsi l´azione dei federalisti.

Per essere, agire sopra, sotto, a lato, in mezzo, tutt´intorno alla Convenzione, per organizzare azioni-occupazioni dimostrative non-violente che siano l´espressione di una consapevolezza condivisa, è necessario assumere senza esitazione una posizione precisa, convinta, "la più bassa possibile", nel cuore vivo del popolo europeo.

Non due, ma tre luci si sono accese a Bruxelles nel buio del cielo federalista, la Convenzione, l´euro e la società civile organizzata europea, un piccolo firmamento la cui brillantezza si alimenterà per aumentare di giorno in giorno in un gioco di reciproci riflessi.

di Simona Giustibelli


 

 

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