IL VOTO PER
UN PARLAMENTO
CHE NON CONTROLLA UN GOVERNO E’ UN INGANNO
La politica interna italiana, così come quella di tutti i Paesi
dell’Unione europea, è coinvolta quasi quotidianamente in
problemi che sfuggono al controllo dei poteri nazionali.
L’immigrazione è un fenomeno che può e deve essere
regolato al livello europeo, la politica energetica e
dell’ambiente hanno una dimensione mondiale, le questioni
riguardanti la sicurezza esterna e il terrorismo, potrebbero essere
più efficacemente affrontate e risolte da una forza europea di
intervento.
Il vuoto di potere europeo si traduce nello smarrimento delle forze
politiche. La politica nazionale è in crisi perché
è in crisi il progetto europeo.
Il Trattato di Lisbona è un mediocre sostituto di una
Costituzione che avrebbe dovuto avvicinare i cittadini
all’Unione.
Impedisce lo sfaldamento dell’Unione in un’Europa malamente
allargata.
Ma non suscita alcuna speranza di rinnovamento.
Ciò che i governi non sono riusciti a fare, può ora
essere tentato dai partiti.
I partiti rappresentano l’indispensabile anello di congiunzione
tra i cittadini, la società civile e le istituzioni nazionali ed
europee. Se i partiti non sanno individuare una linea comune
d’azione – che li unisca, al di là della
contrapposizione tra destra e sinistra, tra socialismo e liberalismo,
tra conservazione e progresso – la democrazia rischia di finire
preda del populismo e dalle correnti eversive, razziste e violente, che
esistono sempre, allo stadio latente, in ogni società, ma si
manifestano con prepotenza solo nei momenti di crisi. Oggi, la
democrazia italiana è fragile perché ha smarrito la linea
evolutiva, costruita pazientemente nel dopoguerra dai padri fondatori
della Repubblica e dell’Europa, che faceva dell’Italia un
attivo propulsore dell’unità europea. Le riforme
istituzionali italiane sono necessarie, ma diventeranno efficaci solo
se si ritroverà il cammino europeo. Proporsi di governare
l’Italia senza governare l’Europa è insensato. Per
governare, occorre conquistare il consenso dei cittadini per un
progetto che garantisca un futuro di prosperità, di
sicurezza e di pace. E’ solo in un’Italia europea che
i cittadini ritroveranno la fiducia nella politica e nei partiti.
Le settime elezioni europee del 2009 sono un test decisivo. Se la
partecipazione calerà ulteriormente, vincerà
l’euroscetticismo. Trent’anni fa, il Parlamento europeo
è stato eletto a suffragio universale. Avrebbe potuto essere
l’alba della democrazia europea. Ma i partiti europei sono ancora
delle entità misteriose agli occhi dei cittadini. Pochi
saprebbero indicare chi è il Segretario o il Presidente europeo
del partito che hanno votato. Il fatto è che il Parlamento
europeo non fa politica. Scompare dalle cronache quotidiane appena
chiuse le urne, perché nel Parlamento europeo non si confrontano
forze con programmi alternativi di governo. Le elezioni europee
rischiano così di trasformarsi in una crudele beffa per i
cittadini. Vengono inevitabilmente sfruttate per confronti su problemi
nazionali. Alle elezioni europee vince la destra o la sinistra
nazionale, perde l’Europa.
Questa pericolosa tendenza può essere rovesciata se i partiti
europei si assumeranno pienamente le loro responsabilità.
E’ necessario presentare agli elettori un programma di governo
per l’Europa. Ma non basta. Occorre dire chi governa. Sino ad
ora, la Commissione europea ha svolto un ruolo ambiguo: è
responsabile verso il Parlamento europeo, dal quale ottiene la fiducia,
ma funge anche da segretariato dei governi nazionali. Così, i
cittadini europei sono portati a pensare che siano i governi nazionali
a decidere e che il loro voto europeo sia inutile. Il Trattato di
Lisbona, con la nomina di un Presidente stabile del Consiglio europeo a
fianco del Presidente della Commissione, aumenterà la
confusione. E’ esemplare l’ambiguità sulla politica
estera e della sicurezza, il cui Ministro degli Esteri (o Alto
rappresentante) risponde sia al Consiglio che alla Commissione.
Eppure, la via per far partecipare i cittadini alle scelte europee
è ormai chiara e percorribile: i partiti europei, singolarmente
o in coalizione, possono designare un loro candidato a Presidente della
Commissione europea nel corso della campagna elettorale. I cittadini
potranno così votare non solo per il loro partito, ma anche per
chi si assume la responsabilità di realizzare il programma che
hanno scelto.
Questo nuovo impegno dei partiti europei è necessario. I partiti
che intendono rafforzare la democrazia europea, coinvolgendo i
cittadini nelle scelte cruciali che riguardano il loro futuro, devono
impegnarsi sin da ora per fare dell’elezione europea del 2009 la
base di lancio di un’Europa unita e capace di agire. E’
vero che la Commissione attuale non ha ancora tutti i poteri che
sarebbero necessari per governare efficacemente l’Unione. Ma
l’attivazione di un circuito di fiducia tra elettore, partito,
Parlamento ed esecutivo, aprirà la via per la creazione di un
vero governo democratico europeo.
I federalisti chiedono pertanto ai partiti presenti nel Parlamento
italiano e nel Parlamento europeo:
1. di approvare, quando il Trattato di Lisbona verrà sottoposto
alla ratifica del Parlamento italiano, un ordine del giorno che impegni
il governo italiano a rilanciare, nelle sedi opportune, il processo
costituente europeo, anche tra un’avanguardia di Stati, per dare
un vero governo democratico ai cittadini europei, e che il Trattato
entri in vigore se approvato da una maggioranza di cittadini e di Stati
dell’Unione europea;
2. di sollecitare gli organi dirigenti europei del loro partito
affinché:
a) designino una personalità della politica europea come
candidato a Presidente della Commissione, in vista della elezione
europea del 2009;
b) inseriscano nel programma elettorale l’impegno a rilanciare il
processo costituente europeo, come auspicato anche dalla mozione del
Parlamento europeo dell’11 luglio 2007.
Movimento Federalista Europeo
Roma, 17 novembre 2007
www.mfe.
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Altre opinioni:
Montani: «Per
gli europei è venuto il tempo di decidere: o la Federazione
oppure il ritorno al più bieco nazionalismo.»
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