Gennaio 2002
Già in Al di là del bene e del male, Nietzsche
apparentemente accusa gli ebrei:
Lo Scacco nietzschiano
Non è un caso che il filosemitismo di Nietzsche si rinforzasse
di pari passo con la sua risolutezza ad istituire un regime dionisiaco
in Europa, e risanarla così dalla sua decadenza. Nietzsche arriva
perfino ad augurarsi che gli ebrei prendano il potere in Europa, per imprimere
così il loro carattere nelleuropeo, e si rattrista solo a constatare
che quelli invece non abbiano la minima aspirazione al riguardo, bensì
solo il proprio inserimento nella cultura europea (e Nietzsche vide in
questo unattenuazione dei sani istinti ebraici) (Al di là del
bene e del male, cit., pp.164 -5). Cosa aveva portato Nietzsche, non
solo a rigettare e disprezzare lantisemitismo, ma persino ad augurarsi
che gli ebrei volessero compiere un coup détat culturale come unica
panacea alla soluzione della decadenza europea?
Continuazione
Nella sua introduzione allantologia delle opere di Nietzsche, Sergio
Moravia riassume i motivi per i quali la lucida opera demolitrice di Nietzsche
non poté essere seguita da una altrettanto lucida opera edificatrice
di una sintesi come soluzione esistenziale:
Quello che vide Shakespeare
Potrà sembrare strano, a questo punto, che lintuito più
sottile sul meccanismo dell antisemitismo sia venuta da un drammaturgo
inglese delletà elisabettiana, che nulla sapeva di correnti apollineee
e dionisiache, di sublimazione e di Roma contro Giudea, Giudea contro
Roma, e che i suoi contemporanei accusavano di scarsa cultura.
Freud e Nietzshe
Freud aveva avuto il sospetto che la felicità delluomo sia minata
dai suoi stessi sforzi per ottenerla, per lo meno per quello che lo riguarda
come collettività. Nel 1924, riflettendo sulle resistenze alla psicoanalisi
aveva detto:
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Il seguente articolo rappresenta il riassunto di alcuni brani di Occidente e Oriente nello specchio di Dioniso e di Apollo, Parte Seconda.
Quello che non vide Nietzsche
Gli ebrei un popolo nato per la schiavitù,
come dice Tacito e con lui tutta lantichità, il popolo eletto
tra i popoli, come essi stessi dicono e credono gli ebrei hanno realizzato
quel prodigio del rovesciamento dei valori, grazie al quale la vita sulla
terra ha acquistato per un paio di millenni una nuova e pericolosa attrattiva
i loro profeti hanno fuso in una sola parola come ricco, cattivo,
violento, sensuale, e per la prima volta hanno dato un conio dobbrobrio
alla parola mondo. In questo capovolgimento dei valori, in cui rientra
luso della parola povero come sinonimo di santo e amico, sta limportanza
del popolo ebraico: è con esso che comincia, nella morale, la rivolta
degli schiavi (Adelphi, Milano 1977, p. 94).
In questo paragrafo, il filosofo attribuisce linizio del rovesciamento
di valori, secondo cui ricco viene definito automaticamente come malvagio, già
ai profeti, che nella Bibbia si scagliano contro i potenti del regno di
Israele e di Giuda.
Quello che Nietzsche non poté capire fu il contesto
mentale e culturale degli Israeliti antecedente il primo
esilio (587 a.C).
Con linstaurazione della monarchia, già alla fine dellXI
secolo a.C., si era creata una tensione tra il potere regio che rappresentava
il nuovo tentativo delle tribù di Israele di instaurare una sovranità
nazionale, sovratribale, e che implicava anche il passaggio ad una vita sedentaria
e labbandono del culto di Jahvè, il dio dei pastori, per abbracciare
i culti politeisti dei popoli sedentari e agricoltori, e tra i profeti
che erano i paladini del dio del deserto. Il dio dei pastori era anche
il dio dellunità tribale.
In una società di pastori seminomadi esiste unuguaglianza sociale
tra tutti i membri, che si considerano tutti figli dello stesso padre.
In una società sedentaria, invece, avviene un allentamento
dei legami del clan e si introduce una divergenza
tra ricchi e poveri che si allineano in classi sociali in perenne conflitto, come avverrà anche in Occidente.
Una società tribale è una società senza classi.
Quando i profeti si lanciano contro i ricchi, lo fanno in quanto, per loro,
uguaglianza sociale era sinonimo di cementazione dei legami arcaici che
caratterizzavano gli israeliti prima dellistituzione della monarchia,
e volevano restituire Israele alla purezza della vita del nomade, antecedente
alla sua instaurazione. La lotta dei profeti contro la monarchia e contro i "ricchi" era dunque
in un contesto sulle priorità nazionali: la lotta tra polis e tribù,
in cui i profeti prendono le parti dellla coesione del clan, e non come avverrà
più tardi in Occidente, nel contesto di una lotta di classe allinterno della dialettica della Polis, in cui prendessero parte per una classe piuttosto che per
una altra.
Ben diversa sarà la situazione dopo il primo esilio, solo allora
si creerà quella classe sacerdotale di cui parla Nietzsche in seguito.
In Genealogia della morale (Adelphi, Milano 1977, pp.22-25)
riprende il motivo del rovesciamento dei valori, questa volta in un contesto
più appropriato: attribuisce la nascita del ressentiment
ai giudei, come conseguenza della loro condizione di vinti, che li avrebbe
portati a ribaltare i valori del bene = aristocratico = vincitore, i valori
dellImperium romanum, con quelli di vinto = debole = buono. E invero,
un trasfigurazione di Jahvè il dio vittorioso, specifico del popolo
ebraico, in un dio universale, dopo lesilio ci fu, ma al contrario di
quello che sostiene Nietzsche, malgrado fosse stato trasfigurato in dio
cosmico egli continuò a conservare laltra sua peculiarità
di padre specifico della tribù,
in quella che diventò lidea del popolo eletto.
Come Nietzsche stesso ammette nellAnticristo (par. 25), questo
fu un accorgimento per poter mantenere il vecchio Jahvè che,
con le sue stesse parole, lo si sarebbe dovuto altrimenti abbandonare. Trasfigurare l'essenza del dio fu un accorgimento per
mantenere lunità nazionale che altrimenti sarebbe andata
persa, sotto il peso della sconfitta militare e politica. È vero:
il suo concetto diventa uno strumento nelle mani degli agitatori sacerdotali,
ma questi erano quello che era rimasto ai giudei al posto dei re, e
rappresentavano anche la volontà di sovranità nazionale che ormai era sfuggita di mano. Fino alla sconfitta definitiva ai tempi di Adriano, i giudei non cessarono mai di ribellarsi ai
romani, in rivolte sanguinose in cui il valore militare e la forza rimasero
pur sempre il modello per i giovani ebrei che si armavano volta dopo volta,
nel futile tentativo di cacciare i romani dalla Giudea. Il capo della più
grande rivolta nel 130 D.C., Bar Kochba, esigeva dai suoi soldati di
tagliarsi il dito mignolo come prova di crudezza e di disprezzo per il
dolore.
Anche quando, dopo due secoli di lotta, la sconfitta finale fù
definitiva la frustrazione non si tradusse in ressentiment, bensì
in sublimazione, e quelle energie che erano andate a combattere i romani
furono canalizzate nella costruzione del grattacielo spirituale del Talmud.
Quando i persiani invasero la Palestina nel 614 d.C., i giudei presero
le armi in loro favore nellultimo, patetico, tentativo di liberarsi dellodiata
Roma, ma nuovamente furono sconfitti. Nella lotta: Roma contro Giudea,
Giudea contro Roma(Genealogia della morale, Adelphi, p.40), vinse
Roma e non la Giudea. A p. 40 leggiamo: Roma sentiva nellebreo qualcosa
come contronatura stessa, per così dire il suo monstrum antipodico,
non per i motivi addotti da Nietzsche, bensì perché lebreo
si intestardiva a rifiutarsi di far parte dellecumene ellenista, come
dopo si rifiutò di abbracciare il cristianesimo che ne era lultima
trasfigurazione. Se a Roma si inchinano davanti a tre ebrei e unebrea
(Ibidem,
p.40) , questo non fu il risultato di una congiura giudaica, bensì
lultima vendetta dellOccidente sugli ebrei, che rifiutavano in blocco
tutto il modus mentale greco- romano- cristiano: se Maometto non viene
alla montagna, la montagna va a Maometto, se voi non accettate i nostri
valori, noi li trasfigureremo fino a che sembreranno i vostri, e voi subirete
anatema, poiché non accettate quel che noi decidiamo debbano essere
i vostri valori.
Infatti, il cristianesimo derubò i giudei perfino del nome,
e dora in poi saranno loro a dichiararsi il vero Israele.
Nietzsche stesso
aveva definito una farsa filologica quella perpetrata dal cristianesimo
sul Vecchio Testamento:
voglio dire il tentativo di svellere il Vecchio Testamento
dalle midolla degli ebrei con laffermazione che esso non conterrebbe nientaltro
che gli insegnamenti cristiani e che apparterrebbe ai cristiani come al
vero popolo dIsraele, mentre gli ebrei lo avrebbero soltanto arrogato
a se stessi (Aurora, Adelphi, Milano 1977, p.62.)
Non dunque la vendetta giudaica su Roma, per la sconfitta subita, bensì
la beffa dopo linsulto dei vincitori sui vinti. Il mondo antico crollò sotto il peso delle proprie tensioni interne,
e non fu il cristianesimo ad avvelenarlo, bensì il veleno era già
da lungo tempo nellorganismo e si faceva strada con il passare del tempo.
Secondo Nietzsche Il cristianesimo fu il vampiro dellimperium romano
(LAnticristo, Adelphi, Milano 1977, p. 88) e Il cristianesimo
ci ha defraudato del raccolto della civiltà antica (ibidem, p.92).
Ma in realtà, questo stava già marcendo nelle aie e nei magazzini.
Il cristianesimo fu il nome che prese quello che N. definisce il veleno
che ormai aveva invaso tutto il corpo, la cancrena che, con le sue stesse parole,
si faceva strada nella civiltà occidentale dai tempi
di Socrate (Crepuscolo degli idoli, cap. Il problema Socrate)
e ormai aveva finito il suo cammino distruttivo allinterno dellorganismo.
Lui stesso ci aveva detto: non si perisce mai per opera di
altri, ma soltanto di se stessi (ibidem, p.108) e, spiega Freud,
ogni organismo muore per cause interne ("Al di là del principio
del piacere", in Opere, B.Boringhieri, Torino 1989, vol. 9, p. 224.
e pp. 230 235). Il cristianesimo in realtà fu lultima salvezza,
senza di esso le cose sarebbero probabilmente andate ancora peggio. Il cristianesimo,
salvò, trasfigurandolo, quello che era rimasto del mondo antico, in attesa di tempi migliori.
Nellaccusare gli ebrei, Nietzsche cadde nella trappola tesagli da
Tacito e da tutti gli ellenisti antisemiti che li odiavano per la
loro coesione di gruppo, inconfondibile, anche se sublimata. La vendetta
del mondo greco romano cristiano consistette proprio nel dichiararsi
ispirati dallebraismo. Questa fu la risposta al rifiuto giudaico di
inserirsi nellecumene panellenista apollinea, come aveva fatto, invece,
tutto il resto del Medio Oriente semita. Così, per i romani, gli
unici semiti = barbari rimasero gli ebrei, isolati, e con le parole di
Tacito, gente di provato odio verso lumanità (Hist., V/5).
Nietzsche li accusò di essere stati lutero che generò il
cristianesimo, ma questo nacque nellutero panellenista stimolato dallodio
verso i giudei, e germogliò sul suolo del ressentiment di
una cultura estraniata dalle proprie radici, quella ellenista, non quella
ebraica. Allo stesso modo, è esatto dire che Il cristianesimo [non]
ci ha defraudato di quello [il raccolto] della civiltà islamica
(ibidem, p.92) , che N. come tedesco, con il suo gusto dionisiaco
vede come molto più raffinata della società post-apollinea,
rappresentata dallInquisizione spagnola. Come abbiamo rilevato nei capitoli
precedenti, questa splendida società pluralista, non poteva coesistere
con il mondo monista post-apollineo.
Allo stesso modo, [Non] furono i tedeschi a defraudare lEuropa
dallultima grande messe di civiltà che fosse data allEuropa dei
raccogliere (ibidem, p.93), bensì la civiltà del Rinascimento
crollò per via del rigurgito dionisiaco che ne minò lequilibrio
al suo interno, e che era quello stesso che aveva minato lequilibrio apollineo
del mondo antico. Fu la lotta interna tra apollineo e dionisiaco che decise
le sorti dellOccidente e che ne diressero il fato, e mai fattori esterni,
certamente non i giudei, che erano occupati dalla propria lotta per lesistenza
nel contesto della problematica delle proprie tensioni interne. Nietzsche
avrebbe dovuto saperlo, lui che aveva scoperto la tensione tra apollineo
e dionisiaco e inoltre linizio della decadenza greca dai tempi di Socrate
e Platone e il suo sfociare nel cristianesimo.
Lebraismo viveva da sempre la conflittualità allinterno
della sola sfera dionisiaca tra il bisogno di sfogo e la repressione. Non
vi è alternativa apollinea nel modus mentale ebraico, vi
è solo sfogo dionisiaco o inibizione e repressione, e la dialettica
esistenziale si svolge esclusivamente all'interno dei due poli della stessa
istanza psichica.
Il ressentiment fa parte solo del contesto mentale di
una società divisa in classi sociali, e questo
fa parte della sfera del modus mentale apollineo. Con il crollo degli equilibri
si producono diffidenza ed estraniazione. Lanatema dei profeti era diretto
verso una società che voleva abbandonare la semplicità di
vita e di uguaglianza sociale del seminomade e non era inteso come strumento
di ressentiment di una classe sociale di estraniati. Laltro equivoco nietzscheano
arriva al culmine quando dice che il primo cristianesimo maneggia soltanto
idee ebraiche e semitiche, (vi rientrano il mangiare e il bere dellEucarestia,
unidea così tristemente abusata dalla Chiesa, come tutto ciò
che è ebraico)(LAnticristo, cit.,p. 42). Proprio lEucarestia,
che è un rito che si ricollega direttamente al pasto totemico di
Dioniso, viene propinata come un rito ebraico. Il sangue di Dioniso, tramutato
in vino, è donato allumanità, e il suo corpo, raccolto da
Demetra, la dea delle messi e del pane, tramutato in rito ebraico!
Fortunatamente, Nietzsche era genuinamente filosemita, altrimenti sarebbe
stato facile passare da questo alla famigerata accusa di omicidio rituale,
del quale gli ebrei furono accusati per secoli. La Torà proibisce
in assoluto lingerimento di qualsiasi tipo di sangue (il sangue è
lanima: vedi Gen.,9,4; Deut.,12,23), al punto che un ebreo ortodosso
è comandato di immergere nel sale per ore qualsiasi pezzo di carne,
prima che gli sia consentito di cibarsene e, aperto un uovo, se scopre
anche una minima traccia di sangue, deve disfarsene e gli è proibito
adoperarlo.
Ma lequivoco si svolge addirittura in ideologia , quando Nietzsche
dispiega la genealogia del senso di colpa. Wellhausen aveva scomposto
il mito biblico della cosmogonia a seconda delle due fonti: Jahvista (J)
e Sacerdotale (Q), e aveva correttamente messo a nudo la manipolazione
della seconda fonte, ma entrambi le versioni si basavano su tradizioni orali ancora più antiche, che trattavano della preistoria
del popolo ebraico. Analizzando il mito biblico, Reik (Theodor Reik, Myth
and guilt, New York 1975) è arrivato alla conclusione
che questo mito trattava del peccato originale come un atto di aggressione
arcaico, sulla scia delle scoperte di Freud (Totem e Tabù), verso
lalbero come personificazione del corpo di Dio padre stesso. Questatto
di aggressione cannibalistico era il peccato originale e la fonte del senso
di colpa.
In questo contesto, il senso di colpa che ne consegue non è
certo una particolarità ebraica. Questatto di aggressione primordiale
appare in un modo o nellaltro nella mitologia di tutti i popoli e il racconto
del giardino dellEden è la versione biblica di quello che è
un mito comune a tutta lumanità. In entrambe le versioni, quella
jahvistica e quella sacerdotale, il peccato è limitato a un atto
di aggressione cannibalistica verso il corpo del dio. LAlbero della conoscenza
è lEtz Ha-dàat, come Adamo conobbe Eva sua moglie (Gn.4,1),
e la radice è la stessa, ma anche come i sodomiti volevano conoscere
gli ospiti di Lot, con la chiara intenzione di sodomizzarli (Gn.19,5. La
conoscenza avviene dunque in un contesto genitale. Il peccato originale era il peccato di evirazione e cannibalismo
sul corpo di dio-Padre, per incorporarne la conoscenza, esattamente come
questo peccato viene perpetrato da Crono sul corpo di Urano, e nella sua
inversione nellatto cannibalistico di Crono nei confronti dei suoi figli.
In entrambi i casi luomo primordiale evira il padre e lo cannibalizza
per appropriarsi della sua conoscenza, lostruso sapere sessuale che spetta
solo ai padri.
Nella saga biblica il peccato originale non è connesso al rapporto
eterosessuale; il mito biblico non condanna la conoscenza per sé,
bensì la conoscenza genitale, che è collegata allaggressione
cannibalistica verso lalbero per appropiarsi delle sue peculiarità,
della sua conoscenza. Evirazione e cannibalismo dei figli verso il padre.
Le saghe bibliche della cosmogonia e del diluvio universale sono miti comuni
a tutta lumanità (Vedi Pinocchio, Seconda Parte). Nella Bibbia sono stati censurati e sono diventati
più ermetici.
Inoltre, a differenza del cristianesimo, nella tradizione ebraica latto sessuale non
è considerato peccato.
Lunico peccato mortale è ladulterio, ovvero quello che commette
luomo esclusivamente con la donna di un altro. La causa è chiara:
per impedire vendetta e spargimento di sangue allinterno del clan. Il
cristianesimo considera invece peccato mortale qualsiasi rapporto sessuale
al di fuori del matrimonio .
Nellebraismo, il Nazir (il Nazireo, come Sansone), votava di
non bere vino e non tagliarsi i capelli, ma lastinenza sessuale era ed
è tuttora severamente proibita.
Nemmeno la classe sacerdotale ebraica poteva né
voleva introdurre un parametro così antitetico al modus mentale
ebraico. Nietzsche su questo argomento pecca di insipienza. Le sue supposizioni
si basano su un argomento a priori che siano stati gli ebrei a contaminare
lOccidente con il senso di colpa per tutto quel che riguarda la sessualità. Come figlio di un pastore protestante, era stato indotto a credere inconsciamente che la Bibbia sia la fonte di ogni moralità, o immoralità.
Il parametro dellastinenza e della verginità era sempre stato uno
dei due poli delatteggiamento del greco verso la sessualità: promiscuità
nella vita giornaliera, ma verginità nelle cellae dei templi.
Le dee greche più importanti erano Atena e Artemide, che erano anche
dee vergini, mentre le dee semite erano tutte prostitute sacre. A questo
paramentro si riallacciò il cristianesimo: la verginità delle
dee, ovvero alla sacralità di questo parametro.
Ugualmente per quel che riguarda il diluvio universale. Questo mito
appare anchesso nella mitologia di tutti popoli, dai sumeri ai babilonesi
ai greci. È vero che nella saga ebraica appare Jahvè come
un dio terribile che ne è la causa, ma questa è la condensazione
di un rito iniziatico arcaico, in cui Jahvè, liniziatore, spaventa
a morte i suoi figli che rinascono dopo il diluvio.
Ugualmente, Apollo, nelle tracce mnestiche della saga iniziatica
greca, fa strage nel campo degli achei per unoffesa subita. Ed è
anche il dio che emerge dal diluvio universale e sconfigge il Pitone. Apollo
è la condensazione sia delliniziatore che del novizio che,
come
Noé, emerge dal diluvio. La saga è la stessa, solo che gli
ebrei la censurarono fino a renderla irriconoscibile. Non vediamo la differenza
tra lira di Jahvè e lira di Apollo, o lira di Poseidone contro
Ulisse per un insulto subito, o lira di Zeus verso Prometeo. Lira degli dei
per la hybris degli uomini non è certo uninvenzione ebraica.
Lunica cosa di cui si può accusare i giudei in questo contesto,
è di naivetée : Jahvè, così presto a irritarsi,
così permaloso, è anche però presto nel calmarsi e
nel perdonare, a differenza degli altri dei, che non si arrendono tanto
facilmente alle suppliche umane. Questa naivetée li ha portati a
creare limmagine di un dio misericordioso, sullo stampo dellimmagine
di un dio padre, patrono della tribù, che deve necessariamente perdonare
i suoi figli per perpetuare la propria discendenza.
La classe sacerdotale post-esilica manipolò la mitologia ebraica
per poterla conservare. Gli arcaici significati originali erano stati nel
frattempo rimossi. Se le antiche saghe parlavano di numerosi dei e
di arcaici riti iniziatici, di storie in cui Jahvè appariva insieme
ad altri dei, il popolo ebraico, sotto il peso della sconfitta del regno d'Israele e del primo esilio, si era trasfigurato, asserragliandosi in
uno stretto monoteismo. Messo di fronte alla scelta tra cancellare completamente le proprie saghe, o modificarle per renderle
accettabili nel contesto del nuovo modus mentale, scelse la seconda alternativa. Invece che estraniarsi
dal proprio passato, come i greci romani - cristiani, e i popoli tedeschi
e scandinavi, che rinnegarono i propri dei e li misero a morte, dicendo
: « noi non siamo loro », in Giudea manipolarono i testi per
mantenerli in vita, e Jahvè assunse quelle peculiarità che
gli permisero di rimanere a casa sua.
Anche un adulto rimuove le proprie reminiscenze infantili sotto la
pressione di un nuovo principio di realtà. Rimuovere non significa
necessariamente rinnegare. Le reminiscenze inconsce continuano a esercitare
la loro azione sulla vita psichica e a influenzare i comportamenti e le
decisioni attuali che rientrano a fare parte del modus di un individuo
come di un popolo. La Aufhebung di Hegel : è il nucleo di
un concetto superato, al servizio di unidea più evoluta che proviene
da questo. A differenza di Hegel, noi non crediamo che questo sia necessariamente un progresso, ma piuttosto un addattamento, sotto la pressione di un habitat diverso e più ostile. Se si crea un conflitto insanabile tra reminescenze inconsce
e esigenze attuali avviene una crisi, una rottura, o in altre parole, una
nevrosi. Il popolo ebraico inserì le proprie reminescenze nel nuovo
contesto che si era creato, e fu uno sviluppo e non una rottura. Il prezzo
da pagare fu la manipolazione degli antichi testi, come il prezzo che paga
ladulto è la rimozione delle proprie memorie infantili.
Per i popoli come per gli individui, limportante è rimanere
fedeli a se stessi.
Nietzsche vedeva, nellebraismo contemporaneo, la controcorrente al
filisteismo e alla corruzione esistenziale delluomo occidentale. Per parafrasare
il Vangelo: la salvezza viene dai giudei (Gv.4,22). Se Nietzsche
aveva accusato i giudei della classe sacerdotale del I secolo di essersi
staccati dalle proprie radici dionisiache, che trovano invece piena espressione
nel Vecchio Testamento, e di avere preparato così lavvento della
cosa funesta, il cristianesimo, riscatta completamente lebraismo contemporaneo
da questa accusa, e si aspetta dagli ebrei europei del suo tempo di contribuire
al risanamento dellEuropa, come i loro avi delletà romana avevano
contribuito, preparando il cristianesimo, alla sua degradazione.
Nelle ultime lettere della sua vita, Nietzsche si firma Dioniso (a
Overbeck), Il Crocifisso (a Peter Gast), e nella sua ultima invettiva
contro il cristianesimo, si firma LAnticristo(LAnticristo, cit.,
par. 88). Se la sua attitudine verso il cristianesimo era stata di condanna
univoca, quella verso il Cristo stesso era stata ambivalente. Non contro
Cristo, infatti, si era gettato Nietzsche, bensì contro i suoi discepoli,
che ne avevano trasmesso il messaggio nella sua versione apollinea, ovvero
anti-dionisiaca.
In una delle sue ultime lettere dopo il crollo finale, datata 6 Gennaio
1889, scrivendo a Burckhardt, Nietzsche si descrive come il Cristo, che
viveva in povertà, come il figlio di Dio che si trasfigura in Dioniso
e opera come anticristo, e postula: io sono tutto quello che cè
nella Storia in un Nota bene di questa lettera, aggiunge: ho ordinato
di incatenare Caifa e Guglielmo, Bismarck e tutti gli antisemiti. Quindi,
unisce in ununica associazione, il prete ebreo Caifa con limperatore
tedesco, con Bismarck e con tutti gli antisemiti. Ovvero: Caifa e la classe
sacerdotale ebraica, che secondo Nietzsche preparò lavvento del
cristianesimo, vengono associati ai filistei tedeschi e a tutti gli antisemiti.
Cosa avevano in comune costoro? Ora ci è chiaro: erano lo strumento
di repressione di ogni istinto dionisiaco. Secondo Nietzsche, i preti ebrei
avevano trasfigurato lebraismo, come i seguaci di Cristo e tutti i dirigenti
della cultura occidentale avevano trasformato la civiltà greco
romana, e prodotto la decadenza, e per Nietzsche la decadenza non è
altro che il rinnegamento delle proprie radici dionisiache. E di questo
infatti accusa i tedeschi. Vedeva in loro solo la volgarità di pulsioni
dionisiache rimosse, senza nessuna canalizzazione come medium di
sublimazione.
Sentiamo cosa dice:
E perché non dovrei andare fino in fondo? Mi piace fare
piazza pulita. Passare per spregiatore par excellence dei Tedeschi fa parte
della mia ambizione. Già a ventisei anni ho avuto modo di esprimere
la mia diffidenza per il carattere tedesco (terza Inattuale, p71)-- per
me I Tedeschi sono impossibili. Ogni volta che provo a immaginarmi un tipo
di uomo che vada contro a tutti i miei istinti ne viene fuori un tedesco.
Quando voglio sondare un uomo, per prima cosa osservo se ha in corpo
un qualche senso della distanza, se ovunque vede il rango, il grado, lordine
fra uomo e uomo, se sa distinguere: è questo che fa il gentilhomme;
in tutti gli altri casi si appartiene senza scampo alla categoria cordiale,
ah!, così bonaria della canaille. Ma i Tedeschi sono canaille--ah!
sono così cordiali
Il rapporto con i Tedeschi degrada, il Tedesco
livella
Eccettuati I miei rapporti con alcuni artisti, e innanzi tutto
con Richard Wagner, non ho mai passato mai una buona ora con dei Tedeschi
Insomma
i Tedeschi non hanno piedi, hanno solo gambe
I Tedeschi non hanno alcuna
idea della loro volgarità, ma questo è il superlativo della
volgarità-- non si vergognano neppure di essere dei semplici Tedeschi
Parlano
di tutto, credono di essere loro a decidere tutto, temo che anche su di
me abbiano preso le loro decisioni
-La mia vita intera è la prova
de rigueur di queste affermazioni. Vi cercherei invano un segno di tatto,
di delicatesse verso di me. Da parte di Ebrei si, mai finora da parte di
Tedeschi (Ecce Homo, cit., pp.123-4)
Gli ebrei contemporanei, invece, secondo Nietzsche, si riallacciavano direttamente
alle antiche radici, scavalcando direttamente leredità sacerdotale,
che aveva prodotto un Paolo e i suoi funesti disegni.
Ora ci è anche più chiara lambivalenza di Nietzsche
verso il Cristo, il dio in croce, morto come Dioniso, ma rinato come Apollo,
la cui figura era stata arruolata dai suoi continuatori per sradicare ogni
essenza dionisiaca, nucleo esistenziale del mondo antico. Anche per Nietzsche,
quindi, che auspica la salita degli ebrei dEuropa come antidoto al filisteismo
post-apollineo, era valida la formula: ebrei = dionisiaco, e da qui
il suo filosemitismo, attivo fino allesasperazione. Nietzsche vedeva se
stesso come Dioniso, Cristo / Anticristo, ovvero Cristo dionisiaco, in
contrasto al Cristo apollineo (il Crocifisso), in quanto era stato Dioniso
a essere stato divorato, e negli ebrei contemporanei i suoi unici veri seguaci, in quanto
avevano conservato la propria essenza dionisiaca antiapollinea.
Per riassumere: Nietzsche aveva erroneamente concepito il cristianesimo
come il prodotto di un ebraismo sacerdotale staccatosi dalle proprie radici
dionisiache, e immerso in un ressentiment da vinti. Questa percezione
errata gli era venuta dalla similitudine del meccanismo degli sconfitti
socialmente, nellambito delle tensioni di una società apollinea,
mentre invece i giudei vivevano la propria realtà esistenziale,
e non avevano intrapreso dialoghi di nessun genere con la cultura che li
aveva sopraffatti militarmente. Questa disfatta militare non si era mai
tradotta in disfatta esistenziale, e quindi continuava a persistere lodio,
ma questo non si era mai tradotto in ressentiment.
Lodio per i romani e per la cultura greco romana apollinea era aperto,
violento e senza nessun compromesso, e non adottarono mai una
strategia mentale di schiavi e di sconfitti. Come a Iotapata (la fortezza
ebraica espugnata da Vespasiano nel 68 A.D.), e Massada (rocca espugnata
da Silva nel 73), alla sconfitta seguì il suicidio dei difensori.
La censura dei testi, intrapresa dalla classe sacerdotale, di cui Nietzsche
ebbe notizia dalla lettura di Wellhausen, la trasfigurazione del dio di
Israele in tiranno del suo popolo erano stati degli espedienti interni,
ai quali gli ebrei avevano acconsentito inconsciamente, come strumenti
per la propria sopravvivenza nazionale, e per la propria cementazione nelle
nuove condizioni che si erano create. Infatti, attraverso questo accorgimento,
il dio padre di una tribù compatta diventò il dio padre
di un popolo disperso, e ne mantenne così la coesione. Quello che
era stato un dio locale, legato al luogo, un dio in situ, come
tutti gli dei primitivi, compreso quello descritto nellAntico Testamento,
diventò necessariamente un dio universale poiché dispersi
e universali erano diventati i giudei. Il tormentato dialogo tra Occidente
ed ebrei, non ebbe mai la sua controparte in un dialogo tra questi e Occidentali.
Questo dialogo rimase un monologo, per mezzo del quale lOccidente
discute da sempre solo con se stesso.
Gli ebrei furono da sempre una controparte immaginaria. Come si lamenta
Nietzsche: gli ebrei potrebbero avere già in questo momento la
preponderanza, anzi il vero e proprio dominio oggi sullEuropa, ed è
altrettanto certo che essi non lavorano e non fanno piani a questo scopo(Al
di là del bene e del male, cit., p.165), e questo meraviglia
Nietzsche. Ciò non deriva da una attenuazione degli istinti ebraici,
ma da una mancanza di volontà da parte di questi di intavolare un
dialogo che non ha ragione di essere.
Se desiderano solo essere assorbiti e risucchiati dallEuropa, in
Europa (ibidem, p.165), è perché nelle condizioni attuali
(ai tempi di Nietzsche), questa era una necessità pragmatica per
la propria sopravvivenza. Cambiate le condizioni (ai nostri giorni), e
riconquistata la propria indipendenza, hanno rinunciato a inserirsi
in un panorama, che nel frattempo per loro è diventato soltanto
un grande cimitero.
Nietzsche aveva bisogno degli ebrei affinché facessero da esempio
ai popoli dEuropa su che cosa volesse dire essere collegati alle proprie
radici dionisiache. In ciò Nietzsche vide giusto. Vide cioè
che questi vivevano una realtà esistenziale dionisiaca, anche
se repressa canalizzata e sublimata. Vide in loro la continuità
esistenziale, la mancanza di estraniazione dalle proprie radici, che invece
avevano minato la cultura occidentale. Ma a causa di questa essenza dionisiaca,
invece di essere portati ad esempio, gli ebrei furono massacrati. Nietzsche
non aveva capito che non si può indirizzare una cultura artificialmente
in una direzione piuttosto che in unaltra. Decodificò la fenomenologia,
la diagnosi, ma non la sua prognosi.
Se, come abbiamo enfatizzato nei capitoli precedenti, lantisemitismo
occidentale era nato come meccanismo di difesa dal proprio substrato dionisiaco
rimosso, è ovvio che il problema non avrebbe potuto essere risolto
riproponendo una soluzione non solo scartata, ma mantenuta nella sua rimozione
attraverso un investimento energetico continuo. E proprio i tedeschi, con
la loro cultura filistea e pseudo-apollinea non mediata, erano i
più vulnerabili a un rigurgito di dionisismo barabarico, che si
tradusse in fobia verso gli ebrei (e come abbiamo visto, verso gli zingari),
rappresentazione esistenziale di un dionisismo sublimato, e a loro precluso.
Caifa era stato messo in catene dalla fantasia di Nietzsche, insieme
allimperatore tedesco, a Bismarck e a tutti gli antisemiti, poiché
questi avevano messo in croce il Cristo Dioniso, il suo dio prediletto,
con il quale adesso egli si identifica. Quindi, gli antisemiti diventano
ora i veri Anticristo, i nemici della Buona Novella dionisiaca e i suoi
stupratori.
In ununica allucinazione, Nietzsche condensa il doppio senso del suo
messaggio: allimmagine di un Cristo trasvalutatore di tutti i valori del
mondo antico, agitatore politico venuto a minare e distruggere il nucleo
dionisiaco dellessenza occidentale, si sovrappone Dioniso stesso, personificazione
di questi valori, in croce, con cui Nietzsche si identifica. In questa
istantanea, antisemiti sono gli assassini di Dioniso, il vero dio, il prete
ebreo Caifa lo consegna al martirio come i continuatori dellimperatore
tedesco e di Bismarck consegneranno gli ebrei ai forni crematori e alle
camere a gas: sia questo che quelli sono gli assassini del dio, gli stupratori
della verità e della vita, ma Nietzsche non poteva sapere che questo
assassinio simbolico, perpetrato sui valori dionisiaci, si sarebbe materializzato
poi come assassinio reale, perpetrato su uomini in carne e ossa.
Lallucinazione di Nietzsche si traduce in una realtà non meno
allucinatoria. I tedeschi, assassinando gli ebrei, tentarono di assassinare
il Dioniso rimosso che abitava dentro di loro e diventarono solo una caricatura
grottesca del dio, del dionisiaco, e dei valori cari a Nietzsche. Nietzsche
aveva auspicato unEuropa in cui i valori ebraici avrebbero preso il sopravvento.
Non aveva previsto la reazione fobica di una cultura che si sentiva minacciata
dalla presenza del dionisiaco. La fobia si trasformò in paranoia,
e questa produsse il genocidio.
Nietzsche era, dopotutto, un inguaribile ottimista. Aveva decodificato,
con le sue intuizioni folgoranti, lenigma della tortuosa mente occidentale.
Credeva che indicare la via sarebbe bastato. Ma la mappa che egli aveva
disegnato fu stracciata da coloro che non potevano più trovare la
strada: Chi brucia i libri prima o poi brucia anche la gente, aveva detto
Heine. Gli antisemiti, ovvero gli anti-dionisiaci, si vendicarono di lui,
eleggendolo a proprio ispiratore, e non avrebbero potuto trovare vendetta
più sottile. Il vero ressentiment, quello di una cultura che non
riusciva a venire a termini con il problema della propria identità,
fu il catalizzatore dellesplosione paranoica genocida.
Non il ressentiment sottile degli schiavi contro i propri padroni,
e dei vinti sui vincitori, ma quello frastornante e violento di un popolo
consumato dalla frustrazione di non potere più ricollegarsi alle
radici della propria identità.
Lopera annunziatrice, o addirittura costruttiva voluta da
Nietzsche non aveva spazi visibili di sviluppo allinterno della prospettiva
nietzscheana. In effetti, verso quali obiettivi poteva Nietzsche volgere
il suo progettato Magnus Opus, una volta scritto quello che aveva scritto
negli ultimi testi pubblicati? Non poteva ovviamente volgerlo verso obiettivi
di tipo religiosometafisico: Dio è morto, i principi e i valori
trascendenti sono stati o distrutti o ricondotti genealogicamente alle
sorgenti terrene; non poteva neppure credere molto alla percorribilità
di itinerari di tipo anarco vitalistico. Invero, essi erano stati suggeriti
negli scritti morali del 188687, e sono presenti anche nellOpera mai
scritta. Ma questo percorso spesso indicato, non è mai sviluppato.
Lappello allindividuo e agli istinti era stato, in un altro contesto,
molto fruttuoso. Ma né lindividuo (biologicamente inteso), né
gli istinti, potevano rappresentare la base adeguata per il nuovo messaggio.
Perché ciò fosse stato possibile, Nietzsche avrebbe dovuto
essere stato Freud, e magari un Freud liberato da quelle pastoie positivistiche
che resero così difficile e ambiguo lo sviluppo della stessa psicoanalisi.
Ma Nietzsche non è Freud. Non può distendere in un discorso
organico e fondato le pur geniali intuizioni o la dimensione istintuale
inconscia delluomo. Non può, in particolare, collegare in modo
soddisfacente il piano degli istinti biologicamente intesi con il piano
degli atti culturali, e quello dellindividuo con quello della comunità
( Friedrich Nietzsche, La Distruzione delle certezze, a cura di
Sergio Moravia, La Nuova Italia, Firenze 1976, p.LXVII) .
Quello che lautore chiama lo scacco finale di Nietzsche, non è
solo
lillegittimità, linutilità, lassurdità
di tentare di costruire chicchessia a livello intellettuale. Può
emblematizzare cioè limpossibilità e linsensatezza dopo
la grande crisi della civiltà occidentale moderna (indotta anche
da Nietzsche e da altri pensatori ma non solo da loro) di volere edificare
un nuovo essere, una nuova condizione per luomo con mezzi filosofici (Ibidem,
p. LXIV).
Ma vi è qualcosa di più. Nietzsche, in realtà, aveva
usato il suo bisturi da chirurgo per isolare la cancrena che invadeva la
società occidentale, ma questa faceva parte integrante dellorganismo
stesso, poiché non aveva messo radici casualmente, ma come conseguenza
inevitabile dello sviluppo che questa società aveva intrapreso,
e senza il quale non avrebbe avuto una propria identità, ovvero
non sarebbe semplicemente esistita.
Quando le tribù greche si organizzarono a polis, abbandonarono
larcaica fedeltà alla legge del padre, e i legami e gli affetti
del clan, intrapresero anche la strada dellastrazione e quindi della rimozione
degli affetti più genuini e vitali. La parola tribale divenne
un insulto, fedeltà di sangue simbolo di barbarie. Ma il sangue
è quello che scorre nelle vene. Patto di sangue quando lo si mescola
a quello degli altri membri del clan, e si diventa così un corpo
solo. Autoprivandosi di questo affetto vitale essenziale, luomo occidentale
creò per la prima volta nella storia dellesistenza umana una scissione
tra se stesso e gli altri.
Per luomo primitivo, il clan dei fratelli era un corpo solo, quindi
non esisteva una divergenza di interessi tra il singolo membro e gli altri.
Per lui la vita scorreva da sola, senza bisogno di astrazioni e filosofia.
Non esisteva nemmeno una divergenza didentità tra sé, gli
altri, e perfino la natura che lo circondava. Le sue verità sensoriali
erano anche lunica verità che lo interessava. Le pietre e gli alberi
avevano unanima come la sua. Quindi, niente distinzioni come soggetto
e oggetto, pensante e pensato. Non esisteva una divergenza tra sentire
e pensare, e questo era un unico flusso energetico.
Distaccatosi da questa realtà esistenziale, luomo poté
solo sostituirle con la costruzione di quei modelli illusori che Nietzsche
riuscì così lucidamente a demolire. Senza questi modelli
non può esistere la società occidentale. Distrutta la sintesi,
lanalisi restituisce la società al primo gradino: la tribù,
ed eventualmente lorda primitiva. A differenza del singolo, che attraverso
lanalisi può ricostruire una migliore sintesi, la società
non è in grado di operare una simile metamorfosi, bensì solo
imboccare una via che, anche se diversa, si basi sugli stessi presupposti,
perché questi sono anche i presupposti della propria identità,
e questa è lunica che conosce.
Nietzsche può analizzare la genealogia della morale occidentale,
ma non può cambiare niente, perché lo sviluppo intrapreso
da questa società era lunico possibile. Come non si può
cambiare il moto dei corpi celesti analizzandone la fenomenologia, così
non è possibile cambiare il corso della storia della società
solo perché se ne è svelato il meccanismo.
Il singolo, attraverso la conoscenza, può acquistare un grado
più alto di libertà individuale, quando gli vengono aperte
le porte dellautorealizzazione, allinterno del datuum del principio di
realtà nel quale egli si trova. La società non possiede questa
libertà, ed è destinata a svilupparsi secondo il percorso
impostole dalle forze che premono su di essa nelle varie direzioni. Nessuna
analisi della fenomenologia di queste forze potrà mai modificare
la dinamica del movimento. Non leggi di natura bensì casualità
di una fenomenologia che, non conoscendo nessun principio di non contraddizione,
cede alle pressioni che subisce e si muove in una direzione piuttosto che
in unaltra. Nietzsche può maledire il cristianesimo a suo piacere
ma questo, come abbiamo visto, non fu una causa, bensì un effetto.
Non una nuova forza emersa dal nulla, ma una conseguenza, la metamorfosi
di un corpo sotto la forza delle pressioni interne ed esterne che si esercitavano
su di esso. Inveire contro di esso è come inveire come il maltempo.
Si può auspicare il bel tempo, ma non lo si può programmare
né costruire. Il meglio che può fare il singolo è
conoscere le condizioni meteorologiche e muoversi al meglio allinterno
di esse.
Gli ebrei, nel corso della loro esistenza, furono esposti a forze che
ne determinarono lo sviluppo, tanto complesso questo, quanto complesse
erano state quelle. La società occidentale fu esposta ad altre forze
e pressioni, e quindi il suo sviluppo fu diverso, antitetico.
Il destino volle che si creò unincompatibilità tra le
diverse soluzioni intraprese.
Shakespeare aveva percepito laspetto sotterraneo di questa corrente
dionisiaca che emergeva dallinconscio in una rappresentazione figurata
di tutto ciò che è antitetico al modello apollineo della
società occidentale. Aveva capito che questa era la proiezione di
passioni inconsce che veniva incontrata da un controinvestimento pulsionale,
in una lotta che trova la sua espressione nella figura di Antonio-Apollo
il rappresentante del bene e della luce, contro il dio caprino Dioniso-Shylock,
rappresentante di foschi istinti rimossi. Shylock-Dioniso, rappresentante
del diavolo, sembra avere la meglio fino allultimo momento, quando la
luce e il bene della giustizia veneziana trionfano su di lui e lo rimandano
nei sotterranei dellinferno, da dove era emerso.
Il Mercante non è quindi una tragedia, ma una commedia,
la rappresentazione della lotta tra bene e male, in cui il bene trionfa
come un deus ex machina, in accordo con le aspettative di una folla
perennemente minacciata da ciò che non vuole sapere né sentire:
la propria essenza pulsionale. Se nella tragedia avviene unidentificazione
dello spettatore con Dioniso e le sue pulsioni, e il dio-eroe è
destinato a morire dopo avere completato la sua missione parricida, nella
commedia invece, nel Mercante, Shylock, muore come Dioniso, ma lidentificazione
della folla è con laltro polo, Antonio-Apollo; Shylock non è
leroe, bensì la sua antitesi.
Questo sviluppo rispecchia la metamorfosi della società occidentale
dai tempi di Eschilo, in cui luomo non aveva ancora rimosso la propria
essenza dionisiaca bensì si identificava con questa ed era pronto
ad accettare le conseguenze e la pena che accompagnano questa identificazione.
Nella Venezia di Antonio, questa identificazione era sentita come una grave
minaccia, e dunque rimossa, e il diavolo viene lasciato emergere solo per
venire negato e rinnegato energicamente. Non a caso si parla con tanta
insistenza di carne, traccia mnestica dellantico atto cannibalistico,
in cui il dio viene trucidato e divorato.
Linversione è chiara: Dioniso-Shylock esige una libbra di carne,
poiché questa è proprio la sua carne, che esige, dopo che
era stata divorata nellantico rito: e così emerge dalla rimozione
per riappropriarsi di ciò che, anche secondo lopera shakespeariana,
è suo di diritto. Ma infine il diritto di Apollo trionfa nuovamente
su quello di Dioniso, ed è questa la giustizia che sarà celebrata.
Shakespeare dunque ci parla della vittoria di Apollo su Dioniso (la
saggezza apollinea trionfa sulla pulsione dionisiaca di divorare). Shakespeare
crea sulla scena la rappresentazione figurata dei due poli nella loro antitesi,
adoperando chiaramente lo stereotipo caricaturale di Shylock = Dioniso
= capro = ebreo.
Così facendo, egli sembra dare in pasto alla sua folla la preda
a cui questa anela, ma quanto più spinge allestremo la rappresentazione
stereotipata, tanto più in realtà crea la caricatura di coloro
nei cui abissi viene creato tale stereotipo, e quella che sembra la caricatura
dellebreo diventa alla fine la caricatura dellantisemita.
Shylock perde la bella figlia, perché bellezza e soavità
non spettano a lui, rappresentazione figurata della bruttezza e della malvagità.
Egli viene lasciato anelare ai suoi prodotti fecali (il denaro), e anche
di questi viene infine privato, come atto di nobile giustizia apollinea.
La figlia lo deruba degli anelli e dei gioielli, poiché anche questi
non gli spettano. Tutto ciò che si associa a beltà, nobiltà
e valore, spetta di diritto ai cristiani; la figlia trasfigura nella sua
persona unorigine dionisiaca in bellezza apollinea, come un brutto anatroccolo
che si trasformi in un cigno (vedi la battuta di Solanio (III, i): E Shylock,
per parte sua, sapeva che alluccellino erano spuntate le penne, e allora
la natura vuole che lascino il nido) , e in una Porzia/Nerissa, le dee
greche che rappresentano lideale del bello e dellapollineo. Porzia, Nerissa
e Gessica rappresentano infatti lantica triade verginale olimpica, ripristinata
per dare il premio alleroe apollineo.
Nella tragedia eschilea, apollineo e dionisiaco erano i poli di ununità,
una sola realtà esistenziale. Il pubblico non era composto da spettatori,
ma da protagonisti. Vivevano nel tremore delle membra e del pianto la propria
esperienza esistenziale. Nella tragedia non esisteva caricatura o derisione.
Nella commedia, invece, il pubblico deride e si fa scherno delle
proprie rimozioni e così riesce anche a esorcizzarle.
Shakespeare sembra avere creato esattamente lopera che tutti si aspettavano
da lui. Ma quando finalmente Shylock apre la bocca, il suo grido di dolore
si ripercuote, come una martellata sul pubblico: questo non è più
lo stereotipo che parla, bensì lebreo, e le sue parole sono un
atto di accusa contro luso che il mondo apollineo ha fatto della sua figura,
a uso e consumo dei propri bisogni, senza curarsi della realtà umana
ed esistenziale che così facendo ha calpestato. Per un momento,
Shakespeare fa uscire luomo dalle vesti del protagonista della commedia,
come per avvertirci: attenti, vi ho dato quello che volevate sentire,
ma se credete che dietro lo stereotipo non ci sia luomo, vi sbagliate.
La caricatura siete voi, con i vostri bisogni tenebrosi.
Antonio infatti aveva detto: Il mondo è un teatro dove a ciascuno
tocca recitare una parte (I, i). Ovvero Shakespeare ci avverte che si
trattava solo di teatro e di parti, come in una rappresentazione apollinea
da Euripide in poi. Non è realtà, vita vera, come invece
è la tragedia eschilea. E Shylock recita la parte assegnatagli fedelmente,
fuorché in questa scena, dove Shakespeare ci mette allimprovviso
di fronte a un colpo di scena, spogliando Shylock della sua parte e presentandoci
luomo nella sua verità, libero dalle vesti che altri gli avevano
imposto. Cade la maschera, si spoglia della pelle di capro di cui lo avevano
rivestito, e si rivela come lo specchio delle altrui proiezioni, riflettendo
limmagine di chi guarda. Lantisemita razionalizza la sua passione, e
si preclude da solo la possibilità di giungere a sbrogliare un nodo
cruciale della sua costituzione psichica.
Ma la presa di posizione del grande drammaturgo inglese fu talmente
imbarazzante per loccidente antisemita, che questo sentì il bisogno
di correre ai ripari: ed ecco che lo stesso Shakespeare venne accusato
di antisemitismo, lui che attraverso la sua arte ne aveva svelato il meccanismo
reale. Ogni volta che si parli del Mercante, o ci si accinga a rappresentarlo
sulla scena, gli intellettuali occidentali, si sentono in dovere di criticare
questopera per il suo presunto antisemitismo. Gli antisemiti non possono
perdonare a Shakespeare di essere stato al di sopra di questa tenebrosa
passione, e di avere sollevato il velo, alzando il sipario, sugli stereotipi
che la caratterizzano. Estrema ironia: non vogliono mettere la sua effigie
sulla moneta dellEuro, la moneta dellEuropa unita, perché, a causa
del suo presunto antisemitismo, non ne sarebbe degno.
Sottilissimo meccanismo di vendetta!
I nazisti elessero Nietzsche a loro precursore, per vendicarsi del
suo filosemitismo e del profondo disprezzo nei confronti dei tedeschi e
del loro filisteismo. I nazisti non potevano certo convivere con il filosemitismo
militante di Nietzsche, e perpetrarono una radicale mistificazione dei
suoi scritti, così i dirigenti europei non possono convivere nemmeno
con la semplice percezione che Shakespeare sia stato anche solo al di sopra
degli stereotipi così radicati nella psiche europea.
E così, Shakespeare non avrà la sua effigie sulla moneta
ufficiale dellEuropa unita. Questo grande uomo non è considerato
sufficientemente un buon europeo e, guarda caso, perché era antisemita.
La civiltà umana poggia su due pilastri, di cui uno
è il controllo delle forze della natura, laltro è la limitazione
delle nostre pulsioni. Il trono della regina è retto da schiavi
in catene
Le esigenze pulsionali insoddisfatte fanno sì che egli
avverta con un senso di oppressione costante le pretese della civiltà
(Resistenze alla Psicoanalisi, in op.cit, Vol.10, p.55.
E ora ci è più chiara anche un'altra frase di Freud Trattenere
laggressività e comunque malsano, porta alla malattia, e così
dicendo non ci aveva altro che confermato la saggezza biblica: Unattesa
troppo prolungata fa male al cuore, un desiderio soddisfatto è albero
di vita (Prov. 13,12).
Ma non porta forse alla malattia anche il predominio assoluto delle
forze dellEs? Non ci ha insegnato forse lui stesso che il ritiro delle
energie dalla sfera dellIo e la regressione a una psiche dominata esclusivamente
dalle pulsioni dellEs porti alla perdita del principio di realtà,
allallucinazione e alla psicosi? (La Perdita della realtà nella
nevrosi e nella Psicosi, in op.cit., vol 10, pp. 39-43)
Freud, nei suoi scritti, non parlò mai di apollineo né
di dionisiaco. La sua attitudine verso Nietzsche non può essere
definita altro che perturbante. Si sentiva attratto dalluomo Nietzsche,
come emerge dalle numerose menzioni che compaiono nei suoi scritti e, daltra
parte, si faceva un punto donore di non averlo mai letto, come in un sospetto
tentativo di non sentirsi lepigono del suo grande precursore. Freud
non parlò mai di dionisiaco, ma parlò di Es; non parlò
mai di apollineo, ma parlò di Io. Ma il parallelismo tra i concetti
introdotti da Nietzsche e le istanze psichiche postulate da Freud era troppo
evidente per non essere notato. Lunica concessione che fece al dunque
fu questa:
gli eventi della storia, gli influssi reciproci tra natura
umana, sviluppo civile, e quei sedimenti di avvenimenti preistorici di
cui la religione è il massimo rappresentante, altro non sono che
il riflesso dei conflitti dinamici tra lIo, lEs e Super-Io, studiati
dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi
su di uno scenario più ampio (Autobiografia, poscritto del 1935,
in op.cit., vol.10, p.139).
Una delle cose che più turbava Freud era il legame enigmatico tra
la psiche dellindividuo e la psiche della collettività. In Totem
e Tabù , afferma:
Senza lipotesi di una psiche collettiva, di una continuità
della vita emotiva degli uomini, che permetta di prescindere dallinterruzione
degli atti psichici, dovuti alla transitorietà dellesistenza degli
uomini individuale, la psicologia dei popoli in generale non potrebbe sussistere. Se i processi
psichici di una generazione non si prolungassero nella generazione successiva,
ogni generazione dovrebbe acquisire ex novo il proprio atteggiamento
verso lesistenza e non vi sarebbe in questo campo nessun progresso e in
sostanza nessuna evoluzione (in op.cit., vol.7, pp.160-161).
Nel 1921, quando si occupa della psicologia delle masse (In op.cit., vol.
9, p.304.) , fa dipendere lautoidentificazione degli individui che costruiscono
unorganizzazione simile dalla assunzione collettiva dello stesso ideale
dellIo (Super-Io). Questo spiegherebbe il fenomeno per il quale un massa,
e per estensione anche unintera collettività, interagiscono come
se si trattasse di un singolo e con la stessa fenomenologia delle azioni
psichiche dellindividuo. Questo sarebbe il meccanismo per mezzo del quale
la psicologia del singolo, moltiplicata per il numero dei membri di una
collettività, si traduce in anima collettiva.
Nella lezione 30 dellIntroduzione alla Psicoanalisi, mentre si occupa
del problema della telepatia, Freud ritrova lo stesso filo della problematica
della psiche collettiva: "Il processo telepatico consisterebbe nel fatto
che un atto mentale di una persona suscita il medesimo atto mentale di
unaltra persona (in op.cit., vol.11, p.667.) E ancora:
È noto che rimanga un mistero come venga a formarsi
una volontà collettiva tra grandi comunità di insetti. È
possibile che si formi attraverso questa trasmissione psichica diretta.
Nulla vieta di supporre che questo sia il metodo originario, arcaico di
comunicazione tra gli individui, e nel corso dellevoluzione filogenetica
esso sia stato sopraffatto dal metodo migliore di comunicare che si avvale
di quei segni che gli organi di senso sono in grado di captare. Ma chissà
che il metodo più antico non sia rimasto sullo sfondo, e si affermi
ancora in certe condizioni, per esempio nel caso di una folla eccitata
dalle passioni (ibidem, p.168) .
Quindi, una storia comune, che passi da padre in figlio per mezzo
di una trasmissione inconscia del pensiero, ma ancora di più, unesperienza
esistenziale, una formazione culturale, non è altro che linsieme
delle soluzioni esistenziali intraprese da una collettività sotto
lo stress della sfida esterna.
Nel suo Uomo Mosè, alla fine della sua lunga e produttiva
vita, Freud lascia da parte le esitazioni interiori e lega finalmente lEs
dellindividuo a quello della collettività (op.cit., vol.11, pp.
418-419). Questa volta, attraverso la filogenesi, che definisce uneredità
arcaica. Di questa eredità arcaica Freud aveva già parlato
un anno prima, in "Analisi terminabile e interminabile" , e lì laveva
attribuita non solo allEs ma anche allIo, poiché:
È certo che una parte considerevole di ciò che
per noi è ereditario fu acquisito dai nostri progenitori. Quando
parliamo di eredità arcaica, normalmente pensiamo solo allEs,
supponendo, a quanto pare, che allinizio della vita individuale lIo non
esista ancora. Eppure non dobbiamo trascurare il fatto che lEs e lIo
sono originariamente una cosa sola, e non si tratta da parte nostra di
mistica sopravvalutazione dellereditarietà se riteniamo attendibile
lipotesi che per lIo non esistente siano già determinate le direzioni
dello sviluppo, le tendenze e le reazioni che esso in seguito metterà
in risalto. Non si potrebbero spiegare altrimenti le particolarità
psicologiche di certe famiglie, razze, nazioni , perfino nel loro atteggiamento
verso lanalisi. Ma cè di più: lesperienza analitica
ci ha indotti alla persuasione che perfino contenuti psichici ben determinati
come il simbolismo non hanno altra origine che la trasmissione ereditaria;
inoltre, in base a diverse ricerche sulla psicologia dei popoli, ci vien
fatto di supporre che anche altri sedimenti non meno specifici dellantica
evoluzione umana siano presenti nelleredità arcaica (op.cit., vol.11
p.523)..
In questo modo diventa chiaro come alla psiche del singolo individuo corrisponda
anche una psiche collettiva, che proiettata in una rappresentazione figurata
si traduce in dionisiaco o apollineo
Sul perché la psiche occidentale abbia intrapreso una via piuttosto
che unaltra, scartandola dalle proprie soluzioni esistenziali, e sul perché
invece la psiche ebraica non abbia mai contemplato questa alternativa,
e abbia invece potenziato al massimo la via dionisiaca, canalizzando tutte
le energie in una dialettica tra i due poli della stessa istanza psichica,
repressione e sublimazione, non è completamente chiaro, ma ci pare
di avere puntato il riflettore su alcuni aspetti finora rimasti nebulosi.
Nietzsche e Freud sono i due più grandi uomini della nostra
epoca.
Freud non riuscì mai a venire a termini con il proprio essere
ebreo. Freud, lebreo, era turbato dalla sua stessa attrazione irrazionale
verso le proprie radici. Lo scienziato positivista era dionisiaco suo
malgrado, e tentava inutilmente di esorcizzare questo dionisismo attraverso
la sua scienza. Attratto da Nietzsche, lo respingeva per paura di essere
condizionato nella sua obiettività scientifica (vedi, Iakov Levi, Un'analisi del dissenso tra Freud e Jung. La genealogia di un turbamento,
in Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia).
Le verità esistenziali delle intuizioni di Nietzsche lo perturbavano,
rischiando di minare la sua fede nel dogma della razionalità scientifica
e dellimmanenza dellosservazione empirica. Intuito versus empirismo,
Erlebniss
versus osservazione scientifica.
Solo nella fase più tarda della sua vita, Freud si arrese
e dichiarò di sentirsi ebreo, anche se lui stesso non seppe precisare
che cosa questo realmente significasse. Per Freud, il proprio ebraismo rimase sempre qualcosa di presente, immanente ma irrazionale, come il proprio
dionisismo.
Nietzsche, tedesco, allattato e cresciuto nel grembo di un antisemitismo
luterano feroce e radicale, tradusse la propria oscura attrazione per gli
ebrei in filosemitismo esasperato e irrazionale: è il sentimento
più forte che emerge dallintero Corpus nietzscheano.
Aveva identificato consciamente ebraismo con dionisismo?
Pare di no. Una realizzazione conscia di questa associazione, avrebbe
smussato le sue dichiarazioni esplosive di filosemitismo militante. Per
Nietzsche gli ebrei non erano solo un oscuro enigma, come per Hegel,
un problema filosofico dalla difficile soluzione come per tutti i filosofi
occidentali. Gli ebrei, per Nietzsche, erano sia il problema che la soluzione.
Da loro si attendeva la salvezza. Li accusava di essere alle radici di
tutto il male (il cristianesimo) e di tutto il bene; loro avevano avvelenato
lEuropa, ma loro erano anche gli unici che avrebbero potuto salvarla.
Alla visione cristocentrica di Hegel, Nietzsche sostituì una visione
ebraico-centrica. Ai suoi occhi gli ebrei erano la personificazione della
salvezza dionisiaca. Il messaggio messianico cristiano fu così solamente
spostato, non rinnegato. Il nuovo messia sarebbe stato Dioniso incarnato
negli ebrei.
Lunico sospetto che gli emergeva timido nella mente, e che
lo turbava, era che forse questi non avevano nessuna predisposizione a
incarnare la figura del Salvatore per redimere lEuropa. Fu solo sul suolo
delle speranze messianiche di Nietzsche che si può capire sia il
suo filosemitismo che il suo presunto antisemitismo.
Come il bambino fa dipendere dalla figura del padre onnipotente sia
tutto il bene che tutto il male, così lattrazione irrazionale per
gli ebrei era la causale che dava origine alle sue esplosioni antiebraiche,
come strumento della sua avversione per il cristianesimo: antiebraico e
insieme attivamente filosemita. Questo dualismo può essere compreso
solo sullo stampo dellambivalenza infantile verso la figura paterna.
La convinzione che attribuiva allebraismo come origine del cristianesimo
aveva le sue radici nellinsipienza, ma forse anche da quello che aveva
imparato, bambino, dal padre predicatore protestante, e che aveva poi rimosso.
E da qui forse il legame tra ebraismo e figura paterna. Aveva imparato
dal padre che il cristianesimo veniva dopo e dallebraismo,
e lui sapeva che Apollo era venuto dopo e da Dioniso. Né
Nietzsche, né tantomeno tutti gli altri filosofi occidentali conoscevano
lebraismo. Giudea e giudei, dai loro primi incontri con lOccidente furono da
sempre presi in prestito come strumento/pretesto di un monologo dettato
dalla conflittualità emotiva dellautoidentità occidentale.
Se Nietzsche fosse vissuto ancora mezzo secolo, avrebbe potuto toccare
con mano la futilità del suo monologo patetico con il giudaismo. Gli
europei assassinarono il designato messia delleuropeità. Gli ebrei
presero il destino nelle loro mani e diventarono il messia solo di sé
stessi.
Freud si illudeva di salvare lumanità attraverso una scienza
di cui negava energicamente la sostanza: una scienza ebraica suo malgrado.
Nietzsche si illudeva di salvarla attraverso la persona fisica degli ebrei:
Dioniso resuscitato. Entrambi si nutrivano di fantasie messianiche. Al
di là di ogni filosofia, la vita si rivelò più forte.
Sia Nietzsche che Freud avrebbero dovuto prevederlo. LErlebniss
vitale dellOccidente fece precipitare nuovamente questo nella propria
fobia antidionisiaca, e lErlebniss esistenziale ebraico, il filo
della propria identità nazionale, li riportò a conquistarsi
lindipendenza, e da popolo disperso ripresero nel sangue e con la forza
quella Giudea che era stata loro carpita nel sangue e con la forza. Il
motto romano Iudaea capta diventò il motto ebraico Iudaea
restituta. Nietzsche si aspettava da loro che salvassero lumanità,
ma questi, seguendo il proprio Erlebnis, si dimostrarono molto più
efficaci nel salvare solo sé stessi. Il monologo occidentale con
gli ebrei fu svuotato di qualsiasi controparte immaginaria e si rivelò
esattamente per quello che era: un fantasma.
Nietzsche e la psicoanalisi
Da un Forum su Nietzsche: Nietzsche, il padre e l'antisemitismo
Es e Io nello specchio di Apollo e di Dioniso
Il silenzio e la parola
Di Maestri e di allievi
Medusa, the Female Genital and the Nazis