..Approfondimenti |
Pagina iniziale | Europa apparente | Europa reale | Europa futuribile | Approfondimenti | Segnalibri | Mappa sito |
INGRESSO
DEL REGNO UNITO NELLA CEE
La
Gran Bretagna nella CEE/UE
di PUBLIUS*
1961
Quattro anni dopo i Trattati di Roma, sottoscritti dai Sei paesi
fondatori della Comunità Europea, la Gran Bretagna sotto
il governo del Conservatore Harold Macmillan chiede
ufficialmente lingresso nel Mercato Comune assieme alla
Danimarca e allIrlanda, seguite nel 1962 dalla Norvegia.
1963
I negoziati vengono interrotti dopo che de Gaulle mente in dubbio
(14 gennaio) la volontà del Regno Unito di entrare davvero nella
Comunità. Nel Regno Unito Macmillan, in crescente difficoltà
soprattutto in conseguenza dello Scandalo Profumo, si
dimette e gli succede Sir Alec Douglas-Home (pure conservatore).
1967
I quattro canditati Regno Unito (sotto il governo del Laburista
Harold Wilson), Danimarca, Irlanda e Norvegia chiedono una
seconda volta lingresso nel Mercato comune. Ma la Francia rifiuta
il permesso ai negoziati.
1969
I quattro candidati tornano a chiedere lingresso nella CEE.
La Francia di Pompidou (succeduto a de Gaulle) non pone più
ostacoli. Iniziano i negoziati che dureranno oltre tre anni. Nel
Regno Unito sono al governo i laburisti di Harold Wilson
1973
I negoziati hanno successo. Col 1° gennaio, Regno Unito,
Danimarca e Irlanda sono membri effettivi della CEE. Invece la
Norvegia ha ritirato la domanda a seguito del prevalere dei NO
nellapposito referendum. Al governo del Regno Unito stanno
ora i conservatori e Primo Ministro è Edward Heath.
1975
Nel primo ed unico referendum popolare di tutta la storia
del Regno Unito, sotto il governo laburista di Harold Wilson, è
chiesto ai cittadini britannici se sono favorevoli o meno alla
partecipazione alla CEE con il quesito: «Do you think that
the United Kingdom should stay in the European Community (the
Common Market)?». Vince il SI con circa il 70% dei
voti.
Favorevoli e contrari:
una divisione da sempre insita in entrambe le parti.
Il dibattito in Gran Bretagna sulla convenienza di partecipare o
meno alla Comunità Economica Europea è iniziato vivacemente sin
dai tempi dei Trattati di Roma (1957).
E in questanno che nascono dentro ai due grandi partiti (il Tory dei Conservatives e il Labour party socialista non marxista) le prime correnti decisamente schierate contro ladesione alla CEE, preoccupate del fatto che tanto il governo in carica (dei Conservatori) quanto la leadership dellopposizione (il governo ombra) possano avere simpatie per il processo di integrazione in atto nel continente.
Lopposizione allingresso del Regno
Unito nella Comunità Europea ha sempre il carattere della
conservazione anche quando viene da correnti del Labour Party
e della nostalgia per linsularità britannica. Il
suo cavallo di battaglia è sempre quello della difesa della
assoluta sovranità della Gran Bretagna.
La corrente favorevole allintegrazione politica è in ogni
tempo estremamente esigua, mentre quella favorevole alla sola
integrazione economica basata su metodi intergovernativi è stata
e rimane prevalente.
In realtà, però, allinterno di essa si celano anche le simpatie per lintegrazione politica. Ma lopinione pubblica è talmente posseduta dal viscerale attaccamento alla sovranità che per motivi di elettorali molto pratici tutti i leader favorevoli allEuropa non fanno che ripetere solenni rassicurazioni sul fatto che la sovranità britannica non verrà lesa in alcun modo.
Per esempio, persino la rinuncia alla sterlina
è presentata dal governo come perdita di sovranità! Nel
febbraio scorso, lallora ministro degli esteri Robin Cook,
annunciando lintenzione del governo di entrare nelleuro
zone entro il 2003, ha aggiunto che in tale prospettiva egli
vedeva un miglioramento economico generale (occupazione,
esportazioni, prosperità) ed una maggiore capacità di salvaguardare
la sovranità britannica nel mondo. Ovviamente tali
affermazioni sono puntualmente riprese dagli euroscettici per
segnalarne (giustamente!) la contraddittorietà.
E un fatto che da quando il governo di Macmillan incominciò
per primo a pensare alladesione britannica allEuropa
comunitaria (1959), nessun governo (sia laburista che
conservatore) ha mai nascosto il proprio favore per ladesione.
Margaret Thatcher, ad esempio, allindomani del suo primo
grande successo elettorale dichiarò che questo era dovuto al
fatto di aver scelto lEuropa.
Ma è anche un fatto che ogni volta che il governo si muove
complessivamente in favore dellEuropa deve affrontare la
fronda allinterno del suo partito e del governo stesso.
A tale riguardo sono rimaste celebri le
dimissioni di Sir Teddy Taylor da ministro del governo Heath non
appena seppe la decisione di sottoscrivere i Trattati di Roma (1972).
e il conseguente suo voto contrario in parlamento.
Anche tra i collaboratori di Blair le posizioni non sembrano
essere concordi se lo stesso Cook, entro il menzionato annuncio
di prossima adesione alleuro, diceva diplomaticamente che
il gruppo dei favorevoli alla moneta unica allinterno
del gabinetto sta crescendo.
Diversificato è latteggiamento degli ex Primi Ministri una
volta dismessa tale funzione.
Sono note, per esempio, le attuali simpatie della Thatcher
addirittura per la rinegoziazione dei rapporti tra Regno Unito ed
Unione Europea, (compresa luscita dallUE in caso di
non soddisfazione britannica), oltre la sua incondizionata
avversione alla moneta unica.
Viceversa, il suo successore John Major, polemizzando nel 1996
con quanti lo accusavano di essere stato accondiscendente alla
politica dei partner continentali, dichiarava:
«Lidea che se fossimo fuori dellUE
potremmo in in qualche modo diventare un porto franco ai margini
dellEuropa con tutti i benefici di quel vitale mercato di
370 milioni di persone mentre altri fissano le regole
senza alcun riguardo ai nostri interessi nazionali è
quella del paese delle fiabe». [... is cloud cuckoo
land].
In un confronto con un gruppo di euroscettici, Edward Heath (primo
ministro allepoca dellingresso nella CEE del Regno
Unito), davanti alla subdola domanda se nel 1973 egli avesse ben
valutato il significato di promuovere relazioni più
strette tra gli stati che partecipano, riconobbe che il suo
pensiero di allora era che, in futuro, sarebbe stato inevitabile
il passo dalla integrazione economica a quella politica.
Leuroscetticismo britannico, pur non essendo affatto
cresciuto numericamente col passare degli anni, è diventato
sempre più agguerrito. Tuttora si sforza (con
argomentazioni spesso sofistiche) di mostrare che la convenienza
economica a restar fuori dalla moneta unica (o addirittura come
gli interlocutori di Major fuori dellUE): ma ha
focalizzato benissimo gli aspetti della sovranità nei quali
questa è già stata intaccata la prevalenza del diritto
comunitario su quello nazionale e lobbligo di adeguare la
legislazione alle direttive emanate da Bruxelles e quelli
in cui sarebbe sicuramente perduta in caso di partecipazione
completa la sovranità monetaria.
Attualmente si contano una cinquantina di sigle
di altrettante organizzazioni politiche euro-scettiche o anti-europee.
Esse si possano suddividere in tre categorie corrispondenti a tre
rispettivi livelli di avversione allUnione Europea.
La posizione più radicale (ma minoritaria) è quella di coloro che chiedono luscita del Regno Unito dallUE. Costoro arrivano a suggerire lidea che, semmai, piuttosto di una integrazione con i Paesi europei, conviene stringere le relazioni con gli USA con i quali -secondo le loro tesi il Regno Unito ha in comune molto di più che con i Paesi del suo continente e dai quali avrebbe molto meno da temere.
Il secondo livello è quello di chi vorrebbe rinegoziare lappartenenza dellUK allUE per recedere da tutto ciò che ha già intaccato la sovranità britannica e per garantirla in futuro senza ombra di dubbio.
Il terzo livello il più diffuso è
quello della semplice astensione dalla zona-euro.
Fra le organizzazioni su questultima posizione ve ne sono
alcune che, in aperta polemica con quelle dei primi due livelli,
esordiscono professandosi pro Europe e di voler solo
combattere la rinuncia alla moneta nazionale e proseguono
accusando genericamente le organizzazioni che si dicono
semplicemente euroscettiche di avere in realtà come recondito
obiettivo quello di far uscire il Regno Unito dallUnione
Europea.
Benché le organizzazioni euroscettiche accusino i governi di
esercitare espressamente una pressione sugli elettori in favore
dellEuropa, non mancano le organizzazioni non governative
che approvano la partecipazione dellUK allUE e
auspicano lingresso britannico nella terza fase dellUEM
il più presto possibile.
Le tesi dei sostenitori della UE e dellUEM
specie quelli di area liberal-democratica si basano
su analisi economiche lucide e rigorose: ma proprio per questo
sembrano incidere meno sul sentire comune del richiamo
nazionalista insito nelle argomentazioni degli euroscettici.
Per riassumere questo paragrafo, lingresso del Regno Unito.
nella CEE, lungi dal risolvere definitivamente la posizione
britannica in merito allintegrazione europea, ha alimentato
un dibattito ed una contrapposizione transpartisan
divenuti ormai cronici e quasi strutturali nella vita politica
del paese.
Il peso duna
storia politica diversa
Nel dibattito nazionale pro o contra ladesione
allintegrazione europea (dibattito ormai pluridecennale) ha
grande rilevanza la particolarità delle istituzioni britanniche,
sostanzialmente diverse da quelle del continente.
Le democrazie europee del continente sono
seguite alle rivoluzioni americana e francese, si basano su un
preciso ed unico testo progettato ... a tavolino (la Costituzione
appunto) e il loro avvento corrisponde di solito ad un brusco
cambiamento di regime.
In tutte è la Carta Costituzionale che definisce precisamente
quali sono gli organi dello Stato, quali le loro competenze e
quali le regole per modificare gli stessi vincoli costituzionali.
La democrazia britannica, invece, è il
prodotto duna lenta, continua e secolare evoluzione che
affonda le radici fin nel Medio evo.
La stessa costituzione britannica come suggerisce letimologia
della parola, (che, in senso proprio, denota un collettivo di statuti
e non già un testo unitario), è la stratificazione di
innumerevoli decreti con i quali chi ha detenuto in passato il
potere ha accordato progressivamente libertà e diritti o imposto
restrizioni e doveri ai vari soggetti dello Stato.
In sostanza, la democrazia britannica è
divenuta tale prendendo le mosse dal privilegio accordato ai ceti
nobiliari di partecipare alle decisioni governative tramite loro
rappresentanti.
Ciò spiega, da una parte, la superiorità indiscussa nellopinione
pubblica della democrazia rappresentativa su ogni forma di
democrazia diretta; e dallaltra la difficoltà psicologica
per i britannici di distinguere una vera Costituzione europea (quale
noi la intendiamo) da un insieme di patti intergovernativi senza
termine (quali sono già quelli dei membri dellUE).
Per un britannico, la massima espressione della sovranità
popolare non è nel referendum, (come invece nei paesi
scandinavi, in Irlanda e ancor più in Svizzera), ma
nelle elezioni politiche.
Tantè che lunico referendum della secolare
storia del Regno Unito è quello sulla sua partecipazione alla CEE
del 1975; ed è pacifico che ogni eventuale referendum è
puramente consultivo e giammai decisionale (sia che avvenga
su istanza di abrogare che su istanza di varare).
E il governo stesso a decidere se di
indire o no un referendum (su propria o altrui istanza). Lesito
del referendum non limita affatto larbitrio decisionale del
governo, ma sarà ovviamente un chiaro elemento da considerare in
vista della prossima tornata elettorale.
Della difficoltà di promuovere azioni politiche dal di fuori del
parlamento si resero conto alcuni euroscettici che fin dal 1975
pensarono di fondare un Partito per il referendum.
Il referendum del 1975 è stato voluto dal governo
labourista per recuperare popolarità presso il tradizionale
proprio elettorato a fronte del fatto di continuare una politica
che era stata varata da un governo conservatore. Tuttavia è
stato usato dallo stesso governo come soddisfazione della
richiesta di referendum da parte di una fronda di
conservatori contrari alla CEE: gli stessi che progettavano la
fondazione del Partito per il referendum.
Questo partito è nato finalmente nel novembre del 1994 grazie
alla decisa volontà del multi-milionario Sir James Goldsmith (che
ha investito nelloperazione una somma enorme) col preciso
scopo di giungere ad un "fair referendum" sul
rimanere o meno dellU.K. in UE, sostenendo che, in merito
alla sovranità, col Trattato di Maastricht il Regno Unito ha
concesso troppo allUE.
Con lattributo "fair", il Referendum Party intende che ai votanti sia consentito di esprimersi sul vero testo nella sua ampiezza, e non sia invece concesso unopseudo-referendum che restringe la questione a domande tecniche.
Il partito è nato dunque con lo scopo di chiedere un preciso tipo di referendum e nella convinzione che la probabilità di successo della richiesta sia ben maggiore se fatta dai banchi parlamentari. Ma il sistema maggioritario inglese ha frustrato le intenzioni del partito che in due elezioni non ha ottenuto alcun seggio.
Infine, nel dibattito sulla questione europea
si fa strada anche la supposizione che per ovviare alla scarsità
delleuropeismo a livello popolare, il governo britannico
debba chiedere allUE condizioni di privilegio che
consentano una qualche leadership della Gran Bretagna sui partner
dellUnione.
Queste considerazioni aiutano a comprendere anche la condotta
britannica in seno al Consiglio dei Ministri ed al Consiglio
Europeo.
Memorabili a tale proposito sono le posizioni intransigenti della
Thatcher in sede di stipulazione dellAtto Unico Europeo (quello
che affossò il Trattato di Unione elaborato dal Parlamento
Europeo, dicembre 1985) ed in preparazione dellUnione
Monetaria (durante la quale, proprio per lisolamento
indotto dalleccessiva intransigenza, fu sfiduciata dalla
sua stessa maggioranza e sostituita con John Major); nonché la
pretesa del giusto ritorno, ossia che lammontare
dei fondi di investimento a favore del Regno Unito non fosse
inferiore della quota parte britannica al bilancio degli stessi).
Ma sulla condotta del Regno Unito in seno allUE nel più recente passato avremo modo di ritornare nelle successive lezioni.
*Relatori:
Saverio Cacopardi, Pierangelo Fiora,
Simona Giustibelli, Luigi V. Majocchi, Marco Spazzini,
Arnaldo Vicentini
Pagina iniziale - Europa apparente - Europa reale - Europa futuribile - Segnalibri - Mappa sito