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L'Osservatore europeo

 

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DE GAULLE E L'ESCLUSIONE DELLA GRAN BRETAGNA
La politica della "sedia vuota"

di PUBLIUS*


Il clima politico della CEE durante il gaullismo.
La vita della CEE negli anni ‘60 del secolo scorso è fortemente caratterizzata dalla straordinaria personalità di de Gaulle.

Egli, coerentemente col suo passato di militare e di politico, ha una chiara coscienza europea che affonda le radici nella civiltà stessa dell’Europa; e tuttavia sembra non rassegnarsi al nuovo corso della storia che vede la sua Francia e i vecchi Stati europei non più protagonisti.

In particolare rivendica per la Francia un ruolo di potenza autonoma.
Vorrebbe la sua patria decisamente preminente in Europa, quasi investita d’una missione politica e di civiltà in Europa e nel mondo.

In questo contesto cresce la Comunità Europea e si caratterizza come area di sempre maggiore integrazione economica attraverso la quale la CEE acquista anche una certa fisionomia politica che consente ai Sei di muoversi come un tutt’uno nei rapporti internazionali: ma sempre ed esclusivamente in settori riguardanti il commercio.

Nei settori della politica estera e della sicurezza, lontani da un minimo progresso se non altro del dibattito sul futuro dell’Europa, c’è quasi una spaccatura tra la Francia e gli altri cinque membri.

Questi restano praticamente nell’immobilismo di fedeltà incondizionata alla NATO e di accettazione della leadership americana.
In particolare tutti e cinque ratificano il trattato di non proliferazione delle armi atomiche.

La Francia di de Gaulle, invece, si avventura da sola in una politica autonoma che la vede ricusare l’alleanza atlantica, allestire un proprio arsenale atomico come nucleo sostanzioso d’una propria force de frappe ed opporsi incondizionatamente all’allargamento della CEE.

In un certo senso, de Gaulle vede la CEE in funzione del prestigio francese, continuando a sottovalutare sia l’Italia (che considera intrinsecamente incapace di autorevolezza politica) che la Germania (costretta, per le tragiche conseguenze della guerra, a subire l’imposizione politica delle due superpotenze).

Deriva da quest’ottica esasperatamente francese il veto assoluto all’ingresso nella CEE della Gran Bretagna, quasi una forma di gelosia e di paura di perdere il primato politico nella Comunità.

La stessa ottica francese spiega anche il tentativo di De Gaulle di stabilire un’asse privilegiato franco-tedesco quando la Germania mostra di voler emanciparsi dalle condizioni d’inferiorità politica ereditate dalla sconfitta del nazismo.

Da questi pochi cenni si capisce quanto lontana sia diventata in questi anni ‘60 l’idea di Monnet e Spinelli di unire politicamente l’Europa.

Il funzionalismo avanza sistematicamente.
Prende sempre più piede il modo giornalistico di dire “Europa” per intendere CEE (come si dice “America” per intendere USA); e ciò cristallizza la contraddizione di instaurare, coscientemente o no, un parallelo tra America ed Europa, di confrontarne le politiche, di lamentare anche l’assenza dell’Europa in vicende nelle quali invece risalta la presenza dell’America.

Tutto questo ignorando o sottacendo sempre il fatto sostanziale che gli USA sono una Federazione con tanto di Governo, Segretariato di Stato e Pentagono, mentre la CEE non è che una semplice alleanza economica, anche se del tutto nuova nella Storia e sorprendentemente efficiente.

Basta aprire un giornale qualsiasi (americano od europeo) di quel periodo per rilevare quanto dominante è l'interesse e la partecipazione degli americani alla politica federale sull’interesse degli stessi alla politica del singolo Stato.
E basta aprire lo stesso giornale per avvertire l’assenza totale di interesse e partecipazione degli europei alla politica della Comunità le cui vicende sono assolutamente ignote alla gente comune, completamente ignorate dai politici nel dialogo pubblico e relegate all’ultimo posto dagli organi d’informazione.

Il clima europeo del dibattito politico è perpetuamente infuocato e rivela da una parte la crescita economica, rapidissima e tumultuosa (innescata e favorita proprio dalla CEE) densa di inevitabili squilibri; e dall’altra l’evolversi e l’inasprirsi della politica dei blocchi contrapposti dell’Occidente e del comunismo internazionale nella quale si innestano e si dilatano a dismisura le vicende dei Paesi emergenti dalla decolonizzazione.

Corrispondentemente, la scena del dibattito politico è perpetuamente occupata da fatti di politica interna (come le colossali agitazioni sindacali e studentesche) e di confronto indiretto tra America e URSS o tra America e Cina nella miriade di guerre, guerriglie e crisi varie che ininterrottamente flagellano le aree instabili (in Medio Oriente, in Estremo Oriente, in America latina e in Africa).

Non solo è assolutamente spento il dibattito sul futuro dell’Europa comunitaria come entità politica, ma è del tutto assente anche la semplice presa di conoscenza dell’evoluzione e della crescita della CECA/CEE.

Tutto ciò che riguarda la Comunità sembra riservato ad una stretta cerchia di tecnici, chiusa ed impenetrabile.

Tutt’al più, delle cose comunitarie i politici si ricordano in occasioni elettorali mostrando –a seconda del taglio ideologico– la convenienza o meno del partecipare alla Comunità europea del proprio Stato nazionale pensato eternamente sovrano.

Intanto (e quasi all’insaputa della gente comune europea) il governo francese attua sulla CEE una politica di ricatto che diviene una specie di alibi per tutti i gli altri governi: i quali si rifugiano nella tesi che è impossibile avanzare senza Francia e senza allargamento alla Gran Bretagna ma nulla fanno per sbloccare la situazione.

I federalisti, sparuti ed inascoltati, sono gli unici a non demordere, e tentano invano di riproporre il nodo cruciale della questione: occorre un nucleo federale che avvii una autentica politica europea nel quadro internazionale in cui la politica dei singoli Stati europei o non c’è proprio o è solo velleitaria.

Inoltre il problema dell’allargamento (anche in vista d’un futuro ritorno in seno occidentale dei Paesi socialisti, satelliti obbligati dell’URSS) è superabile solo con la rinuncia alla sovranità assoluta (rinuncia che corrisponde poi alla democratizzazione delle strutture comunitarie).

Significativi, a questo proposito, mi sembrano i seguenti brani di Mario Albertini (succeduto nel 1962 a Spinelli nella guida del Movimento Federalista europeo), il primo del 1968, il secondo del 1963.

«La Gran Bretagna è stata fermata dal veto del governo francese nonostante il parere favorevole degli altri cinque governi, ossia da un fatto antidemocratico. Ma questo veto è legittimo: il che significa, senza ombra di dubbio, che le istituzioni europee non hanno ancora raggiunto il livello democratico. Se l’avessero già raggiunto, la volontà della maggioranza si sarebbe imposta: e la Gran Bretagna farebbe già parte dell’Europa». (Gennaio 1968)

«Erhard e con lui gli altri statisti europei, e con lui persino de Gaulle, dicono che un giorno l’Europa costituirà una federazione. Ma se essi sono messi di fronte alla realtà di questa trasformazione, al fatto che quando essa si verificherà il loro ruolo di leaders politici di Stati indipendenti verrà a cessare, ciò appare loro bizzarro, irreale. E questo è il segno evidente dell’assenza, negli uomini politici europei, di una vera e propria coscienza della natura del moto di unificazione dell’Europa. Il fatto che la sua conclusione risulta così estranea alla loro coscienza sembra mostrare che essi concepiscano il moto stesso come qualcosa che starebbe fuori della storia, in una dimensione senza contatto con quella della realtà quotidiana». (Maggio 1963).

Quest’ultimo brano –mutatis mutandis, sostituendo cioè Erhard con Schröder e de Gaulle con Chirac– è anche significativo per il fatto di risultare, purtroppo, tutt’ora molto attuale!

Cronologia Comunitaria del periodo gaullista.
La politica della “sedia vuota”
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E’ doveroso anticipare una notizia di cronaca che getta luce su tutto il decennio ‘60.
Dal 1° luglio ‘65 al 20 gennaio‘66, per boicottare le proposte della Commissione europea in materia di Politica Agricola Comunitaria, il Governo francese (per volontà di de Gaulle) disertò tutte le riunioni del Consiglio dei Ministri (non solo quelle sulla politica agricola).
Il fatto è passato alla storia come “politica della sedia vuota”.
Esso, però, rappresenta soltanto il culmine del modo di agire di de Gaulle nei riguardi della Comunità Europea.
E’ perciò passato emblematicamente a significare la generale politica di ricatto sulla CEE, durante il periodo gaullista, da parte del Governo francese il quale -abusando largamente del diritto di veto- ha costretto gli altri cinque a concordare sulle sue posizioni o a restare nell’immobilismo più assoluto.

[Antefatti].
13 maggio 1958
Dopo anni di guerriglia e terrore in Algeria da parte dell'indipendentismo arabo ed il fallimento sia della repressione violenta sia di estenuanti trattative di pacificazione, le forze militari francesi in Algeria, al comando del generale Jacques Massu, si ammutinano e occupano le sedi governative in Algeri.
Massu capeggia un comitato di salute pubblica che dichiara di sciogliersi solo se il potere nella madrepatria sarà affidato al generale Charles de Gaulle (assente personalmente da anni dalla politica attiva, il cui partito però è attivissimo e poggia la sua forza sui militari, sui nazionalisti e sui nostalgici d’un recentissimo passato colonialista).
De Gaulle, novello Cincinnato, si dichiara disposto a salvare la Patria.

28 maggio 1958
Il legittimo governo presieduto da Pflimlin si dimette.

1 giugno 1958
L’Assemblée nationale nomina de Gaulle presidente del Consiglio.

2 giugno 1958
L’Assemblée nationale dà pieni poteri a de Gaulle in vista di una riforma costituzionale.

A consegnare il potere a de Gaulle non è dunque una votazione popolare democratica ma un vero e proprio colpo di Stato, solo formalmente legittimato dal riconoscimento parlamentare.

Tuttavia il sogno delle destre non si avvera.
De Gaulle, espressamente invocato per non perdere l’Algeria, ne avvia l’indipendenza.
Per qualche anno la Francia è scossa dal terrorismo dell’OAS (Organisation Armée Sècrete) che attenta persino alla vita del Generale ed è condotta dagli stessi che lo portarono al potere.
[Tra questi primeggia il generale Salan, condannato a morte in contumacia per terrorismo, ma alla fine graziato e riabilitato].

Con de Gaulle tramonta definitivamente la spinta francese all’integrazione politica dell’Europa che aveva caratterizzato i primi anni ‘50 (con Schuman, Monnet, Pleven e molti altri).

14 gennaio 1963
De Gaulle , presidente della Repubblica francese, che già nel ‘59 aveva scoraggiato il governo britannico di Macmillan nell’ipotesi di ingresso nella CEE, dichiara che la Francia dubita della volontà politica del Regno Unito di aderire alla Comunità.
Pochi giorni dopo, i negoziati con tutti i Paesi candidati [Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda e Norvegia] vengono sospesi.

4 maggio 1964
Apertura ufficiale del Kennedy Round, tornata multilaterale di negoziati commerciali nel quadro dell'Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (GATT).
La Comunità partecipa alla riunione come tale.

1 luglio 1965
La Francia interrompe i negoziati sul finanziamento della Politica agricola comune (PAC).
Il governo francese ritira il proprio rappresentante permanente.
Per sette mesi la delegazione francese non parteciperà alle riunioni del Consiglio né a quelle del Comitato dei Rappresentanti permanenti [CO.RE.PER].

1 gennaio 1966
La CEE entra nella terza ed ultima tappa del periodo transitorio di instaurazione del mercato comune.
Ciò comporterebbe la sostituzione del voto all'unanimità con il sistema di votazione a maggioranza per la maggior parte delle decisioni del Consiglio.
Ma la Francia ... non c’è!

20 gennaio 1966
Riunione annuale congiunta delle Istituzioni europee a Bruxelles.
Rientra la Francia.
La discussione verte principalmente su due questioni istituzionali: la cooperazione fra Commissione e Consiglio e le decisioni a maggioranza del Consiglio.

28-29 gennaio 1966
Compromesso di Lussemburgo.
Dopo aver attuato per sette mesi la politica della "sedia vuota", la Francia torna ad occupare il proprio posto in seno al Consiglio in cambio del mantenimento del voto all'unanimità ogni qual volta uno Stato membro ritenga minacciato un proprio interesse vitale.
E siccome è il governo a stabilire quando l’interesse è vitale, ciò significa semplicemente concedere ad ogni membro il diritto di veto quando e come crede!

9 febbraio 1967
Il Consiglio dei ministri della CEE adotta il sistema delle imposte sul valore aggiunto.
Ciò comporta per l’Italia una rivoluzione fiscale che, presentata dal nostro governo come ammodernamento, nessuno percepisce come armonizzazione della politica economica europea.

11 maggio 1967
Il Regno Unito ripresenta domanda di adesione alla Comunità, immediatamente seguito dall'Irlanda e dalla Danimarca e, dopo qualche tempo, dalla Norvegia. De Gaulle si dimostra riluttante.

9-30 maggio 1967
Nel Vertice di Roma, celebrativo del decennio di CEE e CEEA (o Euratom) si decide di unificare gli organi delle tre Comunità CECA, CEE e CEEA (prima distinti, tranne l’Assemblea).

1 luglio 1967
Entrata in vigore del Trattato di fusione degli esecutivi delle tre Comunità CECA, CEE, Euratom.

13 settembre 1967
La Commissione pubblica un parere (positivo) sulle domande di adesione alla CEE dei 4 candidati.

1 luglio 1968
Abolendo gli ultimi dazi doganali con 18 mesi di anticipo su quanto previsto dai Trattati di Roma, entra in funzione l’unione doganale.

27 aprile 1969
In un referendum francese proposto da de Gaulle per una riforma costituzionale riguardante Regioni e Senato (secondo i suoi desiderata) prevale il NO col 52,5% dei voti.
Sorpreso e deluso, la notte stessa tra il 27 e il 28 aprile de Gaulle si dimette da ogni funzione politica.
Si ritira quindi a Colombey-les-deux-Églises dove attende a completare le sue memorie, rimaste però incompiute per la morte sopraggiunta il 9 novembre 1970.

22-23 luglio 1969
Il Consiglio dei Ministri prende nuovamente in esame le domande di adesione alla CEE dei 4 candidati.

29 luglio 1969
Firma della seconda Convenzione di Yaoundé (che stabilisce legami reciprocamente vantaggiosi tra un gruppo di Paesi in via di sviluppo –specie africani– e la CEE).

12 novembre 1969
Sentenza della corte di Giustizia delle Comunità europee nella causa Stauder.
La Corte enuncia il principio della propria competenza sulla tutela dei diritti della persona.

22 aprile 1970
Il Consiglio dei Ministri decide una politica di Tariffa Europea Comune [TEC] con la quale la CEE si autofinanzia prelevando sulle tariffe doganali (uniche per tutti i Sei) sulle importazioni da Paesi non-CEE.

30 giugno 1970
A Lussemburgo si riaprono i negoziati tra CEE e i quattro candidati Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna e Norvegia.
[E’ noto che si sarebbero conclusi nel 1973 con l’ingresso dei candidati, tranne la Norvegia fermata dal NO in un referendum popolare].

*Relatori:
Saverio Cacopardi, Pierangelo Fiora, Simona Giustibelli, Luigi V. Majocchi, Marco Spazzini, Arnaldo Vicentini

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