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L'Osservatore europeo

 

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LA GUERRA E' UNO STRUMENTO ARRUGGINITO

    "Mi sto accorgendo che ciò che chiamiamo politica, governo dei popoli, governo del mondo va ripensato in modo totalmente diverso da come lo abbiamo inteso nel primo e nel secondo millennio". L'approccio di Giuliano Toraldo di Francia al terribile attacco terroristico che ha colpito l'America è rigorosamente razionale, lontano dalla retorica che inevitabilmente accompagna eventi tanto drammatici.

    Il suo è prima di tutto un ammonimento contro la guerra e un invito ad intervenire con le categorie della politica. Fisico e filosofo della scienza, fondatore e primo presidente del Forum Internazionale per i problemi della pace e della guerra, Toraldo di Francia ragiona sui fatti senza mai dare nulla per acquisito.

"Ma anche la politica e la diplomazia non potranno più essere le stesse" [...]
"Se ragioniamo su ciò che è accaduto ci rendiamo conto che il terzo millennio è diverso proprio perché ormai è inutile pensare alla guerra fra stati o coalizioni di Stati come l'abbiamo intesa una volta.
L'attacco terroristico all'America è stato definito una nuova Pearl Harbour, ma è un richiamo improprio. Quello fu un attacco proditorio, certo, eppure si sapeva da chi e contro chi era diretto.
Certo, a Pearl Harbour morirono anche dei civili, ma l'attacco fu contro le navi da guerra, gli aeroporti militari, contro un esercito: fu completamente diverso da quel che è accaduto a New York dove un nemico, che non si è ancora palesato direttamente, ha massacrato migliaia di civili".

Quindi professore, è o non è un atto di guerra?

Ma quale atto di guerra: è terrorismo, anzi criminalità terroristica.
Non solo: fino a questo momento sono ignoti i mandanti, i conniventi e non si riesce nemmeno a capire l'obiettivo di tanta barbarie.
Se avevano lo scopo di destabilizzare l'America, hanno ottenuto l'effetto contrario: sul piano interno e quello internazionale.
A cosa serve un atto del genere e cosa si aspetta chi l'ha pensato e attuato?

Al momento l'Umanità è appesa alle decisioni degli Stati Uniti che, in diversa misura coinvolgeranno i paesi del Patto Atlantico. La risposta dovrà essere militare o politica?

"La rappresaglia non serve, anzi è controproducente; tanto più la guerra, barbara e inutile. Occorrerà qualcosa di diverso. Certo, se saranno capaci di individuare e arrestare i responsabili, questi andranno puniti, ma la questione non si risolve bombardando Kabul.
Lasciamo stare la morale, che non c'entra con la politica.
Quel che serve è capire le cause che conducono al terrorismo per intervenire e rimuoverle con le armi della politica e della diplomazia.
Dobbiamo smettere di pensare che la guerra sia la prosecuzione della politica con altri mezzi: è un concetto che appartiene al millennio ormai trascorso.

Gli atti terroristici e gli uomini che li compiono possono diventare dei simboli per chi è oppresso e affamato. Come riusciamo a parlare con questi popoli con argomenti che non sembrino un sopruso o il predominio del piu forte?

    "Posso solo immaginare che la politica e la diplomazia, come fino ad oggi le abbiamo intese, vanno cambiate radicalmente.
Sono un uomo pacifico, ma non un pacifista e penso che se è necessario si debba intervenire anche con la forza: contro Hitler, per esempio, è stata indispensabile.
In questo caso, però, non serve agire con la minaccia militare o con embarghi indiscriminati che colpiscono i più deboli finendo per rafforzare i tiranni.
Vanno pensati, inventati, tutti i canali utili per dialogare, non solo fra i governi, ma con i popoli. Non possiamo più agire a suon di bombe, di missili o di "kamikaze".
Bisogna cominciare a ragionare, e soprattutto capire, per agire con efficacia.
L'attacco terroristico a New York, dal punto di vista della strategia e della capacità comunicativa, è stato di grande effetto.
Non solo, ma tenere segreta una preparazione durata degli anni, non è cosa semplice.
Serve capire allora chi c'è dietro a tutto ciò, e questo è un problema di "intelligence"."

La caduta delle torri gemelle ha cambiato il mondo, si è detto.
C'è chi obietta, come Claudio Magris, che ha cambiato il "nostro mondo", che pensavamo di rendere sempre più inviolabile magari con lo scudo spaziale.

    "Lo ripeto da anni: lo scudo spaziale non serve a nulla e oggi ne abbiamo la conferma. Quegli aerei scagliati come bombe su New York sono partiti da Boston e i piloti sono stati addestrati negli Stati Uniti. Mi sembra davvero inutile spendere miliardi di dollari per un simile progetto."

L'informazione globale comunica a tutti come si vive nel primo e nell'ultimo mondo.
Questo cambia radicalmente le cose?

    "Non è solo che ci sono i poveri, e che ci sono i ricchi: c'è chi ha tutto, anche il superfluo, a spese di chi non ha nulla.
Poi c'è la distruzione dell'ambiente e delle risorse che non sono infinite, anzi, cominciano proprio ad essere "finite": l'acqua, la terra coltivabile, l'aria inquinata, lo spazio dove ormai si ammassano miliardi di persone.
Siamo troppi su questo pianeta.
Smettiamo di lamentarci della denatalità mentre nel mondo globalizzato nascono 80 milioni di persone ogni anno.
E dove volete che vadano per sopravvivere.
Ho visto quei disgraziati che attraversano il tunnel sotto la Manica. Ne passa uno su quattro eppure continuano ad attraversarlo spinti dalla disperazione."

Diceva Hegel: "Il filosofo non s'intende di profezie". Ma lei, filosofo della
scienza, cosa prevede?

    "Posso solo dire ciò che vorrei: vorrei che l'umanità della parte più ricca del mondo cominciasse a pensare alle cose essenziali. Ma so che è molto difficile, per questo sono pessimista. Ora tutto sarà profondamente diverso e anche la cosiddetta morale cambierà.
Ci sarà una etologia diversa. Non sono un biologo, ma so che tante specie sono cambiate per adattarsi all'ambiente che mutava.
Tutto questo poi è diventato etica, cioè un modo per convivere."

L'etica della responsabilità

    "Certo. La responsabilita verso di me e verso i miei simili corrisponde all'etica che è dentro di noi, come diceva Kant.
Un'etica, ma anche un'etologia, che ci dicono di rispettare il nostro simile se non vogliamo morire noi stessi."

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