I SORCI VERDI ALLA STAZIONE TERMINI

di Eros Capostagno

Ci sembra che il treno di Prodi sia fermo al piazzale di arrivo e non attenda che il disco verde per entrare in stazione e cambiare locomotiva. I segnali ci sembrano inequivocabili. Dopo essere stato inspiegabilmente tenuto fuori da Tangentopoli per tanto tempo, l'IRI entra sulla scena. Si dice infatti che nel finanziamento ai partiti, l'IRI stava alla DC come l'ENI stava al PSI, ed era oggettivamente curioso che, mentre il secondo veniva indagato ed il suo presidente trovato ucciso in carcere, sul primo nessun giudice volgeva l'occhio. Ma erano i tempi in cui il suo (ex) Presidente doveva essere spinto a pedalate verso Palazzo Chigi.

Ancora, dalle chilometriche intercettazioni telefoniche relative all'affare Necci, vengono fatti trapelare alla stampa alcuni spezzoni dove compare, a margine, il nome di Prodi e della sua Nomisma.
Affare Nomisma che viene scandagliato da "Il Giornale" e che, oh miracolo!, questa volta non viene ignorato dagli altri soliti tre quotidiani nazionali come avvenuto in passato per altre inchieste de Il Giornale, ma ripreso e amplificato.

Ancora, l'ex senatore del PDS, F. Imposimato, membro della Commissione Antimafia nella passata legislatura, conferma proprio oggi che il PDS gli imped� di interrogare Prodi su certi appalti concessi a imprese gi� note per essere nel giro della camorra.

E contemporaneamente l'Europa lancia al nostro ineffabile macchinista uno di quei siluri, quali ben difficilmente se ne ricordano nelle vicende della Diplomazia europea: il premier spagnolo rivela pubblicamente che nel corso del recentissimo colloquio bilaterale a Madrid, Prodi gli ha proposto di creare un fronte italo-spagnolo per rallentare furbescamente l'avvio dell'unione monetaria europea e mascherare l'incapacit� dell'Italia ad entrarvi.
Ancora una volta, grazie a questo Governo, l'Italia viene ad essere additata al mondo come terra di magliari, presunti furbi, inaffidabili, doppiogiochisti (ricordate D'Alema -v. The Day After- nel numero precedente?: "...il maggior successo di questo governo � di aver riconquistato la fiducia e la credibilit� all'estero". Non ridete, per carit�).

E chiaro che l'imbarazzata smentita di Prodi e le probabili future "ricuciture" nulla tolgono al preciso segnale: l'Europa ha voluto intenzionalmente tagliare le gambe a questo Governo. Non � certo un caso che, in perfetta contemporanea, Chirac attacca duramente la politica economica italiana, tra l'altro, guarda un po', proprio qualche giorno prima dell'annuale summit italo-francese, gi� annullato l'anno scorso dai francesi dopo gli sgarbi subiti ad opera del duo Dini-Susanna Agnelli.

A proposito di Dini, forse vale la pena di chiedersi come mai in questo periodo cos� cruciale (Finanziaria ecc.) sia sparito dalla circolazione, facendosi rappresentare dal suo ministro Fantozzi: che, fiutata l'aria, abbia deciso di cambiare nuovamente carro, con ormai provata disinvoltura?

E come interpretare (visto che parla per crittogrammi) l'ultima predica del Presidente della Repubblica quando, con incredibile facciatosta, invita i politici a eliminare la corruzione dalla politica, visto che quelli che corrompono e si fanno corrompere da trent'anni sono ancora sulla scena? Una spinta a cambiare il programma di Governo, o quest'ultimo tout court?

Riassumendo, ci sembra di capire che i creatori e sostenitori dell'Ulivo, hanno deciso di cambiare strategia, ridando a Prodi quel ruolo che molti (e noi stessi forse con eccessivo sarcasmo e scarsa carit� cristiana) gli hanno sempre attribuito: il nulla. Parliamo dei potentati economici italiani con i loro giornali, del PDS di D'Alema e dei ruderi del vecchio Potere DC. A questi vanno aggiunti i Paesi europei che, se non sostenitori dell'Ulivo, certo non lo avevano boicottato nella scalata al Governo. Cosa � successo dunque?

Vediamo i potentati economici. Sappiamo che hanno sempre pescato a piene mani nel pozzo della finanza pubblica, scaricandovi quando necessario i loro insuccessi, ed � evidente, da quando si parla di privatizzazioni, l'interesse ad accaparrarsi al prezzo pi� basso possibile, i pezzi sul mercato, magari aiutati da capitali stranieri. Di certe svalutazioni strane della lira abbiamo gi� parlato (v. Britannia).
Che il sostegno smaccato all'Ulivo fosse volto al ripristino in toto dei metodi della 1a Repubblica (libera gestione del Potere ai politici e mano libera sull'economia del Paese) � fuori di dubbio. Probabilmente, si sono accorti che un Governo sottoposto giocoforza ai ricatti dei comunisti duri e puri e di figure dello spessore di una Rosi Bindi, non solo non pu� garantire un ritorno alla normalit�, con l'annesso ridimensionamento della Magistratura, ma non pu� che allontanarci dall'Europa, facendo sprofondare ancora di pi� l'Italia nel baratro della povert� di massa e del terzomondismo, il che, a lungo andare, certo non favorisce gli interessi di questi potentati.
Oltretutto, i ruderi del vecchio potere democristiano ai vertici delle Istituzioni non possono verosimilmente essere insensibili alle spinte delle gerarchie ecclesiastiche che proprio verso questo terzomondismo spingono a tutta birra (v. Martini & Bossi..... nel numero precedente).

Vediamo il PDS. Passata la sbornia per il successo elettorale dopo cinquant'anni di frustrazioni, si trova ora a dover levare le castagne dal fuoco. E' fondata l'impressione che vi siano due anime all'interno del partito, quella tradizionale comunista e quella neoriformista, senza naturalmente dar peso a quella cinematografaro-kennedyana (a proposito, giorni fa il Giornaleradio del Lazio ha annunciato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, bypassando Regione e Comune, ha stanziato nonsoquanto per aprire 25 nuove sale cinema a Roma...!).
Se in questa prima fase del Governo dell'Ulivo, l'anima vetero comunista � andata a briglia sciolta, occupando i mezzi di informazione, occupando i centri di potere, pompando l'ala giustizialista della Magistratura, lasciando impostare la Finanziaria secondo i noti canoni della punizione della propriet� e della distruzione dei mezzi di produzione, ora forse le cose potrebbero essere sul punto di cambiare.

Forse, almeno ce lo auguriamo, l'ala moderna riformista si � accorta che inseguire, o comunque lasciarsi spingere da chi non rappresenta quasi nulla, verso modelli di cui l'evidenza storica ha decretato il fallimento politico, economico e morale, non giova a nessuno.
Nel recente passato, D'Alema aveva dato segni di aver compreso che senza una riforma radicale delle Istituzioni il Paese non aveva futuro ma forse non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo.

O forse non aveva ancora la forza per imporsi a quella parte del suo partito che, nata e cresciuta nella "fede" del comunismo, risulta impervia a qualsiasi evidenza.
Ci auguriamo che l'evidenza del momento, in particolare le reazioni a questa specie di Finanziaria (ci fa un p� senso chiamarla Legge Finanziaria) ed il baratro economico verso cui stiamo precipitando, accompagnati dal disprezzo dei partners europei, gli dia questa forza.

Cadute tutte le foglie di fico che coprivano la nuda verit�, sembra dunque che avesse proprio ragione Berlusconi quando propose l'inciucio finalizzato alla modifica delle Istituzioni e di fronte al quale tutti, noi compresi, avevano storto il naso.
Ogni pera deve maturare nella sua giusta stagione: che questa stagione sia davvero arrivata?

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