MARTINI & BoSSI

di Tito Livio

Premettiamo, a scanso di equivoci, che siamo cattolici praticanti e che riteniamo la storia della secessione del NordItalia un solenne fumettone.

Dunque, lunedì 9 settembre il TG1 delle 20 apre con la notizia in pompa magna della lettera pastorale con cui l'Arcivescovo di Milano pone la Chiesa Cattolica a baluardo dell'unità nazionale contro la Lega e le sue ipotesi secessioniste.
Nell'intervista, alla drammatica domanda dell'acuto intervistatore " Ma nel caso ipotetico di una secessione, Lei abbandonerebbe Milano?", l'Arcivescovo risponde, con stoica ed eroica determinazione: "Un Vescovo non abbandona mai la sua Diocesi, come tanti drammatici esempi nella storia della Chiesa dimostrano. No, resterei comunque, così come restò il cardinal Schuster durante i bombardamenti dell'ultima guerra...!".

Non intendiamo commentare questa scenetta da "Aperitivo alla Terrazza Martini", che potrebbe, anzi dovrebbe essere relegata tra i tanti oggetti in esposizione alla permanente Fiera delle Sciocchezze. Vogliamo invece soffermarci su un'altra frase dell'Arcivescovo che merita a nostro avviso qualche riflessione: "E' ora che la Chiesa dica la sua ...(sulla secessione, NdA) perché la Chiesa non può ammettere che alcuni vengano esclusi dal benessere....perché la solidarietà ecc ecc....".

In altre parole, la Chiesa non vorrebbe che le regioni a presunto "benessere" del Nord se ne andassero ad agganciarsi da sole all'Europa, lasciando al loro destino le regioni "sfavorite" del Sud, Roma e Vaticano comprese.

Trattandosi di una storia a fumetti, non varrebbe nemmeno la pena di ricordare che le ragioni dell'unità d'Italia vanno un poco al di là di un onnipresente "principio di solidarietà" tra regioni.

Viceversa, questo inusitato schierarsi a paladino dell'unità nazionale e dello Stato italiano unitario da parte di quella stessa Entità che li ha sempre combattuti (Pio IX, l'Azione Cattolica...) ci porta a qualche riflessione sulle attuali condizioni dell'Italia, anche in rapporto ad altri Paesi europei.

Quello che ci colpisce sempre più dolorosamente in Italia è un'immagine di abbandono e di degrado a cui il Paese (teoricamente tra i 7 più avanzati del mondo) sembra essersi rassegnato, come già rilevato da altri nel numero precedente (v. La Rassegnazione).

Prendiamo il fenomeno dell'accattonaggio, spinto ormai a livelli parossistici, anche se sappiamo bene di toccare un argomento ostico, delicato quanto un pugno allo stomaco, di fronte al quale l'Italia media salva la propria coscienza nascondendola sotto la sabbia con 100 lire buttate là di quando in quando. Per chi vuol fare carità non vi è che l'imbarazzo della scelta. C'è il vecchietto o l'invalido all'uscita della Cattedrale, c'è la slava di turno con tre marmocchi sporchi e a piedi nudi abbarbicati addosso, c'è il profugo con l'immancabile cartello "ho fame" (me che se gli offri un panino risponde "no, voglio i soldi"), c'è la zingara che ti mette in tasca il cornetto e pretende 10000 lire, ci sono gli zingarelli che, mentre uno ti chiede l'elemosina, ti fanno sparire il portafoglio, ci sono adesso i bambini albanesi sfruttati dal racket (albanese) dell'accattonaggio, per non parlare poi dei lavavetri e simili che presidiano i semafori. Non ce ne vogliano tutte quelle categorie che abbiamo dimenticato.

Pur consci dell'orrore che queste nostre considerazioni susciteranno in alcuni e delle scontate accuse di nazismo, razzismo ed altri ismi, non possiamo non vedere il solco che (anche) in questo campo ci separa da certi Paesi nostri simili dell'Europa occidentale.

E' un dato di fatto che in questi Paesi l'accattonaggio non esiste, ed è anzi spesso considerato reato. Nemmeno i famosi clochards parigini, quelli che rovistano nell'immondizia e dormono sotto i ponti, tendono la mano per chiedere l'elemosina. Ciò nonostante non ci è mai capitato di vedere schiere di "poveri" stesi per fame essendo stato loro impedito di chiedere l'elemosina. E sì che viviamo in Paesi dove il salario minimo garantito di circa due milioni e mezzo di lire non consente ad una famiglia di comprare da mangiare tutti i giorni se non a costo di rinunce e salti mortali tra negozi hard discount.

Se a questo aggiungiamo le condizioni di estremo degrado degrado in cui buona parte degli immigrati extracomunitari sono lasciati vivere in Italia, e le condizioni di certi noti quartieri delle maggiori città italiane, abbiamo l'immagine (e purtroppo la realtà) di un'Italia slabbrata, stracciona, derelitta...

In questa realtà fioriscono e guazzano (con bilanci top secret) le organizzazioni di assistenza, volontariato e carità, in gran parte di ispirazione cattolica e quindi legate, direttamente o indirettamente, alle istituzioni ecclesiastiche (che non fosse questo il senso delle frase di quell'alto esponente della Conf. Episcopale Italiana: "l'immigrato è un dono di Dio per il Paese che lo ospita"...?) .
L'influenza ed il controllo che le gerarchie ecclesiastiche esercitano sulla società italiana tramite organizzazioni di questo tipo è notoriamente enorme e va ben al di là del campo spirituale. Il tutto parallelamente al controllo diretto esercitato da cinquant'anni sulla politica italiana ed i vertici delle Istituzioni tramite gli uomini della DC (e non solo).

Questo tentativo di controllo indiretto si è vieppiù accentuato da quando la classe politica italiana ha dato cenni di insofferenza, lasciando introdurre nell'ordinamento giuridico elementi di tipica laicità come il divorzio e l'aborto.

Per essere chiari, abbiamo l'impressione che un Paese straccione, malandato e degradato (terra di missione) consenta alle gerarchie ecclesiastiche di esercitare un potere destinato fatalmente a sparire in uno stato laico, efficiente, di diritto, "occidentale" insomma, come è accaduto ad es. in Francia o Germania.
E allora ci sorge il dubbio (che il Signore ci perdoni) che l'Arcivescovo di Milano, quando parla con toni drammatici del fumetto padano-secessionista, fingendo di prenderlo sul serio, sia in realtà solo preoccupato della possibilità che una (improbabile) parte d'Italia, ma più verosimilmente l'Italia intera - qualora si avviasse sul serio verso il liberalismo, il presidenzialismo ed una corretta autonomia regionale - si lanci davvero verso l'Europa, facendola finita con l'attuale degrado terzomondistico.
Ma, per Sua fortuna, dal Terzo Mondo arriveranno presto come rinforzi i pellegrini del Giubileo.

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