LA RASSEGNAZIONE

Avendo passato qualche settimana in Italia, siamo stati colpiti tra le altre cose, dall'avanzato stato di "cloroformizzazione" della società italiana. Con questa (brutta) espressione, intendiamo l'atteggiamento di rassegnazione o, per meglio dire, di rassegnato fatalismo con cui la gente ormai subisce ogni sorta di angherie che le piovono sulla testa per decisioni (spesso anche per mancanza delle stesse) o per inefficienza di autorità, pubblici ufficiali, gestori di servizi, ecc.

Un esempio mostruoso ci viene dalla città dell'Aquila, ridente capoluogo d'Abruzzo, attualmente amministrata da una Giunta dell'Ulivo.

Ebbene, passeggiando per le vie della città, siamo rimasti stupefatti e sconcertati nel vederci passeggiare accanto una incredibile quantità di cani randagi, quantità che i giornali locali stimano intorno al centinaio. Si tratta di ogni sorta di cani bastardi, tutti di taglia superiore, quasi certamente abbandonati da provvisori padroni, che vagolano, si distendono al sole, copulano e fanno i loro bisogni per le vie cittadine, nella pressoché totale indifferenza delle persone che affollano il centro nelle ore del passeggio, come fosse cosa del tutto normale.

Il fatto è, da quanto abbiamo appreso, che il vecchio canile municipale era ospitato nei locali del mattatoio: qualche anno fa, essendo stata decisa la chiusura del mattatoio, fu chiuso di conseguenza anche l'annesso canile, ed abolita la figura dell'accalappiacani, ragion per cui se i cani randagi ora invadono la città, "...nessuno può farci niente..."!

Non insistiamo su quanto accade quando qualche improvvido si azzarda ad uscire di casa col proprio cagnolino al guinzaglio, o quando qualcuno dei randagi, per sue imperscrutabili ragioni, si mette ad abbaiare chiamando a raccolta gli altri, perché non è questo il punto.

Di fronte alla nostra meraviglia sulla passiva (e quanto mai pericolosa) accettazione di questa situazione, la gente allarga le braccia sconsolata dal momento che "...qualcuno che è già stato morso ha denunciato il Sindaco ed altre Autorità, ma tutto è insabbiato e nessuno si è mosso: cosa vuoi farci... è tutto uno schifo!".

Con la proverbiale capacità di adattamento che normalmente gli italiani si autoriconoscono come merito e virtù, la gente sembra dunque già assuefatta a questa assurda convivenza e a quest'altrettanto assurda indifferenza degli amministratori pubblici, cercando provvisorie soluzioni personali dettate dal buon senso (girare al largo, evitare gesti bruschi, evitare di agitare il sacchetto della carne in prossimità dei quadrupedi,...). Tutto questo ci sembra inaccettabile, e non solo perché si tratta di "omissione di atti di ufficio" da parte degli amministratori, ma anche e soprattutto, a nostro avviso, perché a poco a poco la gente si abitua a questo andazzo e non ne percepisce più l'assurdità: lentamente ma inesorabilmente si percorre così una spirale che allontana dalla civiltà.

Per inciso, noi che viviamo in Paesi che per moltissimi aspetti sino ad oggi non potevano davvero proporsi come modelli di civiltà verso l'Italia, dobbiamo constatare che in questi Paesi anche il più piccolo amministratore prende normalmente le sue responsabilità, senza trincerarsi dietro a "competenze di altri" e, aggiungeremo, senza timore dell'abuso d'ufficio. Questo fa sì che i problemi gandi e piccoli della vita di tutti i giorni vengano rapidamente affrontati ed in generale risolti, anche su semplice segnalazione telefonica del cittadino.

Abituati a questo modo (civile) di fare, confessiamo di essere stati presi da una rabbia sorda per quello stato di trascuratezza/impotenza/rassegnazione e, conformemente agli insegnamenti di certi predicatori televisivi (vedi La Tolleranza nel numero precedente) abbiamo istintivamente incitato i nostri interlocutori aquilani a prendere forconi e bastoni, correre in massa verso il Municipio e la Pretura, e lì liberamente sfogarsi finché qualcuno non avesse escogitato e messo immediatamente in atto una soluzione. Ma evidentemente è passato troppo tempo dalle "epiche" giornate del febbraio 1971, quando gli aquilani si infiammarono in difesa del loro capoluogo, tutti uniti al di sopra delle appartenenze politiche. La qualità della vita quotidiana ormai non vale, evidentemente, quanto il mantenimento del Capoluogo e dei suoi assessorati!

Al posto di bastoni e forconi, abbiamo per la verità anche suggerito di utilizzare come armi improprie le sedie che la stessa solerte Amministrazione Comunale mette a disposizione per il quotidiano gratuito "cinema in piazza" serale, che riesce invece a mobilitare una straordinaria quantità di spettatori, con proiettore su camion e schermo davanti al monumento ai Caduti.

Non è certo una trovata dei nostri giorni dare "panem et circenses" al popolo, onde attenuarne le velleità e consentire al Potere di mascherare un poco le proprie inefficienze, e non intendiamo quindi infierire su una particolare Amministrazione comunale, né su una particolare cittadinanza, anche perché l'episodio dell'Aquila, per quanto assurdo, non è che un esempio tra i tanti che potremmo citare.

Quello che ci preoccupa è che, se un singolo episodio locale può apparire grave ma in definitiva marginale, l'insieme delle situazioni assurde che sta vivendo il nostro Paese, che si sono incancrenite per il disinteresse e l'incapacità dei governanti e che ora sono in fase di galoppante degrado per la nullità dell'attuale Governo, aggravate dalla situazione di crescente povertà di massa per il disastro economico/industriale, rende sempre più allucinante, ai nostri occhi, l'idea di poter vivere in Italia, non ostante il sole ed il mare. E ciò che uccide la speranza di cambiamento è il constatare che la gente comune, al di là di qualche sprazzo o generica percezione, non è più in misura di rendersene conto.

In queste condizioni confessiamo, se pure con un certo imbarazzo, di avere un moto di simpatia per quei pochi movimenti spontanei che sembrano dare qualche segno di vita, dal LIFE di resistenza fiscale al Comitato del NO al referendum sulle TV, dalle ronde di difesa notturna dei cittadini, agli agricoltori di Battipaglia che occupano la ferrovia per protesta contro certi aumenti fiscali, e per finire alle "camicie verdi". E sì, ammettiamo sconsolatamente di essere spinti a "sperare" anche negli squinternati seguaci di Bossi: a questo ci sta spingendo il degrado delle Istituzioni. Sarebbe il caso che tutte le forze politiche uscissero dall'attuale stato di evanescenza e offrissero progetti e speranze diverse, per evitare il pericolo che un giorno la gente si desti di soprassalto e reagisca in massa come abbiamo reagito noi nel caso dei cani dell'Aquila. Per dirla con le parole di Montanelli (cfr. L'Italia degli Anni di Piombo, Rizzoli, 1991): "Si diffondeva nel Paese la convinzione che ciascuno dovesse farsi giustizia da sé (...) e che i moti di piazza (...) fossero la migliore risposta all'inerzia declamatoria di Roma".

Pagina successiva

Hosted by www.Geocities.ws

1