DOVE VA L'ITALIA?

di Eros Capostagno

Un rapporto dell'EURISPES appena pubblicato, parla della classe politica italiana come "balbettante ed incapace", caratteristiche queste che ne fanno la principale responsabile dello sbando materiale e morale che l'Italia vive da qualche anno.

Certo é difficile dar torto agli estensori del rapporto, viste le brillanti prove che hanno dato di sé molti recenti ministri e boiardi di Stato, che si siano occupati di trasporti, di lavori pubblici, di immigrazione, di criminalitá, di protezione civile, di cooperazione, di lavoro, di economia, di riforme amministrative, di giustizia, di fisco e quanto altro. Verrebbe dunque da pensare che tra tutti coloro che affollano attualmente le stanze della politica, vi sia una straordinaria concentrazione di inetti, incapaci e rincoglioniti, evidentemente superiore a quella dei decenni precedenti.

L'ipotesi è attraente ma debole, sia per improbabilitá statistica, sia perché, tra i notabili del passato non crediamo ce ne siano poi cosí tanti da rimpiangere. Certo la formazione mentale di quelli attuali è basata su schemi ideologici che hanno prodotto solo risultati fallimentari, e questo ha il suo peso nell'elaborazione e nel sistematico fallimento dei loro programmi sociali ed economici.

Ci sembra piuttosto che quello che diversifica la situazione politica attuale da quella del recente passato è la mancanza di un quadro di riferimento certo, nell'ambito del quale anche dei politicanti mediocri ed i loro cortigiani possano ritagliarsi un sia pur piccolo ruolo, contribuendo in qualche modo al funzionamento del sistema Italia, bello o brutto che sia.

Il "Sistema Italia" era basato sul duopolio "potentati economici-partiti politici", e sul loro scellerato patto di potere. I potentati economici definivano le loro strategie ed i loro interessi, imponendo ai partiti politici di modellare la politica economico-industriale del Paese in funzione di tali interessi.

Questo si traduceva essenzialmente nel finanziare con contributi e facilitazioni statali varie la produzione industriale (per sostenere l'export altrimenti non concorrenziale), nel finanziare surrettiziamente la grande industria nei suoi momenti di crisi (fingendo di incentivare investimenti al Sud), nell'assumere nell'Amministrazione statale il personale trovatosi in sovrappiú a seguito di fallimenti e/o investimenti sbagliati, nel comprare per lo Stato prodotti di scarto che non avevano piú mercato e cosí via. Ridotto all'osso, il sistema si riassumeva in "i guadagni ai potentati economici, le perdite allo Stato".

La contropartita per la classe politica era costituita, come noto, dal finanziamento che i potentati economici ed industriali elargivano a piene mani.

Ogni partito aveva la sua fonte di reddito in settori ben definiti. Schematizzando, sappiamo come l'IRI fosse il feudo (di una parte) della Democrazia Cristiana, l'ENI quello del Partito Socialista, l'EFIM quello dei partiti minori, il commercio con i paesi dell'Est e le cooperative quello del Partito Comunista. Questi feudi costituivano delle mammelle che la classe politica mungeva a piene mani. Questo tipo di pratica, soldi in cambio di favori, dilagó con estrema facilitá nella stagione del consociativismo, fino a coinvolgere piccoli imprenditori, peones della politica, Guardia di Finanza, ..., divenendo cioé "sistema".

In questo sistema, alla classe politica non erano richieste doti eccezionali: la politica economica era imposta dai potentati economici anzidetti, la politica estera era imposta dall'esistenza dei blocchi (malgrado qualche sussulto dovuto alle simpatie filo-arabe di certi personaggi), la politica sociale da un lato era largamente imposta dalla Chiesa (malgrado gli strappi del divorzio e dell'aborto), dall'altro concordata con i potentati economici ed attuata tramite i sindacati.

Nell'ambito di questo quadro di riferimento, l'incombenza maggiore del politicante era quella di strappare concessioni, assunzioni di personale, soldi pubblici per interessi locali i piú disparati, grazie ai quali egli riceveva poi potere ed arricchimento per sé e per il partito. L'incombenza maggiore dei boiardi di Stato ad ogni livello era quella di procurare finanziamenti per il proprio referente politico, in cambio di poltrone e relativi benefici.

Il sistema era talmente autosostenentesi, che non si fermava piú dinanzi a nulla: cosí ad es. fu deciso pretestuosamente di abbandonare l'energia nucleare, che non permetteva tangenti significative (v. La stana storia del nucleare in Italia) per passare al metano, ricco di succulente possibilitá con i contratti di fornitura e di costruzione dei metanodotti, oppure si decise la deindustrializzazione dell'Italia, e addirittura si arrivó a megasvalutazioni della Lira in vista della privatizzazione delle imprese a partecipazione statale, onde consentire ai soliti noti di acquistarle a prezzi stracciati con i loro capitali in valuta pregiata!

Tutto ció era reso possibile dall'esistenza di un mercato interno italiano protetto e da una concorrenza all'estero artificialmente sostenuta, a prezzo di un forte indebitamento dello Stato. Poi venne la globalizzazione, la moneta unica, il mercato mondiale, la concorrenza non piú falsata dagli aiuti statali. Ed il "Sistema Italia" è crollato. La produzione industriale è crollata, la disoccupazione è esplosa, l'inadeguatezza delle infrastrutture e l'evanescenza della Pubblica Amministrazione si sono rivelate in tutta la loro drammaticitá.

La gestione dell'economia travalica oggi i poteri di uno stato nazionale. Non sappiamo quanto questo sia un bene o un male, ma è certo che il duopolio tradizionale italiano "potentati economici-partiti" non ha piú lo stesso potere precedente, vista l'entrata in gioco di fattori sovranazionali difficilmente controllabili. In questo senso, essersi battuti contro il Governo Berlusconi e l'aver sostenuto l'ascesa al potere dei comunisti, non è servito ad impedire, ma solo a ritardare, che i potentati economici italiani, pur mantenendo il controllo sulla classe politica, perdessero parte del controllo sulla politica economica italiana.

I risultati di questa situazione sono sotto gli occhi di tutti, tranne quelli degli ultimi due Primi Ministri e Superministri italiani che, bontá loro, si vantano dei loro presunti eccezionali risultati!

Venuto meno il duopolio, anche i sindacati hanno perduto il loro ruolo tradizionale di mediatori sulla classe lavoratrice delle decisioni prese dai duopolisti e, in definitiva, hanno perso bussola e riferimenti, vagando come soggetto autonomo e mina potenziale.

Se questo è il quadro di riferimento attuale, non puó meravigliare che la classe politica si presenti come "balbettante ed incapace", come detto nel rapporto dell'EURISPES. Si tratta infatti di una classe politica costituita da grigi funzionari o da vecchi ruderi di partiti che si sono sempre richiamati ai "fasti" politici, sociali ed economici del comunismo e della sua madrepatria, ad ideologie totalitarie che non ammettono opposizione o anche solo dissidenza, a concezioni centraliste e dirigiste divenute nel frattempo ancor piú anacronistiche, che pensano ancora alla lotta di classe, insomma una classe politica al potere costituita da gente inadatta ad elaborare un "progetto" per l'Italia, che porti al pieno recupero delle potenzialitá e della vitalitá del paese ed al suo (re)inserimento nel ruolo che gli compete.

Privi di un progetto globale su cui (almeno tentare di) impegnarsi, e privati di quella lucrosa routine del passato, i nostri politici si trovano davvero alla deriva, sballottati a destra e a sinistra da magistrati invadenti, da criminali dilaganti, da sindacati in trincea, da disoccupati cronici, da alluvioni e terremoti, e chi piú ne ha piú ne metta.

Cosí, mentre nel mondo si creano dalla sera alla mattina societá con giri d'affari superiori magari al PIL di un intero Paese come il Belgio, in Italia il Governo si vanta di aver inventato nuove Casse per il Mezzogiorno ("Sviluppo Italia" - v. Un progetto, almeno uno...), o di aver stabilito per legge una nuova "Carta dei diritti dell'uomo" che fissa quanti giornali o televisioni si possano possedere, quanti minuti possa apparire in TV un politico dell'opposizione, come chi svolge un'attivitá imprenditoriale non possa occuparsi di politica, magari come vietare la pubblicitá in Internet ed altre (tragiche) amenitá del genere.

É chiaro dunque che condizione essenziale perché l'Italia possa ridarsi una struttura efficiente, è quella di scrollarsi di dosso questa classe politica "balbettante ed incapace", sostituendola con una in grado di concepire un vero "Progetto" ed in grado di cogliere l'opportunità del momento per liberare il Paese dall'asfissiante tutela dei vecchi potentati economici.

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