UN PROGETTO, ALMENO UNO...

di Eros Capostagno

Il passaggio da un secolo all'altro pare abbia sempre provocato ansie e timori, spianando la strada ai profeti di sciagure ed annunziatori della fine del mondo. Alcuni anni fa, ricordiamo che uno di questi, senza nemmeno attendere la fine del secolo, si "murò" all'interno di una grotta delle Alpi assieme ad un certo numero di seguaci, per scampare alla fine del mondo che sarebbe arrivata alla mezzanotte di San Silvestro. Naturalmente il mondo continuò a girare imperterrito, assolutamente indifferente alle turbe ed ai fantasmi di cui si alimentavano quei poveretti.

Sarà forse per l'ansia della fine del millennio, e sarà forse anche per lo smarrimento dovuto alla quasi contemporanea fine del mondo (del "loro" mondo, s'intende), ma abbiamo l'impressione che qualcosa di simile stia accadendo agli attuali governanti italiani. Si direbbe infatti che il Paese sia stato trascinato da qualche invasato, all'interno di una grotta con l'ingresso poi murato, nella convinzione di riuscire ad evitare la resa dei conti col mondo esterno.

Un mondo esterno che naturalmente continua a girare a pieno ritmo, indifferente alla presenza o meno dell'Italia che, chiusa su se stessa, vive dei propri fantasmi e delle proprie turbe, in un'ottica di pura sopravvivenza quotidiana e nell'assenza di qualsiasi progetto per l'avvenire. Similitudine esagerata? Vediamo.

Nel campo dell'energia, tanto per cominciare da un settore qualsiasi. La dipendenza italiana dalle importazioni di petrolio (e gas) è pressoché totale, così che qualsiasi aumento del prezzo della materia prima si ripercuote direttamente sul consumatore italiano, in termini di rincaro dei prodotti finiti (benzina, gasolio) che di costo dell'energia elettrica prodotta con oli combustibili.

Negli anni del petrolio a buon mercato, sarebbe stato logico elaborare un "Piano Energetico Nazionale", che tentasse di ridurre per il futuro la dipendenza dal petrolio e dai suoi volubili produttori. Invece niente. Come la cicala della favola, non si è affatto pensato al futuro, continuando a vivere alla giornata. Anzi, nel caso dell'ENEL, i nuovi boiardi di Stato ed i loro referenti politici hanno pensato bene di lasciar perdere la produzione di energia per dedicarsi alla ...telefonia!

Così, quando il prezzo del petrolio ha cominciato a salire, D'Alema e compagni non hanno saputo far altro che stare a guardare, e quando la benzina è arrivata a prezzi da malcontento popolare, hanno pensato di aver trovato la panacea con un temporaneo sconto fiscale, annullato nel giro di pochi giorni dagli ulteriori aumenti di prezzo. A dimostrazione che, oltre all'improvvisazione, aleggia nel Governo anche una buona dose di incapacità gestionale e programmatica. Cui si aggiunge la protervia di chi pretende di imporre al Paese la propria datata "naïveté", come il Ministro Ronchi, costringendo la gente ad andare a piedi, onde ridurre il consumo di benzina, in un mondo che intorno a noi intanto evolve al ritmo del 5% l'anno.

Analogamente, nel campo della ricerca applicata e dell'industria, l'Italia è stata tagliata fuori dai nuovi assetti dell'economia mondializzata. Abbiamo già sottolineato varie volte come dagli anni 70 in poi, sotto lo slogan sessantottino che "l'Università non deve essere serva dei capitalisti", la ricerca universitaria sia stata disaccoppiata dalle esigenze dell'industria. Il risultato è che oggi, mentre in altri Paesi, ogni "idea" innovativa viene brevettata e dà luogo al suo sfruttamento industriale e commerciale, con creazione di lavoro e di ricchezza, e con i benefici derivanti dalle royalties ottenute, in Italia si deposita normalmente un numero di brevetti inferiore a quello della Svizzera, e le royalties pagate per l'utilizzo dei brevetti stranieri pesa enormemente sulla bilancia commerciale.

Un serio progetto di sviluppo dovrebbe ripristinare la contiguità università-industria, come avviene negli altri paesi occidentali, per riportare l'Italia sulla strada della concorrenza internazionale, ma come pretendere tutto ciò da coloro stessi che coniarono e fecero propri quei motti sessantottini?

Oltretutto, in questi ultimissimi anni la piccola e media industria italiana, famosa per la sua flessibilità e capacità di rinnovarsi e di dar luogo ad una costante innovazione tecnologica, è stata strangolata economicamente, con una fiscalità oppressiva ed una legisazione del lavoro penalizzante, così che la sua capacità di penetrazione sui mercati mondiali si è drasticamentre ridotta.

Anche l'industria medio-grande ha risentito dell'assenza di un "progetto Italia" e di un "sistema Italia", e della politica economica suicida dei Governi che si sono succeduti in questo decennio, rimanendo tagliata fuori dalle principali sinergie che l'industria europea stava via via promuovendo.

Abbiamo già parlato dell'accordo DASA/Aérospatiale nel settore del traporto aereo, la settimana scorsa abbiamo appreso che Framatome (Francia) e Siemens (Germania) hanno deciso di mettere in comune le loro attività in campo nucleare. Accordo passato inosservato ma, se si pensa che non sono prevedibili nuove attività in questo settore in nessuno dei due paesi, si può immaginare che l'obiettivo possa essere la messa in conformità delle centrali nucleari dei paesi dell'Est candidati ad entrare nell'Unione Europea, agli standard di sicurezza vigenti nell'Unione, visto che questa sarà una delle condizioni sine-qua-non per poter entrare.

L'affare è chiaramente enorme in termini economici, ed è sintomatico che due grandi operatori del settore vi si preparino per tempo. Purtroppo, nell'Italia attuale certe strategie sono ben lontane dalle occupazioni di chi di dovere: il Ministro Bersani ha anzi convocato una conferenza stampa il 14 dicembre per illustrare il piano di smantellamento dell'archeologia nucleare italiana, al costo di 7000 miliardi per il contribuente!

Oltre all'incompetenza di Ministri e boiardi di stato, queste situazioni sono state determinate anche dalle sconsiderate politiche economiche dei recenti Primi Ministri e Ministri economici, che hanno sacrificato il Paese ai loro personali interessi di immagine. Ne abbiamo parlato tante volte che è inutile ripeterci: lo stop a tutti gli investimenti, lo strangolamento fiscale, le restrizioni legislative, contrabbandate al Paese come necessario sacrificio per il raggiungimento dell'Eden dell'EURO, hanno procurato in realtà solo disoccupazione, "sbrago" materiale e morale, povertà (l'Unicef ha stimato che il 21,2% dei bambini italiani è povero!), con tutto il corollario di inefficienza, pressappochismo, e coma profondo del Meridione.

Non sapendo cosa fare, non riuscendo a concepire piani di sviluppo, gli attuali governanti non hanno saputo far di meglio che re-inventare una Cassa per il Mezzogiorno (Sviluppo Italia), con l'attribuzione delle poltrone ai propri figli e cortigiani i quali, ancora prima di operare, già hanno mostrato di saper interpretare, alla grande, i fasti della vecchia Cassa.

Il peso politico che all'estero ne è derivato per il Paese, non ostante la presenza di Prodi ai vertici dell'UE, si può misurare dalle iniziative che singoli paesi prendono per poi presentarli (imporli) a cose fatte agli altri. L'ultimo in ordine di tempo è il progetto di difesa europea, in cui Francia e Gran Bretagna (e successivamente Germania) si sono accordate per un corpo d'armata comune di rapido intervento, dotato di uomini e soprattutto di mezzi rilevanti. Come ci ha detto un Ambasciatore francese, l'importante è che alcuni Paesi prendano l'iniziativa, gli altri si accoderanno: tra questi ultimi figurerà naturalmente l'Italia che, benché costretta a mettersi a disposizione degli alleati in caso di bisogno, viene tenuta fuori dai processi decisionali.

Il che sarebbe già fastidioso di per sé, se non fosse anche facile immaginare quali industrie di quali paesi si vedranno attribuire la fetta più importante delle relative commesse (carri armati, aerei, navi,...).

Nel settore dei trasporti, dileguatasi la cortina fumogena del ponte sullo Stretto di Messina, la desolazione è riapparsa in tutta la sua tragica realtà. Come noto, le strade non sono dimensionate per il trasporto merci attuale, che peraltro non ha alternative ferroviarie né marittime, non essendo stato elaborato alcun progetto in tal senso: basta un incidente tra Bologna e Firenze perché l'Italia sia tagliata in due, basta l'arrivo della nebbia tra Milano e Bologna/Venezia perché le autostrade, non illuminate, diventino trappole mortali. A questo proposito ci chiediamo, sconsolati, con quale criterio, oltre al rimbambimento pubblicitario, e con quali speranze di utili gli italiani si lancino a comprare le azioni della Soc. Autostrade...

Delle ferrovie è meglio non parlare, ormai basta un fulmine per bloccare la circolazione dei treni tra Nord e Sud, la costruzione della linea Lione-Torino, quale tratto della trasversale veloce Lione-Milano-Trieste viene rimessa in discussione. Come è meglio non parlare dell'Alta Velocità. Anzi no, sarebbe proprio il caso di parlarne, per evitare che un silenzio omertoso continui a coprire le malefatte di chi vi ha trafficato intorno. L'unico progetto in campo ferroviario che sembra davvero essere stato elaborato dal Governo è quello espresso, involontariamente, dal Ministro Amato al momento della liberalizzazione dei trasporti ferroviari europei: "Speriamo nelle Ferrovie tedesche!".

Nel campo del riassetto finanziario dello Stato, occorre riformare il sistema pensionistico, ma il timore di perdere ulteriori consensi prevale sul "senso dello Stato", e nell'attuale maggioranza non c'è ombra di progetto innovativo. Forse ci sarà anche la consapevolezza di non poter restare ancora a lungo a Palazzo Chigi, a suggerire di lasciare il problema in eredità ai successori.

In Olanda il Parlamento sta discutendo il progetto di riforma del sistema fiscale, che dovrà entrare in vigore tra un anno, e si tratta di una riforma strutturale completa: in Italia il Parlamento è troppo occupato a dirimere questioni di ben altro spessore, come l'incazzatura di Mastella per la poltrona di Presidente della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla "strage del Cermis", e la materia fiscale viene lasciata al Ministro Visco, che non riesce a rispondere alle osservazioni del Governatore della Banca d'Italia se non a sberleffi.

Vorremmo anche vedere, finalmente, un "progetto Giustizia", che impegni il Paese intero a ricostruire un tessuto sociale sano, riconducendo la criminalità a limiti fisiologici, regolamentando e controllando l'immigrazione, creando le condizioni perché un semplice Procuratore della Repubblica non sia tentato di porsi al di sopra della Legge e dell'ordinamento della Repubblica, perché la libertà di espressione non sia alla mercé di gnomi che pensano di arricchirsi facendo condannare i giornalisti per diffamazione.

Purtroppo, gli unici progetti sulla Giustizia e l'ordine pubblico sono quelli messi in piedi per liberare la Baraldini e pagarle le multe, portare in Italia un Ocalan di cui nessuno sentiva il bisogno, nascondere i dossier sui rapporti URSS/PCI, impedire le campagne elettorali, mettere la museruola agli avversari politici e, per finire in bellezza, stabilire che gli arbitri di calcio hanno una sudditanza psicologica verso certe squadre!

Ad onor del vero, bisogna riconoscere che un progetto è stato elaborato e portato a compimento: quello di favorire la criminalità di ogni ordine e grado, con lo smantellamento delle strutture investigative non controllabili ed il linciaggio materiale e morale di magistrati e funzionari non allineati. Assordita dal rombo delle sue stesse dichiarazioni trionfalistiche, il Ministro dell'Interno è l'unica a non essersi ancora accorta del traguardo raggiunto.

Non andiamo oltre (scuola, sanità,...) perché, come detto, il mondo continua imperterrito a girare, mentre l'Italia, preda delle sue turbe, discute se il centro-sinistra debba avere il "trattino" oppure no, se alla Scala l'inno di Mameli si adatti al Fidelio oppure no, e così via.

Crediamo sia davvero giunta l'ora di darsi una scossa e di "fare la festa" agli invasati che ci hanno trascinato in questo buio Medioevo.

Pagina successiva

Sommario Pagina di copertina Commenti alla Redazione

Hosted by www.Geocities.ws

1