ITALIANI NEL MONDO N.3

di Calogero

La legge di riforma costituzionale per il voto all'estero ha fatto un altro passo avanti nelle scorse settimane, superando un'altra delle varie approvazioni parlamentari necessarie. Come giá all'inizio dell'estate in occasione della precedente approvazione, euforia tra gli italiani all'estero e commozione di Tremaglia.

Come fará il Governo italiano a stipulare i necessari accordi bilaterali con tutti i governi del mondo per consentire l'esercizio effettivo del voto, in particolare con quelli che giá in passato hanno chiaramente fatto sapere di voler togliere la nazionalitá a quanti partecipassero alle elezioni politiche di un altro paese, questo nessuno ce lo ha ancora spiegato.

Comunque sia, non intendiamo ripetere le nostre personali perplessitá su questa storia del voto all'estero, avendole giá espresse nei numeri 46 e 47 di questa rivista (v. Dietro la facciata del voto all'estero e Italiani nel Mondo). Vogliamo invece sottolineare quanta ipocrisia continui ad aleggiare nei palazzi romani, dietro questa facciata di commosso slancio verso l'emigrato.

"...rivolgo un caloroso saluto a tutti gli italiani residenti all'estero, con cui sono lieto di condividere questo tanto atteso momento di vivissima soddisfazione": con queste parole il Ministro degli esteri L. Dini si é affrettato a rivolgersi alle comunitá italiane all'estero all'indomani del voto. E noi, italiani all'estero, ci rallegriamo (e lo ringraziamo) per questa condivisione.

Nell'iconografia ufficiale, questo "riavvicina" gli emigrati alla perduta patria. Evviva.

Nel contempo ci sia permesso di chiederci perché lo stesso Ministro Dini non ci manifesti analoga compartecipazione alla tristezza, alla delusione e, consentiteci, all'incazzatura, degli italiani in Europa, provocate dallo stesso Ministero di cui Egli é responsabile, per la deliberata scelta di "tagliare" l'unico legame esistente attualmente tra questi ed il "sistema Italia".

Ci riferiamo all'assistenza scolastica per gli italiani all'estero, divenuta ovviamente negli ultimi anni assistenza scolastica ai loro figli e nipoti e loro congiunti.

Come giá detto negli articoli precedenti, si tratta per lo piú di ragazzi totalmente assimilati alla societá dei paesi in cui sono nati e vivono, ed altrettanto quasi totalmente estranei all'Italia, alla cultura italiana ed alla lingua italiana, anche se magari sono dotati di un passaporto italiano, in supplemento a quello locale. Per tutti costoro, l'assistenza scolastica, alias i corsi di lingua e cultura, costituivano e costituiscono l'unicio mezzo per mantenere, o riallacciare, un legame con l'Italia.

Ad essi vanno aggiunti i figli dei funzionari e professionisti italiani che, sempre piú numerosi, si trovano a risiedere per periodi piú o meno lunghi all'estero. Per essi, i corsi di italiano opportunamente adattati, costituiscono l'unico mezzo (in assenza di vere scuole italiane) per non interrompere del tutto un corso di studi eventualmente iniziato in Italia e/o non precludersi la possibilitá di riprendere successivamente gli studi in Italia.

Nel passato, come noto, tale assistenza veniva assicurata dal Ministero degli Esteri, tramite i Consolati ed i COASCIT che ne erano diretta emanazione. Gli insegnanti erano inviati e retribuiti direttamente dal Ministero. Ai COASCIT venivano forniti i finanziamenti necessari per le spese vive, affitto aule, acquisto libri e materiale didattico, eventuale trasporto alunni e cosí via. Sull'uso ed abuso di questi fondi abbiamo giá parlato. In questa sede ci interessa soprattutto l'architettura generale dell'assistenza scolastica, dal momento che da due anni a questa parte, tale architettura é stata modificata.

Le Autoritá italiane hanno deciso di non essere piú coinvolte direttamente in questi corsi, tenuto anche conto della spesso ambigua (per non dire chiaramente illegale) posizione rispetto alla legislazione dei paesi ospitanti. Di conseguenza i corsi di lingua italiana non vengono piú organizzati dal Ministero degli Esteri, tramite i COASCIT: se una comunitá italiana all'estero vuole dei corsi di italiano, bene, in poche parole ora se li deve organizzare da sola.

Operativamente, per far ció occorre creare un Ente morale (o assimilato), costituito legalmente e conformemente alla legislazione locale, che assuma in toto la responsabilitá operativa e legale dei corsi. Sará poi cura di questo Ente chiedere contributi finanziari al Ministero degli Esteri e, per suo tramite, al Fondo Sociale Europeo, che li concederanno come, quando, se e nella misura che vorranno. Il Ministero degli Esteri puó anche concedere, come in passato, propri insegnanti, onde non gravare l'Ente dell'onere della retribuzione di insegnanti assunti localmente.

Tutto bene dunque, un esempio di "privatizzazione" dell'istruzione, alla quale siamo certamente favorevoli, convinti che davvero il privato possa fare meglio e piú efficacemente quello che la burocrazia ministeriale rende difficile e tortuoso. Tutto bene dunque se...

Se non fosse che, per portare l'istruzione italiana in giro per il mondo, occorrono parecchi soldi.

Per dare un'idea, nell'anno scolastico 98/99, uno degli Enti che in Olanda gestiscono la faccenda, ha organizzato circa 90 corsi per un totale di piú di 900 allievi, dislocati in 20 diverse localitá del paese, utilizzando tre insegnanti inviati e retribuiti dal Ministero e ben dodici insegnanti assunti e retribuiti dall'Ente stesso, con una spesa complessiva di circa 300 milioni di lire.

É chiaro che questi soldi non possono che provenire dalle Istituzioni italiane (o europee per loro tramite), essendo impensabile reperirli presso sponsors e dovendo mantenere gratuiti i corsi elementari e medi. Ebbene, la triste realtá é che l'Ente in questione non solo si é visto attribuire per l'esercizio finanziario 1999 solamente 160 milioni di lire ma, alla data odierna, di questi gliene sono stati materialmente consegnati unicamente 30! E questo Ente attende ancora il saldo dei finanziamenti relativi al 1997 e 1998!

Non solo. Nello scorso mese di agosto, a pochi giorni dall'inizio dei corsi (in Olanda le scuole cominciano il 16 agosto) e senza alcun preavviso, il Ministero degli Esteri ha comunicato la sua decisione di ritirare uno dei tre insegnanti ministeriali, conformemente ad una politica di disimpegno adottata, che porterá progressivamente alla soppressione di tutti gli insegnanti ministeriali. Questa decisione non é stata accompagnata da alcuna compensazione economica da parte del Ministero. Ebbene, questo insegnante gestiva corsi per piú di 170 allievi in 5 diverse localitá: la sua sostituzione con un insegnante locale comporta (o meglio, comporterebbe) un onere finanziario per l'Ente di circa 60 milioni di lire per anno scolastico. Che l'Ente non é ovviamente in grado di sostenere.

Conseguenza di quanto sopra: all'inizio dell'anno scolastico 99/2000, questo Ente si é trovato (e si trova tuttora) non solo sommerso da fatture che da mesi non ha piú i mezzi per pagare, ma evidentemente anche nell'impossibilitá di stipulare nuovi contratti di affitto per le aule e di retribuzione di insegnanti. Soltanto i due insegnanti ministeriali rimasti sono stati quindi autorizzati ad iniziare i corsi per un totale di solo 250 allievi. Il risultato insomma (oltre ai debiti) é che degli oltre 900 allievi iscritti, ben 650 sono rimasti privi dei corsi di italiano!

Il tutto nell'indifferenza del Governo, che non ha fatto una grinza di fronte al coro di proteste espresse dagli utenti e dalle stesse Autoritá Diplomatiche italiane in Olanda. E con il corollario della ennesima caduta di immagine del Paese e dei suoi cittadini di fronte alle istituzioni scolastiche olandesi ed a quelle scuole internazionali che avevano accettato l'istituzione di corsi di Italiano inseriti o addirittura integrati nel loro curriculum.

Ci piacerebbe attribuire questo stato di cose alla normale freddezza e complessitá della macchina burocratica italiana, che distribuisce finanziamenti senza un vero discernimento e che impiega tempi biblici per firmare un mandato di pagamento, ma temiamo che non sia cosí.

La soppressione di un insegnante (del "costo" di 60 milioni) senza preavviso e senza corrispettiva compensazione economica, la dice lunga sulla deliberata volontá del Governo italiano di disimpegnarsi totalmente dall'assistenza scolastica e dalla protezione della cultura italiana all'estero.

Lo abbiamo giá detto: tolto questo legame di formazione linguistica e culturale, nessun altro legame resterá piú tra i figli degli emigrati, nati e cresciuti all'estero, e l'Italia. Di fatto, a costoro non importerá nulla, ma proprio nulla, di poter votare per il Parlamento di un paese sconosciuto, o per i suoi candidati al Parlamento europeo (e le ridicole percentuali di votanti all'estero alle ultime europee ne sono un chiaro indicatore), di un paese oltretutto che si copre di ridicolo avendo fatto (fare) campagne promozionali nel 1998 per promuovere la partecipazione a questi corsi di italiano, costringendo poi a chiuderli l'anno successivo.

A meno che non sia proprio l'avvicinarsi del voto all'estero ad aver provocato questo cambiamento di politica. Dicono i maligni che i fondi risparmiati in certi Paesi verranno dirottati verso altri Paesi e continenti, dove il numero di potenziali elettori da blandire é ben maggiore di quello degli elettori italiani (per giunta svogliati) presenti nei primi. A pensar male si fa peccato, ma...

E poi si rallegrano del voto che "riavvicinerá" gli emigrati alla perduta Patria!

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