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Determinare il formato di un libro non è cosa semplice, nemmeno per i bibliofili

Non è raro il caso di valenti librai o dotti esperti di bibliofilia che hanno commesso errori tali da dare luogo a contestazioni sulla reale esistenza o meno di un libro in un certo formato.

Due sono i metodi adottati.
Formato Antico (solo per i libri del 1500 e del 1600) determinato dal numero di volte in cui è piegato il foglio di stampa.
Formato Moderno in base alla dimensione in centimetri dell’altezza del libro.

 
 

Formato Antico Pieghe Fogli Pagine
In folio 1 piega 2 fogli 4 pagine
In 4° 2 pieghe 4 fogli 8 pagine
In 8° 4 pieghe 8 fogli 16 pagine
In 16° 8 pieghe 16 fogli 32 pagine


Il più piccolo formato conosciuto è il 128°. Opera nota in questo formato è una Divina Commedia chiamata Dantino stampata a Padova nel 1878 dai fratelli Salmin. Definito il più piccolo libro del mondo non tanto per le dimensioni delle pagine quanto per il carattere di stampa. Una pagina è di mm. 56x34. Con lo stesso carattere i Salmin stamparono nel 1897 il libro - Lettera di Galileo a Madama Cristina di Lorena - di mm. 15x9.
Riguardo questo caratterettere di stampa inseriamo questa nota
estratta dal giornale "La Mañana" del sabato 29 maggio di 1965 di Montevideo , Uruguay.

" ... questo gioiello blibliografico, questo vero capolavoro , è rimasto unico nella lunga storia dell'imprenta, iniziata a Maguncia quattro secoli prima. Infatti, per che quelli caratteri microscopici creati esclusivamente per una edizione del sacro Poema "a gloria di Dante", non petessero mai più essere usati, e così straordinaria prodezza restasse inigualata nel mondo, quello stesso giorno del 9 de giugno de 1878 - come solennemente si dichiara nella pagina 500 ed ultima del libro - , furono distrutti. Le matrici furono regalate per il "grabador" Antonio Farina al Museo Nazionale di Torino , con la proibizione assoluta di adoperarli nel futuro . "

E così sta scritto nel'ultima pagina del Dantino.

Questi caratteri
fusi nel MDCCCL per comissione
di GIACOMO GNOCCHI di Milano
ora si distruggono
da poi che
per il figlio GIOVANNI editore
nella titpografia patavina alla Minerva
dei fratelli SALMIN
diretta da GAETANO GIANUZZI proto
furono adoperati
compositore GIUSEPPE GECHE
impressore LUIGI BALDAN
su mille esemplari di questa edizione
che
giusta la fiorentina diamante MDCCCLXIX
curante LUIGI BUSATO
oggi si compie
IX Giugno MDCCCLXXVIII
a gloria di DANTE



(Ricordiamo che 2 pagine, cioè 2 facciate, formano 1 foglio).
Siccome i fogli di stampa avevano dimensioni diverse a secondo della Cartiera che li produceva, le relative dimensioni dei libri non erano affatto standard.

Formato Moderno Misura in cm  
Atlante o In Piano oltre 50 poco usato
In folio oltre 38  
In 4° 28 - 38  
In 8° 20 - 28  
In 12° 20 - 24 poco usato
In 16° 15 - 20  
In 18° 15 - 17 poco usato
In 24° 10 - 15  
In 28° 10 - 12,5 poco usato
In 32° inferiore a 10  



L’affascinante mondo dei libri in miniatura
di De Vito Carmine

Che dire dunque del libro più piccolo? I libri in miniatura sono affascinanti! Ne sono stati stampati milioni e in almeno venti lingue. Se non avete mai esplorato il loro mondo, fatelo brevemente adesso.
Cosa si intende per libro in miniatura? Un libro che non superi i 76 millimetri né in altezza né in larghezza. Queste misure includono la rilegatura, anche se alcuni collezionisti meticolosi preferiscono tener conto solo delle pagine del libro.
Perché sono stati stampati questi volumi in miniatura? Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, quasi tutti i libri in miniatura sono abbastanza leggibili. Almanacchi, classici, romanzi, drammi, dizionari e scritti sacri in miniatura si possono dunque portare con sé e consultare con poco sforzo. Anche se anni fa questa poteva essere la ragione fondamentale per possedere questi minuscoli volumi, il collezionista odierno si interessa maggiormente di un altro aspetto dei libri in miniatura: l’abilità di chi li ha stampati e rilegati. I tipografi dovettero superare non pochi problemi tecnici per progettare e produrre caratteri che fossero leggibili, con o senza lente di ingrandimento. Il loro lavoro ha spesso prodotto libri di grande bellezza. Anche fabbricanti di carta e inchiostro dimostrarono la loro perizia per assicurare la massima chiarezza della pagina stampata. Una volta stampato, il libro viene rilegato e la rilegatura dei libri in miniatura può essere squisita. L’abilità degli artigiani è evidente nella produzione di minuscole copertine di pelle lavorata, filigrana d’oro o d’argento, tartaruga o smalto decorato. Altre copertine sono di seta o di velluto, oppure ricamate o persino ornate di perle e lustrini, e alcuni libri sono contenuti in cofanetti per protezione.
Gli incisori che illustrarono i testi crearono figure incredibilmente particolareggiate, spesso su meno di sei centimetri quadrati di carta!
La Bibliothèque Portative du Voyageur, pubblicata a Parigi, è una biblioteca in miniatura che si pensa Napoleone Bonaparte portasse con sé durante le campagne militari.
Il più piccolo? Nel corso dei secoli molti hanno affermato di aver prodotto il più piccolo libro stampato. La prima rivendicazione valida fu avanzata nel 1674 quando il libro Bloem-Hofje di C. van Lange fu stampato a caratteri minuscoli. Un’opera sui libri in miniatura lo descrive dicendo che era “grande come un’unghia”, e che ha detenuto il primato per oltre 200 anni. Una famosa edizione della Divina Commedia di Dante fu stampata con il carattere di corpo 2, ritenuto il più piccolo mai usato, appena leggibile a occhio nudo. Il libro venne prodotto a Padova nel 1878. Ci volle un mese per stampare 30 pagine, e fu necessario usare caratteri nuovi per ogni nuova forma. Ciò nonostante se ne stamparono 1.000 copie. Si continuarono a pubblicare libri sempre più piccoli. Nel 1978 la novella per bambini Three Blind Mice pubblicata dalla Gleniffer Press di Paisley, in Scozia, diventò il “più piccolo libro del mondo”. Questa edizione a tiratura limitata fu superata nel 1985 dalla stessa casa editrice che produsse 85 copie di un’altra novella per bambini: Old King Cole! Ogni copia misura solo 1 millimetro per 1. Le pagine si possono voltare solo con l’aiuto di un ago! Libri così minuscoli, definiti da Louis Bondy “poco più di granelli di polvere”, danno prova di infinita pazienza e maestria. Comunque questi libri piccolissimi vanno oltre l’originale concetto di libri in miniatura, che era quello di produrre libri che fossero leggibili e di pronta consultazione. Bellissime collezioni di questi deliziosi volumi in miniatura si possono ammirare nei musei, e molte altre sono di proprietà privata. Se vi capiterà di entrare nel loro affascinante mondo, ricordate di maneggiarli con gran cura. Sono senz’altro opere d’arte!


Struttura del libro moderno e del libro antico

Il libro moderno ha una struttura che segue precise convenzioni che ne ne rendono semplice la consultazione. Infatti, anche quando non lo si legga per intero, ricaviamo notizie su un determinato libro attraverso l’esame degli elementi formali quali il titolo, il nome dell’autore, l’indice, l’introduzione e la prefazione, le note etc. Questi elementi formali sono sempre posizionati in un ordine universalmente accettato all’interno di un dato volume. Ad esempio, il nome dell’autore, il titolo del libro ed il nome della casa editrice si trovano sulla copertina o nella prima pagina del volume stesso; l’introduzione dell’autore per i lettori è sempre posta prima dell’inizio del testo vero e proprio; l’indice si trova o all’inizio o alla fine del libro e le annotazioni bibliografiche ed i commenti sono posizionati a piè di ogni pagina e alla fine del testo.
I codici manoscritti medievali seguivano delle regole simili anche se non proprio le stesse. Anche in quest’epoca, infatti, ogni libro iniziava con il titolo e col nome dell’autore. A volte, la prima pagina di un manoscritto riportava una subscriptio, una iscrizione cioè indicante il luogo e/o la data di pubblicazione del libro e/o il nome dello scrivano o del committente. Tanto la subscriptio quanto il colophon, un enunciato del medesimo contenuto del precedente solo posto alla fine del libro, quasi a fare da specchio alla subscriptio, sono elementi facoltativi che appaiono nei libri medievali solo sporadicamente. Per l’editoria rinascimentale i colophon sono maggiormente frequenti delle subscriptio e, per i primi libri a stampa, i colophon rappresentavano il simbolo o marchio della casa editrice. Entrambi questi elementi possono essere utilizzati per definire l’origine di un determinato manoscritto.
Incipit, cioè inizia, è la formula che indica l’attacco del testo. Nei codici nei quali sono riportati diversi testi (i quattro Vangeli, o un’antologia di sermoni) solitamente si trovano altrettanti incipit di quanto sono i testi. L’incipit viene a volte confuso con il titolo o con la subscriptio per il semplice motivo che tutti cominciano con la parola incipit.
Per la stessa ragione explicit, letteralmente spiegato, una formula che indica la fine del testo o di una sezione di esso, è spesso confusa con il colophon.
I manoscritti che venivano acquisiti per le biblioteche, monastiche o secolari che fossero, erano spesso marcati con un bollo che ne segnalava l’appartenenza ad una particolare collezione o persona. Questi sigilli, detti ex libris, sono solitamente posti all’inizio del manoscritto e rappresentano una fonte di inestimabile valore per individuare la provenienza dei manoscritti stessi.
L’indice o lo schema analitico del contenuto di un volume, fece la sua comparsa come conseguenza di una nuova inclinazione verso la lettura. Prima che intervenisse tale cambiamento i libri venivano letti senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine. Questo era il modo di leggere meditativo tipico dell’ambiente monastico che non aveva alcuna necessità di dover rapidamente riconoscere e trovare una sezione particolare di un determinato libro.
Con il XII secolo e la nascita del pensiero e del metodo di studio della Scolastica, la disposizione verso la lettura conobbe un profondo mutamento. Studenti, professori e predicatori, infatti, intendevano il libro più come uno strumento dal quale attingere informazioni e citazioni che come semplice oggetto di lettura. Questi nuovi lettori volevano e dovevano essere in grado di effettuare una rapida ricerca per argomenti in qualsiasi testo, tralasciando le parti che non erano di loro interesse.
L’esistenza di un indice preliminare al testo divenne, quindi, un elemento fondamentale per ogni codice a partire dal XII secolo in poi.
All’inizio gli indici erano delle semplici liste di titoli di capitoli ma in seguito diventarono schemi ragionati degli argomenti contenuti nel libro. Questo è il caso dei Decreti di Graziano, un complesso testo di giurisprudenza, che includeva non solo l’elenco del numero e del titolo dei capitoli ma anche una tavola sinottica con i compendi degli argomenti discussi in ogni capitolo e paragrafo.

Numerazione delle pagine

La numerazione delle pagine è una pratica che si sviluppò solo gradualmente nell’ambito dei manoscritti medievali. All’inizio i soli Quaderni erano segnalati attraverso l’uso di parole chiave o contrassegni. Il contrassegno era solitamente la prima parola della prima linea del Quaderno seguente e veniva scritto sul margine, nell’angolo basso a destra dell’ultimo foglio verso del Quaderno precedente. Più tardi venne introdotta la norma di indicare la sequenza dei Quaderni con numeri o lettere. L’insieme di questi segni era annotato dallo stesso copista autore del testo in modo che il rilegatore fosse in grado di rilegare i diversi Quaderni correttamente fra loro.
Due fattori portarono alla definitiva accettazione del metodi della numerazione dei fogli: lo sviluppo degli scrittoria e il cambiamento della funzione del libro. Fra XII e XIII secolo, infatti, il numero delle persone coinvolte nella industria dell’editoria era notevolmente aumentato: rubricatori, miniaturisti, correttori intervenivano tutti nella creazione di un libro. Una tale complessità di procedure non poteva che aumentare il pericolo di confondere la posizione non solo dei Quaderni ma anche dei bifolia all’interno degli stessi Quaderni. D’altro canto, le nuove generazioni di lettori a partire dal secolo XII avevano la pretesa di poter rintracciare facilmente e velocemente in un libro qualsivoglia informazione e citazione.
La numerazione dei fogli di un manoscritto si ha quando sono assegnati numeri solo al recto di un foglio. Questo metodo, usato raramente già nell’Antichità, diventò la regola a partire dal XII secolo.
Tuttavia, esistevano diversi metodi. Uno di essi consisteva nel contrassegnare i fogli con una combinazione di lettere, numeri, o altri segni (asterischi, punti, cerchi, croci etc.) dove in primo luogo era dato il numero del Quaderno, e di seguito il numero del foglio all’interno del proprio Quaderno:
Ai, Aii, Aiii to Aviii, Bi, Bii, etc.
Questi segni erano posti nel mezzo del margine basso del foglio e qualche volta anche decorati. Non era quindi più compito del copista l’indicare le sequenza dei fogli: questo lavoro veniva adesso svolto da uno specialista dopo che il testo era stato completamente ricopiato, decorato e corretto.
La numerazione continua delle pagine di un manoscritto si ha nel momento in cui tanto al recto quanto al verso di un foglio vengono assegnati dei numeri sequenziali (ad esempio da 1 a 274). Questo tipo di numerazione apparve nel XII secolo e divenne comune per tutto il Basso Medioevo.
Oltre alla foliazione ed alla numerazione delle pagine, per aiutare la ricerca delle citazioni in certi libri di argomento liturgico venivano numerate anche le colonne (nel caso vi fossero più di una colonna per pagina) ed anche le righe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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