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L'Osservatore europeo

 

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Sintesi del

Discorso del Ministro Federale degli Affari Esteri Joschka Fischer

"Dalla confederazione alla federazione -
riflessioni sulla finalità dell'integrazione europea"

12 maggio 2000, Università Humboldt di Berlino

Quasi esattamente cinquant'anni fa, Robert Schuman presentò la sua visione di una "Federazione europea" mirante alla salvaguardia della pace. Iniziò così un'era completamente nuova della storia europea.

Cinquant' anni dopo, il processo di unificazione europea rappresenta per tutti gli Stati e i popoli partecipanti senz'altro la sfida politica più importante, visto che il suo successo o fallimento oppure anche solo la stagnazione di questo processo di unificazione sarà di importanza eccezionale per il futuro di noi tutti, in particolare, per quello delle giovani generazioni. Ed è questo processo di unificazione europea che ha perso attualmente credito presso molti cittadini; esso viene considerato un evento burocratico di una eurocrazia senza anima e volto con sede a Bruxelles; nel migliore dei casi lo si ritiene noioso, nel peggiore pericoloso.

L'introduzione della moneta comune, l'avvio dell'allargamento ad est della UE, la crisi dell'ultima Commissione UE, la bassa popolarità del Parlamento Europeo e delle elezioni europee, le guerre nei Balcani e lo sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune non definiscono soltanto quanto è stato raggiunto, bensì stabiliscono anche le sfide da affrontare.

Il compito che ci aspetta è tutt'altro che facile e richiederà tutte le nostre forze; nel prossimo decennio dovremo allargare la UE ad Est ed a Sud-Est, e questo alla fine significherà un raddoppiamento nel numero dei membri.

Ogni tappa della realizzazione graduale dell'integrazione, dalla fondazione della Comunità europea del Carbone e dell'Acciaio fino alla creazione del mercato unico e della moneta comune, è dipesa essenzialmente dall'alleanza di interessi franco-tedesca. Un'alleanza che tuttavia non è mai stata esclusiva, ma sempre aperta ad altri Stati europei; e così dovrà continuare ad essere, fino al raggiungimento dell'obiettivo finale.

L'integrazione europea si è rivelata un successo straordinario. L'intero processo ha avuto un solo importante difetto, dovuto alla Storia. Non si trattava dell'intera Europa, bensì esclusivamente della sua parte libera ad Ovest.

Robert Schuman se ne rese conto con estrema chiarezza già nel 1963: "Dobbiamo costruire l'Europa unita non solo nell'interesse dei popoli liberi, ma anche per poter accogliere in questa comunità i popoli dell'Europa Orientale se, una volta liberati dalle costrizioni di cui soffrono, chiederanno l'adesione e il nostro sostegno morale. E' nostro dovere essere pronti."

Dopo il crollo dell'impero sovietico, la UE ha dovuto aprirsi verso l'Est. Una UE limitata all'Europa occidentale, nel tempo, avrebbe determinato in Europa un sistema di Stati spaccato: nell'Europa occidentale l'integrazione, nell'Europa orientale il vecchio sistema di equilibrio con il suo orientamento nazionale, con obblighi di coalizione, con una classica politica di interessi e il pericolo permanente di ideologie nazionalistiche e di conflitti.

Attualmente, in Europa siamo confrontati con il difficilissimo compito di dover realizzare contemporaneamente due grandi progetti:

I. L'allargamento al più presto possibile. Ciò comporta difficili problemi di adeguamento per i Paesi candidati all'adesione e anche per la UE stessa. Nello stesso tempo suscita timori e paure nei nostri cittadini: sono in pericolo i loro posti di lavoro? Come conseguenza dell'allargamento, l'Europa diventerà ancora meno trasparente e meno comprensibile per la gente? Pur dovendo affrontare seriamente questi problemi, non dobbiamo mai perdere di vista la dimensione storica dell'allargamento ad Est. Questa dimensione è infatti un'opportunità unica per unire questo continente, scosso per secoli da guerre, nella pace, nella sicurezza, nella democrazia e nel benessere.

2. La capacità di azione dell'Europa. Le istituzioni della UE sono state create per sei Stati membri. Esse funzionano a fatica con quindici. Il pericolo consiste nel fatto che un allargamento a 27-30 membri sia un peso eccessivo per la capacità di assorbimento della UE con le sue vecchie istituzioni e meccanismi e che si producano pesanti crisi. Questo pericolo richiede una riforma radicale e adeguata delle istituzioni, in modo che la capacità d'azione possa venir salvaguardata anche con l'allargamento. Per questo, la conseguenza dell'inevitabile allargamento dell'Unione può essere tanto l'erosione, quanto l'integrazione.

Vista la situazione in Europa, dobbiamo già oggi iniziare a riflettere - andando oltre il processo di allargamento - sul possibile funzionamento di una futura Unione europea "grande", sull'aspetto che dovrà assumere e sulle modalità di funzionamento necessarie. Riflessioni che ora intendo fare.

L'allargamento renderà indispensabile un'approfondita riforma delle istituzioni europee. Come ci si immagina un Consiglio europeo con 30 Capi di Stato e Governo? 30 Presidenze? Quanto dureranno le sedute del Consiglio? Giorni o addirittura settimane? Come si giungerà ad una composizione degli interessi nell'ambito dell'attuale struttura istituzionale della UE quando saremo in 30; come verranno prese le decisioni e come si potrà, poi, ancora agire?

Un mare di domande alle quali, tuttavia, c'è una risposta semplicissima: il passaggio dalla Confederazione alla completa parlamentarizzazione in una Federazione europea, come già richiesto cinquant'anni fa da Robert Schuman. E questo significa un Parlamento europeo e un governo europeo che esercitino effettivamente il potere legislativo ed esecutivo all'interno della Federazione. Questa Federazione dovrà basarsi su di un trattato costituzionale.
L'Europa potrà svolgere il ruolo che le spetta nella competizione economica e politica globale solo se procederemo con coraggio. Con le paure e le ricette del XIX e XX secolo non possono venir risolti i problemi del XXI secolo.

Ovviamente, contro questa soluzione semplice viene sollevata subito l'obiezione della sua impraticabilità. L' Europa non è un nuovo continente, bensì un continente con popoli, culture, lingue e storie differenti. Gli Stati nazionali non si possono spazzare via con il pensiero, e quanto più la globalizzazione e l'europeizzazione creano mega-strutture lontane dai cittadini e soggetti anonimi, tanto più i cittadini si attaccheranno ai loro Stati nazionali che trasmettono loro sicurezza e senso di protezione.

Bene, io condivido tutte queste obiezioni, poiché sono fondate. Si commetterebbe un irreparabile errore di progettazione se si tentasse di portare avanti il completamento dell'integrazione politica contro le istituzioni e le tradizioni nazionali presenti e non coinvolgendole. Viste le condizioni storico-culturali dell'Europa, una tale impresa fallirebbe. La realizzazione dell'integrazione europea e pensabile con successo solo se avviene sulla base di una ripartizione della sovranità fra l'Europa e lo Stato nazionale. Proprio questo è il fatto che si cela dietro la "sussidiarietà", concetto attualmente discusso ovunque e che quasi nessuno capisce.

Che cosa vuole dire "ripartizione della sovranità"? L'Europa non sorgerà in uno spazio politico vuoto; ne consegue che un altro aspetto della nostra realtà europea sono le diverse culture politiche nazionali e le loro opinioni pubbliche democratiche, separate anche dai confini linguistici. Un Parlamento europeo deve quindi avere una doppia funzione, quella di rappresentare un'Europa degli Stati nazionali e un'Europa dei cittadini. Ciò è possibile se questo Parlamento europeo disporrà di due Camere: una Camera composta di deputati eletti, che siano, al contempo, membri dei Parlamenti nazionali. Per la seconda Camera, bisognerà scegliere fra un Senato con Senatori degli Stati membri direttamente eletti e una Camera degli Stati analoga al nostro Bundesrat. Negli Stati Uniti, tutti gli Stati eleggono due Senatori, nel nostro Bundesrat, invece, c'è un diverso numero di voti.

Allo stesso modo, per l'esecutivo europeo, ovvero il governo europeo, si prospettano due opzioni. O si decide di trasformare il Consiglio europeo in un governo europeo - il governo europeo viene formato dai governi nazionali - oppure, partendo dall'attuale struttura della Commissione, si passa all'elezione diretta di un Presidente con ampi poteri esecutivi. A questo proposito, sono pensabili, però, anche diverse forme intermedie.

Si potrebbe obiettare che l'Europa è già oggi troppo complicata e poco comprensibile per i cittadini dell'Unione e che ora c'è l'intenzione di renderla ancora più complessa. Ciò che si vuole fare, tuttavia, è esattamente il contrario. La ripartizione della sovranità fra Federazione e Stati nazionali presuppone un trattato costituzionale che stabilisca cosa dovrà venir regolato a livello europeo e che cosa dovrà essere disciplinato anche in futuro a livello nazionale. Ciò corrisponderebbe a una Federazione europea snella ed, al contempo, in grado di agire, pienamente sovrana e ciò nonostante poggiante su Stati nazionali autoconsapevoli quali membri della Federazione. Si tratterebbe, altresì, di una Federazione che viene seguita e capita dai cittadini avendo essa colmato il suo deficit democratico.

Tutto ciò non significherebbe, tuttavia, l'eliminazione dello Stato nazionale. Perché, anche per la Federazione quale soggetto finale, lo Stato nazionale, ricco di tradizioni culturali e democratiche, sarà insostituibile per poter legittimare un unione di cittadini e Stati accettata pienamente dalla gente. Lo dico soprattutto rivolgendomi ai nostri amici in Gran Bretagna; so infatti che il concetto di "federazione" per molti Britannici è irritante. Tuttavia, fino ad ora, non mi è venuto in mente nessun altro termine adeguato. Non intendo, però, irritare nessuno.

Anche nella finalità europea continueremo ad essere britannici e tedeschi, francesi e polacchi. Gli Stati nazionali continueranno ad esistere e manterranno a livello europeo un ruolo molto più forte di quello svolto dai Lander federali in Germania. E in questa Federazione il principio della sussidiarietà avrà in futuro un rango costituzionale.

Questa integrazione graduale, senza un progetto preciso prefigurante l'assetto finale, era stata concepita negli anni '50 per l'integrazione economica di un piccolo gruppo di Paesi. Pur avendo avuto successo questo approccio, per l'integrazione politica e la democratizzazione dell'Europa è risultato adeguato solo in parte. Laddove non è stato possibile un avanzamento di tutti gli Stati membri della UE, sono andati avanti quindi piccoli gruppi in diverse formazioni. come per L' Unione economica e Monetaria o gli accordi di Schengen.

Delors è dell'opinione che una "Federazione di Stati nazionali", composta dai sei Paesi fondatori della Comunità europea, debba stipulare un trattato nel trattato, con l'obiettivo di riformare profondamente le istituzioni europee. In una direzione analoga vanno le riflessioni di Schmidt e Giscard, che partono però non dai sei Paesi fondatori, bensì dagli undici Stati dell'euro come centro. Già nel 1994, Karl Lamers e Wolfgang Schauble avevano proposto la creazione di un' "Europa a nucleo", che aveva però un sostanziale difetto congenito, ovvero partiva dall'idea di un "nucleo" esclusivo che, inoltre, lasciava fuori l'Italia, un Paese fondatore, e non fungeva da calamita integrativa per tutti.

Se, vista l'inevitabile sfida dell'allargamento ad Est, l'alternativa per l'Unione europea è effettivamente quella tra erosione o integrazione e se il mantenimento ostinato di un'unione di Stati comportasse uno stallo, con tutte le conseguenze negative che ne derivano, allora, le circostanze e le crisi da esse scatenate metterebbero I'UE, nel giro dei prossimi dieci anni, dinanzi alla seguente l'alternativa:

o una maggioranza di Stati membri coglie al balzo la palla dell'integrazione piena e si accorda su un trattato costituzionale europeo per la fondazione della Federazione europea;

oppure, se ciò non succede, un gruppo minore di Stati membri procede per questa strada fungendo da avanguardia, cioè creando un centro di gravità composto da alcuni Stati che, per profonda convinzione europeista, vogliono e possono andare avanti nell'integrazione europea.

Gli interrogativi sarebbero solo i seguenti:
quando verrà il momento giusto?
Chi parteciperà?
E questo centro di gravità si costituirà all'interno o all'esterno dei Trattati?

Una cosa è ad ogni modo certa: senza una strettissima collaborazione franco-tedesca, non riuscirà, neanche in futuro, nessun progetto europeo.

Considerata questa situazione, bisognerà, pensando non solo al prossimo decennio, immaginare l'ulteriore sviluppo dell'Europa in due o tre fasi.

In primo luogo, il potenziamento di una cooperazione rafforzata tra quegli Stati che vogliono collaborare più strettamente di altri, come già avvenuto nel caso dell'Unione economica e Monetaria e per Schengen.
In questo modo, possiamo fare progressi in molti settori: verso l'ulteriore sviluppo degli 11 (dal 2001 sono in 12, N.d.R.) dell’euro per arrivare ad un'Unione politico-economica, nella protezione ambientale, nella lotta alla criminalità, nello sviluppo di una comune politica di immigrazione e asilo e, ovviamente, anche nella politica estera e di sicurezza. A questo proposito, è molto importante che la cooperazione rafforzata non venga considerata un addio all'integrazione.

Un possibile passo intermedio sulla via del completamento delI'Unione politica potrebbe, poi, essere la formazione di un centro di gravità. Tale gruppo di Stati concluderebbe un nuovo trattato istitutivo europeo, il nucleo per una Costituzione della Federazione.
E, sulla base di questo trattato istitutivo, si darebbe istituzioni proprie, un governo che all'interno della UE dovrebbe parlare con una sola voce per i membri del gruppo, possibilmente in molti settoni, un parlamento forte, un Presidente eletto direttamente. Tale centro di gravità dovrebbe rappresentare l'avanguardia, la locomotiva per il completamento dell'integrazione politica e comprendere già tutti gli elementi della Federazione successiva.

Sarebbe essenziale garantire che ciò che è stato raggiunto nell'UE non venga messo in pericolo, non la spacchi e che il legame che la tiene unita non venga compromesso, né politicamente né giuridicamente. Si dovrebbero sviluppare dei meccanismi che consentano una collaborazione del centro di gravitazione in una UE più grande, senza perdite per attrito.

Deve essere chiaro che quest'avanguardia non dovrà essere mai esclusiva, bensì aperta a tutti gli Stati membri e a quelli candidati all'adesione nella UE, quando questi, in un determinato momento, vorranno partecipare.

Per tutti coloro che vogliono aderire, pur non avendo le condizioni necessarie, devono esservi possibilità di accostamento. La trasparenza e un'opzione di collaborazione per tutti gli Stati membri e candidati della UE sarebbero fattori essenziali per l'accettazione e la realizzabilità del progetto. E ciò deve valere soprattutto rispetto ai candidati all'adesione.
Sarebbe, infatti, storicamente assurdo e profondamente stolto se l'Europa, proprio in un momento in cui è nuovamente unita, venisse di nuovo spaccata.

Se si segue il principio di Hans Dietrich Genscher che nessuno Stato membro può venire obbligato ad andare più avanti di quanto possa o voglia, ma che colui che non vuole procedere non abbia neppure la possibilità di ostacolare gli altri, allora questo centro di gravità si costituirà all'interno dei Trattati; altrimenti, all'esterno.

L'ultimo passo sarebbe, infine, il compimento dell'integrazione con la Federazione europea. Per evitare malintesi: non c'è nessun automatismo che conduca dalla cooperazione rafforzata a questo obiettivo, sia sotto forma di centro di gravità che subito come maggioranza dei membri dell'Unione. La cooperazione rafforzata significherà inizialmente solo un intergovernativo rafforzato, derivante dalla pressione dei fatti e dalla debolezza del metodo Monnet. Il passo dalla cooperazione rafforzata ad un trattato costituzionale - e proprio questo sarà il presupposto per la piena integrazione - necessita invece di un consapevole atto politico ricostitutivo dell'Europa.

Questa, Signore e Signori, è la mia visione personale, ovvero il passaggio da una cooperazione rafforzata ad un trattato costituzionale europeo, nonché la realizzazione della grande idea di Robert Schuman di una Federazione europea.

Questa potrebbe essere la strada giusta.

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