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TERRORISMO
E GOVERNO DEL MONDO
di LUCIO LEVI
L'attacco terroristico sferrato contro gli Stati
Uniti l'11 settembre ha cambiato il corso della politica mondiale.
Improvvisamente gli Stati Uniti hanno perso l'invulnerabilità. E'
la prima volta dopo la guerra del 1812 che ricevono un attacco
sul loro territorio. La più grande potenza del mondo ha scoperto
di essere senza armi per contrastare questa sfida. Per alcune ore
gli Stati Uniti sono stati senza governo. Bush si è rifugiato
sull'aereo presidenziale, i palazzi del governo federale a
Washington sono stati evacuati. Ma gli effetti dell'aggressione
non sono limitati agli Stati Uniti. Gran parte del mondo, che
aveva affidato all'Impero americano la propria sicurezza, ha
avvertito di colpo di non avere nessuna protezione nei confronti
del terrorismo.
L'attentato esce dagli schemi tradizionali della politica di
potenza. La minaccia non viene da un altro Stato (o da una
coalizione di Stati) né dai missili degli stati fuorilegge. E'
evidente che, contro il terrorismo, lo scudo spaziale è inutile.
Gli aerei, trasformati in missili dai dirottatori, sono partiti
da aeroporti americani, i piloti suicidi sono stati addestrati
negli Stati Uniti. Il nemico si annida dentro le nostre società.
Gli atti terroristici non possono essere attribuiti a un
determinato Stato, anche se pare che i loro autori appartengono a
un'organizzazione che riceve protezione dall'Afghanistan e forse
da altri Stati. Ciò significa che la globalizzazione ha
cancellato tradizionali distinzioni, come quella tra l'aspetto
interno e quello esterno della sicurezza o tra crimine e guerra.
* * *
Il processo di globalizzazione fa emergere nuovi attori sulla
scena politica internazionale (le grandi concentrazioni
produttive e finanziarie multinazionali, i movimenti della società
civile globale, le organizzazioni criminali internazionali ecc.),
che erodono la sovranità degli Stati. Ma ciò che distingue le
organizzazioni terroristiche internazionali è il fatto che esse
associano l'esercizio della violenza, da parte di militanti
disposti a sacrificare la vita, al possesso di immense risorse
finanziarie. Con questi strumenti di potere esse insidiano il
monopolio della forza detenuto dagli Stati.
Tutto ciò mostra che gli Stati hanno cessato di essere i
protagonisti esclusivi della politica internazionale.
Finora gli Stati, e soprattutto quelli che stanno al vertice
della gerarchia mondiale del potere, hanno cercato di governare
la società civile globale con la cooperazione in seno alle
organizzazioni internazionali. Ora l'attacco è rivolto al cuore
dell'apparato di potere degli Stati. La violenza, che si esprime
negli attentati terroristici, ma anche nell'azione dei black bloc
che si infiltrano nelle manifestazioni del popolo di Seattle, non
più arginata dalle istituzioni politiche, dilaga e rischia di
fare precipitare il mondo in uno stato di anarchia o in un nuovo
Medio evo, come sostengono gli apologeti della globalizzazione
senza governo.
* * *
Gli attentati terroristici sul suolo americano segnano il
tramonto dell'ordine mondiale basato sull'egemonia degli Stati
Uniti, come la prima guerra mondiale e la crisi del 1929
segnarono il tramonto dell'Impero britannico. Questi due eventi
aprirono un'epoca di sconvolgimenti politici che portarono al
potere i regimi totalitari: prima quello sovietico e quello
fascista, poi quello nazista.
Il XXI° secolo riprodurrà la storia del XX°? Se la minaccia
del terrorismo non sarà sradicata, ne soffriranno il commercio,
i trasporti, il turismo e la stessa libertà dei regimi
democratici. In un clima di insicurezza si può interrompere il
processo di globalizzazione, dal quale dipende lo sviluppo del
mondo intero, e saranno gli stessi cittadini a invocare più
sicurezza e a chiedere, se necessario, di sacrificare a quest'ultima
la libertà e la democrazia.
Nessuna potenza al mondo può ormai aspirare a sostituirsi agli
Stati Uniti nel ruolo di stabilizzatore dell'ordine mondiale. E
tuttavia è impensabile che il processo di globalizzazione, che
esprime la tendenza dell'umanità all'unificazione, possa
proseguire ignorando la politica e la sua funzione ineliminabile
di offrire innanzitutto sicurezza e regole che assicurino, se
possibile, giustizia, equità e libertà, insomma la convivenza
civile. Con la caduta delle torri gemelle di New York è caduta
anche l'illusione di una globalizzazione che si autogoverna,
basandosi sulle sole leggi del mercato.
E comunque è da escludere che ci possa essere una soluzione sul
solo piano militare alla minaccia del terrorismo. Non è certo
con bombardamenti indiscriminati sull'Afghanistan, che
provocherebbero altre vittime innocenti, che si possono eliminare
Bin Laden e i suoi seguaci. Questa forma di reazione sarebbe una
nuova prova di impotenza degli Stati Uniti. Sarebbe un tragico
errore promuovere una crociata del mondo occidentale e cristiano
contro il mondo islamico.
Anche perché ci sono paesi, come l'Egitto, che sono stati
vittime del terrorismo (si ricordi l'assassinio del Presidente
Sadat). Il mondo islamico è diviso tra tendenze moderate e
integraliste. Se si può attribuire ai terroristi una strategia
politica, si può ipotizzare che questa abbia l'obiettivo di
infiammare le masse diseredate del mondo islamico e di rovesciare
i governi moderati. Invece l'obiettivo dell'Occidente e dei suoi
alleati deve essere quello di evitare che l'integralismo prenda
il sopravvento e che il temuto "scontro tra civiltà",
che i terroristi vorrebbero provocare, abbia luogo.
* * *
Per arginare la tendenza alla dispersione del potere e al
disordine internazionale, che è destinata a generare nuove forme
di violenza e di autoritarismo, bisogna imboccare la via che
porta al governo federale del mondo. E' questa l'unica formula
che può conciliare l'esigenza di unità politica, di pace e di
sicurezza, necessaria a imbrigliare la violenza e a governare l'economia
mondiale, con la salvaguardia della diversità delle culture, che
rappresenta la più grande ricchezza dell'umanità.
La reazione immediata degli Stati ai crimini di New York e
Washington può essere interpretata come il primo passo di un
lungo cammino in quella direzione. Infatti gli Stati Uniti hanno
promosso la formazione di uno schieramento internazionale di un'ampiezza
senza precedenti, che va dai paesi dell'Unione europea, alla
Russia, alla Cina, fino al Pakistan e a molti altri paesi
islamici, tra cui l'Autorità palestinese. L'imperativo di
combattere il nemico comune che si è insediato in ciascuna
società ha determinato la convergenza delle ragioni di Stato
della maggior parte dei governi.
Ciò significa che si stanno creando le condizioni per accrescere
il ruolo dell'ONU. La decisione degli Stati Uniti di sbloccare i
fondi per saldare il debito arretrato con l'ONU è un segnale che
va in questa direzione.
I primi provvedimenti per combattere il terrorismo possono essere
definiti come misure di polizia internazionale.
Sarebbe sbagliato usare la parola guerra, che si riferisce a uno
scontro tra Stati e tra eserciti. La via da percorrere è invece
quella di colmare il fossato che separa la criminalità
organizzata, che si è globalizzata e ha imparato a utilizzare le
tecnologie più avanzate, e i sistemi di sicurezza che sono
rimasti nazionali.
In definitiva, il problema da risolvere è quello di attribuire
progressivamente forza vincolante al diritto internazionale e di
riformare le Nazioni Unite nella prospettiva di costruire nuove
forme di statualità sul piano mondiale. Un primo passo in questa
direzione è rappresentato dal Tribunale penale internazionale,
che consentirà (quando sarà entrato in vigore) di applicare il
diritto internazionale agl'individui e quindi di punire crimini
contro l'umanità, come quelli avvenuti a New York e Washington.
* * *
Ma le misure repressive non sono certamente sufficienti a
disinnescare la bomba dell'integralismo islamico. Bisogna
costruire un ordine mondiale giusto. A questo proposito è da
segnalare un fatto significativo: l'intesa tra Federal Reserve e
Banca Centrale Europea relativa all'immissione di liquidità per
sostenere i mercati e scongiurare una grave crisi finanziaria. Può
essere l'avvio di un'intesa più profonda diretta a governare l'economia
mondiale, che può preludere a una equal partnership euro-americana.
Naturalmente questo obiettivo sarà acquisito solo quando l'Europa
avrà portato a conclusione il processo di unificazione federale,
che le consentirà di parlare con una sola voce. In mancanza di
un governo, l'Europa non ha saputo colmare il vuoto di potere
aperto dal declino dell'influenza degli Stati Uniti. Di
conseguenza, non ha potuto dare alcun contributo alla soluzione
dei conflitti nei Balcani, nel Medio-Oriente e non è stata in
grado di andare in soccorso delle economie disastrate dell'Africa
e del Medio Oriente. I conflitti etnici, l'arretratezza economica
e il disagio sociale che si sono insediati in queste regioni sono
fenomeni che hanno favorito l'integralismo islamico. Non c'è
dubbio che l'Europa ha un interesse vitale, molto più forte
degli Stati Uniti a causa della contiguità geografica, a
promuovere la stabilità politica e lo sviluppo economico di
questa regione, ma non l'ha fatto a causa della sua divisione
politica.
Se la cooperazione tra Europa e America del Nord non vorrà
limitarsi a promuovere solo l'interesse dei paesi dell'Atlantico
del Nord a spese del resto del mondo, dovrà coinvolgere altri
soggetti: innanzi tutto il Giappone, ma anche la Russia e
progressivamente tutto il resto del mondo. Il mondo ricerca la
sicurezza al di fuori dei vecchi schemi basati sulla dominazione
e sulla disuguaglianza. La sicurezza e lo sviluppo economico di
ciascuno Stato non possono più essere pensati come obiettivi da
perseguire a spese degli altri Stati. Devono invece fondarsi
sulla partecipazione di tutti al controllo globale dell'economia
e della sicurezza.
I governi, i partiti, le ONG e l'opinione pubblica sono alla
ricerca di un modello che indichi come governare la
globalizzazione. L'Unione europea è l'esperimento più
innovativo di un processo di integrazione dei mercati governato
da un'autorità sovrannazionale, che regola la concorrenza ed è
dotata di poteri antitrust, la quale riceve la fiducia da un
Parlamento eletto direttamente dai cittadini. D'altra parte l'euro
ha eliminato i movimenti speculativi di capitale entro i confini
dell'Unione e indica sia il traguardo, se si vuole raggiungere lo
stesso obiettivo a livello globale (una moneta mondiale), sia l'obiettivo
intermedio (un'area di stabilità monetaria tra euro, dollaro e
yen sul modello del Sistema monetario europeo). Malgrado il
deficit democratico di cui soffre a causa della concentrazione di
eccessivi poteri nel Consiglio, il quale decide in settori
cruciali all'unanimità, l'Unione europea rappresenta una
risposta importante all'esigenza di governo della globalizzazione.
Se l'Unione europea saprà portare a compimento il processo di
unificazione federale, essa non rappresenterà soltanto l'esempio
da seguire per giungere alla trasformazione democratica delle
altre organizzazioni internazionali. Sarà anche incline a
favorire l'estensiona della democrazia internazionale nelle altre
grandi regioni del mondo e in seno all'ONU. Diventerà in altri
termini il motore dell'unificazione democratica del mondo.
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