La caduta del Muro
di Berlino
Tutti coloro che si sono
trovati davanti a un televisore la sera del 9
novembre 1989 ricordano di aver provato viva
commozione alla vista delle migliaia degli
abitanti di Berlino Est che si riversavano ad
ovest con le loro Trabant, e delle centinaia che
salivano sul Muro, che allimprovviso non
faceva più paura.
Alla commozione, in pochi minuti, subentrò in
molti linquietudine.
"E ora cosa succederà, come reagirà Mosca,
cosa farà lArmata Rossa?" erano le
domande nella testa di tutti.
Troppo scolpite nella memoria erano infatti
Budapest 1956, Praga 1968 e Danzica 1981.Dal 12 marzo 1985 a Mosca sedeva
Gorbaciov, che fin dallinizio della sua
segreteria stava lavorando per un "atterraggio
morbido" del sistema comunista, in crisi
ormai evidente però nessuno si faceva illusioni
sulla durata dellagonia, e nemmeno si
escludevano terribili colpi di coda del gigante
militare ammalato e ferito.
Ma quella sera avrebbe invece
davvero segnato linizio della fine del
comunismo in Europa e quindi in quasi tutto il
mondo.
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La copertina del 20 nov. 1989
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Il potere comunista nell'Europa
centrale e orientale non era mai stato senza forte
opposizione.
Dopo la morte di Stalin nel 1953 finì il periodo del
terrore rosso in tutti gli Stati occupati dall'Armata
Rossa.
Il ritiro degli eserciti stranieri dall'Austria nel 1955
con il suo recupero della piena sovranità e
contemporanea neutralità fecero sperare anche agli
ungheresi di poter seguire una strada simile. Le sommosse
polacche dell'ottobre 1956 fecero da detonatore alla
Rivoluzione ungherese del 23 ottobre, che fu però
soffocata nel sangue dai carri armati sovietici e la
repressione che seguì fece 15mila vittime.
Nel 1968 durò solo pochi mesi la "Primavera di
Praga": il tentativo di creare un "comunismo
dal volto umano". Anche in questo caso intervennero
i carri armati dei Paesi "fratelli".
Infine nel 1980 a Danzica fu creato il primo sindacato
non comunista del blocco sovietico, per iniziativa dell'elettricista
Lech Walesa (/uauensa/). Il generale Jaruzelski preferì
anticipare i sovietici e il 13 dicembre 1981 fu lui
stesso a sciogliere il movimento e a dichiarare la legge
marziale nel Paese per salvare il suo popolo dai lutti di
un'invasione "normalizzatrice".
Dopo l'elezione di Gorbaciov alla segreteria del PCUS la
Polonia si trovò dunque all'avanguardia nella glasnost e
perestroija. E fu in Polonia che si ebbero nel giugno del
1989 le prime elezioni libere e nell'agosto dello stesso
anno il primo governo di coalizione (comunisti e
Solidarnosc) guidato dal cattolico Mazowiecki.
I segni di crisi già durante
gli anni 80
La crisi del comunismo aveva cominciato a manifestarsi in
modo evidente agli inizi degli anni 80 in tutto il
blocco socialista, dall'URSS alla Jugoslavia passando per
l'Ungheria.
Scrive Julia Szalai: "Measured by
the internationally accepted indicators of economic
growth and productivity, the performance of Hungarian
economy has shown clear signs of unstoppable decline
since the beginning of the 1980s. The yearly GDP ceased
to increase around 1982 and, from 1985 onward, statistics
signalled an absolute decrease year after year."
http://hi.rutgers.edu/szelenyi60/szalaij.html
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In un documento del 1984 del
partito comunista ungherese si legge che "per
superare questa crisi occorre pensare in modo
diverso. Non si tratta di aumentare la produzione,
ma di stimolare i consumi. Per stimolare i
consumi occorre migliorare la qualità della
produzione. E su questo difficile fronte
che dobbiamo impegnarci nei prossimi anni." La crisi economica era evidenziata anche
dalla discesa dei salari reali, come mostra la
tabella a fianco, elaborazione sulla base di dati
KSH (Ufficio Statistico Centrale ungherese).
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Ma è quasi impossibile migliorare la
produzione in un sistema socialista: manca lo slancio
individuale, la voglia di osare, la motivazione a
intraprendere, la possibilità di decidere in proprio.
Il controllo politico dellindustria significa che
per un singolo dirigente è impossibile fare programmi a
lunga scadenza, lappiattimento sugli stessi salari
significa che non è premiato il maggior impegno, il
maggior valore individuale.
La proprietà pubblica dei mezzi di produzione significa
che la lotta per il potere coinvolge anche i meccanismi
della produzione, con i noti risultati: prodotti
industriali rumorosi, inaffidabili, divoratori di
combustibile, inquinanti; rifornimenti di scorte saltuari
e casuali nella durata e nella quantità.
Per non parlare degli scaffali dei negozi di alimentari
desolati, quando non completamente vuoti, come era la
norma in URSS.
Detto per inciso, in vista del termine delle scorte di
petrolio previsto per la fine del secolo e della bomba
ecologica che incombe, anche lattuale sistema
economico ha bisogno di aggiustamenti.
E anche nei nostri negozi allabbondanza spesso non
corrisponde la qualità, per non parlare di prodotti
oggettivamente pericolosi o dannosi e che pure trovano un
mercato e un grande smercio.
Ma la grande differenza fra uneconomia di mercato
regolato e uneconomia socialista pianificata è che
nella seconda si cerca di regolamentare ogni minima cosa:
cerano leggi che imponevano la disposizione delle
stanze delle abitazioni, e il colore delle facciate:
rigorosamente uniforme.
Ma la complessità della realtà supera i modelli che
possiamo ideare, e la pianificazione cominciò a
diventare stagnazione, dopo un trentennio di lenta
ripresa dalle distruzioni della seconda guerra mondiale.
Ma torniamo a quella sera. Anche per la celebre spia
tedesco-orientale Markus Wolf "fu una sorpresa totale. [...] a
Berlino, lautomobile quasi non riusciva a farsi
strada nella folla festante. E di bocca in bocca
circolava una sola parola: "Wahnsinn", che in
tedesco vuol dire "follia". In senso buono, però." (Da Famiglia Cristiana n. 44 del 7.11.1999).
Essa segnò in tutta larea comunista, vista la
"non-disapprovazione" sovietica, il segnale che
davvero qualcosa era cambiato e che si poteva liberarsi
dai lacci che avevano tenuta prigioniera metà dellEuropa
in conseguenza del "tradimento" di Yalta del
febbraio 1945, quando Stati Uniti e Regno Unito aveva
ceduto a Stalin gran parte dellEuropa centro
orientale. Agli angloamericani era riuscito solo di
salvare Grecia, Norditalia e in seguito Austria orientale
dalla voracità del dittatore georgiano.
In occasione dell'incontro a Berlino a
10 anni dalla caduta del Muro, Timothy Garton Ash ha
ricostruito con i protagonisti alcuni particolari su
quella sera e quelle settimane cruciali:
"Quella sera (Gorbaciov) aveva lavorato fino alle
dieci (le otto di sera, ora
dell'Europa Centrale, N.d.R.) e poi era andato a letto.
Quando il capo del Partito comunista della
Germania orientale cercò di telefonargli, stava
dormendo e i suoi assistenti si rifiutarono di
passargli la telefonata. Giustamente, dice. E quindi, mentre i
berlinesi ballavano sul più famoso bastione
esterno dell'impero sovietico, l'imperatore
dormiva.
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[..]I generali e
funzionari sovietici [...] pensavano che avrebbero dovuto
intervenire per evitare il crollo della chiave di volta
del loro impero. [...] Per oltre due mesi dopo la caduta
del Muro l'Unione Sovietica stava ancora considerando
tutte le possibilità. [...]
|
Il momento
decisivo si presentò durante l' incontro che
ebbe con il Cancelliere Kohl a Mosca il 10
febbraio 1990, quando dichiarò: "Spetta ai
tedeschi decidere". [...] Kohl, a quel tempo,
pensò che quello era un segnale accuratamente
preparato, [..] e in effetti lo era. Era il
segnale di via libera. (da
Repubblica del 10 novembre 1999) |
Linizio della fine era cominciato
in Ungheria. Fra Ungheria e Austria correva in mezzo ai
campi di grano un confine elettrificato, che in pochi
sapevano non essere funzionante nelle giornate ventose
per i troppo frequenti falsi allarmi. Era una parte del
cosiddetto "Sipario di Ferro", quello che era
calato da Stettino a Trieste, secondo le parole di
Churchill.
Ha ricordato Beppe Del Colle nel decennale del caduta del Muro: "Allo scadere dellestate
del 1989 (il 10 settembre N.d.R.)
il Governo ungherese [...]
aprì il suo confine [...] e fu di là che nei mesi
successivi cominciò a passare, ingrossandosi ogni giorno,
il fiume dei tedesco-orientali che emigravano nella
Germania occidentale, nella più colossale, ingenua e
spontanea "votazione con i piedi" del ventesimo
secolo." (Da Famiglia
Cristiana n. 44 del 7.11.1999)
Lannessione tedesca
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Non era intenzione di nessuno
smantellare la Germania orientale, ma sappiamo
cosa accadde: essa venne di fatto annessa alla
Germania occidentale, dato che le leggi di questa
furono estese ai nuovi Lander orientali.
La stessa Comunità europea (come si chiamava allepoca
lUnione europea) vide i suoi confini
spostarsi sulla Polonia dalloggi al domani.
La cosa non era gradita alla Francia, che vedeva
la Germania diventare il primo Paese europeo per
popolazione e a tutti gli europei che vedevano
messe a soqquadro le confortanti, ormai
tradizionali, coordinate politiche scaturite
dalla fine della seconda guerra mondiale. E non
erano nemmeno contenti inglesi e italiani. Ma
furono due statisti a imporsi: il cancelliere
tedesco Kohl e il segretario generale del Partito
comunista sovietico, Gorbaciov.
Il 3 ottobre 1990, a meno di un anno dalla caduta
del Muro, ufficialmente le due Germanie
diventavano una sola, e un brivido corse
attraverso il continente: la parola "Germania"
senza alcuna specificazione si trovava infatti da
decenni solo nei libri di storia, e il suo ultimo
leader era stato un certo Hitler... |
I tedeschi orientali, che volevano
soltanto riformare il proprio Stato comunista, ed erano a
favore di un governo socialdemocratico dalloggi al
domani si ritrovarono in una sorta di Paese straniero,
condotti dove non avevano previsto dalla forza degli
eventi.
Ci furono conseguenze anche sul piano personale: spesso
rimasti senza lavoro nelle fabbriche obsolete, oppure con
competenze difficilmente spendibili nel nuovo sistema (professori
di russo, dottori in economia socialista) le popolazioni
attraversarono difficili momenti, appena allievati dal
favorevolissimo cambio 1:1 che Kohl stabilì fra Deusche
Mark e Ost Mark.
Ora quegli stessi abitanti si trovano alla vigilia di un
altro cambio storico: in 13 anni sono passati da un marco
orientale senza prestigio, a una moneta unica
continentale!
Il crollo del comunismo in
quasi tutta Europa
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Il resto degli avvenimenti si
svolgono durante linizio degli anni 90:
il crollo dei regimi sostenuti da Mosca in tutta
Europa, in modo non-violento con leccezione
della Romania, dove un colpo di Stato guidato dal
comunista moderato Jon Iliescu rovesciò e uccise
Ceausescu e moglie. La
resistenza degli apparati comunisti in Jugoslavia,
che da decenni era uscita dallorbita
sovietica, e il saldarsi di questa situazione con
le mai sopite tensioni etniche portarono alla
frammentazione della Federazione nelle sue
Repubbliche componenti e la sopravvivenza di un
regime comunista autoritario nella sola Serbia e
Montenegro fino al rovesciamento di Milosevic nel
2000.
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La zona dellex Patto di Varsavia
si divide oggi in almeno due parti.
Quella che già un tempo era in stretto
contatto con Germania e Austria, che fra pochi anni
entrerà nellUnione europea e in cui funziona già
uneconomia di mercato: Polonia, Rep. Ceca, Ungheria,
dal 1999 anche membri della NATO. (Non
a caso sono anche i Paesi in cui si manifestarono
movimenti e governi in opposizione all'occupante
sovietico.)
E quella che ancora oggi risente dei
legami storici con limpero ottomano la cui
decadenza ancora condiziona lo sviluppo politico-economico
dellarea: Bulgaria, Romania, Jugoslavia.
Lo sviluppo di questa parte di Europa è frenato dal
deserto spirituale lasciato dalla dittatura comunista.
Ora c'è un solo Paese in cui di fatto rimane al potere
la vecchia guardia comunista: si tratta della Bielorussia
di Lukashenko (rieletto presidente durante le "elezioni"
del 9 settembre 2001, con il 75% dei voti). Ma di questa
zona di pianura non si occupa praticamente nessuno.
LAVVENTO DELLA MONETA UNICA
Lo scambio fra Francia e Germania
La Francia ottenne però che allannessione tedesca
della Germania orientale facesse da contraltare listituzione
di una moneta unica europea, progetto sul quale da tempo
cerano studi di fattibilità.
Dal 1973 se ne facevano promotori i federalisti europei,
e da qualche anno un centro studi legato alla FIAT ne
aveva fatto un proprio obiettivo.
Dire moneta unica significa anche dire cambi fissi fra
gli Stati che ladottano. Si trattava quindi in un
certo senso di tornare alla situazione europea di 80 anni
fa, quando i cambi erano fissi.
Un passo verso la moneta unica era stato fatto nel 1979,
con linstaurazione dello SME (Sistema monetario
europeo) che stabiliva un rapporto di cambio definito
"centrale" e una percentuale di scostamento
massima superata la quale si chiedeva alle Banche
centrali di intervenire.
Più volte, nel corso degli anni 80, la lira fu
"svalutata", cioè fu fissato un diverso
rapporto di cambio che teneva conto dellacquisito
minor valore della lira. La lira era in costante
svalutazione non solo per la maggior inflazione che cera
nel nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei, ma
anche per le iniziative (o le omissioni) dei nostri
industriali, che da una svalutazione della lira
guadagnavano in competitività sui mercati europei. Cioè,
in altre parole, i prodotti italiani scendevano di prezzo
sui mercati del franco o del marco con una lira più
debole.
La situazione critica italiana: enorme debito
pubblico e svalutazione "competitiva"
E anche per questo motivo che Francia e Germania,
nonostante lenorme debito pubblico italiano che nel
1999 era circa il doppio di quello consentito dal
Trattato di Maastricht (124% contro il 60%) chiusero un
occhio, oppure tutti e due, pur di avere il mercato
italiano dentro larea euro, per eliminare questa
concorrenza giocata sul cambio.
Nello stesso tempo ladesione alleuro era una
convenienza anche per lItalia, perché questo
avrebbe consentito di avere quei bassi tassi di interesse
già comuni al resto dEuropa, e quindi una minor
difficoltà di diminuire il debito.
Entrare nelleuro significava quindi anche entrare
in un circolo virtuoso di minori tassi, e quindi minori
spese per interessi sul debito, e quindi minore debito.
Ma su questa strada lItalia trovò George Soros,
ungherese naturalizzato americano. Questo uomo daffari,
grande speculatore, nellestate 1992 scommise sulla
svalutazione della lira, che da molto tempo difendeva un
cambio lira-marco tedesco di circa 780 lire per un marco.
LItalia sullorlo della bancarotta
senza che i cittadini se ne rendano conto
Per Soros il segnale fu la fine del governo Andreotti,
che per mesi aveva dato degli "sfascisti" a chi
osava dire che i conti non erano così in ordine come lui
sosteneva. Sembrerà impossibile, ma allepoca quasi
nessun italiano era a conoscenza dello stato disastroso
dei conti pubblici, e praticamente nessun giornale ne
parlava. E se lo faceva, ne dava conto in brevi, grigi
articoli, in nessuna evidenza.
Una prima scossa si ebbe con larrivo di Amato al
governo. Di fronte al rischio di bancarotta, di fronte al
rischio di non poter pagare gli stipendi pubblici, Amato,
nottetempo, prelevò lo 0,6% dai conti correnti di tutti
gli italiani. La cosa suscitò una grande emozione, si
gridò alla ruberia, e qualcuno cominciò a domandarsi la
motivazione di tutto ciò.
Ma la maggioranza degli italiani incolpò di avidità il
governo, essendo ancora incapace di accettare una realtà
tenuta nascosta per un decennio. (Ma ancora oggi in pochi
sanno del reale stato dei conti pubblici, con un debito
intorno al 108% del PIL.)
Soros invece decise che lItalia stava vivendo al di
sopra della sue possibilità e che cera spazio per
le sue manovre speculative: entrò in azione in settembre.
Amato e Ciampi, ministro economico, cercarono con ogni
mezzo di difendere la lira, comprando lire e vendendo
marchi, ripetendo per giorni che la lira non sarebbe
stata svalutata.
Manovre concertate delle Banche centrali europee
riuscirono nellintento di mantenere stabile il
cambio, ma a prezzo di una paurosa diminuzione delle
riserve in valuta estera. Nel frattempo Soros e altri
speculatori che si erano uniti alla tenzone presero di
mira anche la sterlina inglese e il franco francese.
Allimprovviso Italia e Regno Unito dovettero
gettare la spugna: e non si trattò di una semplice
svalutazione, come decise di fare la Banca centrale
francese, ma addirittura sterlina e lira furono "sospese"
dallo SME.
Per comprare un marco si arrivò a pagare 1300 lire, e
chi aveva stipulato mutui in ECU, si vide aumentare le
rate del 30% in poche settimane. LUnità di Conto
Europea, il precursore delleuro, infatti era
aumentata da 1500 lire a oltre 2000 lire
La marcia della lira verso lUnione monetaria
cominciava decisamente in salita.
Ormai era un lontano ricordo quel 1 gennaio 1993 salutato
come il primo giorno del Mercato Unico, quello delle 4
libertà di movimento: di persone, merci, capitali e
servizi.
Ma paradossalmente fu proprio questa
situazione ad accelerare lingresso dellItalia
nellUnione monetaria.
Gli industriali francesi e tedeschi non potevano
tollerare a lungo un franco balzato da 220 a 300 lire, e
nemmeno i tedeschi erano contenti della concorrenza che i
prodotti italiani potevano fare con un marco che
viaggiava stabilmente oltre le 1000 lire e che sembrava
non aver ancora raggiunto un limite.
Gli italiani si sentivano più poveri, e ogni giorno il
ritornello dei TG riguardava il valore del marco. Con il
passare dei mesi sembrò che le 1000 lire fossero il
limite psicologico, ma si rafforzò anche la
determinazione in molti in Europa e in Italia: occorreva
mettere ordine nei conti italiani e anche ridimensionare
il rischio cambio fra Italia e resto dEuropa.
Un nuovo tormentone si aggiunse a
quello sulla "difficile settimana per il governo"
(il governo italiano infatti era costantemente sotto la
minaccia di una crisi), e diventò quello dell"ingresso
in Europa".
LItalia sulla strada dell"ingresso
in Europa"
Questo tormentone era e rimane ridicolo. Non cè
dubbio che lItalia, geograficamente e culturalmente,
oltre che storicamente, rimane un "ponte" fra
Europa e Africa. Eppure il suo baricentro rimane spostato
decisamente verso lEuropa, per ragioni di cultura
religiosa e geografiche: dallAfrica la separa un
braccio di mare che ormai da molti secoli è diventata
una frontiera fra culture. Forse solo il clima e quindi
un po lindole degli abitanti, rende simili
Tunisia e Sicilia. Ma per il resto non cè dubbio
dove decisamente comincia lEuropa e finisce lAfrica.
Quindi lItalia è già in Europa, senza che questo
debba essere un elemento di troppa vanteria: gli europei
sono anche stati capaci della persecuzione contro i
propri concittadini di religione ebraica. (Allo stesso
modo essere "africani" non sarebbe una
situazione di cui doversi vergognare.)
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Quindi non si trattava di
entrare in Europa, ma piuttosto di entrare nellUnione
economico-monetaria, ovvero nella UEM.
La caratteristica maggiormente non-europea dellItalia
è la sua attitudine ad essere inaffidabile, e,
legato a questo, a siglare Trattati senza pensare
troppo alle conseguenze, oppure già meditando di
stracciarli o di non osservarli.
Come già capitò dopo lingresso nel
Mercato Comune del 1957, che servì da volano al
successivo "miracolo economico" (tutta
italiana anche questa tendenza a "battezzare"
con espressioni prese dalla religione le vicende
politico-economiche), nuovamente una poderosa
spinta allammodernamento venne da questa
rincorsa allingresso nellUEM. |
Si passò da tassi di interesse del 15%
a tassi del 3-4%, da deficit del 7-9%, a deficit sotto il
3% come richiedeva il Trattato di Maastricht.
E molta parte della storia deve ancora essere scritta,
dato che solo da gennaio 2002 la realtà della moneta
unica in contanti esplicherà tutti i suoi effetti.
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