..Approfondimenti |
Pagina iniziale | Europa apparente | Europa reale | Europa futuribile | Approfondimenti | Segnalibri | Mappa sito |
IL
RILANCIO EUROPEO DI MESSINA
IL MERCATO COMUNE
di PUBLIUS*
Indice:
La caduta della CED
Gli anni fra la caduta
della CED e la nascita della CEE
La gestazione della
CEE
La CEE è un passo avanti
verso la Federazione?
Quadro storico
Messina, 1-2 giugno 1955 Su iniziativa del ministro degli esteri italiano Gaetano Martino si tiene la Conferenza di Messina, in cui i ministri degli Esteri dei sei Paesi della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) decidono di avviare negoziati sull'integrazione in altri settori. Viene creato allo scopo un Comitato intergovernativo presieduto dal belga Paul Henri Spaak |
Venezia, 29-30 maggio 1956 I capi di governo della CECA discutono il rapporto
Spaak. |
Roma, 25 marzo 1957
I capi di governo dei Sei paesi della CECA firmano i due Trattati di Roma:
- Comunità Economica Europea (CEE)
- Comunità Europea dellEnergia Atoomica (CEEA), detto anche
Euratom.
Perché si parla di "rilancio europeo"
a proposito della fondazione della CEE nel 1957?
Questa espressione nasce dalla relazione che è stata istituita
tra le decisioni prese a Messina e la grave sconfitta subita dai
fautori dellunità europea il 30 agosto 1954.
Quel giorno di fine estate lAssemblea nazionale francese,
aggiornando sine die (=senza fissare il giorno) la
ratifica del Trattato istitutivo della Comunità europea di
difesa (CED), chiudeva un periodo che è stato definito "il
primo tentativo di fondare lo Stato europeo" .
Gli anni fra la caduta della CED e la nascita
della CEE.
Le situazioni e gli avvenimenti che
caratterizzarono il periodo intercorrente tra questa grave
sconfitta delliniziativa federalista e le decisioni di
Messina sono divisibili in quattro capitoli.
Il primo
riguarda quelle che Renouvin chiamava "le forze profonde".
Queste "forze profonde" possono identificarsi in primo
luogo nello sviluppo delle forze produttive che rendevano sempre
più anacronistica la dimensione nazionale del mercato e in
secondo luogo nel passaggio dal sistema europeo al sistema
mondiale degli Stati che causò leclisse della sovranità
nazionale in Europa e la generale subordinazione di Stati,
situazioni politiche, relazioni economiche e rapporti sociali allequilibrio
bipolare .
In altri termini, il congiunto operare di queste forze profonde
provocò una dislocazione dei problemi della sicurezza e della
crescita economica dallambito nazionale alla dimensione
europea.
E opportuno ricordare questi elementi di carattere
strutturale per sottolineare lattualità del Manifesto di
Ventotene (1943) secondo cui il problema europeo non era ormai più
un problema, ma era divenuto il problema che si
poneva perentoriamente agli Stati europei e che, a dispetto di
ogni possibile fallimento di questa o quella iniziativa, era
destinato a riproporsi.
Normale dunque che, fallito il tentativo di fondare lo Stato
europeo nel cuore della guerra fredda e sullurgenza del
problema tedesco, emergessero spinte robuste intese a promuovere
il "rilancio" delloperazione europea.
Può dirsi forse che gli uomini, nella prospettiva qui
considerata, apparivano quasi strumenti di una necessità storica.
Il secondo
capitolo riguarda il contesto internazionale.
Il periodo fra il 30 agosto 1954 e il 25 marzo 1957 ha disegnato
un quadro della politica mondiale profondamente diverso da quello
delletà dello stalinismo.
In quel periodo di tempo accaddero fatti di grande rilievo:
1) luscita di scena di Malenkov e la presa del potere da
parte di Kruscev,
2) il trattato di Stato austriaco,
3) il riavvicinamento di Tito allUnione sovietica,
4) lingresso della RFdG nella Nato,
5) la firma del Patto di Varsavia,
6) la conferenza di Bandung,
7) il XX Congresso del Pcus,
8) lindipendenza di Marocco e Tunisia,
9) la crisi di Suez,
10) i Fatti di Polonia e Ungheria,
11) lindipendenza dellultima colonia del SudEst
asiatico la Malesia e della prima colonia dellAfrica
il Ghana .
LEuropa, divisa, assisteva impotente a grandi
trasformazioni come il risveglio storico del Terzo mondo, il
profilarsi allorizzonte del fronte dei Paesi non allineati
e la distensione USA-URSS che, seppur in prospettiva, abbozzava
già i contorni di una ragion di Stato americana non più
coincidente con lunificazione europea.
Così, la speranza di Monnet che lEuropa potesse
riconquistare, con lunità, "le domaine de lavenir",
sembrava inesorabilmente spegnersi.
Anche queste considerazioni imponevano, per così dire, il "rilancio".
Il terzo
capitolo comprende la situazione di forte imbarazzo in cui si
trovavano le forze europeiste.
Il quadro era quello delineato dal fallimento della CED e dal
passaggio delliniziativa nelle mani del Regno Unito, che
aveva seguito con apprensione la vicenda dellesercito
europeo e accolto con vivo compiacimento il suo fallimento per
riproporre unalleanza tradizionale che distruggesse la
piattaforma a Sei e, riaffermando la leadership americana,
assegnasse un ruolo privilegiato ai britannici nella conduzione
degli affari atlantici sul versante europeo dellalleanza .
Una situazione del genere lasciava ben poco a sperare su un
rilancio dellunificazione europea da parte dei governi,
anche perché in Francia unazione efficace appariva
preclusa dal governo Mendès France di cui era ormai ben noto latteggiamento
indifferente verso il problema europeo e addirittura ostile nei
confronti di Jean Monnet.
Eppure era il Paese a cui si debbono le più incisive iniziative
europee nel corso dellintero processo di unificazione .
Jean Monnet, daltra parte, aveva deciso di rassegnare le
dimissioni dalla presidenza dellAlta Autorità di cui, tra
laltro, dimenticando la sua valenza politica, si cominciava
a denunciare il corto respiro sul terreno economico, proponendosi
in alternativa un rilancio dellOECE che tendesse alla
liberalizzazione delle relazioni commerciali in spazi più ampi
di quelli della "piccola Europa" dei Sei .
A completare il quadro manca soltanto di ricordare la diffusa
ritrosia a imboccare di nuovo la strada dellunificazione
europea per timore che un nuovo e improvviso fallimento potesse
pregiudicare definitivamente qualsiasi ulteriore possibilità di
avanzare sulla strada dellunità.
Stando così le cose, il rilancio europeo, se mai fosse avvenuto,
non poteva che ispirarsi a criteri di estrema prudenza e in vista
di obiettivi non troppo ambiziosi .
Il quarto
capitolo riguarda liniziativa federalista, in particolare
Spinelli e Monnet, coloro che seppero agitare e animare movimenti
e governi nel corso del primo tentativo di fondare, a partire
dalla Comunità, la federazione europea.
Il discorso è certamente più semplice per quanto riguarda la
posizione di Spinelli.
Costui era convinto che la reintegrazione della sovranità
militare della Germania avesse concluso definitivamente un
periodo in cui lunità europea era divenuto problema che
investiva prepotentemente le cancellerie.
Indotte a occuparsene dai caratteri straordinari della situazione
di potere la guerra fredda, il problema tedesco ,
queste avevano cercato inutilmente di risolverlo con i consueti
metodi delle intese diplomatiche.
Ma di fronte alla palese inadeguatezza delle soluzioni raggiunte
i governi erano inclini a prestare attenzione ai suggerimenti
dellavanguardia federalista e, pur di uscire dallimpasse,
ad accettare di battersi per la fondazione dello Stato europeo.
Tra queste cancellerie quelle ragionevolmente più disposte a un
tal genere dazione lassunzione di una "leadership
europea di natura occasionale" non potevano essere
che quelle di Italia e Repubblica federale di Germania, Stati che
ben poco avevano da perdere in termini di sovranità, perché la
prima ne possedeva poca e la seconda nessuna.
Se si esclude lepilogo, cioè la sconfitta al termine della
battaglia ma non della guerra, unevenienza che è del resto
normale nelle avventure rivoluzionarie, le cose erano andate
proprio come aveva sperato Spinelli.
Potevano andare così anche caduta la CED, restituita la sovranità
alla Germania federale, uscito di scena De Gasperi e, soprattutto,
nella nuova fase della politica internazionale?
Spinelli, dopo un lungo travaglio interiore, era giunto alla
conclusione che i federalisti dovessero abbandonare il ruolo del
"consigliere del principe" e passare senza incertezze
alla opposizione, unopposizione radicale che non si
limitasse a contestare la legittimità del governo e del regime,
ma giungesse persino a denunciare quella della comunità politica.
Albertini la definirà, appunto, "unopposizione di
comunità" .
In effetti, il "nuovo corso della politica federalista"
era fondato proprio sulla denunzia dellillegittimità degli
Stati nazionali, ormai incapaci di garantire sicurezza e sviluppo
ai propri cittadini e sulla mobilitazione del popolo europeo
nella rivendicazione del riconoscimento del suo potere
costituente .
Va ancora detto come Spinelli, nei Diari, ricordi i suoi
molteplici tentativi di attirare Monnet sulle sue posizioni
intransigenti , così come ricordi di aver costantemente
informato delle proprie iniziative Spaak, con il quale aveva a
lungo collaborato durante la vicenda dellAssemblea ad hoc.
Entrambi i passi non sembrano aver avuto successo, se è vero che
Monnet, che neppure menziona una sola volta Spinelli nelle sue
Memoires, prenderà autonomamente la strada del Comité dAction
e, pur dichiarando simpatia per liniziativa di Spinelli, la
considererà unazione prepolitica, mirando egli a
raccogliere qualche risultato significativo nel breve periodo ;
mentre Spaak faceva notare a Spinelli come la sua iniziativa di
carattere rivoluzionario fosse destinata a incontrare, tra i
federalisti, le stesse difficoltà che egli incontrava tra i
governi .
Più complesso è il discorso circa lorientamento di Monnet.
Per un verso, egli pareva condividere con Spinelli il
convincimento che si fosse inesorabilmente chiuso un ciclo
politico e che occorresse quindi riprendere libertà dazione
al di fuori delle istituzioni.
Da ciò la sua ferma intenzione di lasciare la presidenza dellAlta
Autorità per riassumere il ruolo delliniziativa.
Ma a questo orientamento saccompagnava la convinzione che
era indispensabile rilanciare subito lintegrazione europea,
una convinzione che lo portava a considerare come possibile una
lotta per lestensione a cominciare dai trasporti e
dallenergia delle competenze della Ceca . Questo
secondo e opposto orientamento lo portava a mettere in
discussione la prima scelta operata sino al punto, caduto il
governo Mendes France e apertisi nuovi spiragli nella politica
francese, di riproporre la propria candidatura alla carica per la
quale aveva rassegnato, con carattere dirrevocabilità, le
dimissioni .
Da questo dilemma Monnet uscì muovendo da quello stesso
principio di metodo che lo aveva condotto a proporre la Ceca.
Si trattava didentificare ancora una volta il "punto
limitato ma preciso" a partire dal quale fosse possibile
modificare tutti i dati della situazione.
Nella circostanza, a Monnet
quel punto parve consistere nellenergia atomica, lenergia
del domani, destinata a soppiantare in breve volger di tempo
quella termoelettrica e a garantire fonti autonome per lo
sviluppo economico europeo in un periodo di crescente instabilità
internazionale specie sul fronte dei Paesi del Terzo mondo. La
crisi di Suez lo rafforzò ulteriormente in questo convincimento.
Secondo Monnet, un pool europeo per la produzione pacifica dellenergia
atomica, caratterizzato dalla proprietà da parte di unautorità
sovrannazionale del materiale fissile, non solo avrebbe istituito
una forte dipendenza dellintera economia europea da quellautorità,
spingendo verso lunificazione di crescenti settori sino allunificazione
monetaria, ma avrebbe dispiegato anche straordinarie potenzialità
di sviluppo su un terreno squisitamente politico, quello dellunificazione
militare . Può osservarsi, a quarantanni di distanza, che
proprio questa seconda intuizione di Monnet si rivelerà
fatalmente corretta se è vero che la Quinta Repubblica, ponendo
allordine del giorno la costruzione della force de frappe
nationale, scoprirà come lEuratom, nato dal progetto
monnetiano, costituisse un ingombrante ostacolo, chiederà la
testa del suo presidente, il monnetiano Etienne Hirsch, e
relegherà listituzione al rango di una curiosità storica,
anchilosata e impotente.
In conclusione, può
ragionevolmente affermarsi che sul versante dei federalisti, cioè
su quello delliniziativa, non si profilavano nette
prospettive di rilancio: per ciò che concerne Spinelli, perché
il suo piano dazione non prometteva risultati per lindomani;
per ciò che concerne Monnet, perché uniniziativa
settoriale, per quanto mirata come quella dellatomo, non
riscuoteva più il consenso degli europeisti che, dopo lesperienza
dellAssemblea ad hoc, avevano ritenuto chiuso il periodo
dellintegrazione verticale e ritenevano irrinunziabile
quellintegrazione orizzontale che, nel corso dellavventura
costituente, era stata apertamente sostenuta con riferimento alla
politica e alleconomia.
E un fatto poco conosciuto, ma proprio durante i lavori di
quellAssemblea, per iniziativa del ministro degli esteri
dei Paesi Bassi Beyen e in generale dei
parlamentari del Benelux, era stato avanzato e infine accettato
il principio che non era possibile un esercito europeo senza uneconomia
europea. Ciò implicava di costruire dapprima ununione
doganale e, quindi, su quelle basi, ununione economica e
monetaria. Va ricordato, infatti, che lAssemblea ad hoc e
le diverse conferenze diplomatiche che ne seguirono avevano
ampiamente studiato un progetto che prevedeva la riduzione
progressiva dei dazi doganali e dei contingenti allimportazione
fino alla loro definitiva abolizione; la fissazione di una
tariffa doganale esterna comune a tutti gli Stati membri; lattuazione
della libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone;
larmonizzazione delle politiche economiche e sociali, e
persino la possibilità distituire lunione monetaria
con gli strumenti della legislazione ordinaria .
Il fatto rilevante da registrare ai fini della nostra indagine è
che fu questo il frutto dellesperienza dellAssemblea
ad hoc che gli europeisti più ostinati si ripromisero di non
disperdere. Il progetto, formulato dallo stesso Beyen e fatto
proprio dai governi del Benelux, raccolse il consenso della
Repubblica federale e, insieme al progetto di Monnet, che non
dispiaceva a Parigi ma sollevava forti perplessità a Bonn, entrò
nel pacchetto che finì per costituire loggetto del
negoziato di Messina.
Sempre attenendosi al criterio della ricognizione dei soli fatti essenziali, sarà opportuno ricordare come a Messina le diverse delegazioni fossero convenute in un clima sufficientemente distratto e poco incline a clamorose decisioni. La sola, in effetti, che a tutti premeva era quella di risolvere il problema della presidenza della Ceca, un nodo che venne sciolto assai speditamente, mentre incerto e ondivago risultò il dibattito sulle iniziative più opportune per il "rilancio", unoperazione che tutti ritenevano auspicabile a patto che ... e, a questo punto, ciascuno sciorinava le proprie riserve o, comunque, i propri motivi desitazione. Le testimonianze raccolte nel convegno romano del 1987 confermano come i negoziati si siano trascinati stancamente e senza costrutto sino allultima riunione, quella che si tenne presso lhotel San Domenico a Taormina, quando, inaspettatamente, si risolsero con una proposta di metodo che trovò il consenso generale: conferire a un gruppo di esperti, nominati dai governi e dalle istituzioni europee ma guidati da un "coordinatore politico", il mandato di studiare la fattibilità dei due progetti presentati, cioè "la creazione di unorganizzazione comune per lo sviluppo pacifico dellenergia atomica e (...) listituzione di un mercato comune, da realizzare per tappe, mediante la riduzione progressiva delle limitazioni quantitative e lunificazione dei regimi doganali". La forte guida politica sotto la cui direzione si era deciso di porre i lavori del Comitato che da lui avrebbe preso il nome, venne affidata a Paul Henri Spaak .
* * *
La CEE è un passo avanti verso la Federazione?
Azzardiamo ora un giudizio storico
sul "rilancio" europeo avviato a Messina con
riferimento a ciò che lo ha preceduto e a ciò che ne è seguito
sino a oggi.
Il men che si può dire è che il rilancio coincideva con un
forte arretramento dalle posizioni conquistate nel periodo 1950-54,
un arretramento che appare quasi una disfatta se si comparano i
risultati raggiunti con la posta in gioco nel corso dei lavori
dellAssemblea ad hoc.
Ma è più opportuno muovere dalla registrazione degli aspetti
positivi, anche perché essi furono così scarsi che il
compito di illustrarli risulta molto più agevole.
E un dato di fatto che, grazie soprattutto al meccanismo
delle attese, un elemento sempre decisivo sul terreno economico,
la Comunità conobbe, negli anni a cavallo del decennio, un boom
che impropriamente viene spacciato come "miracolo economico
italiano, francese, tedesco etc." e, invece, dovrebbe
definirsi semplicemente "europeo".
Una tumultuosa crescita condusse a bruciare le tappe dellintegrazione,
ad estendere, con gli accordi dell11 maggio 1966, il
mercato comune al settore agricolo, a istituire la Tec e le prime
risorse proprie, alla Convenzione di Lomé, ai diversi
allargamenti, alle decisioni dei Vertici dellAja e di
Parigi relative al progetto di costruire, a partire dallunione
doganale, lunione economico-monetaria, alle elezioni
dirette del Parlamento europeo, allo Sme, allazione di
Spinelli nel Parlamento europeo, allAtto unico e, infine, a
Maastricht .
Non basta; i progetti, sorti su questa e quella sponda dellAtlantico
di una equal partnership fra Europa e Usa, hanno certo la loro
radice in questa crescita della Comunità chiamata da più parti
ad aperte assunzioni di responsabilità nella politica mondiale .
Né va, infine, dimenticato che lOttantanove nellEst
europeo, se trova certamente spiegazione in molti e diversi
fenomeni di natura interna e internazionale, ne trova altrettanto
certamente anche nel successo della Comunità alla quale i Paesi
appena liberati dal giogo imperiale sovietico hanno
immediatamente chiesto di aderire .
* * *
Più complesso il discorso sugli aspetti negativi.
Il denominatore comune di tali aspetti è costituito dal
carattere dichiaratamente intergovernativo della costruzione
avviata a Messina.
La prima osservazione riguarda gli obiettivi.
Questi sono così indicati nei Trattati di Roma: "La Comunità ha il compito di promuovere,
mediante linstaurazione di un mercato comune ed il graduale
ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno
sviluppo armonioso delle attività economiche nellinsieme
della Comunità, una espansione continua ed equilibrata, una
stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del
tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa
partecipano".
"Più strette relazioni fra gli Stati che ad essa
partecipano"!
Affermazione assai grave.
Ricordiamo che Jean Monnet parlava apertamente di Etats Unis
dEurope e fédération européenne!
E va osservato che, in politica, nonostante quanto comunemente si
ritiene, le parole contano se è vero che, quando nel corso dei
negoziati che condurranno a Maastricht fu proposto dinserire
tra i caratteri dellUnione la sua "vocazione federale",
persino unespressione vagamente allusiva come questa fu
rifiutata.
Il carattere chiaramente intergovernativo delle
istituzioni e larretramento rispetto alla CECA si colgono
ancor di più esaminando le istituzioni della nuova Comunità.
Osserviamo ancora le parole usate: nella CECA "Alta Autorità",
nei Trattati di Roma "Commissione".
Ma, in questo caso, alle carenze della forma si accompagna una
carenza della sostanza: la Commissione può solo proporre. Chi
decide alla fine è il solo Consiglio europeo, riunione di
governi.
Si arriva ad analoghe conclusioni se si prende in esame lAssemblea
parlamentare europea.
Anche in questo caso la scelta del nome dice chiaramente come larciere
della metafora del del Principe di Machiavelli avesse puntato in
basso.
Gli esperti si dissero: Non
parliamo di problemi monetari in questa sede; se le misure
dirette alla soppressione delle tariffe doganali saranno
realmente rispettate, un certo grado di unificazione monetaria
dovrà necessariamente aver luogo.
Si trattò forse di un atto di fede, ma anche del solo modo
concreto con il quale, in quella fase dellopera, ci si
poteva occupare della questione" .
Può notarsi che, attraverso queste affermazioni, prende
limpidamente corpo un mito che ha funestato e
funesta limpresa europea.
Si tratta di un mito a due facce.
La prima riguarda una certa concezione meccanicistica dei
processi storici e, nel nostro caso, del processo di unificazione
europea per cui, raggiunto un obiettivo, la semplice logica delle
cose conduce a raggiungerne un altro e così via sino alla
fondazione del potere europeo.
La seconda riguarda lingenua credenza secondo cui chi vuole
la federazione europea deve far ricorso, come diceva Uri, alla furbizia : occorre cioè mettere i governi, senza che se ne
accorgano, su un piano inclinato che finirà necessariamente per
farli cadere nel potere europeo.
A questo riguardo ho sempre ritenuto che avesse ragione La
Rochefoucauld quando affermava che "Il est aussi facile de
se tromper soi-même sans sen apercevoir, quil est
difficile de tromper les autres sans quils sen aperçoivent"
(=E tanto facile ingannare se stessi sia pure
senza accorgersene quanto è difficile ingannare gli altri
senza che essi se ne accorgano).
* * *
Restiamo ancora per un momento sulla prima delle due facce del
mito testé denunziato, cioè su quella concezione meccanicistica
che ha permeato latteggiamento degli europeisti da Messina
a Maastricht.
I fatti provano che si trattava come tuttora si tratta
di una pia illusione.
Senza "atti di costruzione" imputabili alliniziativa
federalista saremmo ancora, come in parte siamo, al traguardo di
una semplice unione doganale.
Il Piano Werner fallì perché i
governi ponevano al termine del processo quel potere che era
indispensabile per consentirne lo svolgimento.
Senza liniziativa federalista non si sarebbe pervenuti né
al Sistema monetario europeo né allelezione diretta del
Parlamento europeo, un atto di costruzione che permise a Spinelli
di battersi perché il Parlamento europeo redigesse il progetto
di Trattato istituente lUnione europea.
Senza liniziativa di Spinelli e la lotta che attorno ad essa promossero i federalisti non sarebbe mai scaturito lAtto unico che consentì a Delors di proporre lobiettivo dellunione monetaria.
Si tratta di risultati di grande rilievo che sono il frutto di un nuovo metodo affermatosi nel tempo, quello che Albertini definisce il "gradualismo costituzionale", un metodo che riferisce la logica dei piccoli passi anche alla costruzione costituzionale, sostenendo che ad ogni avanzamento sul terreno delle intese governative deve corrispondere un parallelo rafforzamento delle istituzioni.
Per rilevanti che queste conquiste possano
considerarsi, resta il fatto che ci si trova ancora al di qua del
guado: la sovranità, che è per sua natura
indivisibile quanto meno in riferimento a una determinata
competenza, sta ancora e per intero dalla parte dei governi
nazionali e non da quella della Comunità, anche se
questa ha preso il nome di Unione Europea.
.
*Relatori:
Saverio Cacopardi, Pierangelo Fiora,
Simona Giustibelli, Luigi V. Majocchi, Marco Spazzini,
Arnaldo Vicentini
Pagina iniziale - Europa apparente - Europa reale - Europa futuribile - Segnalibri - Mappa sito