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L'Osservatore europeo

 

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L'UNIONE EUROPEA E I SUOI NEMICI
Dopo l'avvento della moneta unica e le polemiche sul caso Ruggiero: che cosa manca alla costruzione politica

L'articolo di Antonio Padoa Schioppa comparso su La Stampa del 9 gennaio 2002.



Perchè è così difficile completare la costruzione europea?
Pochi i nodi veri, poche e semplici le riforme in grado di scioglierli.

Eppure il traguardo appare remoto e potrebbe non venire raggiunto. Perché?

Per almeno quattro ordini di ragioni:
1) perché l'impresa non ha precedenti,
2) perché conta avversari palesi e occulti,
3) perché sta venendo meno la spinta degli interessi economici,
4) perché si è affievolita la fiamma ideale.

L'impresa non ha precedenti.
Mai prima d'ora si è conseguita un'unione di Stati divisi da secoli di storia - e quale storia - senza ricorrere né agli espedienti della successione dinastica né alla guerra, bensì alla forza pacifica del consenso.

Nessuna delle federazioni di Stati oggi esistenti può servire da modello, perché l'obiettivo di chi vuole l'Europa non è di estirpare le radici delle nostre diversità creando un nuovo superstato al posto delle realtà nazionali e regionali, ma al contrario di preservarle, trasferendo però al livello europeo funzioni e decisioni che travalicano la dimensione nazionale.

Gli avversari dell'Unione ci sono.
Alcuni Stati, come l'Inghilterra, hanno alle spalle una storia che spiega bene la loro riluttanza a proseguire sulla via dell'unione politica abbandonando i simboli di una sovranità che, pur se ormai più apparente che reale, è avvertita come irrinunciabile.

Ma i veri avversari sono altrove, sono all'interno di alcuni Stati fondatori dell'Unione quali la Francia, che pure quando in passato hanno voluto avanzare sulla via dell'integrazione, lo hanno fatto senza lasciarsi fermare da altri.

Se è vero che i nostri Stati nazionali ormai non hanno voce nelle scelte della politica mondiale, per tanta parte delle classi politiche nazionali l'apparenza conta più della sostanza, la trasmissione dell'immagine di chi siede al tavolo dei grandi ripaga politicamente (o almeno così si ritiene) del fatto che le vere decisioni sono prese intorno ad altri tavoli, di dimensioni minori e con un numero ridotto di sedie.

È dunque naturale la tendenza di molti leader nazionali a differire, a diluire le proposte istituzionali davvero incisive, le sole in grado di trasformare un insieme di soggetti impotenti in una vera e compatta unione di Stati.

Eppure la chiave che apre la porta verso il futuro è la chiave delle riforme istituzionali.

La spinta degli interessi economici, determinante per il successo del mercato unico, non opera altrettanto efficacemente là dove occorre una riforma delle istituzioni comuni, anzi rischia di esercitare una pressione in senso contrario: perché istituzioni europee deboli potrebbero non dispiacere a molte imprese.

Anche la fiamma ideale da cui è scaturita l'unione si sta affievolendo.
Il ricordo delle due guerre civili europee è ormai quasi scomparso per estinzione naturale di chi lo ha vissuto.
Il timore dell'imperialismo sovietico si è dissolto.
Il raggiungimento del benessere, un quieto benessere al riparo delle responsabilità mondiali - che gli Usa invece avvertono e a cui rispondono: nel bene e nel male - ottunde in Europa molte coscienze.

Pochi percepiscono la precarietà dell'assetto mondiale e il ritmo incalzante della storia, che potrebbero rendere irrealizzabile il completamento della costruzione europea: come già è accaduto in passato per altri disegni d'unione poi tramontati, dalla Grecia delle poleis all'Italia del Rinascimento.

E l'ideale europeo - che pure è un ideale cosmopolitico altissimo - non viene vissuto con l'intensità di alcuni ideali politici del passato: l'unificazione nazionale e la spinta a liberarsi dall'oppressione straniera giunsero a realizzarsi perché in loro nome singoli, gruppi sociali, talora popoli interi si dimostrarono pronti al sacrificio della vita.

La nave è dunque vicina a arenarsi?
Il rischio è reale, ma la via non è sbarrata.

Le forze culturali, economiche e politiche favorevoli al progredire dell'Ue esistono.
Un nucleo di istituzioni europee di taglio federale esiste.
Vi sono interessi comuni e solidarietà reali, di cui la moneta unica è un simbolo concreto.
Vi sono le sfide del terrorismo e dell'allargamento ai paesi dell'Europa centrale.

Vi è la possibilità che le crisi interne e internazionali future giochino una volta di più a favore dell'Unione, se alcuni leader europei sapranno essere lungimiranti come altri lo furono nell'ultimo cinquantennio.

E c'è l'iniziativa, deliberata a Laeken, della Convenzione europea, un organo rappresentativo potenzialmente in grado di assumere un ruolo costituente e di proporre - forse addirittura imporre - un modello efficace di costituzione europea.

Come sempre, la storia futura lascia aperte almeno due vie.

 

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