..Approfondimenti |
Pagina iniziale | Europa apparente | Europa reale | Europa futuribile | Approfondimenti | Segnalibri | Mappa sito |
JEAN
MONNET
1. La
vita e l'opera
2. Gradualismo
e Costituzionalismo
3. La
grandezza di Jean Monnet
4. La
politica secondo Jean Monnet: l'uomo d'azione e l'uomo di potere
1.
La vita e l'opera
Per un uomo come Jean Monnet (1888-16 marzo 1979), che aveva
capito sin dalle prime esperienze politiche che "la riflessione
non può essere separata dall'azione", i
fatti salienti della sua vita rappresentano anche una indicazione
importante del suo pensiero e del suo modo di fare politica.
Dopo aver trascorso la giovinezza ad aiutare il padre nel
commercio del cognac, allo scoppio della prima guerra mondiale si
pose, nel tentativo di rendersi utile, il "formidabile
problema" dell'organizzazione degli approvvigionamenti,
che gli Alleati non sapevano risolvere e che poteva compromettere
l'esito del conflitto. Una volta intuita la soluzione, cioè una programmazione
comune tra Francia e Inghilterra, riuscì a farsi
ricevere dal Presidente del Consiglio Viviani ed a convincerlo
della bontà della sua proposta. Invitato a Londra, diede vita ad
un pool franco-inglese per coordinare gli acquisti ed i
trasporti: la Commissione
Marittima interalleata.
Alla fine delle ostilità, grazie ai brillanti risultati
conseguiti, nel 1919 venne nominato segretario generale aggiunto
della Società delle Nazioni. Monnet iniziò questa sua nuova
missione con grande entusiasmo. Pensava, come molti suoi
contemporanei, che questa nuova organizzazione internazionale
potesse imporsi "per la sua forza morale, per gli appelli
all'opinione pubblica e grazie alle abitudini che finirebbero col
prevalere". Ma dovette ben presto riconoscere che la Società
delle Nazioni non poteva affatto realizzare quegli
obiettivi di pace e di concordia che si proponeva. Potevano
essere prese solo decisioni all'unanimità. "Il veto
- così Monnet commenta questa sua esperiienza - è la causa
profonda e nello stesso tempo il simbolo dell'impossibilità di
superare gli egoismi nazionali". Nessuna
volontà comune e nessun bene comune potevano essere conseguiti
su questa base. Nel 1923 abbandonò dunque il suo incarico e
ritornò ad occuparsi dell'impresa paterna.
Nell'autunno 1939, agli inizi della seconda guerra
mondiale, Monnet venne di nuovo inviato a Londra per
organizzare la gestione in comune delle risorse degli Alleati
come presidente del Comitato di
Coordinamento Franco-Britannico. . Qui, nel giugno 1940, mentre l'esercito
francese veniva travolto dalle truppe naziste,
Monnet concepì una iniziativa audacissima che avrebbe potuto
mutare l'intero corso della seconda guerra mondiale. Propose a
Churchill e a De Gaulle, che lo accettarono, un progetto per un'unione
federale immediata tra Gran Bretagna e Francia.
"I due governi, così recita il comunicato congiunto,
dichiarano che in futuro Francia e Gran Bretagna non saranno più
due nazioni, bensì una sola Unione franco-britannica.
La costituzione dell'Unione comporterà organizzazioni comuni per
la difesa, la politica estera egli affari economici... I due
Parlamenti saranno ufficialmente unificati". Tuttavia,
questo disperato tentativo di impedire la sconfitta della Francia
fallì, perchè la classe politica francese era ormai rassegnata
alla resa.
Monnet decise allora di recarsi negli Stati Uniti per collaborare
al Victory Program, convinto che l'America avrebbe potuto
svolgere il ruolo di "grande arsenale delle democrazie".
L'economista Keynes dirà, alla fine del
conflitto, che con la sua azione di coordinamento Monnet ha
probabilmente accorciato di un anno la seconda
guerra mondiale. Nel 1943, ad Algeri, entrò a far parte del
Comitato di liberazione nazionale "Francia libera",
dove collaborò con De Gaulle per organizzare la resistenza in
esilio. Nella riunione del 5 agosto 1943, Monnet dichiarò al
Comitato: "Non vi sarà pace in Europa, se gli Stati si
ricostituiranno sulla base della sovranità
nazionale... I Paesi d'Europa sono troppo piccoli per garantire
ai loro popoli la prosperità e l'evoluzione sociale
indispensabili. E' necessario che gli Stati europei si
costituiscano in federazione...".
Subito dopo la liberazione, Monnet propose al governo francese un
"piano globale per la modernizzazione lo sviluppo economico".
Nominato Commissario al Piano svolse un'opera essenziale per la
ricostruzione dell'economia francese. E' da questa posizione che,
nel 1949, Monnet si rese conto che la tensione tra Germania e
Francia per il controllo della Ruhr, l'importante
bacino carbosiderurgico, saliva minacciosamente, facendo
presagire una possibile ripresa delle ostilità, come era
avvenuto dopo la prima guerra mondiale. La soluzione a questo
stato di cose non poteva, tuttavia, essere la Federazione, perchè
la Francia, orgogliosa della sua sovranità appena riconquistata,
la rifiutava. Per questo Monet elaborò, insieme a pochi
collaboratori, una proposta rivoluzionaria: la messa in comune,
sotto il controllo di un governo europeo, delle risorse
franco-tedesche di carbone e acciaio. Nel Memorandum 'Monnet'
al Ministro degli Esteri Schuman, si dice: "Accomunando le
produzioni di base e istituendo un nuova Alta Autorità, le cui
decisioni vincoleranno la Francia, la Germania e i Paesi che vi
aderiranno, questa proposta getterà le prime fondamenta concrete
di una federazione europea indispensabile per preservare la pace".
Schuman accettò la proposta e, in accordo con Adenauer,
la rese pubblica il 9 maggio 1950. Un anno dopo, con il Trattato
di Parigi, sei Paesi -Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e
Lussemburgo - davano vita, alla Comunità Europea del
Carbone e dell'Acciaio (CECA). Si avviò così la
pacificazione franco-tedesca che ancora oggi rappresenta il
sentimento profondo su cui si regge il processo di unificazione
europea.
Nel 1955, dopo la grave crisi causata dal rifiuto della Francia
di ratificare la Comunità europea di difesa (CED),
Monnet diede vita al Comitato d'azione per gli Stati Uniti d'Europa
con il quale, sino alla fine della sua vita, invitò
instancabilmente la classe politica europea, a non abbandonare la
via intrapresa dell'unità europea.
2.
Gradualismo e costituzionalismo
La strategia individuata da Monnet per la costruzione dell'unità
europea può essere definita come metodo gradualistico o
funzionalismo. La proposta della CECA ne rappresenta il
modello, che ha ispirato in seguito una numerosa serie di
varianti. Dalla situazione di impasse tra Francia e
Germania, secondo Jean Monnet si poteva uscire in un solo modo:
"con un'azione concreta e risoluta su un punto limitato ma
decisivo, che provochi un cambiamento fondamentale su questo
punto e modifichi progressivamente i termini stessi dell'insieme
del problema" (Memorandum del 3 maggio 1950). L'istituzione
della CECA provocò in effetti i risultati previsti da Monnet.
Con la pacificazione franco-tedesca tutti i dati del problema
europeo si modificarono. Si passò dal confronto e dalla minaccia
di una risorgente politica di potenza, alla politica di
cooperazione e, col tempo, divenne pure possibile
sviluppare con opportune iniziative gli embrioni del potere
democratico contenuti nel progetto della CECA.
In una prima fase, il Movimento Federalista Europeo criticò l'approccio
funzionalistico di Monnet, perchè lasciava sussistere fianco a
fianco aspetti confederali della politica europea, in cui i
governi detenevano un potere di veto, con aspetti sovranazionali.
La messa in comune di alcuni settori in verità nascondeva la
volontà dei governi di non cedere la sovranità, che restava
intatta al livello nazionale nei fondamentali settori della
moneta e della difesa. Al metodo funzionalistico, Altiero
Spinelli contrappose il metodo costituente, come
la sola via democratica per costruire con il popolo l'Europa del
popolo.
Tuttavia, le lunghe e difficili lotte per rendere democratica la
Comunità europea hanno convinto i federalisti della
complementarietà del metodo gradualistico e di quello
costituente. Sino a che il quadro della politica internazionale
si mantiene favorevole al processo di unificazione europea, ogni
riforma istituzionale favorevole all'unità rafforza il fronte
delle forze europeistiche e rende possibili forme più avanzate
di lotta.
E' questo il caso dell'Unione monetaria, prevista dal Trattato di
Maastricht, che se realizzata senza un governo democratico
europeo metterà a nudo decisive contraddizioni. Solo con una
costituzione democratica, che definisca con chiarezza poteri,
responsabilità e diritti dei cittadini, le istituzioni europee
cesseranno di essere, agli occhi dell'opinione pubblica, l'Europa
burocratica dei governi per divenire finalmente l'Europa
democratica dei cittadini.
In definitiva, mentre il metodo gradualistico di
Monnet ha consentito di avviare il processo di
unificazione europea, il metodo costituente di
Spinelli è indispensabile per portarlo a compimento.
3.
La grandezza di Jean Monnet
Monnet non è mai stato il capo nè di un governo, nè di un
partito, nè di una amministrazione, nè di una forza organizzata;
e quando si è trovato alla testa di una organizzazione (il
Commissariato francese al Piano, la Comunità europea del carbone
e dell'acciaio) si trattava di organizzazioni che egli stesso
aveva creato, e di cui si occupò finchè erano nello "stato
nascente". Proprio per questo il suo caso è degno di
meditazione. Abitualmente si pensa che un uomo solo, nel nostro
mondo così organizzato e complesso, sarebbe ridotto all'impotenza,
anche per quanto riguarda il conoscere (per questo i fondamenti
della morale, che non riposa su niente se non riposa sugli
individui, vacillano). ...
Senza l'azione di Monnet non ci sarebbe la Comunità. Negli anni,
mesi e giorni che ne precedono l'avvento, non esiste nè traccia
nè segno di un progetto di questo genere per il problema che si
trattava di risolvere (il posto da assegnare alla Germania
occidentale nel mondo atlantico) nei partiti, nei loro organi
deliberanti e dirigenti, nei ministeri e nei governi. Il progetto
è di Monnet, l'azione per farlo accettare dai governi è di
Monnet (a Schuman ed Adenauer va riconosciuto proprio il merito,
del resto politicamente grandissimo, di aver accettato subito le
proposte di Monnet). ...
I fatti sono questi, e il loro significato è chiaro. Monnet ha
creato la Comunità, e la Comunità ha condizionato la politica
europea e mondiale. Ciò significa che da venticinque anni a
questa parte le grandi forze storiche hanno seguito o
fronteggiato un corso di cose in parte stabilito da un uomo solo,
Jean Monnet.
Mario Albertini, Il Federalista, 1977
4.
La politica secondo Jean Monnet: l'uomo d'azione e l'uomo
di potere
Ciò che ho intrapreso, in ogni fase
importante della mia vita, procedeva da una scelta, e da una
sola, e questo limitarmi a un solo scopo mi ha salvato
dalle tentazioni della varietà e anche dal gusto del potere
dalle mille sfaccettature.
Sono fatto così e non riuscirei ad essere diverso. Ma credo
anche che sia necessario trattare certe cose in questo modo per
ottenere un risultato. Questa regola non vale per quelli che
devono occuparsi di tutti gli affari dello Stato, poichè bisogna
che essi considerino l'insieme dei problemi. Quest'altra
attitudine dello spirito, che è necessaria all'uomo politico,
contiene in sè i limiti del suo potere sulle cose. Se egli fosse
dominato da una sola idea, non sarebbe più disposto per altre,
che invece rientrano anch'esse nei suoi compiti; inversamente,
dedicandosi a tutte, rischia di perdere l'occasione di agire, che
è unica. Trovandomi davanti a questo dilemma, capii che avevo di
meglio da fare che cercare di esercitare io stesso il potere ...
Mi accorgevo inoltre che per accedere a questo posto avrei dovuto
farmi violenza. Per l'uomo politico l'obiettivo di ogni istante
è di essere al Governo, e lì di essere il primo. ... Non ho mai
conosciuto un grande uomo politico che non sia fortemente egocentrico,
ed è logico: se non lo fosse, non avrebbe mai imposto la sua
immagine e la sua persona. Io non avrei potuto esserlo e non per
modestia: non si può concentrarsi su una cosa e su se stessi. E
questa 'cosa' è sempre stata la stessa per me: far lavorare
tutti gli uomini uniti, dimostrare loro che, al di là delle
divergenze o al di sopra delle frontiere, essi hanno un interesse
comune...
La concorrenza era viva attorno al potere, ma era praticamente
nulla nel settore in cui io volevo agire, quello, cioè, che si
occupa della preparazione dell'avvenire e che, per definizione,
non è rischiarato dalle luci dell'attualità. Poichè non davo
fastidio agli uomini politici, potevo contare sul loro appoggio.
Inoltre, se ci vuole molto tempo per arrivare al potere, ne
occorre molto poco per spiegare a quelli che ci sono arrivati
come si possa uscire dalle difficoltà presenti: è un linguaggio
che ascoltano volentieri al momento critico. In
quel momento, quando mancano le idee, essi accettano volentieri
le tue, purchè ne abbiano la paternità. Nel mio lavoro, gli
allori bisogna dimenticarseli. Per quanto ne dicano, non mi piace
tenermi nell'ombra, ma se solo con una certa riservatezza posso
portare a termine le cose in modo più soddisfacente, ebbene,
allora scelgo l'ombra.
Jean Monnet, Mémoires, 1976
Vedi anche:
http://www.eurplace.org/federal/monnet.html
Le sue memorie autobiografiche sono raccolte in:
"Citoyen dEurope: 75 ans dhistoire mondiale"
Pagina iniziale - Europa apparente - Europa reale - Europa futuribile - Segnalibri - Mappa sito