ROSA LUXEMBURG.

Il famigerato "diritto di autodeterminazione nazionale" non è altro che vuota fraseologia e ciarlataneria piccolo-borghese.

La testimonianza di Rosa Luxemburg, riportata nelle pagine che seguono, rappresenta il primo saggio storico sulla Rivoluzione d' Ottobre, scritto da un personaggio contemporaneo agli eventi, che ne contempla anche la fine!
Nel rifiutare ogni biografia apologetica della Rivoluzione d'Ottobre, visti i catastrofici risultati consumati sia nel breve termine che negli anni a seguire, non possiamo non far rilevare che i comunisti che si opponevano a Lenin come a Trotskji avevano ragione!

L'importanza degli ultimi carteggi di Rosa Luxemburg, scritti mentre era in carcere nel 1918, resi pubblici tardivamente da Paul Levi solo dopo il 1921, va letta anche in considerazione del fatto che voleva essere un monito per il precipitare degli eventi in Germania e per gli Spartachisti stessi infiltrati dagli emissari bolscevichi in combutta con le gerarchie militari tedesche.

È per questo che, non potendo semplicemente citare alcuni stralci [che comunque andrebbero a sostenere la nostra rilettura del leninismo], spinti anche dalla necessità di arricchire la documentazione per una rilettura della Storia, riteniamo fondamentale riproporne la testimonianza, un'intero capitolo, quello relativo alle conseguenze di Brest Litovsk, per tornare a rendere accessibile ai più quanto in passato negato per ragioni di opportunismo politico e intellettuale-di mercato.

Nella spietata critica che Rosa rivolge a Lenin e Trotskji, prima di essere assassinata, è possibile leggere le cause e la previsione di tutte le degenerazioni che avrebbero determinato il soffocamento dell'internazionalismo comunista fino alla follia proseguita poi da Stalin con la "soluzione in un solo paese..."
La conclusione è che: Tutto finì a Brest Litovsk.


 


La Rivoluzione Russa. Un esame critico

I Bolscevichi sono gli eredi storici dei Livellatori inglesi e dei Giacobini francesi. Ma il compito concreto loro assegnato nella rivoluzione russa, dopo la presa del potere, si presentava incomparabilmente più arduo di quello dei loro predecessori storici. (Importanza della questione agraria. Già nel 1905. Poi nella III Duma i contadini i contadini di destra! Questione contadina e difesa, esercito).

Certo, la parola d'ordine dell'occupazione e della ripartizione immediata e diretta della terra da parte dei contadini era la formula più rapida, semplice e lapidaria per raggiungere due scopi: distruggere la grande proprietà terriera e legare immediatamente i contadini al governo rivoluzionario.

Come misura politica per il consolidamento del governo proletario-socialista si è trattato di una tattica eccellente.

Ma purtroppo essa presentava due aspetti, e il rovescio della medaglia consiste nel fatto che l'occupazione diretta della terra da parte dei contadini non ha pressocché nulla in comune con l'economia socialista.

La trasformazione dei rapporti economici in senso socialista presuppone due misure per quanto riguarda i rapporti agrari.

In primo luogo la nazionalizzazione per l'appunto della grande proprietà terriera come soppressione della concentrazione tecnicamente più progredita di mezzi di produzione e di metodi agricoli, la quale sola può servire nelle campagne da punto di partenza del sistema economico socialista.

Mentre naturalmente non occorre togliere al piccolo contadino il suo campicello (e gli si può tranquillamente rimettere la decisione di optare liberamente, in conseguenza dei vantaggi presentati dall'esercizio sociale, per il legame cooperativo in un primo tempo, e da ultimo per l'inquadramento nell'esercizio collettivistico), ogni forma economica socialista della terra non può evidentemente non prendere le mosse dalla grande e media proprietà terriera. In questo campo essa deve innanzi tutto trasferire il diritto di proprietà alla nazione o, se si vuole, allo stato: ciò che fa lo stesso nel caso di governo socialista; poiché soltanto una misura di questo tipo garantisce la possibilità di organizzare la produzione agricola sulla base di punti di vista socialisti organici e generali.

Secondo presupposto di questa trasformazione è poi la separazione dell'agricoltura dall'industria, questo caratteristico aspetto della società borghese, venga eliminato per far posto a una reciproca compenetrazione e fusione, a uno sviluppo tanto della produzione agricola come di quella industriale secondo punti di vista unitari. Come nel particolare possa effettuarsi l'amministrazione pretica: se attraverso comunità urbane, come propongono alcuni, o da un centro statale, in ogni caso è presupposta una riforma unitariamente condotta e introdotta dal centro, la quale a sua volta presuppone la nazionalizzazione della terra.

Nazionalizzazione della media e grande proprietà terriera, unificazione dell'industria e dell'economia agricola, ecco due direttive fondamentali di qualunque riforma economica socialista, senza le quali non si dà socialismo. Che il governo sovietico russo non abbia effettuato queste imponenti riforme chi glielo potrebbe rimproverare?
Sarebbe un bello scherzo pretendere o attendersi da Lenin e compagni che nel loro breve periodo di potere, in mezzo all'impetuoso vortice di lotte interne ed esterne, assillati tutt'attorno come sono da miriadi di nemici ed opposizioni, potessero risolvere uno dei più ostici, anzi, anzi possiamo tranquillamente affermare: il compito più ostico della trasformazione socialista o anche soltanto affrontarlo!

Una volta giunti al potere, anche noi in Occidente e nelle condizioni più favorevoli, avremo occasione di spezzarci parecchi denti su quest'osso, prima di risolvere soltanto le più ordinarie delle mille complicate difficoltà di questo compito immane! A un governo socialista, che sia giunto al potere, spetta in ogni caso un compito: prendere provvedimenti, che siano coerenti con questi fondamentali presupposti di una successiva riforma socialista dei rapporti agrari, ed evitare almeno tutto quanto sbarri la strada a quelle misure.

Ora, la parola d'ordine emanata dai bolscevichi: presa di possesso e ripartizione immediata della terra da parte dei contadini, non poteva non agire esattamente nella direzione contraria.

Non solo non si tratta di una misura socialista, ma ne sbarra anche la strada, innalzando insuperabili difficoltà davanti alla trasformazione dei rapporti agrari in senso socialista. L'occupazione dei latifondi da parte dei contadini, in conseguenza della breve e lapidaria parola d'ordine di Lenin e dei suoi amici: Andate e prendetevi la terra!, ha portato semplicemente al repentino e caotico trapasso dalla grande proprietà terriera in proprietà fondiaria contadina.

Ciò che ne è derivato, non è proprietà sociale, ma nuova proprietà privata, e precisamente smembramento della grande proprietà in possessi di media e minore grandezza, del grande esercizio relativamente progredito in piccolo esercizio primitivo, tecnicamente al livello dei tempi dei Faraoni.

Non basta: attraverso questo provvedimento e il modo caotico, puramente fondato sull'arbitrio, della sua attuazione, i divari di proprietà della terra non furono eliminati, ma solo inaspriti. Sebbene i bolscevichi esortassero i contadini a formare dei Comités per fare, in qualche modo, dell'occupazione dei latifondi nobiliari una collettivizzazione, è chiaro che questo consiglio generico non può nulla mutare alla prassi concreta e alle concrete relazioni di forza nelle campagne.

Sicuramente, sia con Comités che senza, contadini ricchi ed usurai, che costituivano la borghesia paesana e che in ogni villaggio russo avevano nelle mani l'effettivo potere locale, sono diventati i principali profittatori della rivoluzione agraria.

È aprioristicamente evidente che quale risultato della ripartizione della terra le disuguaglianze sociali ed economiche tra i contadini non sono state affatto eliminate, ma solo accentuate, i contrasti di classe inaspriti.

Ma questo spostamento di forze ha avuto luogo a sfavore degli interessi proletari e socialisti.

Prima, a una riforma socialista nelle campagne avrebbero offerto resistenza tutt'al più una piccola casta di grandi proprietari terrieri nobili e capitalisti, come pure una piccola minoranza di ricca borghesia paesana, la cui espropriazione da parte di una massa popolare rivoluzionaria è gioco da fanciulli.

Ora, dopo l'"occupazione", avversaria di qualunque socializzazione socialista dell'agricoltura, è diventata una massa enormemente accresciuta e forte di contadini possidenti, che difenderà coi denti e con le unghie le proprietà appena acquisite contro ogni attentato socialista.

Attualmente, in Russia, la questione della futura socializzazione dell'agricoltura, anzi della produzione in generale, è diventata elemento di discordia e di lotta tra il proletariato urbano e le masse contadine.

Quanto aspro sia già ora diventato il contrasto, lo dimostra il boicottaggio contadino delle città, alle quali rifiutano i mezzi di sussistenza, per farne speculazioni, esattamente come gli Junker prussiani.

Il contadino parcellare francese era diventato il più valoroso difensore della grande rivoluzione francese, dopo che questa gli aveva regalata la terra confiscata all'emigrazione. Come soldato napoleonico egli portò alla vittoria la bandiera francese, attraversò tutta l'Europa e distrusse il feudalesimo in un paese dopo l'altro.

Lenin e i suoi amici possono essersi attesi un effetto simile dalla Loro parola d'ordine agraria. Invece il contadino russo, una volta preso materialmente possesso della terra, non si è neppure sognato di difendere la Russia e la Rivoluzione, a cui doveva la terra.

Si è tuffato nel suo nuovo possesso ed ha abbandonato la rivoluzione ai suoi nemici, lo Stato alla rovina, la popolazione cittadina alla fame.

[Discorso di Lenin sulla necessaria centralizzazione nell'industria. Nazionalizzazione delle banche, del commercio e dell'industria. Perché non della terra? Qui, al contrario, decentralizzazione e proprietà privata.

Il programma agrario peculiare di Lenin prima della Rivoluzione era diverso.

Lo slogan desunto dai tanto ingiuriati socialisti-rivoluzionari, o più esattamente: del movimento spontaneo contadino. Per introdurre princìpi socialisti nei rapporti agrari, il governo sovietico ha cercato ora di mettere in piedi coi proletari (per lo più elementi cittadini, disoccupati) delle comuni agricole. Ma è facile profezia che i risultati di questi sforzi, commisurati all'intero ambito dei rapporti agrari, siano inevitabilmente rimasti impercettibili, e per una valutazione della questione assolutamente irrilevanti. (Dopo aver spezzettata in piccoli esercizi la grande proprietà fondiaria, il punto di partenza più appropriato per un'economia socialista, si cerca ora di edificare da piccole fondamenta aziende comuniste modello). Nel sistema di rapporti dato, queste comuni rivestono solo il valore di un esperimento, non di una larga riforma sociale. Monopolio dei cereali con premi. Adesso, post festum, introdurre la lotta di classe nei villaggi!].

La riforma agraria leninista ha procurato al socialismo un nuovo potente strato sociale di nemici nelle campagne, la cui resistenza sarà molto più pericolosa e tenace di quanto non sia stata quella dei grandi proprietari terrieri aristocratici.

Che la sconfitta militare si sia trasformata nel crollo e nella disgregazione della Russia, è in parte colpa dei bolscevichi.

Questi si sono da se stessi appesantiti oltre misura le difficoltà obiettive della situazione attraverso una parola d'ordine che hanno spinto in prima linea della loro lotta politica: il cosiddetto diritto di autodeterminazione nazionale, o ciò che in realtà sta sotto questo slogan: la disgregazione statale della Russia.

La formula, sempre di nuovo proclamata con dottrinaria cocciutaggine, del diritto delle varie nazionalità dell'Impero Russo a determinare autonomamente il proprio destino "ivi compresa la separazione statale dalla Russia", è stata durante la loro opposizione contro l'imperialismo sia di Miljukow che di Kerenski, ha costituito l'asse della loro politica interna dopo il rivolgimento d'ottobre, e tutta quanta la piattaforma bolscevica a Brest-Litowsk, l'unica arma, che avessero da contrapporre alla posizione di forza dell'imperialismo tedesco.

Nella caparbietà e arida coerenza, con la quale Lenin e compagni hanno tenuto duro a questa posizione, ciò che anzitutto colpisce è che essa è in crassa contraddizione sia al loro espresso centralismo politico in altri settori sia anche al comportamento che essi hanno assunto di fronte ad altri princìpi democratici.

Mentre dimostravano un freddo dispregio di fronte all'assemblea costituente, al suffragio universale, alla libertà di stampa e di riunione, in breve a tutto l'apparato delle fondamentali libertà democratiche delle masse popolari, che tutte assieme costituivano "il diritto di autodeterminazione" della Russia stessa, attraverso il diritto di autodeterminazione delle nazioni come una pupilla della politica democratica, per amore della quale tutti i punti di vista pratici della critica realistica non avevano che da tacere.
Mentre essi non si erano lasciati minimamente mettere in soggezione dalla votazione popolare sulla base del diritto elettorale più democratico del mondo e nella piena libertà di una repubblica popolare, e per considerazioni critiche assai fredde dichiararono nulli i loro risultati, a Brest Litowsk propugnarono il referendum sull'appartenenza statale delle nazionalità non russe dell'impero come il vero palladio di ogni libertà e democrazia, genuina quintessenza della volontà dei popoli e come la suprema istanza in questioni di destino politico delle nazioni.

Questa flagrante contraddizione è tanto più incomprensibile in quanto a proposito delle forme democratiche della vita politica di ogni paese, si tratta, come vedremo ancora più oltre, di validi, anzi indispensabili fondamenti della politica socialista, mentre il famigerato "diritto di autodeterminazione nazionale" non è altro che vuota fraseologia e ciarlataneria piccolo-borghese.

In effetti che cosa dovrebbe significare questo diritto?

Fa parte dell'ABC della politica socialista combattere ogni specie di oppressione e conseguentemente anche quella di una nazionalità da parte di un'altra.
Se ciò nonostante, in questo caso, politici per il resto così freddi e critici come Lenin, Trotskji e amici loro, refrattari a ogni genere di fraseologia utopistica come disarmo, società delle nazioni, ecc. a cui riservano solo un'ironica alzata di spalle, hanno fatto di un vuoto slogan della stessa, medesima risma, addirittura il loro cavallo di battaglia, questo è dovuto, ci sembra, ad una forma di opportunismo politico.

Lenin e compagni calcolarono evidentemente che non esistesse mezzo più sicuro per legare le molte nazionalità straniere dell'impero russo alla causa della rivoluzione, alla causa del proletariato socialista, che garantire loro in nome della rivoluzione e del socialismo la più illimitata ed estrema libertà di disporre dei propri destini.

Si ripresenta su questo punto un atteggiamento analogo alla politica bolscevica nei confronti dei contadini russi, la cui fame di terra fu soddisfatta dalla parola d'ordine dell'occupazione diretta dei fondi aristocratici che avrebbero così dovuto essere legati alla bandiera della rivoluzione e del governo proletario.

In entrambi i casi, purtroppo, i calcoli si sono dimostrati assolutamente errati.

Mentre evidentemente Lenin e compagni, in quanto propugnatori della libertà nazionale, addirittura "sino al separatismo statale", si aspettavano che Finlandia, Ucraina, Polonia, Lituania, Paesi Baltici, Caucasia ecc. diventassero altrettanti fedeli alleati della rivoluzione russa, abbiamo assistito allo spettacolo contrario: l'una dopo l'altra queste "nazionalità" utilizzarono la libertà appena avuta in dono per allearsi, quale nemiche mortali della rivoluzione russa, con l'imperialismo tedesco e sotto la sua protezione portare la bandiera della controrivoluzione nella stessa Russia.

L'intermezzo a Brest Litowsk con l'Ucraina, che ha comportato una svolta decisiva di quelle trattative e in tutta la situazione politica interna ed esterna dei bolscevichi, ne è un esempio tipico.

Il comportamento di Finlandia, Polonia, Lituania, Paesi baltici, delle nazionalità del Caucaso è la dimostrazione più convincente che non si è trattato di un episodio eccezionale e casuale, ma di un fenomeno tipico.

Certo, in tutti questi casi a svolgere detta politica reazionaria non sono in realtà le "nazioni", ma solo le classi borghesi e piccolo-borghesi, che nel più marcato contrasto con le proprie masse proletarie stravolgono il "diritto di autodeterminazione nazionale" in uno strumento della loro politica di classe controrivoluzionaria.

Ma -- e con ciò arriviamo al punto nodale della questione -- il carattere utopistico piccolo-borghese di questa fraseologia nazionalistica sta appunto nel suo trasformarsi (nella dura realtà della società di classe, particolarmente in un tempo di conflitti inaspriti all'estremo) in un semplice strumento del dominio di classe borghese.

A spese proprie e della rivoluzione i bolscevichi hanno dovuto apprendere che sotto il dominio del capitalismo non c'è posto per nessuna autodeterminazione nazionale.

Che in una società classista ogni classe facente parte della nazionalità desidera "autodeterminarsi" in maniera diversa e che tra le classi borghesi i punti di vista della libertà nazionale cedono completamente il passo a quelli del dominio di classe.

La borghesia finnica con la piccola borghesia ucraina erano perfettamente d'accordo nel preferire il dispotismo tedesco alla libertà nazionale, quando questa dovesse essere collegata coi pericoli del "bolscevismo".
La speranza di capovolgere questi rapporti di classe effettivi nel loro contrario, magari attraverso referendum, motivo attorno al quale a Brest Litowsk girò tutto, e di ottenere fidando sulle masse popolari rivoluzionarie un voto di maggioranza per l'unione con la rivoluzione russa, se seriamente nutrita da Lenin e Trotskji, ha rappresentato un ottimismo inconcepibile, e se dovesse essere solo una botta tattica nel duello con la politica di forza tedesca: un giocare col fuoco!

Qualora nei paesi periferici si fosse giunti al famoso referendum, data la mentalità delle masse contadine e di grandi strati proletari ancora indifferenti, la tendenza reazionaria della piccola borghesia e i mille mezzi a disposizione della borghesia per influire sulla votazione, con ogni verosimiglianza esso avrebbe dato ovunque un risultato poco allegro per i bolscevichi anche senza l'occupazione militare tedesca.

In faccende di referendum sulla questione nazionale può dunque valere come regola inviolabile che le classi dominanti o dove non convenga loro lo sappiano impedire o, arrivandoci, sappiano influire sui risultati con tutti i mezzi e mezzucci, che fanno anche sì che alcun socialismo sia introducibile per via di votazioni popolari.

In genere, il fatto che la questione delle aspirazioni nazionali e delle tendenze separatiste sia stata buttata in mezzo alle lotte rivoluzionarie, anzi, attraverso la pace di Brest Litowsk, spinta in primo piano e addirittura elevata a Schibboleth della politica socialista e rivoluzionaria, ha provocato il maggiore smarrimento nelle file socialiste e scosso la posizione del proletariato proprio nei paesi di confine. In Finlandia il proletariato socialista, finché ha combattuto come parte della compatta falange rivoluzionaria della Russia, è giunto a tenere una posizione di forza dominante.

Possedeva la maggioranza della Dieta e nell'esercito, aveva completamente ridotto all'impotenza la borghesia ed era padrone della situazione del paese. A principio del secolo, quando ancora non erano state inventate le buffonate del "nazionalismo ucraino" con le Karbonwentzen e gli Universals e l'ubbia di Lenin di una "Ucraina autonoma", l'Ucraina Russa era la roccaforte del movimento rivoluzionario russo.

Da qui, da Rostow, da Odessa, dal Territorio del Donez fluirono le prime correnti di lava della rivoluzione (già attorno al 1902-1904) e accesero tutta la Russia meridionale di un mare di fiamme, così preparando l'esplosione del 1905, i più forti e i più sicuri focolari rivoluzionari e il proletariato socialista vi ha svolto un ruolo preminente.

Come avviene che in tutti questi paesi, improvvisamente, trionfi la controrivoluzione?

Il movimento nazionalista ha paralizzato il proletariato appunto staccandolo dalla Russia, e lo ha consegnato alla borghesia nazionale dei paesi periferici.

Invece di mirare, giusto nello spirito della pura politica classista internazionalistica, che essi quanto al resto difesero, alla più compatta concentrazione delle forze rivoluzionarie su tutto il territorio dell'impero, di difendere con le unghie e coi denti l'integrità dell'impero russo in quanto territorio rivoluzionario, di contrapporre a tutte le aspirazioni separatistiche nazionalistiche, come supremo comandamento politico, la comunione e la inseparabilità dei proletari di tutti i paesi in seno alla rivoluzione russa, i bolscevichi attraverso la rimbombante fraseologia nazionalistica del "diritto di autodeterminazione sino alla separazione statale" non hanno fatto che prestare alla borghesia di tutti i paesi di confine il pretesto più propizio e più splendido, addirittura la bandiera per le loro aspirazioni controrivoluzionarie.

Invece di mettere in guardia i proletari dei paesi limitrofi da un qualunque separatismo in quanto semplice trappola borghese, [e di soffocare in germe le aspirazioni separatistiche con mano ferrea, il cui uso in questo caso avrebbe veramente corrisposto al senso e allo spirito della dittatura proletaria] essi hanno piuttosto sconcentrato le masse di quei paesi con la loro parola d'ordine e le hanno consegnate alla demagogia delle classi borghesi.

Con questa rivendicazione nazionalista hanno causato, preparato, lo smembramento della stessa Russia e hanno così stretto nelle mani dei propri nemici il coltello da piantare nel cuore della rivoluzione russa.

Certo, senza l'aiuto dell'imperialismo tedesco, senza i "calci di fucile tedeschi in pugni tedeschi", come ha scritto la Neue Zeit di Kautsky, i Lubinsky e le altre canaglie ucraine come pure gli Erich e i Mannerheim finlandesi e i baroni baltici non ce l'avrebbero mai fatta contro le masse proletarie socialiste dei loro paesi.

Ma il separatismo nazionale è stato il cavallo di Troia dentro il quale fecero il loro ingresso in tutti quei paesi, baionette in pugno, i "compagni" tedeschi.
I concreti contrasti di classe e i rapporti di forza militari hanno condotto all'intervento tedesco: ma i bolscevichi hanno fornito l'ideologia, che ha mascherato questa campagna rivoluzionaria, hanno rafforzato la posizione della borghesia e indebolito quella del proletariato. Ne è la miglior prova l'Ucraina, che doveva giocare un così fatale ruolo nelle sorti della rivoluzione russa.

Il nazionalismo ucraino, del tutto diverso da quello per esempio ceco, polacco o finnico, non è stato null'altro in Russia che un semplice ghiribizzo, un'imbecillità di un paio di dozzine di intellettuali piccolo-borghesi, senza la minima radice nella situazione economica, politica o spirituale del paese, senza alcuna tradizione storica, perché l'Ucraina non ha mai costituito una nazione o uno stato; senza alcuna cultura nazionale, all'infuori delle poesie romantico-reazionarie di Schewtschenko.
È precisamente come se un bel mattino le popolazioni costiere volessero fondare sulla base di Fritz Reuter una nuova nazione e un nuovo stato bassotedesco.

E questa ridicola posa di un paio di professori universitari e di studenti, Lenin e compagni l'hanno artificialmente gonfiata a fattore politico con la loro agitazione dottrinaria sul "diritto di autodeterminazione comprensiva ecc.".

Furono loro ad attribuire importanza alla buffoneria iniziale, sinché questa divenne della più sanguinosa gravità: ma non un serio movimento nazionale, per il quale ora come prima non esistono radici, bensì un'insegna e una bandiera di raccolta della controrivoluzione!

Da questo guscio vuoto uscirono a Brest Litowsk le baionette tedesche!

Nella storia delle lotte di classe questi slogan rivestono a volte importanza molto concreta.
In questa guerra mondiale è fatale destino del socialismo di essere predestinato a fornire pretesti ideologici per la politica controrivoluzionaria.

Al suo scoppio, la socialdemocrazia tedesca si affrettò a fregiare di uno scudo ideologico tratto dall'arsenale marxista la razzia dell'imperialismo germanico, spiegandola come la campagna di liberazione contro lo zarismo russo auspicata dai nostri vecchi maestri.

Agli antipodi dei socialisti governativi, era destinato ai bolscevichi di portar acqua al mulino della controrivoluzione con lo slogan dell'autodeterminazione nazionale e di fornire così un'ideologia non solo per lo strangolamento della rivoluzione russa stessa, ma per la progettata liquidazione, in senso controrivoluzionario, dell'intera guerra mondiale.

Abbiamo tutte le ragioni di esaminare molto a fondo sotto questo riguardo la politica bolscevica.

Il "diritto di autodeterminazione nazionale", accoppiato con la Società delle nazioni e il disarmo per grazia di Wilson, costituisce il grido di battaglia sotto il quale dovrebbe svolgersi l'imminente resa dei conti del socialismo internazionale col mondo borghese. È evidente che lo slogan dell'autodeterminazione e l'intero movimento nazionalistico, che presentemente costituisce il maggiore pericolo per il socialismo internazionale, hanno ricevuto uno straordinario rafforzamento proprio dalla rivoluzione russa e dai negoziati di Brest.

Di questa piattaforma avremo da occuparci ancora particolareggiatamente.

Le tragiche sorti di questa fraseologia della rivoluzione russa, nelle cui spine era destino che i bolscevichi si impigliassero e si scorticassero, servano di lezione al proletariato internazionale.

Ora, da tutto questo è conseguita la dittatura tedesca. Dalla pace di Brest sino al "trattato aggiuntivo"! Le 200 vittime espiatorie di Mosca. Da questa situazione sono derivati il terrore e il soffocamento della democrazia.

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[Questa Versione in italiano è comparsa "online" per la prima volta come Capitolo dedicato a Rosa Luxemburg dell'E-book "Tensione" - nel 1998, facente seguito a quella cartacea di 4 anni prima, a cura di Massimo Greco e Toni Corino, su geocities.com, e-book successivamente "scomparso" dopo la soppressione degli spazi "gratuiti" ma ancora oggi rintracciabile qui: http://www.geocities.ws. Ed è qui il "da dove" sono state pescate e copiaincollate talune edizioni facenti riferimento a spazi ed "edizioni" dalla "PRASSI" tradizionalmente poco incline a citare la fonte.]

 

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Bibliografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


☆ Qui l'accesso in PDF alla versione originale in tedesco del 1922 curata da Paul Levi:


☆ Nel 2018, la versione originale in tedesco è stata ripubblicata in India dalla Gyan Books:


☆ Una delle primissime, quanto poche, se non la prima, edizioni in italiano della Critica alla Rivoluzione Russa con prefazione di Onorato Damen presumibilmente databile 1956 e riedita anche nel 1999 come «Edizioni Prometeo» del circuito di "Battaglia Comunista", oggi disponibile anche in versione PDF


✔ Ich War, Ich Bin,
Ich Werde Sein.

☆ «The famous “right of self-determination of nations” is nothing but hollow, petty-bourgeois phraseology and humbug.»
Rosa Luxemburg
(The Russian Revolution, The Nationalities Question)

★ «Il famigerato "diritto di autodeterminazione nazionale" non è altro che vuota fraseologia e ciarlataneria piccolo-borghese.»
Rosa Luxemburg
(La Rivoluzione Russa, Un esame critico)

☆ «Que ce fameux droit des peuples à disposer d'eux-mêmes n'est qu'une phrase creuse, une foutaise petite-bourgeoise.»
Rosa Luxemburg
(La Révolution russe - Deux mots d'ordre petit-bourgeois)

★ «El famoso "derecho de autodeterminación nacional" no es sino una vacua fraseología y charlatanería pequeño burguesa.»
Rosa Luxemburgo
(PDF - La revolución rusa - (3) La cuestión de las nacionalidades)

☆ «Das famose „Selbstbestimmungsrecht der Nationen“ nichts als hohle kleinbürgerliche Phraseologie und Humbug ist.»
Rosa Luxemburg
(Zur russischen Revolution)

«Esse famoso “direito dos povos de disporem de si mesmos” não
é mais do que uma frase oca, uma ninharia pequeno-burguesa.»
Rosa Luxemburg
(PDF: A revolução russa - Duas palavras de ordem pequeno-burguesas)

☆ «тогда как пресловутое «право наций на самоопределение» не что иное, как пустая мелкобуржуазная фразеология и надувательство.»
Роза Люксембург
(
Рукопись о русской революции)
)

★ «Gdy osławione „prawo narodów do samookreślenia”
to tylko pusta drobnoburżuazyjna frazeologia i humbug.»
Róża Luksemburg
(PDF: Rewolucja rosyjska)


چیزی بیش از خالی عبارت خرده بورژوا و شارلاتان بازی است. ☆ "بدنام "حق خودمختاری ملی
رزا لوکزامبورگ
(انقلاب روسیه  PDF)



★ 而著名的“民族自决权”却无非是空洞的小资产阶级废话和胡说。
罗莎•卢森堡
(论俄国革命)


★ Pagina dedicata alla Rivoluzione Tedesca nell'ambito delle iniziative per il centenario di 'Rosa Luxemburg Social Page':


★ Versione italiana di "Rosa Luxemburg and V. I. Lenin: The Opposite Poles of Revolutionary Socialism" di Bertram D. Wolfe. Si propone qui, grazie al contributo di Wolfe, una lettura complessiva della contrapposizione Lenin-Luxemburg anche in relazione agli ultimi carteggi pubblicati da Paul Levi:


☆ Versione "Facebook" di questa sezione riproposta da Rosa Luxemburg Social Page:


100 Anni da Rosa Luxemburg.
Di Massimo Greco.
 
"L'Unico modo per renderle omaggio è Disertare le 'piazze' e le agiografie dei suoi carnefici".
Gennaio 2019
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