Sul CAPITOLO VI, INEDITO, del Libro I del Capitale di Marx.

 Nel Giugno 1969, vedeva la luce in Italia la pubblicazione del Capitolo VI inedito del Libro Primo del Capitale di Marx. Per la prima volta si rompeva il muro di negligenze eretto dagli intellettuali prezzolati della sinistra storica di togliattiana memoria. L’opera, promossa, presentata e tradotta da Bruno Maffi per conto dell’editrice La Nuova Italia, avrebbe poi conosciuto una prima ristampa nel Febbraio del 1970 fino alla quinta ristampa del Gennaio 1977.
 

Nel 1976, alla pubblicazione, sospetta di "bordighismo", ne fu  contrapposta un’altra per conto della Newton Compton editori con una nuova "introduzione" a cura di Giuseppe Bedeschi, fatta tradurre a una certa Liliana La Mattina.

Pubblicazione che fu poi redatta, in seconda edizione, nel 1977, fra le pubblicazioni settimanali dei "Paperbacks marxisti" n.32, sempre per conto della Newton Compton.

Le due pubblicazioni recano lo stesso titolo in copertina, ma nell’operazione editoriale condotta sotto la Newton Compton, si mettono le mani avanti rispetto al titolo che precede l’introduzione del Bedeschi: " e pagine sparse riferite al "Capitale"".

Oggi, entrambe le pubblicazioni restano un raro oggetto per collezionisti o ricercatori delle bancarelle d’antiquariato.

Ora, a noi interessa illustrare certamente il perché dell’importanza di questo capitolo celato all’emancipazione, alla progettualità ed agli indirizzi della storia evolutiva dei comunisti e della classe operaia stessa. Lo faremo, però, tenendo conto anche delle differenze con cui tale Capitolo è stato presentato.

L’operazione doveva essere volta a rendere accessibile quanto in precedenza era stato celato. Paragonando le due diverse operazioni editoriali, la differenza salta subito in evidenza rispetto all’uso e quindi all’indirizzo che si intendeva dare alle pubblicazioni.

L’edizione della Nuova Italia si avvale di una presentazione dello stesso traduttore: Bruno Maffi [già traduttore dell’Accumulazione del Capitale di Rosa Luxemburg]; l’operazione editoriale condotta, invece, per mezzo della Newton Compton ricorre alla presentazione curata da una persona ed alla traduzione curata da un’altra.

Non solo.

La Newton Compton non si limita ad una presentazione dell’opera, ma malgrado gli anni di ritardo nel recepirne l’importanza editoriale, contrappone una introduzione (che è ben altra cosa). Ora possiamo passare ad esaminare in cosa consistono questa presentazione, quella a cura di Bruno Maffi, e l’introduzione (quella affidata dalla Newton Compton a Giuseppe Bedeschi).

Nella presentazione, Bruno Maffi si limita ad una lucida sintesi dell’opera inedita di Marx, ne lascia solo intuire le implicazioni politiche dovute alla novità e ne inquadra l’opera come un prologo compiuto a quello che sarebbero poi state le ricerche e gli appunti incompiuti del secondo e terzo libro del Capitale. L’unico personaggio citato è lo stesso Marx o al massimo le opere e gli stessi personaggi citati da Marx. Le implicazioni dovute all’inedito emergono e vengono subito anticipate con entusiasmo ed onestà come avviene nel foglio XVII:

["Il mito va in frantumi: "Il capitale non è una cosa più che non lo sia il denaro. Nell’uno come nell’altro, determinati rapporti produttivi sociali fra persone appaiono come rapporti fra cose e persone, ovvero determinati rapporti sociali appaiono come proprietà sociali naturali delle cose. Senza salariato, dacché gli individui si fronteggiano come persone libere
[noti il lettore come volino i pezzi, uno dopo l’altro e tutti insieme, gli "eterni principi" della rivoluzione democratica borghese] , niente produzione di plusvalore; senza produzione di plusvalore, niente produzione capitalistica, quindi niente capitale e niente capitalisti!".

Non v’è capitale senza lavoro salariato; non v’è lavoro salariato senza capitale.

Ne tragga l’economista borghese la conclusione che, dunque, non v’è lavoro che non sia salariato, come non v’è oggetto e mezzo di lavoro che non sia capitale; la classe operaia ne trarrà l’altra lezione, formulata proprio in quegli anni (1865) da Marx: " Abolizione del lavoro salariato!".

Solo allora anche il prodotto, che per il produttore coinvolto nel processo di produzione immediato capitalisti
co è ed appare alla fine del ciclo—ironicamente capovolto come gli erano apparsi i mezzi di produzione ed i mezzi di sussistenza—quale oggettivazione di lavoro altrui, prodotto del capitale, "potenza estranea ed ostile", tornerà ad essere—alla scala sociale, non individuale e soggettiva—la creatura delle sue mani, e del suo cervello.] Quindi oltre alla illustrazione dei cicli, il Maffi ne sottolinea gli elementi che, dopo la lettura, produrranno l’inevitabile conclusione e raccomandazione di Marx:

Il comunismo dovrà essere, non solo abolizione del denaro, ma rappresentare, in ogni senso, anche la riap-propriazione sociale del prodotto sociale. Altrimenti resteremo nella sfera del capitale e delle sue perverse regole.

Quindi la traduzione, ovvero la verifica della traduzione viene sì, lasciata ad un tecnico (la traduttrice Liliana La Mattina) che nulla può se non ripetere, sotto stretta sorveglianza, il lavoro di Maffi per poi scomparire in un minuscolo riconoscimento in corpo 6; ma la gestione dell’operazione editoriale viene affidata ad un tecnico della fuorvianza politica, il Bedeschi appunto, al quale verrà raccomandato il massimo della confusione.

L’unica sintesi degli argomenti in oggetto [quindi per capire di cosa si tratta] il Bedeschi riesce a fornirla citando stralci dell’introduzione di Maffi... poi, il manipolatore di nomina democratica e di sinistra, viene al dunque con una biografia di Adorno, cercando di recuperare Hegel e là dove possibile cercherà di ficcarci Sweezy (come se fosse un contemporaneo a cui Marx doveva far riferimento).

Vediamo, quindi, qual è il perno attorno al quale gira l’introduzione piccista (pag. XI) al VI capitolo inedito del primo libro del Capitale di Marx:

[..] " Il debito verso Hegel è innegabile, poiché il concetto di alienazione o di estraniazione (Entausserung, Entfremdung) è stato elaborato per la prima volta in modo ampio e sistematico da Hegel, fino a farne il concetto centrale di una sua celebre opera, la Fenomenologia dello Spirito*.]

[*] Già da questa fraseologia classica del corrotto didatticismo della cultura di sinistra, il lettore può dedurne l’intento manipolatore e fuorviante anche se già dagli "spunti" e dai personaggi arbitrariamente tirati in ballo si può comprendere il fine dell’operazione editoriale.

Poi la porcata prosegue :
..."Qui l’alienazione sorge dal rapporto dell’autocoscienza con l’oggettività in quanto tale, storica ed empirica: attraverso l’alienazione, dice Hegel, la coscienza pone la "cosalità", e ciò ha un significato negativo e un significato positivo. Ha un significato negativo perché l’autocoscienza, alienandosi nell’oggetività, in qualche modo perde se stessa (almeno in un primo momento), si scinde e diventa altro da se stessa; ma ha un significato positivo, in quanto in questa alienazione pone se* come oggetto o, in forza dell’inscindibile unità dell’esser-per-sé, pone l’oggetto come sé stessa.]

[*] L’uso degli accenti è fedele all’edizione della Newton Compton.

Per ragioni di buon gusto preferiamo risparmiare ai lettori le stravaganze di un linguaggio che sembra provenire dalle labbra di un drogato freackettone reduce da un viaggio in India negli anni ‘70. Così come vi risparmiamo i voli verso Sweezy ed i disperati recuperi di Adorno.

È evidente che l’idealismo metafisico di Hegel non c’entra assolutamente con le trattazioni in materia economia del Capitolo VI inedito del Capitale di Marx.
Oltretutto Marx aveva ormai l’età che aveva... quando pose mano a quelle che furono le righe più pericolose del suo lavoro, quindi non è neppure giusti-ficabile ricercare l’influenza che avrebbe potuto avere un Hegel quando Marx non era più un giovinetto.Resta invece in piedi la sacrosanta materia che è oggetto della più censurata e celata trattazione di Marx:

lo studio della merce, i risultati del processo di produzione immediato, l’analisi del modo di produzione capitalistico e le conclusioni a cui dovevano giungere i comunisti e la classe operaia: La riappropriazione sociale del prodotto sociale, quindi: il comunismo.   

 

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