Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano"

1567, si parla di fuga da Avignone.



Di
fuga di Galeotto da Avignone parla già Girolamo Garimberti (1506-1575), in "Vite, Overo Fatti Memorabili D'Alcvni Papi, Et Di Tvtti I Cardinali Passati" (1567), al cap. XXV, "Della Ingratitudine" (pp. 446-447): «essendo fatto Cardinale da Urbano, et compreso tra i suoi più confidenti e cari, si trouò a machinar contra della dignità sua, insieme con alcuni altri Cardinali, che per questo furono priuati dal Papa; per il che Galeotto insieme con Pileo de Prati Cardinale se ne fuggì in Auignone; doue da Clemente di nuouo fu restituito al Cardinalato; si come di nuouo poco dipoi facendo un'altra ribellione con fuggirsene da Clemente, fu reintegrato da Urbano, et premiato da lui di quella tanta ingratitudine; della quale meritaua di esser castigato; et con quella solità seuerità che forse haurebbe, se Galeotto non l'hauesse preuenuto con la morte nel Monte dell'Auernia, doue stà sepolto nella Chiesa de Frati Minori».

La notizia della fuga non è accettata da Etienne Baluze (1630-1718) che nelle sue "Vitae Paparum Avenionensium" (Muguet, Parigi 1693) osserva: «Illum Hieronymus Garimbertus, scribit mortuum esse in monte Alvernae in summis Apennini jugis ibique sepultum in ecclesia fratrum Minorum. Errat sane dum scribit illum rediisse in gratiam cum Urbano sexto. Nam id falsum esse manifeste patet ex epistola ejus ad Romanos supra commemorata, etex eo quod mortuus est Viennae» (col. 1364).
La falsità della notizia sulla fuga è dedotta in Baluze dalla epistola «Ad Romanos», di cui lui stesso parla alla col. 1363: Galeotto «scripsit gravem epistolam ad cives Romanos; in qua eos primo redarguit quod ipsi fuerint auctores schismatis, deinde hortatur ut eidem Benedicto, quem multis laudibus ornat, obedientiam prestent».
Ma noi sappiamo che, se la fuga è del 1397, questa epistola «Ad Romanos» risale invece a periodo di poco anteriore al dicembre 1394 (cfr. E. Ornato, "Jean Muret et ses amis: Nicolas de Clamanges et Jean de Montreuil", Genève-Paris, 1969, p. 28).
Il titolo della lettera «Ad Romanos» è: «Deflet horrendum schisma, hortaturque eos, ut adhaerendo Benedicto XIII, ipsi finem imponant».



Inoltre, nella celebre epistola XII di Nicolaus de Clemangiis, "Mallem tibi laetiora" si precisa che Galeotto era stato Cardinale "nuper", ovvero "nei tempi andati" ("Sacrosanctae nuper Romanae Ecclesiae Diacon Cardinalis"). Ma di questo passo non c'è traccia in Baluzio.













Girolamo Garimberti (1506-1575). Note biografiche.
Nato a Parma, Girolamo Garimberti è autore di un trattato politico, «De' regimenti publici de la città» (Venezia, G. Scotto, 1544), di un'opera filosofica, «Della fortuna» (Venezia, M. Tramezzino, 1547), e di un testo di divulgazione filosofica, «Problemi naturali e morali» (Venezia, Valgrisi, 1549).
La sua opera più importante (scrive Giampiero Brunelli, DBI, 52, 1999) «è quella dedicata alle Vite dei pontefici e dei cardinali ("La prima parte delle vite, overo Fatti memorabili d'alcuni papi, et di tutti i cardinali passati, Venezia", Giolito de' Ferrari, 1567). Si tratta di una vera e propria galleria di esempi di carriere ecclesiastiche nella corte di Roma. Fu però proprio quella del G., nel mutato contesto del pontificato Ghislieri, a subire una brusca battuta d'arresto: nel maggio 1566 il G. dovette cedere la propria diocesi (destinata a essere soppressa entro pochi anni, nel 1569) al teologo domenicano Gabriele de Alessandri, anche se ottenne di poter mantenere il titolo di vescovo di Gallese».
Era stato fatto Vescovo della diocesi di Gallese nel Lazio, istituita nell'occasione, nel 1563. Nei primi anni del pontificato di Pio V (eletto nel 1566), «rigoroso fautore della riforma, specie nei confronti dei vertici ecclesiastici, il G. ironizzò spesso sull'attività di quelli che egli definiva "i Reverendissimi Riformatori de la Santa Riforma di Roma"».
«Il G. ebbe ingegno pronto, una solida cultura di stampo umanistico, vasti interessi e spregiudicatezza di giudizio», osserva Brunelli che conclude: L'interesse del G. a un aperto dibattito tra i cultori delle lettere lo portò tuttavia a commettere dei passi falsi. Egli non solo citò espressamente brani di Nicolò Machiavelli nel Della fortuna e nel Capitano generale, ma ne richiamò copertamente le tesi anche nell'opera De' regimenti publici de la città. Certo, la definitiva condanna da parte delle autorità ecclesiastiche del Machiavelli doveva ancora essere pronunciata (fu espressa nell'Indice del dicembre 1557). Ma la familiarità con le opere di un autore già molto sospetto intorno al 1550 non poteva gettare buona luce sul G. presso la corte pontificia. A ciò si deve aggiungere l'aperta denuncia contenuta nelle Vite di "quella corruttela nella religione, c'hoggidì non potemo veder senza lagrime" (Vite…, cit., p. 499), causata, secondo il G., dalle scandalose pratiche diffuse anche ai livelli più alti in corte di Roma».


ARCHIVIO

Anche nel nostro testo del 2014 Tra la Croce e la spada. Galeotto di Pietramala, cardinale, e la Chiesa di fine Trecento, si parla di Gerolamo Garimberti.
Ecco la citazione completa.

In Baluzio, autore delle «Vitae Paparum Avenoniensium», col. 1364, si legge che il Cardinale Galeotto «obiit Viennae ad Rhodanum ex morbo calcoli; ut docet, qui tum erat apud Avenionem, Nicolaus de Clemangiis epist. 12 in qua illum mirifico laudat». Qui si smentisce ogni altra notizia relativa ad Assisi od Avignone. E si ricorda essere falsa la versione di Gerolamo Garimberti ne «La prima parte delle vite, overo fatti memorabili d'alcuni papi, et di tutti i cardinali passati», [Giolito de' Ferrari, 1517 (recte: 1567), pp. 446-447]. Dove prima si legge che Galeotto era tra i più confidenti e cari del Papa, e «si trovò a machinar contra della dignità sua, insieme con altri Cardinali», per cui se ne fuggì da Roma in Avignone. E poi troviamo che Galeotto scappa, «facendo un'altra ribellione» per la quale meritava di esser castigato, se la morte «nel Monte dell'Avernia» non l'avesse impedito.
Baluzio demolisce questa seconda parte della versione dei fatti: Garimberti erra «dum scribit illum redisse in gratiam com Urbano sexto. Nam id falsum esse manifeste patet ex epistola ejus ad Romanos supra commemorata». Si tratta dell'epistola cit. in cui si legge: «scripsit gravem epistolam ad cives Romanos…». Giuseppe de Novaes (autore di «Elementi della storia de' sommi pontefici», IV, Rossi, Siena 1803, p. 245) parla pure lui di Vienna, ma non cita la fonte, appunto Baluzio.

Tra la Croce e la spada. [2014, pdf Scribd]
Tra la Croce e la spada. [2014, doc]
Galeotto di Pietramala, cardinale, e la Chiesa di fine Trecento.


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Antonio Montanari
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