Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale francescano.
Non ebbe tre figli illegittimi. Errata genealogia di U. Pasqui


"Ebbe tre figli illegittimi", conclude la nota biografica del Cardinal Galeotto di Pietramala che illustra la genealogia del nostro personaggio nel volume 'Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, raccolti per cura di Ubaldo Pasqui', III, Arezzo 1937, p. 394. Ma si tratta di una notizia falsa.

Questi tre figli naturali sono fratelli di Marco, figlio di un altro Galeotto Tarlati, cit. appunto a p. 58 del suo stesso lavoro, nel terzo volume dove appare la falsa genealogia.
Un Galeotto che è anteriore al nostro cardinale, e che fu signore di San Niccola e di Soci, come leggiamo a p. 375 (cap. 6) della "Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo", di J. C. L. Sismondo Sismondi, I, Storm-Armiens, Lugano 1838 (cfr. anche p. 413, tomo VI, dell'ed. italia 1818, s.l., v. foto qui sotto).



Ecco la pagina di Pasqui con la falsa notizia.


Il rinvio bibliografico "(III-58)", come abbiamo visto, si riferisce alla stessa opera di Pasqui.
Dalla pag. 58 riproduciamo il brano che ci interessa, dove si parla di Tommaso, Betto e Guido come fratelli naturali di Marco, figlio di Galeotto.



I nomi di questi tre inesistenti figli illegittimi del Cardinale sono riportati nella genealogia dello stesso, di p. 390: Tommaso, Betto, Guido.

Tra parentesi.
Tommaso rimanda al nonno del Cardinale, detto Masio o Magio.
Betto, ovvero Benedetto, richiama Benedetto Sinigardi (1190-1282), figlio di una Elisabetta Tarlati, compagno di San Francesco e poi proclamato beato. Da ricordare pure che si rinnova anche un nome celebre nella storia della letteratura, perché ad un Tommaso di Pietramala, Cino da Pistoia indirizzò la canzone Lo gran disio che mi stringe cotanto, chiedone la sua protezione in qualità di capitano del popolo della sua città. Siamo nel 1303. Il testo della parte della canzone di Cino da Pistoia che ci interessa, è il seguente: «Canzone, vanne così chiusa chiusa / entro 'n Pistoia, a quel di Pietramala, / e giungi da quell'ala, / da la qual sai che 'l nostro segnor usa; / poi dì, se v'è 'l diritto segno, in agio: / "Guardami, come déi, da cor malvagio"».
Sull'argomento, cfr. M. Barbi, Studi danteschi, V, 1922, p. 120; S. Ferrara, La poésie politique de Cino da Pistoia, in «La poésie politique dans l'Italie médieval», a cura di A. Fontes Baratto, M. Marietti, C. Perrus, Parigi 2005, pp. 215-256, p. 232.
Infine Guido ricorda il Vescovo Guido Tarlati, Signore di Arezzo dal 14 aprile 1321 alla morte, avvenuta il 21 ottobre 1327.


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