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13.6 Fortificazioni
Opere bastionate e cavita` artificiali
13.6.1 Opere militari e speleologia
Se il cosiddetto "castello" suscita di per se' un fascino innegabile, esso
ha inizialmente attirato le pulsioni esplorative in quanto fondamentalmente,
nell'immaginario collettivo, custodisce sempre un "passaggio segreto"
sotterraneo.
Sotterraneo e quindi riconducibile, in quanto tale, al genere di attivita`
che la speleologia affronta. In realta` l'indagine si trova poi a documentare
ben altri generi di sotterranei: pozzi, cisterne, magazzini, prigioni, cunicoli
e gallerie di collegamento. Tutto cio' non disdicendo l'estensione delle
attivita` esplorative e conoscitive anche agli ambienti che abbiano anche solo
una parvenza di sotterraneita`.
Se prima del diffuso impiego delle armi da fuoco le opere sia sotterranee
sia ricavate all'interno delle mura non sono strettamente indispensabili
alla difesa, subito dopo risultano essere l'elemento portante della difesa
stessa di una fortificazione. Nelle opere bastionate l'elemento difensivo
di rilievo e` sovente costituto dalle opere sotterranee e semisotterranee:
le contromine e gli impianti di demolizione in generale.
13.6.2 Le fortificazioni
Si potrebbe indicativamente (e arbitrariamente per certi aspetti) collocare
al cosiddetto "periodo neolitico" la formazione di abitati e il sorgere
delle prime cinte murarie di pietre a secco. Nel tempo gli impianti difensivi
si perfezionano anche con l'impiego di altri materiali da costruzione e
con l'aggiunta di contrafforti, torri, fossati e avancorpi. Lento, ma
costante, il mutamento delle soluzioni difensive e` in un certo senso
la risultante dell'applicazione di nuove tecnologie, subordinate all'impegno
economico e al tempo a disposizione per la realizzazione. Le innovazioni
sono dettate anche dall'evoluzione delle tecniche belliche, i cui risultati
conseguiti vanno a rendere inefficace il tipo di fortificazione in corso
d'adozione.
Per una prima comprensione dello sviluppo delle opere di fortificazione
nel tempo si suggerisce il libro "Dalle caverne ai rifugi blindati"
di Antonio Cassi Ramelli [
1099] .
Piacevole da leggere, con dissertazioni dinamiche
e puntuali, traccia un quadro sullo sviluppo dell'architettura militare
europea nel corso dei secoli.
Cosi' argomenta von Clausewitz al Libro VI, paragrafo X "Piazzeforti":
"Nei tempi passati e fino all'epoca dei grandi eserciti permanenti, le
fortezze, ossia i castelli e citta` fortificate, ebbero soltanto il compito
di proteggere i loro abitanti. Il signorotto, quando si vedeva premuto
da tutte le parti, riparava nel proprio castello per guadagnar tempo e
attendere un momento piu' favorevole; le citta` cercavano di tener lontane
da se', grazie alle loro fortificazioni, le temporanee nubi temporalesche
della guerra. Ma questi compiti semplicissimi e naturalissimi delle
fortificazioni andarono trasformandosi ed accrescendosi: i rapporti
fra un punto di tal natura e tutto il territorio circostante e le truppe
dislocate nel territorio stesso ed ivi combattenti diedero ben presto ai
punti fortificati un'importanza maggiore, una funzione influente anche al
di fuori delle loro mura e che contribui' in tal modo essenziale alla
conquista od alla conservazione del possesso della regione, all'esito
fortunato od infelice dell'intera lotta. Le fortezze poterono quindi
divenire anche un mezzo per dare alla guerra un aspetto piu` coordinato.
Cosi' esse vennero ad assumere quel valore strategico che per lungo tempo
venne considerato di tanta importanza per dar l'impronta fondamentale
ai piani di campagna, i quali si orientavano piuttosto verso la conquista
di una o piu` piazzeforti anziche` verso la distruzione delle forze nemiche.
Si ripresero in considerazione le ragioni di quest'importanza e cioe`
i rapporti fra un punto fortificato e il territorio e l'esercito, e
si ritenne di non poter mai abbastanza essere accurati, avveduti e teorici,
nel determinare i punti da fortificarsi. Questo compito astratto fece
perdere di vista del tutto quello originario, e si addivenne al concetto
di fortezze prive di citta` e di abitanti"
[
1100] (VI, X).
Si ricordi che nella costruzione delle opere militari non ovunque, e non
allo stesso modo, si applicano gli ammodernamenti o si apprende degli
insuccessi. Se cosi' fosse stato, l'uomo avrebbe abbandonato la cosiddetta
"arte della guerra" da molto tempo, a beneficio di una cultura basata sulla
pace. Machiavelli constata come "e` suta consuetudine de' principi, per
potere tenere piu` securamente lo stato loro, edificare fortezze, che sieno
la briglia et il freno di quelli che disegnassino fare loro contro, et avere
uno refugio securo da uno subito impeto"; ma concludendo afferma che
"io laudero' chi fara` le fortezze e chi non le fara`, e biasimero` qualunque,
fidandosi delle fortezze, stimera` poco essere odiato da' populi"
[
1101] (XX, pp. 106-108).
13.6.3 Armi da fuoco e sistemi difensivi
Nuraghe, d?n, broch, castelliere, castro, motta, covelo: si potrebbero
comporre decine di volumi sulle opere militari, o comunque difensive,
antecedenti l'uso di cannoni e archibugi.
Ma torniamo alla forma a noi piu` nota e cara, capace di evocare poemi
cavallereschi, nobili gesta e atroci vendette: il castello. Tale struttura
difensiva si basa sull'opporre un ostacolo alto e apparentemente invalicabile,
come il muro di cortina, all'impeto di una carica avversaria.
Si combatte con armi da taglio, da botta e da lancio. Abbiamo un ampio
sviluppo di armi neurobalistiche come baliste e catapulte, affiancate
da mangani, trapani da muro, arieti, etc.
"Parzival allora riprese il cammino e di buona lena si mise a trottare
per la strada giusta fino al fossato. Qui il ponte era rialzato e il
castello, di costruzione sicura e possente, s'ergeva diritto come fosse
tornito. Solo il vento o uno che volasse avrebbe potuto arrivare la'
dentro, ma nessuno fargli danno da terra in assalto. Torri e alte sale
in gran numero si ergevano la' con fortificazioni meravigliose. Anche
se tutti gli eserciti della terra l'avessero cinto d'assedio, quelli
di dentro non avrebber dato in trent'anni, un solo pane, per esserne
sciolti"
[
1102] (V, 226).
Poi compaiono le prime bocche da fuoco, usate anche per demolire le
opere murarie difensive. Hanno l'indiscusso vantaggio di avere una gittata
superiore alle usuali macchine da lancio. Le torri e le cortine merlate
alla guelfa o alla ghibellina divengono inadatte a sostenere le nuove
tecniche ossidionali. Ogni struttura si abbassa e s'ispessisce per
meglio resistere ai colpi delle bocche da fuoco, si muniscono
sistematicamente i fossati con muri di controscarpa e opere addizionali,
ponendo cosi' le basi per lo sviluppo della "fortificazione a fronte
bastionata", di origine italiana.
Fig. 435. Controscarpa
Antonio Averlino, detto il Filarete, nella seconda meta` del XV secolo
presenta nella
Sforzinda una cinta fortificata a pianta stellare
formata dall'intersezione di due quadrati ruotati di 45 gradi e fino a tutto
il XVI secolo l'ingegneria militare europea e` sviluppata da personaggi
famosi tra i quali si ricordano Francesco di Giorgio Martini,
Giuliano da Sangallo, Leonardo da Vinci, Niccolo' Macchiavelli,
Michelangelo Buonarroti, Antonio da Sangallo il Giovane,
Giulio Savorgnano, Nicolo' Tartaglia. Tra questi spicca anche
l'ingegno di uno straniero: Albrecht Durer. Abbiamo inoltre Francesco
de' Marchi: "Nel trattato del Marchi edito nel 1599 vengono descritti
un gran numero di sistemi. Vi sono delineate le opere esterne da lui
chiamate pontoni, che avranno diffusione nel Sei e Settecento, quali
la mezzaluna, la lunetta, la tenaglia e la controguardia"
[
1103] (p. 159).
Se i progetti di fortificazioni a pianta stellare sono basati
sull'applicazione di teorie matematiche, tenendo conto della gittata
dei cannoni e della necessita` di eliminare gli "angoli morti",
ovvero i punti dove i proiettili non arrivano, e` pur vero che uno
dei sistemi portanti della difesa di una piazzaforte e` l'impianto
sotterraneo di contromina.
Tra la fine del XVI e il XVIII secolo si dotano le fortificazioni
di gallerie sotterranee (impianti di contromina) con una certa
sistematicita`, ricavandole solitamente al di sotto del perimetro
difensivo principale. In caso di assedio, il loro scopo e` individuare
e intercettare qualsiasi lavoro di scavo avversario e interrompere
la loro progressione tramite combattimento sotterraneo o distruzione
del cunicolo di attacco per mezzo di una esplosione.
Durante il XVIII secolo l'esperienza bellica fa si che si consideri
necessaria, per una vantaggiosa e durevole difesa di una fortificazione,
la presenza - al di sotto e soprattutto attorno a questa - di un sistema
permanente di gallerie di contromina che diviene un efficiente, sebbene
costoso, strumento bellico. Le gallerie sono costruite in trincea e
poi ricoperte, oppure scavate direttamente nel sottosuolo. Vengono
generalmente rivestite con un paramento murario e dotate di una volta
di copertura in modo da proteggerle da infiltrazioni e umidita`,
condizione necessaria per poter utilizzare la polvere nera.
Altri elementi che si rivelano indispensabili sono la presenza di
opere casamattate, a protezione soprattutto delle artiglierie, e di
gallerie di collegamento per il rapido spostamento dei soldati anche
sotto il fuoco avversario.
Si costruiscono inoltre strade coperte lungo il perimetro esterno,
marcato dalla sistemazione degli spalti e dalle controscarpe dei fossati,
in cui sempre piu` frequentemente vengono ricavate gallerie dotate di
feritoie per tenere sotto controllo il fossato stesso. Non mancano le
opere sotterranee di collegamento.
"L'architettura militare dell'eta` moderna nasce, indipendentemente
dalla preesistenza di circuiti antichi, in riferimento a un sistema
geometrico, in cui, come in un campo magnetico, ogni variazione indotta
si ripercuote sul sistema; e questo sistema si rapporta a quello prospettico"
[
1103] (p. 94).
"La prima architettura fortificata alla moderna si manifesta quando
l'artiglieria ha gia` conseguito un certo grado di sviluppo, in ritardo
rispetto al Brunelleschi, nonostante una comune cultura di base"
[
1103] (p. 81).
Oltre agli elementi prettamente difensivi, la resistenza di una
fortificazione e` legata alla disposizione di risorse idriche possibilmente
illimitate: si realizzano quindi cisterne di ogni dimensione e pozzi
anche molto profondi.
Con il perfezionarsi delle artiglierie e l'impiego sistematico di mortai
che lanciano anche grandi proiettili esplosivi (XVII-XVIII sec.), si
sviluppano sempre piu` le opere esterne (rivellini, controguardie,
opere a corno, opere a corona, capponiere, lunette, etc.) allargando
il perimetro difensivo nell'intento di tenere il piu` lontano possibile
le batterie avversarie dalla fortificazione principale, nonche` per
frangere l'impeto delle fanterie, i cui fucili divengono piu` precisi
e di veloce caricamento. Un ottimo e quasi completamente integro esempio
di fortificazione a pianta stellare, mantenuto in efficienza fino ai
primi anni del XIX sec. con ampliamenti e migliorie, e` la Cittadella
di Alessandria, progettata da Giuseppe Francesco Ignazio Bertola nel 1727.
Sebastian Le Prestre, marchese di Vauban (1633-1707), maresciallo
di Francia e ufficiale del genio, nel suo tempo si rivela maestro
nell'architettura militare e nella condotta degli assedi; i suoi trattati
divengono famosi. Si ricordano inoltre Bernard Forest de Belidor (1697-1761),
Bengt Wilhelm Carlsberg (1696-1778),
Marc-Rene' de Montalembert (1714-1800) e Carlo Andrea Rana (1714-1815).
Con la fine del XVIII secolo si conclude il "momento d'oro" della
fortificazione "alla moderna" a fronte bastionato. L'applicazione
della canna rigata e il caricamento posteriore, l'impiego di granate
ogivali con cariche di lancio piu` efficaci, fanno si' che nella seconda
meta` dell'Ottocento le artiglierie aumentino la loro gittata e divengano
piu` precise e devastanti. Questo comporta una rapida modifica non solo
del concetto di "fortificazione", ma l'applicazione di nuovi sistemi
difensivi, dotati ancor piu` di opere semisotterranee e sotterranee
per proteggere le artiglierie, i soldati di guarnigione e i servizi logistici.
13.6.4 Alcuni elementi della fortificazione a fronte bastionato
Una cintura fortificata necessita di alcuni "sistemi" per la sua
sopravvivenza in caso di assedio. Uno di questi e` costituito dal sistema
di approvvigionamento idrico. Senz'acqua non si vive; di conseguenza,
senz'acqua non ci si difende. Oltre a spegnere la sete l'acqua serve
a spegnere gli incendi, nonche` a mantenere un certo grado di igiene
per scongiurare il diffondersi di malattie. Tali sistemi sono costituiti
da pozzi per la captazione di acquiferi, acquedotti per l'apporto
continuo di acqua potabile (anche immagazzinabile in appositi serbatoi
generalmente sotterranei o semisotterranei), cisterne per la raccolta
e lo stoccaggio delle acque meteoriche.
"I loro cannoni hanno aperto numerose brecce nelle nostre mura. Hanno
scardinato la grande porta di ferro e l'hanno trascinata fino
all'accampamento. Ma tutto questo non gli e` servito a nulla. La sete
ci tortura. I due pozzi che abbiamo scavato non ci danno acqua
sufficiente. Adesso, dopo la battaglia, la riserviamo ai feriti,
che sono molti"
[
1104] (p. 197).
Seppure nelle fortificazioni "alla moderna" i fossati siano generalmente
asciutti, non mancano esempi dove l'acqua e` utilizzata come sistema
difensivo.
Occorre considerare che un perimetro difensivo deve contenere ogni servizio
e adeguate riserve materiali. Lo spazio viene quindi gestito in modo
oculato, anche ricavando ambienti nel sottosuolo, non solamente per
preservarli dai bombardamenti. Possiamo conseguentemente avere sistemi
per lo stoccaggio delle derrate alimentari, sistemi per l'alloggiamento
delle truppe, sistemi per lo stoccaggio delle munizioni (riservette,
polveriere), etc.
Vi sono sistemi che prevedono opere interne alle cinture bastionate,
quindi non esclusivamente sotterranee, e altri necessariamente sotterranei.
Gli spazi cosi' ricavati sono diversi e legati alla struttura prettamente
militare. Se ne elencano alcuni, tra i piu` significativi, trattandoli
poi separatamente: bastione, galleria, mina, contromina, opere di demolizione.
13.6.4.1 Bastione
Il bastione, detto anche baluardo, e` l'opera fortificata costituita da
un terrapieno contenuto entro un perimetro poligonale di spesse muraglie
di sostegno. Nel sistema difensivo il bastione si costruisce a difesa
e a rinforzo delle cortine in corrispondenza degli angoli, oppure a
rinforzo di lunghi tratti rettilinei, come nelle mura di Lucca.
Usualmente a forma pentagonale, presenta quattro lati esterni: due facce
a saliente e due fianchi che lo collegano alle cortine. Il mezzo
bastione ha invece un solo fianco, una faccia e un secondo fianco
sulla linea capitale, come presso la cinta veneziana del Castello di Brescia.
Il profilo della parete esterna e` costituito da due parti, l'inferiore
a scarpata e la superiore verticale, separate da un grosso toro
(o cordonatura) orizzontale. L'apparato difensivo del bastione e`
completato dalle strutture di riparo alla sommita` delle mura, dette
merloni, attraverso cui i cannoni possono sparare. I suoi fianchi sono
di solito rientranti, con angoli arrotondati, detti orecchioni o musoni
a seconda della loro forma. Nei fianchi rientranti vengono alloggiate
le artiglierie, per il controllo degli spazi antistanti le cortine,
e possono essere disposte su piu` piani, sovrapposte, a scalare e
alloggiate in casamatta, in barbetta, assumendo differenti denominazioni
a seconda della collocazione.
I primi esempi di bastione appaiono in Italia alla fine del XV secolo,
ma l'impiego diviene sistematico nel successivo, rimanendo efficace e in
uso fino a tutto il XVIII secolo, e in vari casi anche nei primi decenni
del successivo, seppure con accorgimenti e modifiche intese a migliorarne
la capacita` difensiva. Con l'avvento di armi da fuoco piu` potenti,
entrate in uso nel XIX secolo, viene gradatamente sostituito da sistemi diversi.
"Il baluardo assume inconfondibile espressione gia` negli ultimi decenni
del nostro Quattrocento, e l'assume qui da noi, in Italia. Esso si
articola simmetricamente attorno a un suo asse, bisettore dell'angolo
del muro che protegge e che appunto per questo viene detto capitale:
i due lati confluenti al vertice sporgente sono le facce, quelli che
ne collegano gli altri estremi alla cortina, i fianchi. Si chiama gola
il quinto lato (interno) del pentagono (per lo piu` aperto) cosi'
formato verso la piazza, lato che congiunge gli incroci dei fianchi
con le cortine. Il baluardo pentagonale resta dunque tutto un gioco
di pareti inclinate rispetto al tiro nemico la cui "percussione" quindi,
data la obliquita`, "sara` di minore valetitudine" come diceva Leonardo.
Gli angoli interni compresi fra le facce e fianchi - chiamati anche angoli
di spalla - si determinano in vario modo, e, per piu` di un secolo se
ne perfezionano i tracciati o se ne moltiplicano le accidentalita` piu`
o meno utilmente. Nel sistema bastionato definitivo la congiungente i
vertici di due baluardi attigui - parallela alla cortina - determina la
linea avviluppante della base. La congiungente del vertice di un baluardo
col vertice del fianco contiguo costituisce la linea di difesa. Nei fianchi
dei baluardi si aprono piu` tardi le bocche delle batterie che spazzeranno
il fosso (spesso con due o anche tre ordini sovrapposti di fuoco, cioe`
con casamatta coperta e con doppio
gradone basso e
alto) a
cielo libero"
[
1099] (p. 344).
Vari ambienti trovano spazio all'interno o inferiormente ai bastioni.
Si hanno le batterie in casamatta e sovente corridoi di collegamento
e di servizio alle postazioni d'artiglieria, come in quelli presenti
nelle bastionature di Grosseto o nella cittadella eretta sul colle
Astagno di Ancona. Si possono avere soluzioni difensive quali, ad
esempio, cunicoli o piccole gallerie che danno accesso all'interno
del fossato, denominate sortite, come nella cinta veneziana di Bergamo
Alta oppure nelle bastionature del Castello di Brescia. Non mancano
esempi di bastioni da cui si accede direttamente a sistemi di contromina.
Al piano inferiore di un bastione puo' anche trovare spazio un sistema
per la raccolta dell'acqua piovana, la cisterna. Un interessante esempio
lo si ha nel grande bastione genovese che protegge un angolo della
citta` fortificata di Bonifacio, in Corsica.
13.6.4.2 Galleria
La galleria e` un collegamento che si sviluppa nel sottosuolo o all'interno
di cortine murarie, in grado di garantire lo spostamento, da un settore
ad un altro del perimetro difensivo, al coperto da osservazioni o tiri
di artiglieria e/o fucileria avversaria. Puo' essere destinata a molteplici
scopi e costruita in funzione di differenti apprestamenti. Talvolta
un'opera di collegamento puo' essere dotata di feritoie e chiamata galleria
dei fucilieri, anche in combinazione con un cofano (opera difensiva costruita
nei fossati). In particolari situazioni possiamo avere gallerie scavate
nella roccia per raggiungere opere in caverna, o postazioni staccate dal
corpo di piazza principale, oppure di semplice collegamento con l'esterno
che, sbucanti in posizione defilata, permettono di effettuare sortite o
far giungere rinforzi e vettovagliamenti all'interno della fortificazione.
La galleria di controscarpa e` un'opera che si sviluppa internamente e
parallelamente al muro di controscarpa del fossato. Generalmente dotata
di feritoie, essa permette ai difensori di colpire eventuali attaccanti
discesi nel fossato con un "fuoco a rovescio" (il termine "a rovescio"
sta' ad indicare che il tiro non e` rivolto dal Corpo di Piazza verso
l'esterno, ma dal muro di controscarpa verso l'interno). Puo' essere
dotata di avancorpi, come casematte e capponiere. Un esempio e` la galleria
di controscarpa del Castello di Milano, denominata da Leonardo da Vinci
"strada segreta di dentro" (Leonardo da Vinci, manoscritto B - folio 36
verso). Completamente costruita in mattoni, con rari elementi lapidei,
la galleria ha la volta a botte ed e` dotata di un centinaio di finestrelle
a doppia strombatura, ampie finestrature agli angoli, vani di comunicazione
con i rivellini eretti nel fossato e numerose gallerie che conducono
alla cortina esterna denominata Ghirlanda. Era frazionata mediante
numerosi portoni, la cui funzione era d'impedire che un eventuale
avversario, penetrato nella galleria di controscarpa, potesse dilagare
ovunque
[
1105] (pp. 64-75).
13.6.4.3 Mina
Parlando dell'auspicabile ristrutturazione dell'esercito della Roma
imperiale, al capitolo intitolato "Le mine", Vegezio scrive: "Un'altra
specie di assedio sotterraneo e nascosto e` chiamato cuniculus, dai
conigli che scavano tane nella terra e vi si celano. Riunita una moltitudine
di uomini, con una tecnica similare a quella dei popoli Bessi alla ricerca
di filoni d'oro e d'argento si scava nella terra a tutta forza e, creata
una caverna, si cerca una strada sotterranea per espugnare la citta`.
Questo inganno si attua con un doppio scopo. Infatti gli assedianti entrano
nella citta` durante la notte senza che gli abitanti se ne avvedano, escono
fuori dalla mina (cunicolo) e, aperte le porte, fanno entrare il proprio
esercito e i nemici sorpresi muoiono nelle loro case; oppure, giunti
con sicurezza alle fondamenta delle mura, le scavano per un grandissimo
tratto e, collocatovi sotto in maniera posticcia un sostegno provvisorio
di legno secco, fanno ritardare il crollo del muro; oltre a cio` aggiungono
strame o altro materiale infiammabile ed allora, preparato l'esercito,
si accende il fuoco e, bruciate le travi e le tavole, le mura subito
rovinano e viene aperta la strada per l'irruzione dei nemici"
[
1075] (V, 24).
La mina e` il cunicolo sotterraneo scavato per penetrare all'interno di
un'opera fortificata. S'intende, piu` comunemente, l'opera sia difensiva
che offensiva alla cui testa viene ricavato un fornello da mina
(riempito di esplosivo), posto sotto sia difese fisse che opere
campali allo scopo di demolirle.
Leonardo da Vinci, nella lettera con cui offre il proprio ingegno
a Ludovico il Moro, afferma di essere in grado di far "ruinare" ogni
rocca o altra fortezza senza l'ausilio delle bombarde, a meno che "non
fusse fondata in su el saxo" (Leonardo da Vinci, C.A., 391 r.a.), ovvero
non fosse costruita su roccia dura e compatta: in tal caso un'opera
di mina sotterranea sarebbe stata ben difficilmente realizzabile, almeno
in tempi brevi. Nei secoli successivi il compito di aprire un varco e`
destinato all'artiglieria, disposta in apposite "batterie da breccia".
Abbastanza di frequente il sistema si rivela costoso in termini di
mezzi e di uomini, nonche` prolungato nel tempo. In assenza di
risultati apprezzabili, si fa ricorso alle mine, seguendo due
differenti procedimenti:
- Attacco di mina: l'avvicinamento al tratto di cortina da minare
avviene a cielo aperto. Una volta scalzato il paramento esterno del muro
e` scavato nel suo spessore un piccolo vano definito fornello o camera
di mina, che viene stipato di esplosivo. Il brillamento di due o tre di
questi fornelli di mina, a patto che siano sufficientemente potenti e
ben collocati, provocano gravi danni. L'approccio a cielo aperto rende
il metodo rapido, ma espone il personale di scavo a gravi rischi, che
possono pregiudicare la buona riuscita dell'azione.
- Mina in profondita`: l'approccio alla muratura da minare avviene dal
sottosuolo, perforando il terreno con un cunicolo armato da una struttura
lignea (anche prefabbricata). Al di sotto della cortina destinata alla
distruzione si procede allo scavo di uno o piu` fornelli di mina.
Collocato l'esplosivo, il cunicolo e` colmato di terra in modo tale che
l'esplosione si sfoghi verso l'alto, provocando distruzioni assai piu`
serie dell'attacco di mina.
Destinate ad operare alle mine erano le Compagnie dei Minatori, speciali
reparti dell'artiglieria formati da personale reclutato tra civili impiegati
in miniere o in cave. Solitamente lavorano in squadre di quattro o piu`
persone: il primo taglia il terreno con il proprio "picco", il secondo
raccoglie lo smosso, il terzo lo trasporta tramite contenitori
all'ingresso, il quarto provvede all'occultamento del terriccio, poiche`
la sua vista mette in allarme i difensori, consentendo di provvedere
allo scavo di una contromina. I carpentieri si occupano invece di sistemare
le intelaiature e le assi necessarie ad armare il cunicolo. Una squadra
di minatori ben affiatata e` in grado di scavare in ventiquattro ore
una sezione di galleria lunga 4-5 m, anche al di sotto di un fossato
colmo d'acqua. In assenza di efficaci sistemi di ventilazione la
penetrazione massima consigliata si aggirava attorno ai 90 m, mentre
in profondita` si preferiva non abbassarsi al di sotto dei 7 m
[
1066] (pp. 55-56).
La natura sotterranea e la relativa profondita` rendono questo attacco
di mina particolarmente efficace, difficile da contrastare e da individuare.
Solo con l'improvviso sviluppo delle artiglierie e in particolare di
quelle di grosso calibro (meta` del XIX sec.), la tecnica di mina viene
abbandonata. Una breve parentesi si registra nel corso della guerra
russo-giapponese (1904), quando il generale Kiten Maresuke Nogi assedia
la piazzaforte russa di Port Arthur in Manciuria (Cina). Dopo disastrosi
assalti frontali, in attesa di ricevere adeguate artiglierie, il
generale Nogi ricorre ai tradizionali sistemi di assedio: trincee
d'avvicinamento e mine.
Nel corso della Grande Guerra (1914-1918) l'attacco mediante mine in
profondita` riprende, e in Italia soprattutto lungo i fronti montani.
13.6.4.4 Contromina
Con il termine di
contromina si identificano il cunicolo o la
galleria destinati ad intercettare e distruggere la mina avversaria.
Sin dall'antichita` e` quindi la principale contromisura alla mina.
Vitruvio scrive che l'architetto Tifone di Alessandria, durante l'assedio
di Apollonia, fece scavare dall'interno delle mura della citta` varie
gallerie che "avanzassero fin fuori le mura, per un tratto all'incirca
pari a un tiro d'arco", nel riuscito intento d'intercettare la galleria
con la quale gli assedianti intendevano superare le difese e conquistare
la citta`
[
1082] (X, 10).
Fig. 436. Schema di gallerie di contromina
Tra il 1564 e il 1570 Galeazzo Alessi sottolinea l'importanza delle
contromine nel suo
Libro di Fortificatione in modo di Compendio:
"Il Castriotto uuole che le contramine p[er] la importanza loro, si faccino
ne luoghi asciutti, a tutti i corpi de Baloardi, Cau[alie]ri e Piatteforme:
et il Maggi approua tanto q[esta] opinione che dice essere necessarie
ancora ne luoghi di acqua, p[er]che` dice ancor quelli potersi minare
se ben hoggi li moderni, come il Cau[alie]re Paciotto no[n] le usa piu`
solo p[er] fuggire la spesa et p[er] il tempo, che mi corre nel farla"
[
1076] (p. 76).
L'assedio della fortezza di Famagosta (Cipro), conclusosi con la resa a
i Turchi del presidio veneziano (1571), e` caratterizzato da un'intensa
applicazione di mine e di contromine. Dopo tale episodio, alle forze
militari europee appare quindi chiaro come occorra munire le proprie
opere difensive di gallerie di contromina, per non dovervi provvedere
nell'eventuale corso di un assedio.
La base della maggior parte dei sistemi di contromina nella fortificazione
"alla moderna" e` una galleria alta circa 1.80 m e larga circa un metro,
definita galleria magistrale o galleria di controscarpa. Essa si snoda
attorno alla fortezza, ricalcandone la pianta al di sotto della cinta
magistrale del corpo di piazza, oppure immediatamente al di la' del muro
di controscarpa del fossato principale (soluzione poi largamente adottata).
Dal piano del fossato e` quindi possibile accedere in questo sistema
sotterraneo, proseguendo nelle gallerie capitali, opere perpendicolari
al perimetro delle fortificazioni che si sviluppano oltre lo stesso.
Talvolta dal corpo di piazza vi sono gallerie che, passando al di sotto
del fossato, si connettono all'impianto sotterraneo esterno. Dalle gallerie
capitali si staccano i cunicoli di mina o rami di mina, alti mediamente
1.2 - 1.7 m e larghi 0.7 - 1 m, caratterizzati da tracciati ad angolo
retto allo scopo di contenere le onde d'urto provocate dall'esplosione
della mina; tali opere si concludono nei fornelli di mina, piccole
camere dove viene collocato l'esplosivo (mina). La disposizione di
queste difese sotterranee intende anticipare il piu` possibile eventuali
approcci avversari alle difese esterne e al corpo di piazza
[
1066] (pp. 50-52).
Gli impianti sono ricavati a una profondita` di circa 3-4 m, ma in taluni
casi possono scendere anche a 10-15 m, e avere uno sviluppo di svariati
chilometri. Sono generalmente dotati di pozzi di ventilazione o di
tubature per assicurare la ventilazione. Qualora i sistemi non
garantiscano un sufficiente ricambio d'aria si ricorre al metodo di
insufflare aria tramite tubi di latta o di legno azionando mantici da
fucina. I pozzi possono servire anche per il rifornimento dei presidi
in superficie e come collegamento verbale per coordinare l'azione delle
mine con quanto avviene nel campo dell'assediante. All'interno dei
cunicoli esistono anche pozzi di drenaggio per la raccolta delle
possibili infiltrazioni d'acqua
[
1106] (pp. 57-102).
Il fornello di mina e` utilizzato per molteplici scopi:
- eliminare la mina avversaria provocando il crollo della stessa
tramite l'esplosione di una carica sotterranea;
- distruggere le opere d'assedio avversarie provocando una deflagrazione
che, fatta sfogare verso l'alto grazie all'intasamento del cunicolo
di accesso con masse di terra, apre un cratere sulla superficie;
- distruggere le opere della propria fortezza assediata, oramai
definitivamente occupate dall'avversario (cunicolo o galleria di
demolizione).
13.6.4.5 Opere di demolizione
Nelle fortificazioni bastionate le opere di demolizione (cunicoli e
gallerie di demolizione) servono a rendere inservibile quanto divenuto
indifendibile. Si ricavano al disotto di tenaglie, controguardie, rivellini,
etc. Possono fare parte di un sistema costituito da una galleria
principale che consente il rapido accesso ai cunicoli di demolizione
dotati di fornelli. Tra le difese sotterranee vi e` anche la fogata:
del tutto simile alla contromina, si distingue per la ridotta profondita`.
Viene posta al di sotto dello spalto in traverse e lunette, a non piu`
di 4 m di profondita` dal piano di campagna; e` concepita per brillare
davanti alla fanteria avversaria avanzante.
La galleria di demolizione poteva fare parte della struttura stessa
di un bastione, per la difesa e la demolizione parziale dello stesso,
al fine di consentire la creazione di un secondo fronte bastionato arretrato.
Tipologia del tutto particolare e rara, si tratta di una galleria,
solitamente ampia (puo' avere sino a 6 m di altezza per 6 m di larghezza),
che segue internamente il profilo delle due facce esterne del bastione;
e` dotata di pozzetti ricavati nella volta e cunicoli di mina che si
diramano verso l'esterno. Qualora il bastione venga parzialmente demolito
dal fuoco di batteria o dall'esplosione di mine, si provvede a fare brillare
i fornelli di mina per "rovesciare" le due facce esterne del bastione
nel fossato, creando cosi' un saliente (angolo che una difesa dispone
verso l'avversario) e ottenendo un nuovo fossato (la galleria stessa,
scoperchiata), con muro di controscarpa (piedritto esterno) e muro di
scarpa integro (piedritto interno). Ha inoltre lo scopo di servire da
postazione a prova di bomba e come passaggio da un fianco all'altro
del bastione. Un ottimo esempio lo si ritrova presso la Cittadella
di Alessandria
[
1066] (p. 54).
A completamento di un sistema di fortificazioni si realizzano, soprattutto
nel XIX e XX sec., delle opere sotterranee di demolizione per
l'interruzione della viabilita`. Gallerie di demolizione e cunicoli di
demolizione potevano completare le difese delle fortificazioni di
sbarramento e delle tagliate stradali; opere analoghe venivano
predisposte anche all'interno di gallerie ferroviarie e stradali.
13.6.5 Le piazzaforti sabaude del XVIII secolo: una faccia del poliedro
Tra il XVII e il XVIII l'evoluzione del fronte bastionato e` guidata
soprattutto da stranieri. Ma non mancano ingegneri militari italiani
che progettano e fanno realizzare fortificazioni di una certa importanza,
con soluzioni difensive innovative.
Le piazzeforti sabaude del XVIII secolo rappresentano la massima espressione
dell'architettura militare italiana del periodo. Nessun altro Stato della
penisola e` in grado, tra la Guerra di Successione Spagnola (1702-1714) e
la Guerra delle Alpi (1792-1796), di realizzare opere analoghe. Numerosi
principi, militari e, addirittura, sovrani stranieri, giungono in Piemonte
per osservare "i gioielli" della Corona dei Savoia, ossia le loro poderose
fortezze poste a difesa dei confini del Regno di Sardegna. Tra gli
innumerevoli ospiti troviamo l'Imperatore d'Austria Giuseppe II, lo
Zarevic Paolo I, il Re di Napoli Ferdinando III di Lorena, il Duca di York,
il Conte di Laxy, il Principe Saverio di Sassonia. Anche prelati, quali
il Nunzio di Bruxelles Monsignor Molinari, non sanno resistere alla
tentazione di vistare questi colossi di pietra e mattone, sovente
tagliati nella viva roccia.
Da un punto di vista strettamente militare tali fortezze risultano essere
un vero rompicapo per gli strateghi avversari, francesi ed austriaci in
primis. Ciascuna "piazza" e` razionalmente collocata nel territorio del
Regno, ed e` in grado sia di essere soccorsa rapidamente se minacciata
da un esercito nemico, o funzionare quale eccellente base logistica nel
caso di azioni offensive. I grandi calibri dei cannoni messi in batteria
e le possenti muraglie sconsigliano l'invasione del Piemonte seguendo
direttrici sbarrate da una o piu` fortificazioni. Il Forte della Brunetta
di Susa, Exilles, Demonte, i Forti di Fenestrelle, le Cittadelle di Torino
e Alessandria, il Forte di San Vittorio di Tortona permettono all'esercito
sabaudo di tenere le posizioni sul fronte alpino occidentale e su quello
sud orientale. La mancanza di opere di sbarramento nel settore sud
occidentale consente invece alle armate francesi nell'aprile del 1796
di aggirare i possenti dispositivi difensivi e sconfiggere in campo
aperto l'esercito del Re di Sardegna
[
1107] (pp. 293-365).
Vengono difatti forzate le cosiddette
Porte di Ceva, dove le opere
di sbarramento non hanno beneficiato, nel XVIII secolo, degli
indispensabili adeguamenti tattico-militari.
E` cura particolare dei francesi vittoriosi smilitarizzare tutte quelle
piazzeforti che avevano impedito un attacco diretto alla penisola italiana.
Tra le esplosioni delle mine e i colpi dei picconi sparisce cosi',
tra il 1796 ed il 1801, la cintura difensiva piemontese. Solo i Forti
di Fenestrelle e le Cittadelle di Alessandria e Torino, per varie ragioni,
si salvano dalla distruzione.
Inizia cosi' l'oblio per i forti demoliti. Partendo dal presupposto che
la maggior parte delle murature giace abbattuta al suolo formando pile
informi di rottami, sino a tutti gli anni settanta del XX secolo la
maggior parte degli storici dell'architettura, ai quali soli sembrava
devoluto lo studio dell'architettura militare, stabilisce
che di queste opere rimane la sola memoria storica. Anche in tale caso
si vede come l'occupare un posto dove sedersi in senso lato e in senso
stretto non favorisca le ricognizioni sul campo per il giusto studio
e la giusta valutazione di quel che, in teoria, si dovrebbe insegnare
e divulgare.
Grazie invece all'impegno di varie realta`, tra cui si ricorda il
Museo Pietro Micca e dell'assedio di Torino del 1706, le fortezze
sabaude sono divenute oggetto di reale ed approfondito studio.
E in taluni casi anche di recupero.
Oltre alle opportune ricerche storiche occorre evidenziare che sono
fondamentali le operazioni d'indagine sul campo e discipline come la
Speleologia in Cavita` Artificiali, l'Architettura e l'Archeologia
risultano essere necessarie per una puntuale documentazione ed
interpretazione di cio` che la penna di un ingegnere del XVIII secolo
ha tracciato sul foglio e che maestranze specializzate hanno plasmato.
13.6.6 L'altra faccia della medaglia
Passeggiando tra i vecchi ruderi avvolti dalla vegetazione, o pagando
il biglietto d'ingresso per visitare opere del passato, ci si lascia
variamente cullare da pensieri e sensazioni riguardo l'architettura
militare.
Ma due dovrebbero trovare fermamente un momento di riflessione: quanto
tali opere siano costate, andando ad incidere sulla vita quotidiana di
coloro che sono stati dissanguati da gabelle o tasse per la loro
edificazione, e quanto sangue e` stato versato, in termini di vite umane,
nel pertinace perseguimento di una politica basata sulla risoluzione
bellica sempre e ad ogni costo.
E quando si tratta d'impianti militari, ma la parola difensivi suona
meglio (quasi fosse piu` rassicurante), troppo spesso si dimentica che
il loro scopo rispondesse solo ed esclusivamente alle impellenze di un
nucleo dominante minoritario, ma danaroso, educato e legato ad una logica
prevaricatrice. Tale linea di pensiero e d'azione (asservita al potere
del denaro) si dimostrava e si dimostra ancor oggi bellicosa, violenta,
con parole e intendimenti, concretizzabili anche in mire espansionistiche
e tese all'acquisizione di materie prime, con un ruolo da dispensatori
di pace e di cultura portato sempre e comunque avanti in punta di
baionetta (oggi in punta di missile).
La logica con cui queste fortificazioni sono state erette ce la siamo
trascinata appresso nei secoli, e soprattutto dal XVIII al XIX senza
trarre alcun insegnamento, dal momento che ai primi del Ventesimo siamo
precipitati in una guerra mondiale. Guerra inconcepibile, da cui ogni
governo - se tale e retto dal buon senso - avrebbe potuto starne fuori.
Conflitto che soprattutto chi diceva di governare l'Italia poteva
tranquillamente evitare.
E con buona pace dei soliti storici da operetta si puo` affermare - se
effettivamente l'Italia ne fosse stata fuori - che la Seconda non sarebbe
poi maturata e deflagrata.
Ma del senno di poi (come recita il noto proverbio) ne sono piene le
fosse e di cadaveri ne sono poi stati pieni i fossati.
Dedichiamoci comunque all'indagine delle opere sotterranee a carattere
militare: lo studio del passato e` sempre salutare, soprattutto se ci
ricorda quanto deleterie siano la guerra e la violenza. Sono certo che
lo studio soprattutto di un passato a noi prossimo ci aiuti a comprendere
il perche` del nostro attuale stato di tensione e di guerra.
13.6.7 Che cosa fa lo Speleologo?
Oggi gran parte delle antiche fortezze sono perdute o parzialmente demolite,
ma inferiormente ai ruderi sovente si possono rintracciare e documentare
le opere che le completavano, come hanno dimostrato le indagini condotte
dal Gruppo Speleologico Le Nottole a Bergamo, dal Club Alpinistico
Triestino a Osoppo, da speleologi marchigiani nella piazzaforte di Ancona,
dalla stessa Associazione S.C.A.M. a Milano, oppure da altre realta` tra
cui spicca l'operato del Generale Guido Amoretti e del Museo Civico
Pietro Micca di Torino.
Lo Speleologo (o Speleoarcheologo) non deve inventare alcunche`. Deve
documentare. Deve capire su cosa sta lavorando e, pertanto, documentarsi.
La bibliografia sui sistemi bastionati e` vasta e, seppure in misura
decisamente minore, anche gli impianti difensivi sotterranei sono
puntualmente trattati. Quello che occorre capire e` il tipo di
fortificazione oggetto della nostra indagine, le sue successive ed
eventuali modifiche e, ovviamente, lo sviluppo di quel che c'era e di
quel che rimane. Sta poi a noi individuare le parti celate, trovare
gli accessi agli impianti sotterranei, esplorare e riportare alla luce
con rilievi planimetrici, servizi fotografici e video.
Tali architetture possono divenire oggetto di consoni riutilizzi. Invece
di costruire, cavare e cementificare con la scusante di creare un indotto,
dei posti di lavoro, si puo' operare altrimenti. Senza svilire le
risorse naturali. Preservando e presentando il nostro patrimonio storico,
architettonico ed archeologico si creano ugualmente dei posti di lavoro
qualificati grazie anche al turismo. Se le cavita` naturali, ovvero le
grotte, sono frutto del lavoro di Madre Natura e non vanno in alcun
modo demolite e nemmeno snaturate con impianti turistici, le cavita`
artificiali sono opera dell'uomo e come tali possono essere riqualificate.
In particolare, non si devono vedere le fortificazioni come un ostacolo
a mire edilizie, ma come un patrimonio di cui oggi usufruire.
L'indagine speleologica si rivela quindi un importante contributo allo
studio di tali architetture e la considerazione che nasce spontanea e`
che questo metodo possa tranquillamente e fermamente servire ad
aprire un nuovo orizzonte per lo studio e la ricerca di un aspetto del
nostro passato e in funzione del presente.
Presente che vede sempre piu` ignorato e depauperato il nostro patrimonio
storico e architettonico ad uso e consumo di progetti che alla lunga non
pagano mai quanto il recupero di una propria storia, e quindi di una
nostra preziosa identita`, in funzione non solo di questo critico
momento storico, ma soprattutto a beneficio delle generazioni future.
Gianluca Padovan (SCAM - FNCA) Mon Nov 19 11:34:13 2007
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