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13.5 Pozzi e cisterne


Le acque del passato

13.5.1 Le lune nel pozzo

Il puteale, o parapetto, e` quell'elemento architettonico che, oltre a proteggere l'imboccatura del pozzo, sovente attira la nostra curiosita`. Una curiosita` forse sciocca, quasi infantile, la quale induce a guardare dentro, portare le mani a "fare solecchio" per scrutare quanto sia fondo e se contenga ancora acqua. Qualcuno gridera` all'indirizzo del buio, attendendo la risposta dell'eco per tentare di capire l'ampiezza del vuoto sottostante. Magari gettera` un sasso, oppure una moneta. Altri si domanderanno se il puteale coroni un pozzo che raggiunge l'acqua di falda, oppure una camera di conserva dell'acqua piovana. Questione di pochi istanti: si volteranno le spalle lasciando il manufatto allo scorrere del tempo, come tante altre opere da considerarsi oramai "passate". Ma non si dimentichi che il pozzo ha sovente accompagnato la nostra vita quotidiana almeno fino ai primi decenni del XX secolo. E ancora viene utilizzato in varie parti del mondo.
Il geografo yemenita Hasan Ibn Ahmad al Hamdani (X sec.) nella sua opera "al Iklil" tratta anche delle costruzioni pubbliche dello Yemen e in un passo dice: "Egli percio` pose le fondamenta di Ghumdan e scavo` il pozzo chiamato Karamah, che ancora da' acqua. La sua acqua pero` e` salata" [1083] (pp. 41-42).
Personalmente vedo il pozzo come punto di ritrovo della gente del rione, dell'isolato, quasi il bar dell'epoca, ma generalmente frequentato dalle donne. Come il lavatoio, o il fontanile, le cui acque prima di sgorgare nei vasconi di pietra e di mattoni potevano scorrere silenziose per chilometri, all'interno di un condotto sotterraneo scavato con perizia chissa` quanto tempo addietro. Si potrebbe quasi percepire l'antico movimento rotatorio di coloro che giungono, posano la brocca, calano la secchia, riempiono e se ne vanno in tempi brevi o dilatati nelle conversazioni che s'intrecciano, negli sguardi che s'incrociano richiamandosi.
Le opere idrauliche come i pozzi, le cisterne e gli acquedotti sono manufatti vicini alla vita di tutti i giorni, all'uomo "comune" che non si menziona nei libri di storia. Sono opere architettoniche da preservare, recuperare e studiare, perche` faticosamente realizzate affinche` durassero nel tempo e dissetassero possibilmente fino alla fine dello stesso.
Cosi' ci dice Frontino dell'approvvigionamento idrico nell'antica Roma, prima della costruzione del primo acquedotto, l'aqua Appia, avvenuto nel 312 a.c.: "Per quattrocento anni dalla fondazione della loro citta`, i Romani si contentarono dell'acqua che attingevano dal Tevere, dai pozzi o dalle fonti. Il ricordo di queste ultime e` ancora vivo e si conserva con venerazione: si crede guariscano gli infermi, come le fonti delle Camene, di Apollo e di Giuturna" [1084] (4).
Ad esempio, il trattatista Marco Vitruvio Pollione, nel suo "De Architectura", ci parla con chiarezza dell'acqua e del suo reperimento: "L'acqua e` infatti di fondamentale importanza per la vita umana, dati i vantaggi che ne derivano dall'uso quotidiano. Ovviamente la si puo' reperire con maggiore facilita` qualora esistano fonti all'aperto. Ma se essa non sgorga in superficie bisognera` cercarne le sorgenti sotterranee e convogliarle" [1082] (VIII, I, 1).
Elemento indispensabile alla vita, l'acqua ha in un certo senso condizionato o "guidato" lo sviluppo dell'umanita` attraverso le sue molteplici manifestazioni. E tutt'oggi, nonostante le acquisite tecnologie, l'elemento acqua e` ancora ben presente nel nostro quotidiano, anche come "fattore da risolvere" per coloro i quali non ne hanno un'ampia o un'immediata disponibilita`.

13.5.2 L'elemento umano

"L'igloo lo avrebbe costruito in seguito, dopo le nevicate. Durante la settimana Agaguk si aggiro` in quei pressi, per studiare le piste, scrutare bene il cielo, prender nota della direzione delle nuvole e della violenza del vento. Con il coltello, scavo` nel suolo arido una buca grande tre palmi e profonda mezzo braccio, il cui fondo fu subito coperto dall'acqua. Quel pozzo gli sarebbe bastato per sopravvivere" [1085] (p. 7).
Se lo scavo e` finalizzato al raggiungimento di una falda acquifera da utilizzarsi a fini potabili o irrigui, avremo pozzi ordinari e pozzi artesiani. Da una acquisita conoscenza sia del territorio che del terreno, e` senza dubbio possibile che l'uomo abbia cominciato a praticare perforazioni nel suolo a ricercare l'acqua. Come, parimenti, la medesima osservazione lo ha condotto a preservare quella di natura meteorica. Senza timore di esagerare si potrebbe pensare che, subito dopo le inumazioni e le abitazioni ad uso privato, pozzi e cisterne siano le opere architettoniche realizzate in maggior numero e quasi ovunque. Trovando esplicativi alla trattazione dell'argomento i passi di Vitruvio, ne riporto un altro, interamente, perche` ha in se' un sapore antico, ma indubbiamente reale ed attuale.
"[in mancanza] di sorgenti da cui far derivare l'acqua occorrera` scavare dei pozzi. Anche in questo lavoro di scavo pero' bisogna procedere secondo uno schema preciso, valutando con grande cura e con intelligenza le caratteristiche naturali del luogo in quanto ogni sito presenta una tipologia estremamente varia. Anche il terreno infatti come le altre cose e` composto dei quattro elementi: il primo e` la terra stessa che pero' produce dall'elemento liquido le acque sorgive, poi viene il fuoco da cui hanno origine lo zolfo, l'allume, il bitume e infine abbiamo le fonti correnti d'aria che quando giungono attraverso i porosi meati del sottosuolo la` dove si scavano i pozzi e investono gli operai che stanno lavorando, impediscono loro di respirare, per la pregnanza delle esalazioni, al punto che se non li allontanano in fretta rischiano la morte. Ma come si possono evitare questi rischi? Basta agire nel seguente modo: si cali nel pozzo una lampada accesa, se la fiamma resta accesa allora si puo' scendere senza pericolo, se invece le forti esalazioni la fanno spegnere allora occorre scavare ai lati del pozzo degli sfiati che consentiranno la dispersione dei vapori, come avviene attraverso le narici. Provveduto a cio' e raggiunta la vena d'acqua la si deve proteggere circondandola con un muretto per evitare che venga ostruita. Se invece il terreno e` troppo duro o la vena d'acqua si trova a una profondita` eccessiva, allora il rifornimento avverra` tramite la raccolta delle acque piovane dai tetti a terrazza dentro cisterne lavorate con materiale di Signa. Il procedimento da seguire sara` questo: bisogna anzitutto disporre di sabbia molto pura e granulosa, i sassi di origine silicea vanno frantumati in pezzi da non piu' di una libbra, la calce ben pastosa va mischiata con sabbia nella proporzione di cinque parti di rena e due di calce. Il fondo della fossa va livellato con mazze di legno ferrate fino all'altezza stabilita. Pigiata la superficie con la mazzeranga si elevi di mezzo il terreno superfluo e si spiani fino al livello inferiore delle pareti. Fatto questo si proceda con una gettata di calcestruzzo dello spessore che sara` stabilito. Se poi le cisterne fossero in numero di due o tre in modo che l'acqua potesse essere filtrata passando dall'una all'altra il suo gusto sarebbe di certo migliore e piu` salubre, perche` l'eventuale presenza di limo subirebbe un processo di decantazione, l'acqua diventerebbe piu` limpida, inodore e di gusto gradevole; altrimenti dovrebbe essere purificata col sale" [1082] (X, VI, 12-15).
Osserviamo un altro aspetto, dal lato prettamente "nostro": se nulla esclude che il ricordo d'arcaiche tecniche per la ricerca e la conserva dell'acqua possano un giorno ritornare utili, oggi costituiscono almeno una valida base per lo studio di specifiche opere del passato, le quali sono generalmente poco considerate.
Tolle-Kastenbein afferma che: "Sebbene l'acqua dei pozzi abbia coperto in larga misura il fabbisogno idrico in tutti i periodi dell'antichita`, finora si e` dedicata minore attenzione allo studio dei pozzi che a quello degli acquedotti" [1086] (p. 32).
Ad esempio, l'Associazione Subacquea Orsa Minore ha intrapreso la ricerca e la documentazione dei pozzi e delle cisterne di Perugia negli anni Settanta del XX secolo, dimostrando in quale misura tali opere architettoniche "minori" interessassero il complesso e stratificato sito urbano: "All'inizio delle nostre ricerche eravamo convinti - e oggi la nostra convinzione si e` ulteriormente rafforzata, alla luce dei primi risultati concreti del nostro lavoro - che pozzi e cisterne, proprio per avere avuto maggiore attinenza con la vita quotidiana degli uomini vissuti nei secoli passati, fossero fonti importantissime di informazioni sulla storia della citta`: dagli Statuti, dalle Riformanze medievali del Comune di Perugia e da altri documenti d'archivio, risulta infatti che nel corso dei secoli essi sono stati spesso oggetto di specifici provvedimenti legislativi e che sono stati in piu` di un'occasione assunti come punti di riferimento per indicare il tracciato delle strade, o come indicazione di confine tra diverse giurisdizioni civili o ecclesiastiche" [1087] (pp. 11-12).

13.5.3 La prima luna: il pozzo

Con il termine di pozzo s'intende generalmente una perforazione artificiale ad asse verticale del terreno.
La destinazione di un pozzo varia a seconda del terreno geologico in cui e` stato scavato, del tipo di architettura impiegata nel rivestimento, e soprattutto a cosa potrebbe essere connesso. Le precipitazioni atmosferiche filtranti attraverso terreni permeabili costituiscono e alimentano la falda freatica, che impregna un acquifero permeabile generalmente poggiante su di uno strato impermeabile.
A prima vista ogni "pozzo" parrebbe essere destinato alla presa dell'acqua di falda. Non di rado, dopo la debita esplorazione, si scopre che conduce ad un acquedotto ipogeo, oppure si tratta di una cisterna; potrebbe anche essere un manufatto che per essere compreso necessita di ben altre ed ulteriori indagini.
In uso fin dall'antichita`, il pozzo mantiene la tecnica dello scavo manuale almeno fino agli inizi del XX secolo, nonostante l'introduzione di macchinari per la trivellazione.
I pozzi vengono praticati, come afferma anche la Tolle-Kastenbein, nel momento in cui l'uomo sceglie di assumere dimora, di costituire un insediamento stabile, ma vanno associati anche alla necessita` d'irrigare i coltivi [1086] (p. 32).

13.5.3.1 Tipologie di pozzi

Il pozzo ordinario e` funzionale al raggiungimento di un acquifero; si avra` quindi un pozzo filtrante o freatico.
Quando un pozzo ordinario giunge a una falda freatica l'acqua di questa non sale mai al di sopra del piano di campagna, a meno che il pozzo si trovi in prossimita` della zona di scarico della falda. Secondo Vitruvio, per individuare le fonti sotterranee e` sufficiente stendersi col mento a terra ed osservare in quale zona si levasse dal terreno un'esile e fugace refolo di vapore: quello e` il punto dove effettuare lo scavo [1082] (VIII, I).
Nel capitolo "Elogio di Milano per la sua posizione" Bonvesin da la Riva, nel XIII sec., ci parla della bonta` dell'acqua dei pozzi cosi` esordendo: "Dentro la citta` non vi sono cisterne ne` condutture di acque che vengano da lontano, ma acque vive, naturali, mirabilmente adatte a essere bevute dall'uomo, limpide, salubri, a portata di mano, mai scarseggianti anche se il tempo e` asciutto, e tanto abbondanti che in ogni casa appena decorosa vi e` quasi sempre una fonte di acqua viva, che viene chiamata pozzo" [1088] (I, III).
Un esempio di pozzo ordinario e` dato dal pozzo del Castello di Pavarolo (Torino), situato all'interno di una costruzione, addossata alla parte interna della superstite ala dell'edificio medievale. Scavato nelle arenarie fossilifere di eta` miocenica, e` profondo 64.48 m e sommerso per 6.26 m; l'accesso misura 1.38 m di diametro, mentre a -56.64 ha un diametro di 3.08 m e mantenendo la sezione quasi costante fino al fondo. Per 14.6 m presenta un paramento murario in mattoni, al di sotto dei quali la roccia e` a vista; con ogni probabilita` e` stato scavato in due momenti distinti e in un primo non doveva essere piu` profondo di una ventina di metri [1089] (pp. 277-292).
Il pozzo ordinario a raggiera e` dotato, sul fondo o in prossimita` di esso, di uno o piu` cunicoli (bracci).
Se il pozzo e` poco profondo, o comunque praticato in un terreno scarso d'acqua, talvolta si possono praticare uno o piu` bracci per aumentare la sua capacita` di raccolta. Possiamo avere anche pozzi a raggiera aventi alla base dello scavo, o in prossimita`, uno o piu` bracci che vanno a cercare la falda o semplicemente a emungere un acquifero anche modesto.
Il pozzo artesiano e` invece finalizzato alla captazione di una falda acquifera sotterranea che scorre in pressione. Se l'acqua e` contenuta in strati permeabili sottostanti ad uno impermeabile, nella perforazione che la raggiunge puo` presentarsi con pressione tale da risalire e talvolta zampillare liberamente fino alla quota della superficie piezometrica della falda, che prende il nome di artesiana. Il nome deriva da "artesien", ovvero "dell'Artois", regione della Francia dove tale tipo di pozzo, detto appunto artesiano, e` in uso da lungo tempo [1066] (pp. 24-26).

13.5.3.2 Alcune note sui pozzi

Per estensione viene denominato pozzo l'elemento che ne circonda la bocca, piu` appropriatamente indicato come sponda o parapetto, oppure puteale o vera. In alzato, il pozzo si compone di un piedistallo, su cui poggia il puteale. Talvolta in pietra e di forma elegante, poteva essere chiuso con un coperchio (o serranda) e avere elementi di sostegno a una copertura, oppure a un architrave, a cui era fissata la carrucola con la corda o la catena agganciate ad una secchia. Elementi metallici sagomati ad arco assolvevano la medesima funzione di sostegno. Tutti questi elementi potevano coronare l'accesso indifferentemente sia a pozzi che a cisterne. La parte che si allarga al di sotto del piedistallo, dando inizio al pozzo vero e proprio, e` chiamata gola. Talvolta, in prossimita` della bocca, si riscontrano strutture portanti a mensola o ad arco, atte a sostenere il puteale oltre che la volta. Nel Pozzo Sorbello, a Perugia, sono invece due puntoni obliqui in pietra, inseriti nel rivestimento, ad assolvere il compito di sostenere l'apparecchiatura della volta [1090] (pp. 237-240).
Il pozzo puo` avere sezione circolare, quadrata, poligonale, ellittica, etc. Se lo scavo e` praticato in un terreno incoerente e` necessario provvedere a un rivestimento. Il rivestimento puo` essere messo in opera anche se lo scavo viene praticato in roccia compatta. Generalmente si hanno pozzi rivestiti laddove devono perforare lo strato di suolo (incoerente), proseguendo poi senza rivestimento anche in terreni poco compatti come marne alternate a strati di arenaria. Un esempio lo abbiamo esplorato e rilevato a Vignale Monferrato (AL): il cosiddetto "Pozzo del Capitano", situato all'interno dell'antica rocca.
Lo scavo puo` essere incamiciato con pietrame, ciottoli, conci, mattoni, o apposite forme curve in cotto legate tra loro con grappe o strisce di piombo. Forbes ci da' notizia di pozzi micenei e cretesi in cui i mattoni erano sostituiti da tubi fittili, mentre presso i Romani venivano impiegate armature lignee o barili in posti di dimora temporanea [1079] (p. 674). Nel 1938, nella zona del Quirinale a Roma, sono stati scoperti dei pozzi rivestiti con lastre curve in tufo, provviste di pedarole [1091] (p. 41). Presso Happisburg, nel Norfolk, si e` rinvenuto un pozzo medievale rivestito in legno con assi poste ad incastro, a sezione quadrata e profondo circa 7 m [1079] (p. 674).
Un elemento caratterizzante sono le cosiddette pedarole. Trattasi di incavi praticati nella parete della perforazione per consentire, o per facilitare, la discesa e la risalita nel corso delle operazioni che scandivano la nascita e la vita del pozzo. Le troviamo generalmente scavate con cura nelle pareti rocciose e poste a distanze regolari, lungo direttrici vicine o contrapposte. Meno spesso sono irregolari e disposte senza un apparente ordine.
La profondita` e` invece soggetta alla quota dell'acquifero da captare. Abbiamo pozzi profondi pochi metri, come a Milano, ad altri che superano i 60-70 m, come in alcune zone del Piemonte. Nel 2005 abbiamo esplorato e rilevato un pozzo profondo 85,48 m a Moncrivello (VC).
L'acqua si attingeva per mezzo di un cilindro o altra struttura, su cui era fissata la corda con il secchio, e girato da una manovella. Oppure si faceva scorrere la corda nella gola di una rotella (o carrucola) agganciata a una sovrastruttura che poteva essere anche di eleganti forme. Un altro sistema era quello di tenere imperniata una lunga stanga, recante a un'estremita` la secchia e all'altra un contrappeso. Questo semplice e discontinuo metodo d'innalzamento dell'acqua (shaduf) e` tuttora praticato in alcune zone del Nordafrica e dell'Oriente.

13.5.4 La seconda luna: la cisterna

In passato, la necessita` di conservare l'acqua soprattutto a fini potabili ha lasciato una vasta gamma di opere di conserva, gran parte delle quali oggi cadute in disuso, o destinate ad usi prevalentemente irrigui.
La cisterna puo' essere descritta come un grande recipiente di solito sotterraneo, per quanto non manchino esempi semisotterranei o costruiti in alzato. Realizzata in qualsiasi tipo di terreno e nelle forme piu` svariate, e` destinata alla conserva dell'acqua piovana, generalmente raccolta dai tetti delle abitazioni oppure su apposite superfici.
Le forme delle cisterne sono quanto mai varie e cio` dipende da molteplici fattori quali, ad esempio, il materiale adoperabile, la disponibilita` economica, la tecnologia a disposizione, la funzione (considerando soprattutto la potabilita`) e non ultimi il terreno geologico e il contesto in cui sono realizzate. Ne elenco qualcuna.

13.5.4.1 Tipologie di cisterne

Cisterna a fossa: il semplice scavo di una fossa nel terreno o nella roccia consentiva di raccogliere l'acqua meteorica senza implicare particolari oneri. Talvolta le cosiddette "marmitte dei giganti" sono state utilizzate per la raccolta e la conserva dell'acqua, come si puo' osservare in un esempio presso la localita` Belvedere a Chiavenna (SO), internamente ai resti del castello medievale.
Cisterna scoperta: concettualmente analoga dalla precedente, si distacca piu` che altro per le dimensioni di realizzazione, unitamente alla collocazione che puo` sfruttare naturali incisioni del terreno, opportunamente adeguate. "Un cenno particolare meritano le cisterne scoperte, dette majoil, tra le quali vi sono, senza dubbio, alcune delle piu` affascinanti architetture dello Yemen. Alimentati da wadi o da acqua piovana filtrata dai terrazzamenti agricoli o convogliata dalle coperture degli edifici, questi manufatti consistono in una grande vasca interrata, rivestita di murature sigillate con malte robuste, il cui fondo si apre talvolta verso i bacini minori dove si raccolgono i sedimenti di deposito" [1092] (p. 276).
Cisterna a camera singola: e` il tipo piu` frequente e senza dubbio piu` noto, comprendente una vasta gamma di risoluzioni architettoniche. Nelle forme piu` semplici si hanno cisterne cilindriche, troncoconiche, a bottiglia, a damigiana, a tholos, o con forma irregolare, con molteplici varianti. Un tipo e` chiamato "cisterna a bagnarola": e` rettangolare con il lati minori arrotondati ed e` stata documentata presso l'insediamento di Tharros, in Sardegna [1065] (pp. 57-62). Identica forma l'abbiamo riscontrata in cisterne presenti nell'antica citta` di Cosa (Grosseto).
Cisterna pluricamerale: meno usuale, in genere si tratta della giunzione di due o piu` cisterne. Talvolta puo` essere ricavata da ambienti destinati solo successivamente alla conserva del liquido e di cui si e` persa l'originaria funzione. Un'ulteriore distinzione si puo' operare nel caso in cui la cisterna sia stata ricavata, ad esempio, da una cava (nel qual caso verra` indicata come cava riutilizzata per lo stoccaggio dell'acqua). A Cagliari, il Cisternone Vittorio Emanuele II e` una cava data per punica e riutilizzata in epoca romana come serbatoio. Nel vicino anfiteatro l'acqua meteorica veniva raccolta in appositi canali scavati nella roccia e tramite un condotto sotterraneo provvisto di piscina limaria versata nella cava anch'essa sotterranea, impermeabilizzata in cocciopesto [1093] (pp. 22-29 e p. 120).
Cisterna a doppia camera: e` costituita da due vani concentrici, a sezione quadrangolare o circolare, di cui l'interno e` la camera di conserva e l'esterno quella di filtraggio, che comunica attraverso bocchette di travaso; un esempio e` dato dalla cisterna di Palazzo Veracchi-Crispolti a Perugia [1087] (pp. 91-104).
Cisterna a cunicoli: generalmente e` costituita da un impianto di cunicoli tra loro comunicanti, nelle cui forme piu` complesse l'aspetto e` assimilabile a una coltivazione a camere e pilastri. In vari casi, come argomenta Riera, si tratta pero' di opere di captazione propriamente dette [1094] (pp. 313-321).
Cisterna filtrante: buone garanzie di potabilita` erano offerte dalle cosiddette cisterne filtranti, il tipo piu` noto delle quali e` dato dalla "cisterna alla veneziana". Consiste in uno scavo di forma tronco conica della profondita` di almeno 3 m, con le pareti e il fondo rivestiti di uno strato di argilla e sabbia compresse. Dal centro del fondo s'innalza un pozzo cilindrico il cui interno e` in comunicazione con la parte inferiore dello scavo tronco conico; lo spazio compreso tra il pozzo e la parete e` riempito con sabbia silicea ben lavata. L'acqua piovana raccolta viene convogliata da un canale e penetra nella massa di sabbia e quindi nel pozzo, dal quale e` prelevata [1095] (p. 29). In periodi di siccita` non era infrequente riempirle con acqua trasportata in botti o altri recipienti [1066] (pp. 24-26).

13.5.4.2 Alcune note sulle cisterne

Nello studio di una camera di conserva occorrera` capire come sia stata realizzate e andare a ricercare gli impianti di adduzione, filtraggio, decantazione, conserva e presa (sollevamento dell'acqua per la fruizione). Non si dimentichi di considerarne la collocazione: se interna ad un edificio, oppure a servizio di un rione, etc.; nonche` di recuperarne le fonti storiche e l'eventuale memoria orale.
Varie cisterne sono sia prive di rivestimento, sia incamiciate con pietrame, mattoni, conci e impermeabilizzate mediante argilla o malta idraulica; in esempi piu` recenti o a seguito di riutilizzi, s'impiega cemento o ancora calcestruzzo. Le volte di copertura possono essere aggettanti, a tutto sesto, a sesto ribassato, a sesto acuto, a catino, oppure sorrette da colonne. Presso il convento di San Cosimato (Roma) abbiamo rilevato una cisterna a pianta rettangolare, scavata nella roccia, in cui si sono ricavati a risparmio due pilastri.
Gli studi condotti dal 1988 presso la Civita di Tarquinia (VT) ci hanno portato ad osservare una vasta gamma di opere di conserva, in gran parte internamente rivestite in conci e pietrame [1065] .
Trattando la circolazione delle acque nelle grotte, Leonardo da Vinci parla di come l'argilla sia impermeabile, ricordando: "potrebbesi ben dire in tali fossi la densita` della creta ovviare e proibire la penetrazione dell'acqua sotto di se', come si vede nelle citerne fatte nell'acque salse, le quali sono attorniate, fori dalla lor muraglia e rena, di questa terra, di che si lavora li vasi, finissima, e mai la potenzia dell'acqua salsa nolla puo` penetrare, e cosi' l'acqua si conserva dolce nelle (caver) citerne" (Leonardo da Vinci, Cod. Leicester, F.3 - r.).
Generalmente l'acqua meteorica raccolta per l'uso potabile era decantata e filtrata. Un sistema poteva essere quello di dotare la cisterna di un piccolo locale adiacente e suddiviso in due scomparti: il primo e` sostanzialmente un bacino di decantazione, da cui l'acqua passa nel successivo per tracimazione; il secondo serve al filtraggio e contiene strati di ghiaia, sabbia e carbone di legna, che il liquido attraversava prima di giungere alla camera di stoccaggio mediante una o piu` tubature. Nel corso delle indagini non e` sempre possibile capire se una cisterna fosse o meno provvista di questi elementi.
Buona parte delle camere di conserva all'interno presenta ancora doccioni o bocchette d'adduzione fittili, ma non sempre si riesce a stabilire se provengano o meno da impianti di decantazione e filtraggio, a patto d'avere la possibilita` di eseguire scavi in tutta l'area circostante. Inoltre, come ad esempio nella cisterna a doppia camera e in quella alla veneziana, il sistema decantazione-filtraggio puo` avvenire adottando varie e differenti soluzioni costruttive.
Sono interessanti le osservazioni di Laureano in merito a uno dei vari sistemi di conserva dell'acqua utilizzati dai Maya nello Yucatan: "Per ottenere scorte di acqua bevibile venivano scavate nella pietra cisterne a forma di campana, chiamate chultun. Nel periodo classico a partire dal III secolo d.c. lo sviluppo di citta` importanti fu organizzato intorno a depressioni naturali, chiamete aguada. Qui confluivano le acque raccolte da dighe e cisterne lungo i pendii. Le superfici dell'aguada erano pavimentate con pietre piatte, le cui connessioni erano impermeabilizzate di argilla rossa e marrone. Nel fondo erano scavati pozzi e chultun che mantenevano l'acqua quando l'aguada era secca. Il sistema e` del tutto simile alla tecnica dei cisternali delle aree carsiche della regione delle Puglie nel sud dell'Italia" [1096] (pp. 225-228 e p. 359).
Altro sistema per immagazzinare l'acqua, utilizzato ad esempio anche nello Yemen del Nord, e` la costruzione di una diga di sbarramento per chiudere il corso di un wadi: il bacino cosi' formato ha carattere alluvionale e il suo riempimento dipende unicamente dall'incostante portata del wadi, che alterna periodi di secca ad altri di piena a seconda delle precipitazioni [1092] (p. 267). La piu` imponente era la diga di Ma?rib, che chiudendo il corso del Wadi Adhana si sviluppava per circa 600 m e con un'altezza di 15 m; era dotata di tre chiuse con le quali si regolava il flusso d'acqua necessario all'irrigazione dei sottostanti coltivi. Il Corano riporta il crollo della diga, avvenuto attorno alla meta` del VI sec., cosi' dicendo: "Scatenammo contro di essi acqua straripante dalle dighe, cambiammo i due gannat (giardini) con altri due orticelli ricchi di piante amare, come i tamerici e le piante di loto" [1097] (XXXIV, 16).
Sotto forma solida l'acqua e` stata anche raccolta e contenuta in appositi locali (ghiacciaie e neviere), sia per facilitare la conserva dei cibi, sia per la conserva e la vendita del ghiaccio stesso. Possono esservi anche cisterne per lo stoccaggio dell'olio e per la lavorazione e l'immagazzinamento del vino.
Come i pozzi, anche le cisterne fanno parte della Storia dell'uomo.

13.5.5 Lune e speleologi

Lo speleologo non trovera`, ovviamente, la luna nel pozzo. Grazie alle tecniche speleologiche di discesa e risalita su corda, nonche` alle competenze speleosubacquee, potra` invece svolgere un importante lavoro: documentare il manufatto stendendone il rilievo e realizzando il servizio fotografico.
La pratica e lo studio condurranno ogni esploratore-ricercatore a saper compiere un lavoro scientificamente corretto.
L'unica cosa che mi sento di poter dire, in base alla mia esperienza, e` che tali cavita` artificiali apparentemente si presentano scevre da pericoli. Non e` cosi'. Come ogni altra opera costruita dall'uomo anch'esse possono essere interessate da cedimenti strutturali: generalmente ce ne si rende conto solamente all'atto dell'esplorazione. L'ineducazione e la stupidita` possono condurre, talvolta, ad utilizzare le cavita` come discariche abusive, rendendone pericolosa e, pertanto, assolutamente sconsigliabile ogni operazione. Carogne di animali rendono l'acqua infetta e il legno marcescente consuma l'ossigeno: le cavita` possono trasformarsi in vere e proprie trappole. E questo senza contare il ristagno di gas che naturalmente certi terreni rilasciano [1098] (pp. 265-276).
In buona sostanza: talune opere ipogee possono fare tranquillamente a meno delle nostre esplorazioni, se desideriamo compierne ancora [1066] (pp. 261-264).

Gianluca Padovan, (SCAM - FNCA) Mon Nov 19 11:34:13 2007
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