Ricordi & Memorie 

Una serata d'Agosto, a Castelnuovo a Volturno: l'aria 蠤olce, nonostante l'estate stia gi࠰er rifugiarsi laggi?tro la Montagna. Quella montagna che ha partorito leggende e miti, come Charles Moulin, come la pantomima del Cervo, come il Canto della Montagna Rosa, sceneggiato della RAI che ha riecheggiato atmosfere antiche e magiche. Castelnuovo a Volturno, una frazione con tanta vitalitຠ蠲aro trovare nel Molise un simile esempio di fantasia, genialitଠintraprendenza. Quella sera d'agosto ho visto nascere il Premio intitolato al "Cervo", una iniziativa dell'Associazione Culturale "Il Cervo" che mi ha concesso l'onore di essere il padrino della serata. Una serata che mi 蠲imasta nel cuore come la cordialitࠤegli amici dell'Associazione; i volti dei premiati mi sfilano davanti non con la solennitࠤelle cerimonie sfarzose, ma con il sorriso di chi ha ricevuto un segno di amicizia. La statuetta del Cervo, plasmata da Michele Peri, artista dei poveri ricco di umanitଠ蠩l segno di un legame indissolubile che Castelnuovo vuol creare tra le sue tradizioni, i suoi riti ed i suoi amici (politici, giornalista, ma anche gente innamorata dei luoghi), che stanno diventando tanti, perch頴anta 蠬a suggestione che attira quass? le Mainarde. Ricordo la prima volta che giunsi fino al "rifugio" di Moulin, a bordo di una Campagnola della RAI, spintovi dall'entusiasmo dell'amico Pier Luigi Giorgio, il "cantore" delle meraviglie di questa affascinante montagna, di questa contrada del Molise che si specchia nei suoi boschi e nel lago di Castel S. Vincenzo, facendo spaziare lo sguardo dall'Adriatico al Tirreno. Fu lass? silenzio, che 蠮ato il mio amore per Castelnuovo e la sua gente. E da lass?ora una volta scende il Cervo a scrutare nelle nostre paure, nelle nostre miserie. E a darci nuovo vigore per affrontare il mistero della vita.

                                Mauro Carafa (Giornalista RAI Regione)

Quando un sogno ti salva la vita

(Purtroppo Zio Salvatore nel mese di Novembre 2006 蠴ornato alle sue origini con tutti i suoi ricordi)

L'eccidio delle Mainarde nei ricordi di un testimone

Zio Salvatore (Salvatore Miniscalco, classe 1905) 蠵n vecchio e simpatico contadino di novantanove anni. Passa ogni giorno almeno quattro volte per la piazza; pioggia o sole, freddo o caldo, va con passo lento e sicuro da casa alla "masseria" sopra la "Cappella", dove c'蠩l suo pezzo di terra preferito, a coltivare, pi? qualcosa, i suoi ricordi.

Ha il volto scolpito dal tempo, con due occhi ancora vivi e la mente lucida e pronta. Non si fa in tempo a salutarlo che subito risponde chiamandoti per nome. La sua figura, la sua andatura, i suoi modi di fare e di parlare sono tutt'uno col paesaggio. Zio Salvatore 謠ormai, un'istituzione che suscita interesse, curiositଠammirazione e rispetto. Nella sua lunga vita 蠰assata la guerra: il rastrellamento, la fuga, la deportazione in Germania.

Tra le vicende che ha vissuto per򬠵na ha preso il sopravvento sulle altre: un sogno, il sogno che gli salv򠬡 vita insieme a due compagni. Era riuscito a sfuggire, insieme al fratello ed a Giuseppe Di Silvestro, dal campo di raccolta di Picinisco. Da qui, riattraversate le montagne per tornare a Castelnuovo, il 12 novembre 1943, giunsero di sera alle "Campate", dov'era un capanno di pastori, gi࠯ccupato da altre 7 persone, di Scapoli e di Rocchetta. Si conoscevano tutti e trascorsero la serata, fino a notte inoltrata, raccontandosi le vicende di cui ciascuno era stato protagonista.

 

"Ci addormentammo molto tardi" ricorda Zio Salvatore "ed il mio sonno fu particolarmente agitato. Forse non era proprio sonno ma una specie di torpore profondo. In quello stato particolare mi parve di sentire una voce dal profondo che mi diceva di andare via, di allontanarmi da quel posto, ch頣i avrebbero ammazzati. Mi svegliai di soprassalto, agitato. Trattenni il respiro, cercai di captare qualsiasi rumore: niente, solo il respiro dei miei compagni che ancora dormivano. Rimasi immobile ad aspettare ma nella mente quella voce e quelle parole risuonavano continuamente, sempre pi?ti. Svegliai tutti e raccontai loro quello che mi era successo. Mi risposero che era solo un sogno, magari frutto dell'agitazione e della paura. Albeggiava e qualcuno riprese a dormire. Pioveva.

Era ormai giorno quando tutti i miei compagni si svegliarono. Raccontai di nuovo il sogno fatto che, per me, era come un presentimento. Dissi loro di allontanarci, li pregai. Mi risposero che non era il caso di agitarsi tanto, che se anche fossero arrivati i tedeschi non avrebbero fatto nulla perch鬠in fondo, non eravamo soldati. Ma io ero troppo agitato, quella voce mi ripeteva di andare via; e cos젦eci. Con me vennero mio fratello e Giuseppe Di Silvestro. Le Campate: capanno dell'eccidioCi rifugiammo sotto un enorme masso, a circa 200 metri dal capanno che continuavamo a vedere. Ad un tratto scorgemmo una pattuglia tedesca, di quattro soldati, che si dirigeva verso il capanno. Si avvicinarono decisi: due si fermarono all'ingresso e due si appostarono sul retro, con i mitra spianati.

Eravamo paralizzati nel guardare la scena. Li vedemmo agitarsi, forse urlavano qualcosa; poi incominciarono ad uscire i nostri compagni e, man mano che uscivano, venivano mitragliati. Uno soltanto si salv򠦩ngendosi colpito, incominci򠡠rotolarsi lungo il costone fino a sparire dalla vista dei tedeschi".

 

Quel sogno ed il ricordo di quell'avvenimento hanno segnato la vita di Zio Salvatore e dei suoi due compagni. Sfuggiti alla morte, riattraversarono le montagne fino a Sora dove furono ripresi e deportati al Nord.

A loro il destino aveva, tra l'altro, riservato il compito di testimoniare e ricordare come si comp젦#060;font color="#0000FF">l'eccidio delle Mainarde, in cui sette persone furono trucidate, pagando con la vita il tributo pi? ingiusto ed assurdo che l'uomo abbia mai inventato. Quella mattina del 14 Novembre 1943: Vincenzo Di Paolo, Paolino Di Tomaso, Palmerino Tartaglia, Silvio Di Paolo (di Scapoli), Giannini Giacomo, Giannini Giuseppe, Giannini Antonio (di Rocchetta), caddero riversi al suolo, sotto una pioggia insistente, il loro sangue "ripreso" dalla terra. Senza sapere perch鮦#060;/font>

Giuseppe Tomassone

 

Uomini e Fatti

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