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Damiano al tempio Zen Hokoku-ji di Kamakura, 18 dicembre 2000.
20-21 dicembre: Finalmente "Tokyo
city blues", e il volo di rientro.
Mercoledì 20. Oggi
è l'ultimo giorno, prima della partenza, e decidiamo di dedicarlo
pienamente a Tokyo. Usciti dall'albergo, camminiamo pochi minuti e giungiamo
al parco ospitante il palazzo imperiale. Attraversiamo un ponte su un fossato
e accediamo al complesso attraverso uno degli ingressi sorvegliati, l'imponente
porta "Ote Mon", costruita con immense pietre antisismiche.
Tokyo, 20 dicembre 2000. Veduta dal giardino orientale del palazzo imperiale e porta Ote Mon.
Ci viene data una targhetta che
ci identifica come visitatori, che dobbiamo riconsegnare all'uscita dal
parco. Il complesso contiene vegetazione varia e piacevole, dei giardini,
alcune sale per concerti musicali e altri tipi di ritrovo per ospiti governativi
stranieri, ma i palazzi all'interno del complesso sono quasi tutti recenti,
costruiti dopo i bombardamenti dell'ultima guerra. Tra i pochi elementi
sopravvissuti c'è la cosiddetta torre del monte Fuji, "Fujimi Yagura",
un edificio sulle mura dal quale si poteva vedere nei giorni più
tersi il monte Fuji. Guardando intorno si intravedono i grattacieli esterni
fare capolino sopra gli alberi, rovinando un po’ la magia di alcuni angoli
particolarmente ben riusciti. E' suggestivo per esempio uno dei giardini
del parco, il Kokyo Higashi Gyoen (giardino est), con uno specchio d'acqua
su cui si specchiano corvi e trampolieri simili ad Aironi, e attorno al
quale la vegetazione assume una continuità di colori che si fondono
magicamente nella fascia marrone e rosso dorato, con tratti di verde. Continuiamo
la visita al parco e agli edifici più esterni. Usciti dai giardini
ci avviamo verso la cintura esterna, quando udiamo delle urla provenire
da un palazzo adiacente, il famoso Budo-Kan, costruito per le olimpiadi
di Tokyo e spesso sede di concerti. In effetti ricordo di avere un disco
dal vivo di Bob Dylan intitolato proprio "at Budo-Kan". L' accesso però
è sorvegliato da guardie. Si tratta probabilmente di una manifestazione
sportiva di arti marziali, sumo o qualcosa di simile. Vediamo alcuni fotografi.
Proviamo ad avvicinarci all'ingresso della strada che porta al palazzo
ma la guardia ci fa cenno di andarcene con un gesto abbastanza perentorio.
Consegniamo i pass al cancello e usciamo nella cintura esterna del parco.
Camminando incontriamo un gruppo
di ragazzi seduti vicino a un'aiuola. Sono una squadra di baseball vestita
e equipaggiata di tutto punto, con protezioni varie, ginocchiere, parastinchi,
ecc. Questo conferma come il baseball sia uno sport sentito in Giappone.
Continuando a procedere lungo la fascia esterna del parco verso il famoso
ponte di ferro, notiamo ancora i grandi corvi che si vedono così
spesso. I giapponesi non vi fanno caso, come noi per i piccioni, ma i corvi
sono molto più grossi, e tecnicamente sono dei rapaci. Continuando
a camminare arriviamo al famoso doppio ponte di ferro, il ponte Nijubashi.
Tokyo, 20 dicembre 2000. Ponte di ferro e angolo del palazzo imperiale.
Costruito
nel 1888 su progetto tedesco costituisce l'ingresso principale al palazzo
delle Shogun. Pur essendo stato progettato da un tedesco, il ponte è
considerato uno dei simboli di Tokyo. Visto da lontano sembra un ponte
abbastanza normale, ma per riuscire a fotografarlo dobbiamo fare a turno
con tutti gli altri turisti, e attendiamo una decina di minuti. Possiamo
vedere dal successo presso gli altri turisti (molti dei quali giapponesi
o comunque orientali) che il ponte è davvero considerato un monumento
fondamentale. Andiamo verso la stazione della metro più vicina e
saliamo sul treno per Shibuya. Usciti dalla stazione vediamo che il posto
è molto affollato anche alle undici di mattina.
In effetti si sa che per questa
stazione passano oltre un milione di pendolari al giorno. La zona è
anche nota per il gran numero di "love hotels", con edifici muniti di apparecchiature
moderne quali sensori in grado di distinguere i rumori e le vibrazioni
del sesso dai terremoti, nonché di collegamenti informatici e telefonici
di prim'ordine. Ricordo un romanzo di Gibson, "Idoru", in cui veniva descritta
la possibilità di connessioni internet tecnologicamente avanzate
e difficilmente tracciabili, da alcuni di questi hotels. Molti ragazzi
e ragazze abbigliati in modo vistoso girano per la piazza o se ne allontanano
uscendo dalla stazione metro. Il flusso di persone è notevole. La
piazza è circondata da grattacieli con schermi giganti, insegne
luminose, e ancora una volta sembra ricordare una megalopoli statunitense.
L'unico elemento a ricordarci che siamo in Giappone sono gli ideogrammi
nelle insegne. Alcuni schermi giganti trasmettono un video di "Hitomi",
una popstar locale, una ragazza molto giovane dai capelli tinti chiari
e dal look con elementi tipici di altre giovani popstar americane. Ci avviciniamo
alla statua di Hachiko, il povero cane che per lungo tempo era andato ad
attendere il padrone ormai defunto alla fermata del treno, lasciandosi
infine morire. La statua era stata fusa durante la guerra per ricavarne
munizioni ma poi è stata ricostruita. Mi fa tornare in mente di
essere stato al Central Park di New York senza però essere riuscito
a vedere la statua di Balto, il cane che aveva contribuito a salvare un
villaggio dell'Alaska da un'epidemia di difterite. Hachiko è
circondato in alto da un quadrato di cavi che sorreggono dei cuoricini
colorati penzolanti di plastica, che confermano la vocazione "amorosa"
della zona. Lasciamo Hachiko e ci appostiamo sull'uscita della stazione
metro, con l'intenzione di fare qualche foto a persone dall'abbigliamento
vistoso. Riesco a prendere di spalle due ragazze con stivali dalle zeppe
e tacchi altissimi, che però presso le giovani di Tokyo sembrano
essere relativamente comuni.
Tre immagini del Giappone femminile: Scolare in divisa di Kamakura, ragazze a passeggio per Shibuya, e vestizione di sposa al tempio Meiji.
Procediamo verso il santuario Meiji,
percorrendo una via piena di negozi. Entriamo in un negozio di dischi della
catena internazionale "Tower Records". Mi domando se qualche CD sarebbe
un regalo gradito per alcuni amici in Italia, e ascolto alcuni dei CD esposti
nelle postazioni di ascolto. Il CD di Hitomi non mi piace, è un
tipo di pop poco melodico con qualche vaga sfumatura psichedelica e molta
elettronica, ma non credo che piacerebbe ai miei amici. Provo un altro
paio di dischi, ma anche questi non mi convincono. Paradossalmente trovo
più gradevole il rock melodico più dilettantistico di certe
colonne sonore delle serie animate Giapponesi, come ad esempio Kimagure
Orange Road, Neon Genesis Evangelion, Macross, Maison Ikkoku, Video Girl
Ai, Nadesico, Escaflowne, Lain, Brain Powerd, Inu Yasha, Getter the last
day, Utena…...
Lasciata la grossa arteria piena
di negozi prendiamo una via parallela più piccola. Qui la strada
procede più tranquilla, con delle case basse quasi a schiera, molto
attaccate l'una all'altra lateralmente (tanto da rendere le finestre laterali
di fatto inutili). Molte moto e ciclomotori sono parcheggiati su un lato.
La via ha un'atmosfera luminosa, spaziosa e tranquilla, grazie anche al
colore chiaro delle case, nonostante la loro eccessiva concentrazione laterale.
Infine giungiamo a piedi fino al parco nel quale sorge il santuario shintoista
"Meiji". Questo grande santuario immerso in un parco dentro Tokyo è
segnalato sulla guida come uno dei siti da visitare. In effetti si passa
dal traffico caotico e dalla cacofonia di negozi tipici di Tokyo al verde
rinfrescante e alle atmosfere riposanti, grazie anche al magico fondersi
dei colori della natura autunnale. Il santuario è consacrato all'imperatore
Meiji, morto nel 1912, e a sua moglie. Costituisce un buon esempio di architettura
shintoista. Passati sotto a un grande torii a pi-greco di legno, seguiamo
un largo sentiero e procediamo verso il tempio vero e proprio, che risulta
abbastanza sobrio e non particolarmente impressionante, anche a causa degli
standard stabiliti dalla nostra precedente visita a Nikko. Però
assistiamo a un paio di preparativi per matrimoni. Nel cortile all'aperto
davanti al tempio, sopra un telone di stoffa quadrato steso a terra per
proteggere dalla polvere, tre signore in divisa stanno vestendo una sposa
con un kimono dai colori vivissimi. La sposa è abbigliata anche
con parrucca nera tipica, e calzature a sandalo abituali. Il padre attende
nell'angolo, vestito del tipico kimono sobrio maschile. Vicino a noi ci
sono due ragazze apparentemente Giapponesi che stanno scattando fotografie.
Mi avvicino per chiedere se è un matrimonio, e finalmente ricevo
una risposta in un ottimo inglese. Si tratta in effetti di un matrimonio,
dice la ragazza con la macchina fotografica. Le chiedo se ci sono problemi
a fotografare, e lei dice che pensa di no. La sposa si sta muovendo e ci
muoviamo anche noi. Poco più in là altri due sposi posano
per una fotografia, la sposa sempre in un bel kimono colorato. Riesco a
fotografare una delle invitate, anche lei in costume. Procediamo oltre
e vediamo il tabernacolo e le decorazioni dalla facciata aperta dell'edificio
principale del complesso del tempio.
Usciti dal complesso ma sempre
immersi nel parco, ci avviamo verso il giardino dei giaggioli. Questo include
alcune case per la meditazione e una passeggiata per sentieri tappezzati
di foglie in mezzo alla vegetazione ancora una volta colorata magicamente
dall'autunno. Troviamo anche alcuni specchi d'acqua con pesci molto grandi,
che potrebbero essere carpe.
Tokyo: Santuario Meiji, Giardino dei Giaggioli, 20 dicembre.
Si vedono alcuni trampolieri e semplici
anatre. Seguendo il percorso vagamente circolare ritroviamo l'uscita e
infine usciamo dal parco. Riprendiamo la strada principale e decidiamo
di pranzare presso una specie di fast food. Prendiamo dei sandwich al pollo
e dell'insalata, e pranziamo sedendo ai tavolini. La clientela comprende
una ventina di altre persone, e tutte donne. Ci domandiamo se non sia un
locale riservato, ma infine l'ingresso di un altro cliente uomo sembra
negare questa ipotesi. In particolare, una signora che siede al tavolo
a fianco del nostro mostra un certo eccesso di peso, ricorda Louise Jefferson
in versione giapponese. Rappresenta però un'eccezione: da quanto
abbiamo visto, quasi non ci sono casi di persone sovrappeso, eccettuati
naturalmente i lottatori di sumo. Sono poi piacevolmente impressionato
dal vedere che in molti altri tavoli ci sono ragazze che pranzano da sole.
Lo fanno con calma, leggendo una rivista o un libro, come a indicare forse
una pausa pranzo solitaria e tranquilla ma piacevole, diversa dalle tipiche
pause pranzo caotiche di Milano e dell'Italia in generale. Nel tardo pomeriggio
ci diamo all'acquisto souvenir all' Oriental Bazaar.
All'interno dell'edificio commerciale
per souvenir di tre piani parlo con una signora che segue uno stand di
oggetti ricordo di tipo diverso. Compro un po' di regalini, uno specchietto
con ideogrammi, parecchie magliette e accessori d'abbigliamento, una katana
in miniatura e alcune statuette del "gatto della fortuna". La signora allo
stand mi spiega che tradizionalmente il gatto sulle navi dei marinai si
grattava l'orecchio per annunciare una pesca propizia. Da allora il gatto
ritratto nella posa di grattarsi una delle due orecchie è considerato
un portafortuna. Quello ritratto nella piccola immagine qui accanto si
trova a Piccadilly, a Londra. Finito l'acquisto dei souvenir passeggiamo
per Tokyo, prelevando bibite fresche dagli onnipresenti distributori e
osservando alcune Vespe Piaggio parcheggiate sul viale. Ceniamo ancora
a Roppongi, dove passeggiando vediamo anche una concessionaria della Lamborghini
e della Maserati.
Giovedì 21: Ritorno a casa: Il lungo volo.
Giovedì 21. E'
ora di tornare a casa, e tutto sommato non mi spiace. Per me l'impatto
è stato notevole, e anche se sarei pronto per una visita più
lunga, una pausa e un ritorno al nostro mondo abituale mi risultano graditi.
Facciamo il check out dall'albergo
quando un addetto si avvicina con aria contrita, scusandosi per il fatto
di doverci dare una brutta notizia. Un po' allarmati, ci apprestiamo ad
ascoltare, e l'addetto ci comunica che la navetta di collegamento con l'aeroporto
sarà in ritardo di quattro minuti. Scoppiamo a ridere e lo rassicuriamo:
la notizia non ci turba, pensando soprattutto ai ritardi frequenti di ore
dell'aeroporto di Malpensa. Nel lasciare l'hotel apprendiamo che esso verrà
abbattuto e ricostruito in versione più moderna in breve tempo.
Questo spiega le esposizioni di quadri e oggettistica d'arte che avevamo
visto nei corridoi del piano terra con un cartellino del prezzo: evidentemente
si cerca di vuotare il complesso prima di procedere.
Giunti all'aeroporto, ci accomodiamo
nella sala d'attesa della business class, dove oltre ai rinfreschi di prammatica
ci vengono messi a disposizione anche alcuni computer collegati a internet.
Comincio a spedire qualche E-mail quando, per errore, schiaccio una combinazione
di tasti che commuta la tastiera sul funzionamento Giapponese. Ormai escono
solo ideogrammi quando batto i tasti, e non riuscendo a tornare indietro
lascio perdere e mi rilasso su una poltrona con un po' di musica. Infine
saliamo sull'aereo e decolliamo per Milano… Le sensazioni associate
al viaggio continuano a fiorire e a sorprendermi anche nei giorni e perfino
nei mesi successivi. Sicuramente questo è stato, dei miei ormai
numerosi viaggi, il maggiormente "alieno". L'incontrare una civiltà
tanto diversa ma per niente arretrata tecnologicamente e dagli aspetti
raffinati e dalle contraddizioni diverse da quelle dell'occidente mi ha
lasciato decisamente stupito. Ma ho cominciato appena a intuire lo spirito
che anima questo popolo.
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