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Tokyo e Giappone: Parte Quarta. Tokyo e Rientro.
Scritto in gennaio 2001, ultimo aggiornamento in data 1 settembre 2001. Copyright 2001 D. Brigo.

Damiano al tempio Zen Hokoku-ji di Kamakura, 18 dicembre 2000.





20-21 dicembre: Finalmente "Tokyo city blues", e il volo di rientro.
 

Mercoledì 20. Oggi è l'ultimo giorno, prima della partenza, e decidiamo di dedicarlo pienamente a Tokyo. Usciti dall'albergo, camminiamo pochi minuti e giungiamo al parco ospitante il palazzo imperiale. Attraversiamo un ponte su un fossato e accediamo al complesso attraverso uno degli ingressi sorvegliati, l'imponente porta "Ote Mon", costruita con immense pietre antisismiche.
 
 

Tokyo, 20 dicembre 2000. Veduta dal giardino orientale del palazzo imperiale e porta Ote Mon.

Ci viene data una targhetta che ci identifica come visitatori, che dobbiamo riconsegnare all'uscita dal parco. Il complesso contiene vegetazione varia e piacevole, dei giardini, alcune sale per concerti musicali e altri tipi di ritrovo per ospiti governativi stranieri, ma i palazzi all'interno del complesso sono quasi tutti recenti, costruiti dopo i bombardamenti dell'ultima guerra. Tra i pochi elementi sopravvissuti c'è la cosiddetta torre del monte Fuji, "Fujimi Yagura", un edificio sulle mura dal quale si poteva vedere nei giorni più tersi il monte Fuji. Guardando intorno si intravedono i grattacieli esterni fare capolino sopra gli alberi, rovinando un po’ la magia di alcuni angoli particolarmente ben riusciti. E' suggestivo per esempio uno dei giardini del parco, il Kokyo Higashi Gyoen (giardino est), con uno specchio d'acqua su cui si specchiano corvi e trampolieri simili ad Aironi, e attorno al quale la vegetazione assume una continuità di colori che si fondono magicamente nella fascia marrone e rosso dorato, con tratti di verde. Continuiamo la visita al parco e agli edifici più esterni. Usciti dai giardini ci avviamo verso la cintura esterna, quando udiamo delle urla provenire da un palazzo adiacente, il famoso Budo-Kan, costruito per le olimpiadi di Tokyo e spesso sede di concerti. In effetti ricordo di avere un disco dal vivo di Bob Dylan intitolato proprio "at Budo-Kan". L' accesso però è sorvegliato da guardie. Si tratta probabilmente di una manifestazione sportiva di arti marziali, sumo o qualcosa di simile. Vediamo alcuni fotografi. Proviamo ad avvicinarci all'ingresso della strada che porta al palazzo ma la guardia ci fa cenno di andarcene con un gesto abbastanza perentorio. Consegniamo i pass al cancello e usciamo nella cintura esterna del parco.
Camminando incontriamo un gruppo di ragazzi seduti vicino a un'aiuola. Sono una squadra di baseball vestita e equipaggiata di tutto punto, con protezioni varie, ginocchiere, parastinchi, ecc. Questo conferma come il baseball sia uno sport sentito in Giappone. Continuando a procedere lungo la fascia esterna del parco verso il famoso ponte di ferro, notiamo ancora i grandi corvi che si vedono così spesso. I giapponesi non vi fanno caso, come noi per i piccioni, ma i corvi sono molto più grossi, e tecnicamente sono dei rapaci. Continuando a camminare arriviamo al famoso doppio ponte di ferro, il ponte Nijubashi.
 
 

Tokyo, 20 dicembre 2000. Ponte di ferro e angolo del palazzo imperiale.

Costruito nel 1888 su progetto tedesco costituisce l'ingresso principale al palazzo delle Shogun. Pur essendo stato progettato da un tedesco, il ponte è considerato uno dei simboli di Tokyo. Visto da lontano sembra un ponte abbastanza normale, ma per riuscire a fotografarlo dobbiamo fare a turno con tutti gli altri turisti, e attendiamo una decina di minuti. Possiamo vedere dal successo presso gli altri turisti (molti dei quali giapponesi o comunque orientali) che il ponte è davvero considerato un monumento fondamentale. Andiamo verso la stazione della metro più vicina e saliamo sul treno per Shibuya. Usciti dalla stazione vediamo che il posto è molto affollato anche alle undici di mattina.
In effetti si sa che per questa stazione passano oltre un milione di pendolari al giorno. La zona è anche nota per il gran numero di "love hotels", con edifici muniti di apparecchiature moderne quali sensori in grado di distinguere i rumori e le vibrazioni del sesso dai terremoti, nonché di collegamenti informatici e telefonici di prim'ordine. Ricordo un romanzo di Gibson, "Idoru", in cui veniva descritta la possibilità di connessioni internet tecnologicamente avanzate e difficilmente tracciabili, da alcuni di questi hotels. Molti ragazzi e ragazze abbigliati in modo vistoso girano per la piazza o se ne allontanano uscendo dalla stazione metro. Il flusso di persone è notevole. La piazza è circondata da grattacieli con schermi giganti, insegne luminose, e ancora una volta sembra ricordare una megalopoli statunitense. L'unico elemento a ricordarci che siamo in Giappone sono gli ideogrammi nelle insegne. Alcuni schermi giganti trasmettono un video di "Hitomi", una popstar locale, una ragazza molto giovane dai capelli tinti chiari e dal look con elementi tipici di altre giovani popstar americane. Ci avviciniamo alla statua di Hachiko, il povero cane che per lungo tempo era andato ad attendere il padrone ormai defunto alla fermata del treno, lasciandosi infine morire. La statua era stata fusa durante la guerra per ricavarne munizioni ma poi è stata ricostruita. Mi fa tornare in mente di essere stato al Central Park di New York senza però essere riuscito a vedere la statua di Balto, il cane che aveva contribuito a salvare un villaggio dell'Alaska da un'epidemia di difterite.  Hachiko è circondato in alto da un quadrato di cavi che sorreggono dei cuoricini colorati penzolanti di plastica, che confermano la vocazione "amorosa" della zona.  Lasciamo Hachiko e ci appostiamo sull'uscita della stazione metro, con l'intenzione di fare qualche foto a persone dall'abbigliamento vistoso. Riesco a prendere di spalle due ragazze con stivali dalle zeppe e tacchi altissimi, che però presso le giovani di Tokyo sembrano essere relativamente comuni.
 
 

Tre immagini del Giappone femminile: Scolare in divisa di Kamakura, ragazze a passeggio per Shibuya, e vestizione di sposa al tempio Meiji.

Procediamo verso il santuario Meiji, percorrendo una via piena di negozi. Entriamo in un negozio di dischi della catena internazionale "Tower Records". Mi domando se qualche CD sarebbe un regalo gradito per alcuni amici in Italia, e ascolto alcuni dei CD esposti nelle postazioni di ascolto. Il CD di Hitomi non mi piace, è un tipo di pop poco melodico con qualche vaga sfumatura psichedelica e molta elettronica, ma non credo che piacerebbe ai miei amici. Provo un altro paio di dischi, ma anche questi non mi convincono. Paradossalmente trovo più gradevole il rock melodico più dilettantistico di certe colonne sonore delle serie animate Giapponesi, come ad esempio Kimagure Orange Road, Neon Genesis Evangelion, Macross, Maison Ikkoku, Video Girl Ai, Nadesico, Escaflowne, Lain, Brain Powerd, Inu Yasha, Getter the last day, Utena…...
Lasciata la grossa arteria piena di negozi prendiamo una via parallela più piccola. Qui la strada procede più tranquilla, con delle case basse quasi a schiera, molto attaccate l'una all'altra lateralmente (tanto da rendere le finestre laterali di fatto inutili). Molte moto e ciclomotori sono parcheggiati su un lato. La via ha un'atmosfera luminosa, spaziosa e tranquilla, grazie anche al colore chiaro delle case, nonostante la loro eccessiva concentrazione laterale. Infine giungiamo a piedi fino al parco nel quale sorge il santuario shintoista "Meiji". Questo grande santuario immerso in un parco dentro Tokyo è segnalato sulla guida come uno dei siti da visitare. In effetti si passa dal traffico caotico e dalla cacofonia di negozi tipici di Tokyo al verde rinfrescante e alle atmosfere riposanti, grazie anche al magico fondersi dei colori della natura autunnale. Il santuario è consacrato all'imperatore Meiji, morto nel 1912, e a sua moglie. Costituisce un buon esempio di architettura shintoista. Passati sotto a un grande torii a pi-greco di legno, seguiamo un largo sentiero e procediamo verso il tempio vero e proprio, che risulta abbastanza sobrio e non particolarmente impressionante, anche a causa degli standard stabiliti dalla nostra precedente visita a Nikko. Però assistiamo a un paio di preparativi per matrimoni. Nel cortile all'aperto davanti al tempio, sopra un telone di stoffa quadrato steso a terra per proteggere dalla polvere, tre signore in divisa stanno vestendo una sposa con un kimono dai colori vivissimi. La sposa è abbigliata anche con parrucca nera tipica, e calzature a sandalo abituali. Il padre attende nell'angolo, vestito del tipico kimono sobrio maschile. Vicino a noi ci sono due ragazze apparentemente Giapponesi che stanno scattando fotografie. Mi avvicino per chiedere se è un matrimonio, e finalmente ricevo una risposta in un ottimo inglese. Si tratta in effetti di un matrimonio, dice la ragazza con la macchina fotografica. Le chiedo se ci sono problemi a fotografare, e lei dice che pensa di no. La sposa si sta muovendo e ci muoviamo anche noi. Poco più in là altri due sposi posano per una fotografia, la sposa sempre in un bel kimono colorato. Riesco a fotografare una delle invitate, anche lei in costume. Procediamo oltre e vediamo il tabernacolo e le decorazioni dalla facciata aperta dell'edificio principale del complesso del tempio.
Usciti dal complesso ma sempre immersi nel parco, ci avviamo verso il giardino dei giaggioli. Questo include alcune case per la meditazione e una passeggiata per sentieri tappezzati di foglie in mezzo alla vegetazione ancora una volta colorata magicamente dall'autunno. Troviamo anche alcuni specchi d'acqua con pesci molto grandi, che potrebbero essere carpe.
 


Tokyo: Santuario Meiji, Giardino dei Giaggioli, 20 dicembre.

Si vedono alcuni trampolieri e semplici anatre. Seguendo il percorso vagamente circolare ritroviamo l'uscita e infine usciamo dal parco. Riprendiamo la strada principale e decidiamo di pranzare presso una specie di fast food. Prendiamo dei sandwich al pollo e dell'insalata, e pranziamo sedendo ai tavolini. La clientela comprende una ventina di altre persone, e tutte donne. Ci domandiamo se non sia un locale riservato, ma infine l'ingresso di un altro cliente uomo sembra negare questa ipotesi. In particolare, una signora che siede al tavolo a fianco del nostro mostra un certo eccesso di peso, ricorda Louise Jefferson in versione giapponese. Rappresenta però un'eccezione: da quanto abbiamo visto, quasi non ci sono casi di persone sovrappeso, eccettuati naturalmente i lottatori di sumo. Sono poi piacevolmente impressionato dal vedere che in molti altri tavoli ci sono ragazze che pranzano da sole. Lo fanno con calma, leggendo una rivista o un libro, come a indicare forse una pausa pranzo solitaria e tranquilla ma piacevole, diversa dalle tipiche pause pranzo caotiche di Milano e dell'Italia in generale. Nel tardo pomeriggio ci diamo all'acquisto souvenir all' Oriental Bazaar.
All'interno dell'edificio commerciale per souvenir di tre piani parlo con una signora che segue uno stand di oggetti ricordo di tipo diverso. Compro un po' di regalini, uno specchietto con ideogrammi, parecchie magliette e accessori d'abbigliamento, una katana in miniatura e alcune statuette del "gatto della fortuna". La signora allo stand mi spiega che tradizionalmente il gatto sulle navi dei marinai si grattava l'orecchio per annunciare una pesca propizia. Da allora il gatto ritratto nella posa di grattarsi una delle due orecchie è considerato un portafortuna. Quello ritratto nella piccola immagine qui accanto si trova a Piccadilly, a Londra. Finito l'acquisto dei souvenir passeggiamo per Tokyo, prelevando bibite fresche dagli onnipresenti distributori e osservando alcune Vespe Piaggio parcheggiate sul viale. Ceniamo ancora a Roppongi, dove passeggiando vediamo anche una concessionaria della Lamborghini e della Maserati.
 

Giovedì 21: Ritorno a casa: Il lungo volo.

Giovedì 21. E' ora di tornare a casa, e tutto sommato non mi spiace. Per me l'impatto è stato notevole, e anche se sarei pronto per una visita più lunga, una pausa e un ritorno al nostro mondo abituale mi risultano graditi.
Facciamo il check out dall'albergo quando un addetto si avvicina con aria contrita, scusandosi per il fatto di doverci dare una brutta notizia. Un po' allarmati, ci apprestiamo ad ascoltare, e l'addetto ci comunica che la navetta di collegamento con l'aeroporto sarà in ritardo di quattro minuti. Scoppiamo a ridere e lo rassicuriamo: la notizia non ci turba, pensando soprattutto ai ritardi frequenti di ore dell'aeroporto di Malpensa. Nel lasciare l'hotel apprendiamo che esso verrà abbattuto e ricostruito in versione più moderna in breve tempo. Questo spiega le esposizioni di quadri e oggettistica d'arte che avevamo visto nei corridoi del piano terra con un cartellino del prezzo: evidentemente si cerca di vuotare il complesso prima di procedere.
Giunti all'aeroporto, ci accomodiamo nella sala d'attesa della business class, dove oltre ai rinfreschi di prammatica ci vengono messi a disposizione anche alcuni computer collegati a internet. Comincio a spedire qualche E-mail quando, per errore, schiaccio una combinazione di tasti che commuta la tastiera sul funzionamento Giapponese. Ormai escono solo ideogrammi quando batto i tasti, e non riuscendo a tornare indietro lascio perdere e mi rilasso su una poltrona con un po' di musica. Infine saliamo sull'aereo e decolliamo per Milano…  Le sensazioni associate al viaggio continuano a fiorire e a sorprendermi anche nei giorni e perfino nei mesi successivi. Sicuramente questo è stato, dei miei ormai numerosi viaggi, il maggiormente "alieno". L'incontrare una civiltà tanto diversa ma per niente arretrata tecnologicamente e dagli aspetti raffinati e dalle contraddizioni diverse da quelle dell'occidente mi ha lasciato decisamente stupito. Ma ho cominciato appena a intuire lo spirito che anima questo popolo.
 

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