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Antonio  Gramsci

 

Ales (Oristano) 22 gennaio 1891 - Roma 27 aprile 1937

 Con la sola arma della sua intelligenza riesce ad ottenere una borsa di studio per l'Università di Torino dove conosce Togliatti, con il quale segue il movimento operaio negli anni della guerra e successivi, fino ad abbandonare gli studi di glottologia, a passare con atteggiamento critico nelle fila del PSI (segue per l'Avanti le attività culturali cittadine, poi pubblica l'Ordine Nuovo e nel 1921 entra a far parte del comitato Centrale del neonato Partito Comunista Italiano. La biografia di Giuseppe Fiori ha segnato per me (come per tanti altri, v. Rossana Rossanda nell'articolo scritto in occasione della morte di Fiori, aprile 2003) la strada verso il comunismo nelle elaborazione italiana che trae origini sia dalla storia (Risorgimento) sia dalla cultura umanistica italiana (Labriola, Croce) e dalla sociologia. Eletto parlamentare, viene arrestato nel 1926 e condannato in quanto "cervello pensante". "Non bisogna permettere a quest'uomo di pensare", tuonava dal tribunale speciale fascista il procuratore al processo che lo vide condannato a lunghi anni di carcere. Ormai sfinito dagli sforzi intellettuali e dalle condizioni carcerarie, viene portato in sanatorio a Roma nel 1937, dove muore nell'anno stesso, con grande ripercussioni sul  piano dell'opinione pubblica mondiale. 

Togliatti curerà nel dopoguerra la prima edizione, in forma antologica,  dei sui QUADERNI dal carcere. Solo una seconda edizione negli anni  '70 (a c. di Valentino Gerratana) rispetterà in modo critico la struttura dei Quaderni. Fu comunque subito considerato da Togliatti e dal PCI come il maggiore teorico comunista. Oggi è riconosciuto come il maggior filosofo italiano dopo Croce e Gentile. Dai Quaderni emerge anche il suo contributo all'analisi storica dell'800 e del primo '900 (sia per lo sviluppo del capitalismo che per gli aspetti politici e sociali dell'Europa e dell'Italia) (BURGIO 2003). 

Il suo pensiero si innesta sullo storicismo materialista, ma non segue le rigidità dottrinali del marxismo ufficiale (Bucharin) né quelle del determinismo storico. Egli individua nella dialettica storica uno spazio legato all'autonomia dell'agire umano. In questo senso penso che tragga punti di riflessione dalla lettura di Labriola, di Gentile e di Croce (cioè dalla elaborazione italiana del materialismo marxiano).

 L'agire umano, la prassi, è il punto di coagulo delle contraddizioni e dei conflitti che si esprimono nella società attraverso diversi modelli culturali.  La trasformazione della realtà implica la volontà, da parte di una classe sociale, di creare un modello politico-culturale che possa dirigere le classi subalterne, costituendosi come classe egemone.  La democrazia non è un aspetto formale della modernità: si realizza solo con la connessione pratica tra lavoro, crescita intellettuale-culturale dei lavoratori, realizzazione della liberazione dell'umanità dal lavoro alienato attraverso, come bene ha colto lo storico Garin.  

La struttura economica, pur rimanendo il motore della dinamica sociale come già teorizzato da Marx, deve comunque inglobare anche gli elementi della sovrastruttura che attraverso l'agire della classe egemone modificano culturalmente tutta la società. Viene quindi rivalutata la categoria hegeliana di società civile, dello spazio conflittuale società-istituzioni, e si rivela fondamentale per  la strutturazione della società il consenso sociale.

Gramsci tenendo presente la struttura agraria della società italiana, propone per il partito rivoluzionario una linea di lotta per l'egemonia che vede in ruolo decisivo l'agire dell'intellettuale, che non è uno studioso, ma un lavoratore organico al partito: l'intellettuale esprime una guida e una mediazione tra le disparate esigenze della società, un raccordo tra l'aspetto intrinsecamente rivoluzionario delle masse e la traduzione  in termini di lotta sociale di tale aspetto. In questo  modo si concretizza l'idea di prassi in quanto concetto immanente lo storicismo umanistico di G. come agire politico. (ROVATTI 1990).

Il Senso comune (che non è il buon senso) e gli organizzatori di consenso nell'Italia del padrone Berlusconi

Per G. "la democrazia politica tende a far coincidere governanti e governati, assicurando ad ogni governato l'apprendimento gratuito delle capacità e della preparazione tecnica generale necessarie al fine di diventare governanti". Per arrivare a questo necessita una "riforma intellettuale e morale", nella quale gli intellettuali svolgono un ruolo importante: essi sono dal punto di vista sovrastrutturale dei "funzionari" che attraverso gli strumenti di comunicazione (oggi soprattutto i media) adeguano "la moralità delle più vaste masse popolari" agli interessi economici delle classi dominanti. G. divideva gli intellettuali in tradizionali (Benedetto Croce) e organici (alla borghesia o al  proletariato). Oggi - osserva Alain Goussot in "La Rinascita, 6 febbraio 2004 - sono scomparsi i primi (forse l'ultimo è stato Bobbio), sono in grande attività i secondi al servizio del "modello americano-berlusconiano" del tipo Ferrara, Mentana, Lerner, mancano invece gli organici al proletariato. Gli intellettuali pagati direttamente da Berlusconi e famiglia lavorano su un concetto bene analizzato da G., quello del "senso comune". Esso - osserva G.- ha due facce: dal lato dei contenuti dei messaggi guarda alla "filosofia dominante", dal lato della forma si radica nel folklore regressivo;  è "dogmatico, avido di certezze, ed ha la logica formale come espressione". Costituisce il veicolo utilizzato dagli intellettuali organici alla borghesia per parlare agli "strati profondi dell'umanità sommersa" (che corrisponde oggi agli utenti tv meno reattivi perché privi di strumenti di cultura). Oggi la sinistra ha abbandonato la lotta culturale, mentre G. la poneva come esigenza primaria (almeno per gli intellettuali organici al proletariato): bisogna utilizzare il pensare dialettico, la filosofia della praxis, che va contro il senso comune, 

Condivide con Bruno Machiavelli Leopardi Labriola la sepoltura nel cimitero acattolico della Piramide Cestia a Roma. 

Fonti

GERRATANA (a c. di), Gramsci, Quaderni dal carcere, 4 vv., TO:Einaudi, 1975 

P. A. Rovatti (a c. di), Dizionario Bompiani dei filosofi contemporanei, MI:Bompiani 1990

Giuseppe Fiori, Vita di Antonio Gramsci, BA.Laterza 1967?

BURGIO 2003  Alberto Burgio, Gramsci storico. Una lettura dei quaderni del carcere, BA:Laterza, 2003

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