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Pestalozzi(1746-1827)
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Sintesi
da www.ilgiardinodeipensieri.com/storiafil/pancaldi-1.htm
Se
la rivoluzione industriale si era sviluppata con estrema rapidità in
Inghilterra a causa della presenza di particolari condizioni, nello stesso
periodo anche altri paesi, sia pure in modo più lento e faticoso, assistevano
al passaggio dalle vecchie strutture agricolo-artigianali alle nuove
manifatture. Tra questi la Svizzera, ed in particolare il cantone di Zurigo,
dove non erano mancate in passato le turbolenze contadine, e che ora era retto
da una struttura socio-politica di tipo oligarchico, organizzata secondo un
rigido sistema corporativo. Il dominio economico della borghesia era tutelato da
leggi severe (come quella che impediva ai figli dei contadini di cambiare lavoro
e quindi di aspirare agli studi) che permettevano ad essa lo sfruttamento della
manovalanza contadina e operaia. Queste leggi riservavano in pratica gli studi
ai borghesi di città, mentre tutti gli altri dovevano accontentarsi dei
rudimenti appresi nelle scuole di paese, mal gestite dalle chiese e quindi poco
frequentate dalla popolazione. In questo contesto, dove nei rapporti tra città
e campagna emergeva l'urto tra la borghesia degli affari e la plebe contadina
sempre più proletarizzata, cresceva nei circoli riformatori un reale interesse
umanitario per i poveri. D'altra parte la compresenza in Svizzera di diverse
posizioni confessionali diede luogo ad una forte attività pedagogica sia in
senso competitivo sia in senso collaborativo, che finirono talvolta per attirare
l'attenzione e ottenere il sostegno delle autorità locali. Ma ciò che
caratterizzerà in modo specifico il panorama svizzero (tanto da conquistarsi
l'appellativo di "Helvetia paedagogica"), sarà l'interesse per
l'educazione che attraversò trasversalmente la classe colta, che favorì il
fiorire di iniziative che destarono ammirazione e interesse in tutta Europa. La
più nota di esse, quella in cui sono concentrati la maggior parte dei grandi
temi della riflessione pedagogica e in cui si sono prospettate numerose
soluzioni paradigmatiche che influenzeranno la pedagogia successiva fino
all'Attivismo, è certamente dovuta a E. Pestalozzi. Figlio di un chirurgo
famoso di origine italiana, dopo un'infanzia segnata dalla morte del padre e dal
ruolo fondamentale della madre, dopo gli studi superiori si orientò a diventare
pastore. La frequentazione della "società patriottica", la setta
degli "Illuminati" di ispirazione massonica, lo indusse a interessarsi
di politica leggendo Montesqueu e Rousseau. Lo scioglimento della società e il
breve arresto, lo convinsero ad abbandonare la fede nella rivolta politica e a
sostituirla con un ideale di miglioramento delle condizioni dei lavoratori
attraverso una riforma dell'agricoltura di ispirazione rousseauina e
fisiocratica (del resto molte saranno in Svizzera e in Italia le iniziative
"georgofile" tese al rilancio dell'agricoltura contro l'invadente
industrialismo). Nella propria fattoria di Neuhof iniziò nel 1768 un
esperimento per realizzare le proprie idee, salvo trasformarla successivamente
in una colonia per orfani e trovatelli da addestrare al lavoro e alla vita
onesta. Fallita questa esperienza, egli si dedicherà alla riflessione scrivendo
nel 1780 "Le veglie di un solitario" (raccolta di aforismi di
ispirazione morale e religiosa), l'anno successivo il romanzo pedagogico
"Leonardo e Gertrude", e nel 1797, frutto delle letture di Kant e
Fichte, le "Mie indagini sopra il corso della natura umana nello
svolgimento del genere umano". L'incalzare degli avvenimenti politici segnò
ancora una svolta nella sua vita: il suo interesse per la Rivoluzione francese e
la proclamazione della Repubblica elvetica lo videro impegnato in prima persona,
così che le autorità lo chiamarono alla direzione dell'orfanotrofio di Stans,
che però dovette chiudere nel 1799 per l'arrivo della guerra. Poco dopo aprì
un'altra scuola a Burgdorf: qui elaborerà il suo metodo ottenendo vasta fama in
tutta Europa e qui scriverà opere fondamentali come "Il metodo",
"L'ABC dell'istruzione", "Il libro delle madri", "Come
Gertrude istruisce i propri figli". A causa del mutamento di clima politico
la scuola chiuse nel 1803; due anni dopo Pestalozzi fondò un altro istituto a
Yverdon, dando inizio alla sua esperienza più famosa e durevole (fino al 1827).
Qui continuò ed approfondì il proprio pensiero pedagogico e metodologico,
componendo opere fondamentali quali "Idee, esperienze e mezzi per
promuovere un'educazione conforme alla natura umana" e "Educazione del
popolo e industria". La fama della scuola non fu esente tuttavia da
critiche e polemiche, in parte innescate dal rapporto non del tutto favorevole
fatto da padre Girard nel 1809. Seguiranno contrasti e gelosie tra gli stessi
collaboratori di Pestalozzi che si uniranno in modo negativo al clima politico
della Restaurazione. Amareggiato e deluso, Pestalozzi si ritirò a Neuhof dove
scrisse "Il canto del cigno", consuntivo e difesa della propria opera
educativa, e dove si spense. Definito "apostolo dell'educazione
popolare", Pestalozzi fu sempre animato da finalità umanitarie e da
motivazioni politiche, che lo porteranno, nell'elaborazione della sua strategia
educativa, ad assumere posizioni fortemente critiche nei confronti dei regimi
antiliberali. La stessa Rivoluzione francese venne da lui intesa soprattutto
come riforma morale capace di accelerare il miglioramento delle condizioni di
lavoro attraverso uno spazio maggiore dato all'azione educativa. Il suo
atteggiamento tuttavia non fu mai vicino alle posizioni socialiste (nemmeno a
quelle utopiste di Owen), ma ebbe un'impronta di tipo populista. Egli infatti
tenne sempre ben fermo il presupposto dell'immutabilità dell'ordine sociale e
della gerarchia delle classi. Il popolo doveva essere aiutato a uscire dalla
condizione di sfruttamento e di degenerazione, ma non avrebbe mai potuto
divenire possidente. In definitiva Pestalozzi auspicava una specie di patto
sociale in cui la classe dominante si impegnasse a riconoscere i diritti
basilari del popolo, che a sua volta avrebbe dovuto ricambiare con pacifica
laboriosità e serena accettazione del proprio stato. Da Rousseau (e dall'etica
calvinista) egli concepì la giustizia sociale come coincidente con il possesso
da parte di ogni cittadino del necessario per vivere in rapporto al suo stato.
L'ideale di Pestalozzi sarebbe stato di educare i futuri lavoratori a usare bene
il denaro, a risparmiarlo per prevenire i momenti di miseria, ad evitare i mali
della vita oziosa. Per questo egli pensava di trasformare i tradizionali premi
scolastici in concessioni gratuite di terreno o di sementi, che potevano essere
revocate in caso di indegnità. Lo stesso apprendimento dell'aritmetica,
particolarmente sviluppato da Pestalozzi rispetto alla precedente tradizione
didattica, era giustificato dalla necessità di prendere confidenza con il
valore del denaro nelle diverse operazioni rientranti nell'esperienza contadina.
La
prima esperienza di educatore Pestalozzi la svolse in campagna in una grande
casa che chiamerà Neuhof (nuova residenza): qui, entusiasmato dai discorsi
naturalistici e populisti, sognò di realizzarvi il suo progetto di
rivalorizzazione della vita dei campi (coltivazione della terra e artigianato: a
Neuhof venne aperta anche una filanda) e di applicarvi il metodo di Rousseau.
Ragazzi e ragazze apprendevano il lavoro al telaio, coltivavano i campi, e
imparavano anche i rudimenti del leggere-scrivere-far di conto. Tuttavia
l'esperienza fallì per l'imperizia con cui era stata condotta. Ciò portò
anche Pestalozzi a prendere una certa distanza critica da Rousseau: se del
pensatore ginevrino resta il principio che considera l'educazione come autonomo
sviluppo dell'uomo e la pedagogia come studio delle condizioni che garantiscono
questo sviluppo, l'idea di una educazione popolare è del tutto nuova e fanno
cadere i paradossi della contrapposizione fra individuo e società, della
separazione tra le varie età, del ritardo dell'educazione morale e religiosa.
Resta tuttavia di stampo rousseauiano la convinzione che l'educazione debba
essere naturale, cioè fondata sulla conoscenza delle leggi della natura
dell'animo umano e sull'offerta di condizioni adatte al suo sviluppo.
L'educazione può dunque essere realizzata solo attraverso il riconoscimento
delle sfere di vita interiore ed esteriore in cui l'individuo è inserito. La
sfera interiore è rappresentata da Dio: da essa e verso di essa muove
l'educazione come formazione armonica e perfezionamento integrale della
personalità nelle tre dimensioni del cuore, della mente e della mano. Ma il
compimento è possibile solo nelle sfere esteriori dei rapporti famigliari, del
lavoro, del ceto, dello Stato e della nazione. Diversamente da Rousseau,
Pestalozzi evidenziò con sempre maggiore chiarezza che l'educazione non poteva
essere staccata dall'ambiente di vita e di lavoro, assegnando comunque un ruolo
centrale alla famiglia e alla figura materna. Dunque un'educazione nuova sarà
possibile solo in un ordine sociale nuovo. Infatti è nello stato sociale che
nell'individuo può svilupparsi la moralità, che lo spinge ad armonizzare la
propria vita con quella degli altri, e porta a compimento il suo cammino
formativo. Pertanto la società auspicata da Pestalozzi dovrà essere orientata
allo sviluppo dei rapporti morali tra gli uomini, fondati in primo luogo sulla
fede e sull'amore individuali, nonché sull'iniziativa educativa dei singoli e
delle istituzioni. Lo svolgimento della visione socio-pedagogica di Pestalozzi
si trova fondamentalmente nel romanzo in quattro libri "Leonardo e
Gertrude" pubblicato tra il 1780 e il 1787 e più volte rielaborato. La
trama è la seguente: nel villaggio di Bonnal, dipendente dal feudatario Arner a
sua volta vassallo di un principe, spadroneggia il corrotto podestà Hummel che
vessa la popolazione coadiuvato da un gruppo di ricchi agricoltori. Tra le
vittime c'è anche il muratore Leonardo, la cui coraggiosa moglie Gertrude va a
denunciare la situazione ad Arner, il quale assegna a Leonardo il compito di
costruire la nuova chiesa. Con l'aiuto del pastore protestante Ernst, l'impresa
va a buon fine, Hummel, che aveva tramato per sabotarla, viene smascherato e
sostituito, e il feudatario decide anche di donare il campo comunale ai poveri.
La pace e l'armonia tornano così a regnare nel villaggio. Nel terzo libro Arner
ed Ernst convincono il cotoniere Meyer che il miglioramento del villaggio è
possibile solo educando il popolo a migliorare la sua vita materiale, ad
industriarsi di più nel lavoro manifatturiero. Ricevutone l'assenso, Arner
chiama Gluephi, un ex- ufficiale in congedo, a realizzare nel villaggio la
riforma dell'educazione. Quest' ultimo si propone di coordinare lavoro ed
istruzione, accogliendo il suggerimento di Gertrude di organizzare la scuola a
tempo pieno, di incentrarla sulla tessitura mentre i bambibini impareranno a
contare durante il lavoro al telaio e apprenderanno attivamente i rudimenti
della lettura e della scrittura mediante sussidi inventati da Gluephi. L'ordine
viene richiesto dentro e fuori la scuola, mentre quello sociale viene instaurato
attraverso l'intervento coordinato di Arner ed Ernst che prendono iniziative di
carità e stimolano forma di autogoverno e decentramento popolare. Nel quarto
libro si vuole dimostrare che il nuovo ordine di Bonnal può essere esteso a
tutto il paese: Arner informa il Principe della sua iniziativa e lo induce ad
estenderla prima ai paesi vicini e poi a tutto lo Stato. La prima parte del
romanzo è destinata al popolo: essa intende mostrare che gli uomini sono buoni
e che per far emergere le loro qualità positive hanno bisogno di condizioni
idonee. Ad iniziare questo processo è Gertrude, simbolo della dimensione
familiare e materna, mentre Arner ed Ernst indicano l'impegno delle istituzioni,
dell'aristocrazia e delle Chiese. La seconda parte è invece destinata alle
classi colte e intende dimostrare che il nuovo ordine non può essere frutto
solo di una rifondazione morale, ma necessita dell'intervento illuminato e delle
iniziative degli intellettuali e delle classi superiori. Se Arner incarna
l'ideale di uno Stato educatore, Gluephi costituisce la figura di maestro quale
Pestalozzi stesso avrebbe voluto essere: totalmente dedito al suo compito,
disincantato circa la natura umana, attento e severo custode di ogni particolare
dell'attività educativa, pronto ad intervenire verso ogni forma di
trascuratezza nella consapevolezza del significato sociale dell'educazione
popolare, poiché la scuola rappresenta l'unica forza in grado di offrire ai
contadino il necessario per una dignitosa vita sociale. Nel romanzo dunque la
scuola nasce anzitutto per offrire un'educazione di base ed una valida
formazione professionale ai figli del popolo, ma dovrà essere modellata
sull'esempio della casa e dell'attività educativa famigliare. Il lavoro di
fabbrica costringe le donne a lasciare la loro funzione di educatrici
domestiche, e ciò richiede l'intervento della scuola per assicurare la custodia
e la formazione dei bambini precedentemente affidata alla famiglia. Essa però
non potrà mai assumere l'aspetto di mero addestramento professionale, ma dovrà
comunque essere integrale, organica formazione collegata con tutte le altra
dimensioni educative. Poiché la vita della scuola è legata a quella della
famiglia e della società, l'educazione non può non iscriversi nella dimensione
sociale e politica per la quale è indispensabile l'apertura alla partecipazione
come requisito essenziale per la società giusta.
Si
è già accennato al fatto come dopo il fallimento di Neuhof, Pestalozzi si
fosse dedicato principalmente alla riflessione sulla natura umana e sui
fondamenti dell'educazione. Nelle "Indagini" troviamo così la teoria
delle tre facoltà che diverranno in seguito i tre ambiti in cui il metodo si
potrà dispiegare. Vi sono nell'uomo tre forze: il cuore che rappresenta la
facoltà morale; l'intelletto che rappresenta quella conoscitiva; e l'arte che
corrisponde all'attività tecnico pratica. L'educazione della persona deve
essere integrale e non può trascurare nessuna di esse così come non può
prescindere dall'analisi delle modalità con cui il bambino fa esperienza del
mondo. La ricerca sull'arte pedagogica condusse Pestalozzi a delineare il suo
metodo elementare fondato prevalentemente sull'intuizione. Il maestro
propriamente non insegna ma suscita le "scintille divine già presenti
nella natura umana. Essa deve essere protetta (e questo è il compito specifico
dell'educatore) dalle influenze negative che ne ostacolano il giusto sviluppo
verso la socialità e la moralità. Pestalozzi usa a questo proposito la nota
immagine del giardiniere che impiega tutte la cure perché la pianta possa
crescere rigogliosa e forte. Ma come il giardiniere deve conoscere la natura
delle piante e i modi di crescita di ciascuna, analogamente il maestro deve
conoscere le capacità interiori dell'allievo (dette anche elementi primi, dai
cui la denominazione di metodo elementare dato al sistema didattico) e le leggi
mediante le quali queste capacità si sviluppano. Ciò è possibile solo
attraverso una intuizione, nozione che Pestalozzi desume, pur con alcune
incertezze e approssimazioni, da Kant e Fichte. Essa è la capacità di vedere
dentro le cose, oltre gli aspetti sensibili; in particolare di cogliere il mondo
interiore del fanciullo; muove dai cinque sensi per giungere successivamente a
rappresentazioni chiare e definite. Certamente Pestalozzi giungerà
all'elaborazione del metodo elementare dopo un lungo e tormentato itinerario. A
Stans egli colse nell'amore la premessa indispensabile di ogni educazione
efficace, così come avvertì la necessità dell'attivizzazione dell'alunno e
dell'elementarietà del metodo che consenta ai genitori di sostituirsi al
maestro e agli alunni stessi di apprendere con le proprie forze. A Burgdorf il
metodo venne messo a punto e opportunamente formulato in "Come Gertrude
istruisce i propri figli". Qui non c'erano classi, ma i gruppi si
modificavano a seconda delle esigenze intellettuali di ciascuna area didattica,
cui ciascun insegnante doveva dedicarsi per specializzarsi e giungere ad
approfondimenti metodologici specifici e corrispondenti strumenti didattici.
Rimase in ogni caso chiara la tendenza a uniformare il più possibile i
contenuti e i metodi dell'insegnamento scolastico all'educazione e ai processi
di apprendimento della vita domestica infantile e più in generale dell'ambiente
in cui vive l'allievo. Con Rousseau, anche Pestalozzi insistette sul fatto che
"la vita educa", nel senso che l'esperienza vissuta e guidata
fermamente e amorosamente dall'educatore è il solo processo valido per formare
le nuove generazioni. Per questo il metodo è semplice, mentre
l'educatore-giardiniere deve solo lasciarsi portare dallo sviluppo del metodo
stesso, diventarne docile strumento. Pestalozzi pose al centro dell'educazione
sia l'attenzione per i meccanismi dell'apprendimento sia la preoccupazione di
garantire uno sviluppo armonico della personalità. Il metodo elementare si pone
di conseguenza come trasversale rispetto alle tre aree educative legate
rispettivamente alle facoltà del cuore, della mente e della mano. Questo ordine
deve essere rispettato: l'educazione morale è il fine ultimo e ha priorità
assoluta, perché il bambino prima di tutto ama. Di qui l'importanza e
l'insostituibilità della figura materna, che provvederà ad allargare
l'educazione del cuore alla fede in Dio e all'amore per gli uomini. Dicevamo
come la didattica formulata a Burgdorf si basasse sull'intuizione quale
fondamento naturale dell'esperienza del bambino. L'educatore dovrà quindi
sollecitare il bambino a riconoscere i fattori essenziali della sua osservazione
della realtà, secondo quello che verrà chiamato metodo intuitivo o oggettivo.
Gli elementi fondamentali dell'intuizione sono individuati nel numero, nella
forma e nel nome: pertanto il procedimento didattico inquadrerà ogni intuizione
innanzitutto nelle sue relazioni numeriche e formali, per passare
successivamente alla lingua e agli apprendimenti geometrico-matematici. Così
l'insegnamento verrà organizzato a partire dalle discipline che si collegano
alle tre modalità dell'intuizione: aritmetica e calcolo derivano dal numero;
geometria, disegno e scrittura dalla forma, mentre la lingua, collegata al nome,
verrà imparata a partire dall'intuizione sonora del canto. I maestri metteranno
poi a punto una serie di esercizi fondati sul passaggio graduale dall'alemento
semplice al tutto (per la lingua dal suono alla sillaba alla parola e alla
frase; per il disegno dalla linea alle figure geometriche ecc.). L'educazione
della mano viene inserita nel curriculum per il suo valore formativo (e non per
necessità pratiche come era accaduto a Neuhof), dato che il fare è una
necessità spontanea della natura infantile. Anche in questo caso si parte da
elementi di base (il battere, il gettare, il tirare, lo storcere, lo spingere,
l'agitare ecc.) per passare successivamente alle forme complesse dell'arte
adulta. In ogni caso il lavoro manuale sarà inteso come una vera e propria
ginnastica intellettuale, che comprenderà il lavoro di pialla e di tornio, il
giardinaggio, la tipografia, la visita a botteghe artigiane.
A
Yverdon Pestalozzi conobbe il successo del suo metodo e il riconoscimento
unanime da parte di tutta l'Europa colta; la sua scuola-convitto giunse ad avere
fino a centocinquanta alunni e venne considerata l'esperimento educativo più
avanzato dell'epoca. I suoi collaboratori provvidero alla sistemazione
filosofica e pratica del metodo, e misero a punto metodi didattici
particolarmente efficienti in al cune aree disciplinari (particolarmente in
matematica) che destarono l'ammirazione dei visitatori per i loro risultati
nelle competenze esibite dagli alunni. Eppure proprio in questi anni Pestalozzi
conobbe anche la crisi sia della sua istituzione sia della sua impostazione
metodologica. Sotto il primo aspetto egli avvertì il distacco dall'educazione
popolare, mentre sotto il secondo finì per lamentare un eccessivo
irrigidimento. Così nell'ultima sua opera, significativamente intitolata
"Canto del cigno", egli sottopose a critica severa il didatticismo
presente nella sua opera precedente. In particolare concluse nel rifiuto di ogni
schematizzazione metodica e nel richiamo alla necessità di raccordare
l'intervento educativo con le disposizioni naturali del fanciullo e le sue
condizioni ambientali; e senza trascurare il motivo fondamentale della sua
pedagogia: l'armonizzazione tra cuore, mente e mano nella prospettiva di
un'educazione integrale. Ma la novità più importante presente nello scritto è
costituita dall'importanza che ora Pestalozzi riconobbe alla lingua,
modificandone il rapporto con le relazioni formali e numeriche: come viva
espressione personale, essa doveva fondarsi sul terreno concreto dell'esperienza
e della vita. Per questo la relativa didattica dovrà evitare ogni impostazione
mnemonoco-grammaticale per essere centrata sulla ricchezza del lessico e l'uso
del discorso.